~Capitolo 5~
Angelica
Se qualcuno mi avesse detto che un giorno mi sarei ritrovata all'Inferno, sulle spalle di un demone gigante, che mi portava in prigione, perché non volevo confessare crimini che non avevo commesso, sarei scoppiata a ridere. Invece, che ci crediate o no, la situazione era quella.
Neanche nei miei sogni più sfrenati avrei mai potuto immaginare una scena simile. Era sicuramente la situazione più terrificante e, allo stesso tempo, imbarazzante che avessi mai vissuto. Trasportata con lo stesso riguardo dedicato a un sacco di patate, tentavo di non morire di vergogna al pensiero di essere con il fondoschiena all'aria e la testa all'ingiù.
Inoltre, il sangue che scorreva in modo più che sbagliato, non mi permetteva di ragionare al massimo delle capacità.
Nonostante ciò, riuscii a intavolare un discorso con Trevor, il quale sembrava quasi propenso a parlare.
«Era proprio necessario trasportarmi così? E poi perché camminiamo? I demoni non hanno le ali?»
Trevor sbuffó. «No, mortale irritante. I demoni non hanno le ali e non hanno neanche quelle ridicole corna con cui ci rappresentate.»
Io rialzai la testa, guardandolo con più attenzione di prima. «E come fate a spostarvi in questo spazio così esteso?»
Lui mi lanciò un'occhiataccia, come se avessi toccato un tasto dolente.
«Un tempo avevamo dei grifoni al nostro servizio.» mi rivelò con teatralità. «Ora invece ci hanno tagliato i fondi, quindi ci dobbiamo muovere a piedi come degli insulsi mortali.» concluse sdegnoso.
«E perché tutto l'Inferno è a tema antica Roma? Avete avuto Giulio Cesare come arredatore?»
Forse fare ironia sulle scelte stilistiche di Satana non era una buona idea, ma era il mio modo per riuscire a stemperare la tensione. «Diciamo che il nostro signore è stato molto affascinato dall'epoca romana. Molti degli imperatori si sono lasciati plagiare, tantissime persone morte a causa dei romani sono scesi negli Inferi a ingrossare le file del nostro esercito… è stato un periodo di massimo splendore.»
Annuii, anche se era difficile nella mia posizione, e presi di nuovo fiato per parlare. «E la vita in carcere come sarà? Non come ai tempi dei romani, no?» la mia preoccupazione stava tornando ad assalirmi.
«Molto peggio.» affermò lui, con un'espressione fiera. Impallidii, nonostante il sangue che mi rendeva rossa in viso quanto i miei capelli.
«In che senso? Pensavo che un'anima non potesse soffrire fisicamente.» tentai di trovare della razionalità nelle sue parole.
«In realtà no.» mi corresse Trevor con aria di superiorità. «Quando muori l'anima ricrea una copia del tuo corpo terreno. Questa estensione può provare dolore, perché altrimenti i campi della pena non avrebbero senso.»
«Ma si può morire di nuovo?» chiesi con un dubbio improvviso. Lui fece una smorfia. «Più che morire, io direi che si può scomparire. Quando la tua anima subisce delle ferite così gravi da essere mutilata anche nella sua parte più profonda.»
Deglutii, sempre più in ansia di vedere cosa mi sarebbe accaduto. Parlare di quelle cose non mi aveva aiutato, ma solo aggravato la situazione. Tornai a guardarmi intorno.
Il sentiero che in quel momento stavamo percorrendo era uno dei tanti che si snodavano intorno alla città. Il terreno era costituito da grandi pietre incastrate tra loro, e una boscaglia incolta ci circondava.
Tutto sembrava malandato, come se la strada non venisse usata tanto spesso.
L'aria puzzava di zolfo e bruciava quando la inspiravo. Probabilmente i miei polmoni si stavano chiedendo se non stessi tentando di mandarli a fuoco volontariamente.
Prima l'acqua del fiume, poi le fiamme dell'aria diventata insopportabile… quel giorno le mie vie respiratorie stavano facendo gli straordinari.
Inoltre, un calore soffocante, che prima non avevo notato, mi faceva sudare, mentre Malcom continuava a percorrere il sentiero, ora leggermente in salita.
«Siamo arrivati.» annunciò dopo una decina di strazianti minuti. Finalmente mi mise giù. Io mi sgranchii la schiena, con le gambe indolezite e la testa che mi doleva per il troppo tempo passato all'ingiù. Decisamente l'estensione corporea della mia anima era stata fatta bene. Il dolore che sentivo era autentico.
Quando alzai gli occhi di fronte a me e vidi il famigerato carcere, restai quasi delusa. Per tutto quel tempo mi ero immaginata qualcosa simile a un posto degno dei miei peggiori incubi, mentre quello era un semplice edificio rettangolare, a un piano.
Non era neanche circondato da una cinta di mura, del filo spinato, una serie di demoni armati di forconi… niente!
Più che a un carcere assomigliava a una casa costruita in fretta e furia, con le pareti crepate e due buchi informi come finestre.
Ci avvicinammo e arrivammo a una porta esageratamente grande rispetto alle dimensioni di una persona normale. Forse era stata fatta apposta per Malcom.
Immediatamente sopra, un'iscrizione era presente su una lastra di metallo abbozzata.
«Carcere satanico.» Lessi mentalmente. Notai come la scritta era di un color rosso decisamente sinistro, ma decisi di passare oltre. Sotto al nome, già molto rassicurante, c'era una frase abbastanza macabra
«Non manca mai a nessuno una buona ragione per uccidersi.»
Deglutii, la paura che tornava sotto forma di crampi addominali. I miei due accompagnatori non persero tempo e mi spinsero con malagrazia dentro l'edificio. Subito fummo accolti da delle guardie che Trevor salutò amichevolmente. Erano molto simili a loro nell'aspetto, con l'eccezione della divisa nera e rossa che portavano.
«Abbiamo un'altra prigioniera.» disse Trevor, facendo segno a Malcom di farmi avanzare. Loro mi squadrarono con sguardo quasi famelico e io mi sentii subito in soggezione.
«Bene, la porteremo subito nella sua nuova cella.» ghignò uno dei demoni, con fare maligno. Poi mi prese per un braccio e mi trascino per tutto l'androne, fino ad imboccare un corridoio laterale.
Prima di voltare l'angolo, però, mi girai appena in tempo per vedere Malcom che mi salutava con la mano. Aveva la stessa espressione di un bambino quando salutava l'amichetto al parco, prima di tornare a casa.
Solo che io camminavo inesorabilmente verso un destino ancora più funesto.
Sospirai, mentre mi voltavo, riflettendo sullo strano comportamento di Malcom. Forse era triste per me, anche se, dopotutto, i demoni non provavano compassione.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top