Capitolo 4


Mi risvegliai la mattina seguente. Ero così stanca la sera prima, che non appena mi distesi sul grande letto matrimoniale, crollai. Non feci sogni strani, anzi. Fu una nottata priva di sogni. Mi stropicciai gli occhi per cercare di riprendermi dalla lunga dormita per poi alzarmi e cercare qualcosa di più consono da mettere. Continuando a stare con gli abiti che indossavo in Paradiso, avrei di sicuro attirato attenzioni indesiderate.

Scelsi un abito lilla trovato dentro al mio armadio. Era bellissimo ed elegante. Andai in bagno, mi feci una doccia veloce per poi uscire ma mi bloccai davanti alla porta della camera. Tutti i demoni che avevo visto indossavano scarpe di ogni genere. Io ero abituata a stare perennemente scalza. D'altronde, in paradiso, era fatto tutto di fili d'erba morbidi come la seta. 

Tornai verso l'armadio e aprii un anta in cui all'interno c'erano solo scarpe. Ma che il cielo mi perdoni erano tutti tacchi a spillo. Tacchi, tacchi e ancora tacchi. Scelsi un paio di tacchi neri ma abbastanza alti da alzarmi di due centimetri buoni.

Provai a camminare e inciampai subito dopo.

- Ma come fanno le donne qua sotto a camminare accidenti a loro! -

Mi misi davanti all'enorme specchio che sovrastava l'enorme camera matrimoniale. Riprovai a fare qualche passo ma più ci provavo, più fallivo.

- Basta mi arrendo! Che se le metta quel diavolo queste scarpe!-

Arrabbiata, lanciai il bel tacco 12 numero 41 addosso alla porta della camera. Sarebbe stata una normale sceneggiata di una ragazza umana per la sua prima festa adolescenziale magari. Oppure uno di quei balli studenteschi di cui avevo sentito parlare. Peccato che la scarpa non andò a schiantarsi contro la porta della camera ma piuttosto addosso a qualcuno. Qualcuno di molto pericoloso.

-E' così che tratti le scarpe che ti presto, femmina?-

Mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Cosa ci faceva Lucifero nella mia stanza? Cioè in realtà era la sua stanza. Me l'aveva gentilmente concessa dopo l'intrigante conversazione avuta la sera precedente. Io però continuavo a non ricordare. Accidenti mi ricorderei di essere stata promessa a Lucifero no? Lucifero non è un uomo comune. Dovevo smetterla di farmi questi pensieri inutili dovevo girarmi e dargli una risposta. Non era conveniente per nessuno farlo arrabbiare già dal primo giorno.

- Semplicemente andrò in giro per i tuoi territori scalza come ho sempre fatto. Queste calzature sono assai scomode, volgari e non ce un colore che richiami il mio essere angelico. -

- Oh mio me! È arrivata la principessina del Paradiso a dettare legge su cosa è consono e cosa no all'Inferno.-

Mi sedetti sulla grande poltrona che si trovava davanti al camino della mia stanza. Quasi come a provocarlo, non so perché ma mi veniva spontaneo. Accavallai le gambe con fare seducente per poi rispondere in maniera sarcastica.

- Lucifero, pensavo che la tua ospitalità significasse libertà.-

- Non confondere libertà con anarchia, mia cara Sagittaria,- rispose lui con voce profonda, posando un paio di tacchi a spillo rossi luccicanti sul tavolo davanti a lei. - Ora, indossali.-

Sollevai un sopracciglio, incrociando le braccia. - E se non volessi?-

Lucifero si avvicinò lentamente, la sua figura alta e imponente proiettava un'ombra inquietante sulla stanza. Si chinò verso di me, il suo volto a pochi centimetri dal mio. - Sai che non mi piace ripetermi.-

Trattenni un brivido, mantenendo la calma. - E se invece dimostrassi che posso essere altrettanto letale a piedi nudi?-

Il demone rise, una risata profonda e oscura. - Non è una questione di letalità, ma di obbedienza. Questo è il mio regno, Sagittaria e qui si gioca secondo le mie regole.-

Guardai i tacchi per un momento, poi gli lanciai uno sguardo di sfida. - Molto bene, Lucifero. Li indosserò, ma solo perché voglio vedere come te la cavi con qualcuno che sa usare questi strumenti meglio di te.-

Lucifero sorrise compiaciuto.

Mi alzai, e subito mi sentii instabile. I tacchi erano alti, ridicolmente scomodi, e ogni fibra del mio corpo urlava contro di loro. Ma strinsi i denti, perché sapevo che lui stava aspettando un segno di debolezza.

- Cammina,- disse.

Feci un primo passo. La mia caviglia vacillò, ma mi costrinsi a restare in piedi. - Stai attento, Lucifero,- dissi con un sorrisetto, anche se il mio equilibrio era precario. - Non vorrei finire con un tacco conficcato nel tuo piede.-

Rise, basso e profondo. - Mi piacerebbe vedere se hai il coraggio di provarci.-

Con ogni passo, sentivo il suo sguardo su di me. La stanza sembrava diventare più piccola, l'aria più densa, ma io continuavo a muovermi. Ogni passo era una vittoria contro l'equilibrio instabile, contro il dolore e contro di lui.

Quando raggiunsi il centro della stanza, mi fermai, voltandomi verso di lui. - Ecco fatto,- dissi, cercando di mantenere la voce ferma. - Pensavi che sarebbe stato più difficile, vero?-

Lucifero applaudì lentamente, il suono delle sue mani che si univano era tanto un elogio quanto una provocazione. - Brava, Sagittaria. Sei riuscita a non cadere. Ma dimmi... Quanto sei disposta a sopportare pur di sfidarmi?-

Mi avvicinai, con i tacchi che battevano sul pavimento con un suono deciso. Ora ero quasi alla sua altezza. Lo guardai negli occhi, a un respiro di distanza. - Quanto serve,- risposi, con un sorriso affilato. - E quando sarà finita, sarò io a vederti cadere.-

Per un istante, sembrò sorpreso. Poi quel ghigno pericoloso tornò sul suo volto. - Interessante. Sai, Sagittaria, più resisti, più diventi affascinante. Ma attenta... Il fascino ha un prezzo.-

- Lo stesso vale per il potere,- ribattei, fissandolo con uno sguardo di sfida. - E io non sono il tipo che lascia un debito insoluto.-

La tensione tra di noi era palpabile, un fuoco che sembrava riempire la stanza. Ma quando lui fece un passo indietro, sapevo di aver vinto. Forse solo questa battaglia, forse solo per un momento. Ma con Lucifero, ogni vittoria, anche la più piccola, valeva come un'intera guerra.


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