Raul
"Angelica, dai! Non farti pregare...!", e il ragazzo le aveva lanciato uno dei suoi sguardi ammaliatori.
Santo cielo, non crederai che funzioni con me! Angelica aveva stretto le labbra.
Ti sei trasferito in città due anni fa. Ci ritroviamo alla stessa fermata da due lunghissimi inverni e sei nella classe accanto alla mia da settecentotrenta giorni... e scopri adesso che mi chiamo Angelica?
La ragazza faceva la sostenuta, ma Raul sapeva come ammorbidire qualsiasi pupa:"Per la squadra vincitrice c'è un viaggio premio in Sicilia. Età massima sedici anni, è la nostra ultima occasione. Io e Giorgio le prove fisiche del percorso le beviamo... ci serve un terzo, un 'cervello' che sbrogli la parte enigmistica. Tu saresti perfetta, so che sei un genio!"
Angelica aveva guardato la marina, contrariata.
Un genio... dì pure una secchiona, non sono tanto idiota da non capire certi sguardi, quando passo nei corridoi della scuola. E già è tanto, che a volte si rida alle mie spalle, perché la cosa più normale è che sia invisibile. Inconsistente, un ectoplasma. Che tu non sapresti neanche cosa è, se non avessi visto Ghostbuster.
-Angelica sei acida-. La sua voce di dentro, signora coscienza vestita in frac come il grillo parlante di Pinocchio la sferzava, come sempre:
-Il ragazzo ha poche colpe della tua asocialità. La verità è che sotto la sua zazzera corvina quegli occhi verdi ti hanno mandato a fuoco appena lo hai incrociato.
E avresti dato chissà che, perché ti rivolgesse la parola e tentasse un approccio.
Invece in due anni si è fatto tutte le ragazze più carine dal primo al terzo superiore e un paio di quarta.
E tu lo detesti ma ti piacerebbe eccome, trascorrere qualche giorno insieme per fargli capire che ci sarebbe di meglio, di quelle stupide oche che corteggia -.
La ragazza castana sembrò scacciare una mosca. "Ti va un gelato?", aveva chiesto Raul col sorriso che gli disegnava due fossette sulle guance; e davanti a una coppa artigianale, cioccolato, pistacchio e volute soffici di panna, le difese di Angelica erano crollate.
Raul aveva scelto un tavolino fuori, in vista, quasi a esibirla in quell'orario affollato come in genere faceva con le ragazze più belle della loro cittadina.
Angelica riteneva di non essere male, si giudicava di aspetto gradevole, ingentilito da particolari non appariscenti... che avrebbero richiesto occhi attenti, magari. Come quelli di Raul quel giorno, mentre le chiedeva la carta d'identità.
"Nel pomeriggio ti iscrivo. Tu, io e Giorgio. Vinciamo la caccia al tesoro e andiamo a Taormina. Credi che in famiglia ti farebbero storie?"
No, in effetti. Ho già trascorso quindici giorni in Inghilterra da sola, lo scorso anno, ho dato prova di cavarmela senza problemi. Ma la carta d'identità...
Raul aveva riso, quando era riuscito a estorcergliela:
"Sfido che la nascondi... tra le foto tessera horror, questa è da Oscar. Cambiala al più presto, ti fa bruttissima! Ed è davvero un delitto...", aveva concluso tornando improvvisamente serio, con un tono che aveva fatto risuonare qualcosa dentro, come un gong da tempio buddista.
Di colpo c'era stata molta quiete intorno, il tempo fermo, la gente immobile; c'erano stati solo i suoi bellissimi occhi verdi, liquidi, assorti.
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