~Capitolo 16~
Beck
'Quando tornerò in Paradiso mi terrò alla larga da qualsiasi forma di corridoio sotterraneo!' Era questo il pensiero che attraversava la mia mente mentre cercavo la stanza in cui, a seguito del duello, i demoni avevano portato Angelica.
Subito dopo il suo trasferimento dal carcere un gruppo di guardie, me compreso, era stato incaricato di seguire i prigionieri nell'Anfiteatro, in modo da sorvegliarli. Durante il combattimento ero stato costretto ad attendere sugli spalti, nella parte più bassa delle gradinate, e assistere a quello spettacolo raccapricciante. Con enorme fatica avevo resistito alla tentazione di scendere nell'arena e fermare quell'insensata crudeltà, così folle da suscitarmi un immediato sentimento di disgusto e orrore.
Tuttavia, la parte più difficile era stata evitare di far trasparire questa mescolanza di indignazione e rabbia che minacciava di rivelare la verità sulla mia natura.
Rabbrividendo al ricordo di quelle immagini, tornai a focalizzarmi sul cunicolo che stavo percorrendo. Con affannata frenesia mi misi a strattonare le maniglie delle porte che incontravo. Nessuna sembrava intenzionata ad aprirsi. Come in un circolo vizioso, le soglie tutte uguali si susseguivano di metro in metro, prendendosi gioco della mia mente offuscata dalla frustrazione. L'ambiente soffocante e l'assenza di finestre non favoriva la mia lucidità. Poi, proprio quando iniziavo a pensare che sarei morto là sotto, nel tentativo di ispezionare ogni stanza presente, uno degli usci si spalancò sotto la pressione nella mia mano.
«Finalmente!» Esclamai appena notai i capelli rossi e scarmigliati di Angelica. La ragazza era seduta su una piccola panca, unico elemento di mobilio presente nella stanzetta. Delle catene si attorcigliavano maligne ai suoi polsi sporchi di sangue. Terra e lividi, come animati di vita propria,
scivolavano sulla sua pelle, un tempo candida, diffondendosi. Le sue gambe tremavano, ma non per il dolore. Il petto era scosso da spasmi irregolari, mentre dal viso abbassato colavano grosse lacrime di rimpianto e vergogna.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi avvicinai a lei, per poi abbassarmi al suo stesso livello. «Angelica, guardami.» Tentai di sollevarle il mento con delicatezza, ma lei oppose resistenza. «Perchè sei ancora qui?»
Chiese con un filo di voce. Una lacrima mi cadde sul palmo della mano, ancora protesa verso di lei. La domanda mi sbalordì. «Che cosa vuoi dire?»
Angelica si torse le mani, facendo tintinnare le catene che la imprigionavano. «Perché non sei tornato in Paradiso, dopo aver visto quello che ho fatto? Perchè non mi lasci qui?» Non credevo alle mie orecchie
«Ma ti senti quando parli?! Secondo te io ti abbandonerei mai in questo posto? Che angelo sarei se...?»
«Sono un mostro, Beck!» Urlò lei, alzando finalmente lo sguardo. I suoi occhi verdi brillavano di rabbia e frustrazione. «Come fai a non vederlo?!» Il disprezzo che provava per sé stessa mi investì come un uragano.
Per un attimo non seppi cosa dire. Un dolore sordo si fece strada dentro di me; alla fine, realizzai, l'Inferno riusciva proprio a spezzare anche le anime più innocenti. «Non c'è niente da vedere, Angelica.» sussurrai in tono fermo. «Non sei come loro, perché questo posto non potrà mai portarti via la tua umanità.»
Lei scosse il capo, continuando a torturarsi le dita. «E se un giorno quella voce nella mia testa mi dicesse di uccidere te?! Cosa potrei fare per impedirlo?» Prese un respiro tremante «Non ho controllo su quello che faccio, Beck. La mia mente è debole e confusa e tutto quello che riesco a pensare è che non mi fido di me stessa.»
Chiuse gli occhi, tentando di calmarsi. Potevo sentire la sua sofferenza che si riversava su di me.
Un fiume di passioni bollente e impetuoso, capace di offuscare il mio contatto con la realtà. La sua forza era tale da risucchiarmi nel suo caos.
Deglutii e mi aggrappai alle mani di Angelica, più per rimanere ancorato al mondo concreto che per confortarla. Tuttavia, riuscii comunque a trovare qualcosa da dire.
«Io mi fido dell'Angelica che conosco.» dissi fissandola negli occhi lucidi «E tu non dovresti permettere alla paura di dominarti.» Le sorrisi con dolcezza «Hai già dimostrato così tanto coraggio, Angelica. Ti prego, non arrenderti proprio ora.»
Lei singhiozzò «Sono così stanca di soffrire.» Strinsi le sue mani, portandole vicino al petto.
«Mi farò carico del tuo dolore ogni volta che ti sentirai incapace di sopportarlo da sola.»
Angelica mi guardò per un lungo istante. La tempesta che infuriava dentro di lei si stava lentamente calmando. Poi, titubante, liberò le mani dalla mia stretta e mi circondò con le braccia, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. Il calore che trasudava dalla sua pelle si attenuò a contatto con la mia, mentre anche io ricambiavo l'abbraccio. Una sensazione di benessere assoluto si sprigionò da quel nostro contatto e, per la prima volta da quando ero all'Inferno, ero felice. «Grazie.» Sussurrò Angelica. Io le accarezzai i capelli.
«Non chiedermi mai più di abbandonarti.»
La sentii annuire contro la mia spalla.
Avrei voluto prolungare quel momento per sempre, ma fu interrotto da un allarmante rumore di passi provenienti dal corridoio. Preso di sorpresa, sobbalzai, allontanandomi da Angelica e guardandomi disperatamente attorno. Non c'era nulla in quella maledetta stanza che potesse nascondermi.
«La porta!» Esclamò Angelica, preoccupata, alzando un braccio tintinnante. Il fracasso delle catene coprì il tonfo del mio corpo che si schiacciava contro il muro dietro la soglia che si stava già aprendo. Quando la porta fu spalancata, copriva completamente il mio corpo.
«Cos'era tutto quel rumore?»
Il tono brusco della guardia mi fece irrigidire. Se mi avessero trovato lì…
«Stavo colpendo l'aria per la frustrazione.» Angelica apparve così seria da essere quasi convincente. «Colpendo l'aria… » ripetè il demone, scettico. «Sì, posso farlo o all'Inferno la violenza è permessa solo quando è verso gli altri?»
Alzai gli occhi al cielo di fronte alla sua impulsività. Non era il caso di far arrabbiare il carceriere.
Tuttavia, la guardia decise di non cogliere quella provocazione. Forse stava per finire il turno e non voleva altre seccature, come quella di dover torturare l'ennesimo prigioniero, da aggiungere alla lista delle cose da fare. «Il nostro sovrano richiede la tua presenza a palazzo. Devo portarti al mezzo che ti trasporterà lì.»
Sbarrai gli occhi a quelle parole.
'Non posso permetterlo' pensai agitato.
Con una lentezza esasperante, sentii il demone sganciare le catene che ancoravano Angelica alla panca, poi sbirciai oltre la soglia per assicurarmi che fosse ancora di spalle.
Calcolando di avere ancora pochi secondi, uscii allo scoperto e, in un lampo, colpii la nuca del demone con l'elsa della mia spada. La creatura cadde a terra senza un fiato, scivolando scompostamente.
«Perchè Satana mi vuole vedere?!»
Chiese Angelica preoccupata, ignorando quello che avevo appena fatto. Come se far svenire il proprio carceriere sia una cosa da tutti i giorni. «Non ne ho idea, però è meglio se ti accompagno io.»
«E che cosa ti inventerai per giustificare questo cambio di programma?»
Indicò il corpo inanimato del demone
«Ero la guardia incaricata di sorvegliarti al carcere, non si insospettiranno troppo.»
La rassicurai.
'O almeno spero'
Il mezzo di trasporto si rivelò essere un piccolo carro, trainato da dei grifoni neri. Un cocchiere in uniforme viola stringeva le redini, mentre lanciava occhiate annoiate a chiunque passasse di lì. Allo stesso modo, non ci degnò di una seconda occhiata quando feci salire Angelica sul carro e la seguii all'interno. Avevo appena assicurato la corda che le legava le mani a un gancio posto vicino gli spartani sedili quando il mezzo partì, trotterellando sul terreno scomposto. Il cigolio delle ruote riempiva il silenzio all'interno dell'abitacolo. Angelica sembrava nutrire profondo interesse per il pavimento del carro, vista l'intensità con la quale lo stava fissando.
«Angelica.» Lei mi guardò «Se dovessi trovarti in pericolo, parlami nella tua mente e io ti sentirò.» La ragazza sorrise tristemente.
«C'è stato un momento in cui sono stata al sicuro da quando sono qui?»
Sospirai «No, ma se hai bisogno del mio aiuto io farò di tutto per raggiungerti. Devi solo chiamarmi.»
«E come mai non mi hai detto prima di questa possibilità?» Il tono di Angelica era stranamente accusatorio. Forse stava pensando a quanto le sarebbe stato utile avere qualcuno a cui appellarsi quando era stata costretta a uccidere il suo compagno di cella. «Perché il legame empatico non può essere instaurato a comando. Quando vi è una vera connessione emotiva, invece, riesco a percepirlo.» Annuì.
«Quindi ora cosa è cambiato?»
Riflettei qualche attimo sulla risposta, perché, in realtà, non lo sapevo neanche io.
Avevo sempre avuto il desiderio di salvarla. Tenevo alla sua sicurezza dall'inizio della missione. Eppure, non potevo mentire a me stesso: se prima la volevo aiutare, ora avrei dato la mia vita per lei. Quindi sì, qualcosa era cambiato. Da quel preimpostato amore che tutti noi angeli siamo tenuti a provare per gli umani meritevoli, i miei sentimenti si erano evoluti.
Avevo conosciuto l'amore fin dal primo momento della mia vita, eppure, prima di lei, non avevo mai provato nulla di simile.
Tuttavia, non riuscii a tradurre a parole tutto quello che mi frullava per la testa. Con non poca difficoltà, biascicai un «Adesso ti conosco meglio.» chiudendo così la conversazione. Se la mia risposta la deluse, non lo diede a vedere.
Io mi distrassi sbirciando fuori la tenda che copriva la parte posteriore del carro. Avevamo imboccato una lunga strada acciottolata che terminava con un maniero in pietra nera. Le torrette e alcuni dettagli, come il portone d'ingresso, erano ricoperti di una patina dorata, che sfavillava sotto la luce sanguigna. Spirali, ponticelli e balconcini animavano la superficie severa dell'edificio. Finestre alte e strette fendevano la struttura come ferite, mentre dei volti scolpiti nella roccia urlavano e si contorcevano a causa di sofferenze sconosciute.
Alcuni demoni pattugliavano i confini del castello, camminando sulle mura o girovagando per i cieli in groppa a grifoni ribelli.
Tornai a fissare il mio sguardo all'interno dell'abitacolo.
«Cosa hai visto?»
Chiese Angelica.
«La tana del lupo.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top