1. L'inizio: parte uno

[Revisionato]

AUTHOR'S POV

Sapeva bene che se quegli uomini in nero fossero riusciti a trascinarla oltre quelle immense porte, lei non sarebbe mai più riuscita a uscirne. La sola idea la terrorizzava, il pensiero le faceva tremare le gambe, le stringeva in una fredda morsa le interiora e le pugnalava il cuore. Entrare in quel castello avrebbe segnato la sua vita.
Non riusciva più a camminare come prima. Portava il peso troppo in avanti. Era abituata ad una presenza sulle spalle, che la sosteneva e le dava sicurezza. Gliel'avevano tolta.
Rimanevano pochi metri.
Si dimenò con tutte le forze che le erano rimaste, e non erano molte. Non erano abbastanza. Urlò e buttò fuori ogni respiro e sperò che la sua famiglia, da lassù, la sentisse, che sapessero,anche se non potevano venire a salvarla, a causa di quei maledetti accordi, che la loro bambina, la loro guerriera aveva lottato fino alla fine.
Varcò le porte.
E dietro di lei si chiusero.
Da quel momento, sapeva che sarebbe morta. Noi tutti sappiamo che prima o poi dobbiamo morire, è una certezza. Ma per un angelo è decisamente meno scontato. Gli angeli sono esseri immortali, a loro la morte non preoccupa, non li sfiora nemmeno l'idea della morte. Pamela non aveva mai pensato alla morte come a qualcosa di così vicino e adesso non era solo un pensiero, ma un' inevitabilità. Sentiva già la lama del boia premere fredda sul suo collo.
Da bambina aveva sempre creduto che sarebbe morta solo dopo aver fatto grandi cose, era sicura che avrebbe fatto grandi cose, ma evidentemente i piani per lei erano diversi.

I soldati la portarono all'interno di una stanza immensa. La sala del trono, dove si tenevano i balli e i banchetti per il re. Pamela teneva la testa bassa, ansimava e non riusciva a pensare alle sue ali, che non c'erano più ma che avevano lasciato la loro presenza come fantasmi. Poi alzò lo sguardo e i suoi occhi si piantarono subito su quelli del re.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
«Einar?»
L'uomo che stava a pochi metri da lei e che era a capo della Nazione più temuta del mondo magico, quella dei Demoni Neri, era proprio Einar, il ragazzo di cui si era innamorata e che si era preso gioco di lei tutto il tempo. Aveva poco più di vent'anni, così giovane per regnare! era molto bello, i suoi occhi, caratteristica fissa della famiglia reale, erano neri come la pece, calamite per chiunque fosse troppo debole per sostenerli e il suo sorriso era riuscito a catturare il più prudente degli angeli.
Pamela non riusciva a smettere di cercare il ragazzo che aveva incontrato mesi prima alla radura, ma quei capelli arruffati erano adesso ordinati e portava una corona, il suo sguardo sereno era adesso freddo, il suo sorriso era adesso una linea dura e severa, i suoi movimenti sciolti erano adesso rigidi e calcolatori. Lui non era l'Einar che conosceva.

«Tu adesso non lo sai, ma la parte che svolgerai in questa storia, darà la scintilla che scatenerà il fuoco»
Nemmeno la sua voce sembra più la sua, fu l'unico pensiero di Pamela.
Poi, a un cenno del re, le guardie la trascinarono via.

•••


BELLA'S POV

È stato molto tempo fa. Ero ancora una ragazza, inconsapevole di ciò che mi accadeva intorno. Bella von Klemnitz, la figlia del re dei Demoni Neri.
Che titolo pesante. Tutto è stato pesante in questi quindici anni. Da quando ho imparato a camminare non hanno fatto altro che prepararmi.
Per cosa? Beh, ovviamente per il piano di papà. Lo sterminio dei Demoni Bianchi. Ne venni messa a conoscenza un anno prima, mi venne presentata come lo sterminio della razza più debole. I nazisti, solo mille anni prima.
Sono cresciuta desiderando di essere la dominatrice del mondo, tutti mi influenzavano dicendomi che ero la futura regina, che sarei diventata il più potente demone mai esistito. E mi piaceva, devo ammetterlo.
Poi qualcosa cambiò. E cambiò il giorno in cui incontrai quel ragazzino; sentivo un inspiegabile legame con lui, come se l'avessi già incontrato in precedenza.
Quel giorno  mi addormentai nel giardino dietro il castello. Mi piaceva quel posto tranquillo, dove nessuno veniva a disturbarmi. C'è un bellissimo gazebo bianco e all'interno, delle panchine sulle quali alle volte mi sdraiavo e mi addormentavo, perdendo completamente la concezione del tempo.

«Lasciatemi! Lasciatemi subito andare!»

Era una voce in piena trasformazione. Non troppo infantile, ma nemmeno da adulto. Di un ragazzo forse poco più grande di me.
Mi alzai di soprassalto, spaventata, e mi nascosi subito. Riconoscevo quella voce, ma non riuscivo a ricordarmi di chi fosse.
Due guardie lo tenevano per le braccia, mentre una terza gli legava le ali nere e bianche. Un demone bianco della luce. Erano rari, rarissimi.
Dovete sapere che i Demoni bianchi hanno una magia più debole di quella dei Demoni neri e quindi la concentrano per la maggior parte su un unico elemento che può essere qualsiasi cosa, ma non me ne intendo. So solo che i demoni della luce sono molto rari e sono i più potenti.

Mi sporsi dal mio nascondiglio per vederlo meglio in viso e lui incrociò il mio sguardo. Sembrava quasi stupito di vedermi, come se ci fossimo già conosciuti... Ma era impossibile. Non sono mai uscita dalla Nazione dei Demoni Neri.
Arriva mio padre, scortato dalla sua guardia personale.

<Nelle segrete> a malapena lo guardò.

Nelle segrete... Mio padre non mette quasi nessuno nelle segrete a meno che non sia assolutamente possibile mandarlo alla forca. Perché non ucciderlo subito o meglio, perchè portarlo a Palazzo reale, a chilometri e chilometri di distanza dal confine, nel cuore della Nazione? C'erano mille altre fortezze e carceri cosparsi lungo la linea difensiva.
Quel ragazzo che mi sembrava tanto familiare doveva essere importante e doveva far parte del piano di mio padre.
Solitamente non interferisco mai in queste faccende, le rare volte in cui l'ho fatto, lui si è arrabbiato come non lo avevo mai visto.

Ma questa volta è diverso. Sento che è così.

Il ragazzo mi lanciò un ultimo sguardo supplichevole e io gli feci un cenno d'intesa. Ne ero sicura: avevo già incontrato quel ragazzo, e lui mi avrebbe raccontato ogni cosa.

•••

Se mi sforzavo riuscivo a sentire le urla strazianti che provenivano dalle segrete. Cercai di attenuare l'insensato impulso di scendere e fermare quel supplizio suonando il pianoforte fino a che i polpastrelli mi fecero male.
Fremevo dalla voglia di scoprire perchè tenevo tanto a quel ragazzo, che cosa ci legava. In me si era insinuata l'idea che mio padre avesse giocato con la mia memoria, e la cosa mi spaventava, perciò, non appena si fece l'ora giusta, scesi nelle segrete.

Dovevo fare veloce. Ho impiegato più di un'ora per creare la mistura che mi avrebbe permesso di passare inosservata e non sentita dalle guardie, ma sarebbe durata poco e avevo bisogno di risposte.

C'era troppo buio persino per i miei occhi da Demone nero e dovetti fermarmi nel bel mezzo delle scale per non cadere. Vidi meglio dopo pochi secondi e subito cominciai a scendere velocemente. Passai al fianco del tavolo dove erano seduti mezzo assopiti due soldati e fortunatamente il mio stratagemma funzionò. Mi affacciai ad ogni cella e man mano che avanzavo la mia preoccupazione accresceva. Le celle poste alla fine del corridoio erano quelle più protette. E infatti lo trovai lì. La cella del povero ragazzo era forse la più buia e la più protetta di tutta la prigione. Quella destinata agli ospiti speciali: motto spaziosa, adatta per le torture, priva di qualsiasi via di fuga.

Aprii la porta con un incantesimo ed entrai a piccoli passi. I miei occhi si erano ormai completamente abituati all'oscurità e quello che vidi mi disgustò.

Era in piedi, al centro della stanza, sorretto per i polsi da grossi catenacci ancorati al soffitto, seminudo e completamente ricoperto di sangue.

Quando capì di non essere più solo alzò lo sguardo e con tutta la forza che gli era rimasta si issò sui suoi piedi, anche se le gambe non l'avrebbero retto per molto.

Sorrisi nel buio.

-Tranquillo- dissi per confortarlo. Lo vidi alzare lo sguardo e cercare la mia figura nel buio, ma non ci riuscì.

-Non vedi niente?- chiesi ancora. Scosse la testa. Mi avvicinai finché non ci trovammo a pochi centimetri di distanza, solo allora riuscì a vedermi.

Mi squadrò da capo a piedi con le labbra socchiuse, mi sembrò di scorgere una lieve luce nei suoi occhi.
Sapeva qualcosa.

- Chi sei?- chiesi.

Abbassò la testa per un attimo, mi sembrò sconfortato, poi la rialzò e mi sorrise.

- Damon Alexander De Villers, principe dei Demoni Bianchi.-
Ancora e ancora quella maledetta sensazione di deja vu.

-Come mai eri in questo regno, Damon?- queste stupide domande! Io voglio sapere solo perché mi sembra di conoscerlo.

- Tuo padre e due guardie mi hanno rapito da palazzo reale.- disse, ma capii, da come mosse velocemente gli occhi verso l'alto che era una bugia.

- Menti. Dimmi la verità. -

Ci fu silenzio per qualche secondo, scandito solo dall'affannato respiro del principe.

- Ero venuto a cercarti, Bella. - a questo punto fui io a zittirmi. - Sapevo che ti era successo qualcosa da quando quella volta nel bosco, gli uomini di tuo padre ci avevano scoperti. Non sei più venuta ai nostri soliti incontri e io... Non potevo sopportare di ignorare cosa ti fosse capitato. Ma adesso lo so. Ti hanno tolto la memoria. Tu l'hai sentito, non è vero? Hai sentito che c'è qualcosa che ci lega?- annuii. Allora si avvicinò e benché fosse una spanna più alto di me, appoggiò la fronte contro la mia. E mi sembrò il gesto più naturale e più giusto che io abbia mai compiuto in questi anni.

-Ci sarà una guerra, Bella. Tuo padre ti vuole usare, sa quanto sei potente. Non devi permetterglielo. Ne paaarlavamo sempre nel bosco... tu sei padrona di te stessa, non devi lasciarti comandare da tuo padre. Ti prego non dimenticarlo.- disse in tono cupo. Nel mio petto si ruppe qualcosa.

- Ti farò scappare - si stacca da ma come se gli avessi dato la scossa e mi guarda con compassione. - Non mi guardare così, so quello che dico e che faccio. Mio padre mi ha tolto tutti i ricordi che ho con te, ma per la prima volta dopo tanto tempo, qui con te, anche se in un orribile cella, mi sento a posto. Voglio riprendermi i miei ricordi e la mia a libertà. Ti farò scappare.-
-Così? Detto fatto?-
-Così detto fatto. Devo solo trovare un modo e tu devi restare vivo.-
- Ti fidi così facilmente di uno sconosciuto?-
-Tu non sei uno sconosciuto- risposi di getto. - Mi fido dei miei sensi-

Ci guardiamo ancora per un attimo, ma devo andare, l'incantesimo durerà ancora per poco. Meccanicamente, senza quasi che me ne accorgessi, gli accarezzo la guancia, gli sorrido e scappo via.


∞∞∞

SPAZIO AUTRICE:

Ciao ragazze e ragazzi!!! Primo capitolo della mia nuova storia!!! Non è niente, rimanete con me almeno fino al quinto capitolo!!! Questo è una specie di prologo.

Spero vi piaccia come inizio e che mi facciate sapere cosa ne pensate con un commentino!

Ciaoni e al prossimo capitolo!

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