Sometimes to win you've got to sin


- Annabeth - la chiamò Talia dolcemente, scuotendole la spalla. - Annabeth, siamo arrivati - le disse e la bionda sbatté le palpebre un paio di volte, mettendo a fuoco gli occhi elettrici della sua migliore amica.

Raddrizzò la schiena di colpo osservando i sedili posteriori di quello che doveva essere un fuoristrada, solo dopo il prato inglese ben coltivato e il cielo arancione di tramonto fuori dal finestrino. - Dove siamo arrivati? - domandò osservando il pendio di una collina.

- A casa - sorrise Talia scendendo dalla macchina mentre Annabeth stringeva la mano attorno alla maniglia del suo sportello, chiedendosi ancora una volta se fosse davvero il caso di scendere.

Alla fine scese dall'auto mettendo i piedi stanchi sull'asfalto e poggiando i fianchi alla macchina scura per permettere alle gambe deboli di poter reggere il suo peso.

Talia fece il giro dell'auto per stiracchiarsi davanti a lei e, dandole le spalle, Annabeth notò ancora una volta l'impugnatura della pistola sbucare dai jeans.

La bionda si guardò un po' intorno e quando, a qualche metro da lei vide anche Luke e Percy si convise che tutto quello che aveva visuto fosse reale. Strinse gli occhi con forza, trattenendo le lacrime e imponendosi di resistere.

Doveva farlo. Non doveva mollare.

Respirò profondamente e quando incrociò ancora una volta gli occhi elettrici di Talia, riuscì a calmarsi. - A casa dove? - chiese osservando i due ragazzi che andavano verso di loro.

Il mare davanti a lei attirò la sua attenzione e diede le spalle alla collina, tenendo una mano contro la macchina per paura di cadere. Corrugò la fronte confusa e il cuore mancò un battito mentre in un flash, come se qualcuno avesse appena scattato una foto nella sua mente, la bambina e la famiglia del sogno le apparivano chiari davanti agli occhi. - Siamo a Long Island! - esclamò passandosi una mano tra i capelli ormai asciutti, voltandosi verso la collina e incrociando lo sguardo degli amici e di Percy, decisamente meno tesi rispetto a quando erano andati a salvarla a casa sua. - Perché siamo a Long Island? - domandò confusa e Luke rise, camminando verso di lei e avvolgendole un braccio attorno alle spalle, baciandole la tempia. La tenne stretta a sé per qualche secondo e Annabeth chiuse gli occhi, lottando ancora una volta contro le lacrime che -dispettose- le pungevano le palpebre.

- Chirone ti spiegherà tutto - rispose Talia intrecciando le dita con quelle di Luke, appena lui la affiancò.

Annabeth seguì i ragazzi mentre camminavano lungo il pendio poco ripido della collina e quando arrivarono in cima, la bellezza del paesaggio che le si parò davanti fu abbastanza per mozzarle il fiato: sotto di sé, vide un agglomerato di case disposte a forma di Omega greca e, vicino una casa dipinta di azzurro, un molo con le canoe, una baia, e diversi plessi che somigliavano tantissimo a degli stadi.

Gli ultimi raggi del sole illuminavano il luogo che Annabeth non faticava ad immaginarsi come casa e, mentre sorrideva, Talia le strinse la mano nella sua.

- Benvenuta al Campo Mezzosangue.

Talia e Luke corsero lungo la collina, sollevando le braccia in aria e urlando verso alcuni ragazzi che gli stavano andando incontro, fiondandosi tra le loro braccia e lasciandosi chiudere in un abbraccio di gruppo che fece chiudere lo stomaco di Annabeth.

Percy rimase qualche metro indietro da lei e quando i ragazzi che avevano salutato i suoi amici lo osservarono, la bionda fu quasi certa di poter tagliare con un coltello il rispetto che gli portavano.

- Come va, belli? - domandò con un sorriso, allargando le braccia e salutando tutti con un affetto che Annabeth non poteva immaginarsi.

Si fece un po' più vicina a Talia quando gli sguardi dei ragazzi stretti in jeans, magliette arancioni e felpe nere perdevano l'interesse per i suoi amici e vertevano su di lei.

Il corpo di Percy si irrigidì al suo fianco e Annabeth si voltò verso di lui, sollevando un po' il viso e osservandogli il profilo. - Qualcuno sa dov'è Chirone? - domandò il ragazzo, la voce che aveva ripreso il tono autoritario che Annabeth aveva sentito a casa sua e che spinse i ragazzi a raddrizzare un po' di più la schiena e indurire lo sguardo e la linea delle labbra.

- Nella Casa Grande - rispose un ragazzo afroamericano enorme e dagli occhi gentili che teneva le dita intrecciate a quelle di una ragazza bellissima, con i capelli neri che le sfioravano la vita, contrastando la pelle chiara e gli occhi azzurri luminosi. - Ti accompagniamo, se vuoi.

- Grazie, Beckenford ma porto io Annabeth da Chirone. - Poi gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla mentre lo superava. - E poi ci vediamo nell'Arena domani mattina. Devi ancora farmi vedere se riesci a battermi con la spada.

E il ragazzo americano rise un secondo prima che Luke gli saltasse al collo, chiedendogli di portarlo alla mensa.

Annabeth seguì la schiena di Percy che salutava i ragazzi con cenni del capo e sorrisi ogni tre secondi, camminando sicuro lungo quel luogo che doveva conoscere come se fosse casa sua.

Il pensiero che quella potesse l'unica casa di Percy la fece rabbrividire e la consapevolezza di non avere neanche lei una casa la colpì con la forza di un pugno. Si fermò di scatto stringendo i pugni per nascondere gli spasmi che le scossero le mani. Respirò profondamente chiudendo le palpebre per qualche istante, sollevando lo sguardo sulle pareti di un'enorme casa azzurra provvista di porticato in legno e tavolo da ping pong rovinato.

Salirono tre gradini di legno stretti e Annabeth lanciò un'occhiata a dei ragazzi che giocavano a pallavolo senza impegnarsi davvero, prima di sbattersi alla schiena di Percy. Sussultò per lo spavento mentre il tallone delle sue All Star scivolava lungo i gradini ghiacciati facendole perdere l'equilibrio. Agitò le braccia e serrò le palpebre preparandosi mentalmente all'impatto col pavimento prima che una mano forte si chiudesse sul suo avambraccio, strattonandola in avanti.

Percy tirò Annabeth verso di sé e lei si sbatté al suo petto respirando il profumo di fumo e deodorante per un solo istante, prima di allontanarsi velocemente da lui.

Aspettarono qualche secondo sulle travi in legno del portico che scricchiolarono non appena Chirone fece il suo ingresso con un sorriso gioviale e gli occhi stanchi. Portava una giacca di tweed aperta su una camicia scolorita e ad Annabeth parve quasi incurante della sedia a rotelle sulla quale era costretto a stare.

- Tu devi essere Annabeth - disse gentile e gli occhi scuri scintillarono quando lei annuì, porgendogli la mano che strinse delicatamente. - Vieni con me - ordinò, girando abilmente la sedia sull'ingresso dal quale era appena uscito, facendogli strada in un salone incredibilmente caldo, arredato con divani comodi e tappeti circolari.

Chirone si fece strada tra due divani e si fermò davanti a un camino acceso, sorridendo ad Annabeth ancora una volta.

La finestra aperta che lasciava entrare la luce del tramonto nella stanza lasciava vedere il mare e un'altra veranda ghiacciata con un dondolo e un tavolo circolare.

Annabeth si accucciò vicino al camino, aprendo le mani in verso il fuoco e lasciando andare un sospiro di sollievo.

- Immagino avrai delle domande - esordì e la ragazza si voltò di scatto verso di lui, schiarendosi la voce e sollevandosi, continuando però a rimanere vicino al camino e a domandarsi il perché dovessero tenere la finistra aperta a fine novembre. - Ed è logico considerato che Marin non era solo uno dei miei collaborati migliori ma anche l'ultimo legame di sangue che ti rimaneva.

Il cuore di Annabeth perse un battito e indietreggiò di un solo passo, sbattendo le palpebre un paio di volte per scacciare le lacrime di rabbia che minacciavano di rigarle le guance. - Collaboratori? - domandò e Chirone annuì, sollevando lo sguardo scuro dalle gambe magre, portandolo sugli occhi grigi di Annabeth.

- Si, come Percy, come Talia e come Luke. E come te.

- Ah?

Chirone si lasciò scappare un sorriso e Annabeth cercò Percy con la coda dell'occhio per puro istinto, respirando più regolarmente quando si accorse di averlo al suo fianco, distante pochi centimetri. - Sei in un programma protezione testimoni della CIA e tua zia non si è solo presa cura di te perché ti amava, ma perché doveva proteggerti.

Annabeth corrugò la fronte con il petto che le faceva male e il cuore che non si dava pace. - Da chi? Da chi devo essere protetta? Perché quelle persone sono entrate in casa mia e perché..

Chirone la interruppe con un solo sguardo, inchiodandola sul posto con gli occhi scuri e che -cavolo- chissà quanto avevano vissuto. - Perché i tuoi genitori non sono scomparsi ma sono morti di incidente stradale, quello stesso incidente che sogni da almeno cinque anni e che non ti è mai stato spiegato per cercare di proteggerti. - Chirone la guardò ed Annabeth si sentì schiacciare ancora una volta da quelle iridi. - Meno sapevi e meno possibilità c'erano che la Cronos potesse trovarti. - E l'uomo rise, passandosi una mano sulla cute calva. - Ma era impossibile che tu non venissi trovata. Sei troppo intelligente per rimanere all'oscuro e neppure averti cambiato cognome o città poteva essere abbastanza per evitare che Annabeth Parker finesse sulle prime pagine dei giornali locali per una nuova formula chimica. - E la ragazza aprì la bocca, chiudendola quando Chirone riprese a parlare. - Tu sei Annabeth Chase, figlia di Frederick e Atena Chase che hanno inventato un nuovo prototipo di Bomba Zar.

La bionda sbarrò gli occhi e le ginocchia le cedettero ancora una volta, costringendola a sedersi sul divano dietro di lei. Probabilmente, se Chirone avesse avuto una terza gamba l'avrebbe scioccata di meno. Era tanto, troppo e tutto in una volta. Le domande, la paura e i dubbi le vorticarono nella mente con la stessa velocità di un uragano e si aggrappò all'informazione più facile che le era stata fornita per evitare di impazzire. - Una bomba Zar? - ripeté, chiedendosi come fosse possibile che due persone da sole fossero state in grado di creare la bomba più potente del mondo.

Chirone annuì. L'espressione grave aveva sostituito quella gentile di qualche attimo prima e lanciò un'occhiata a Percy che si sedette sul divano al fianco della ragazza, sfiorandole la coscia con la propria. - Si, una bomba Zar che il governo americano è deciso a sganciare solo per fermare lo scoppio di una possibile terza guerra mondiale. - E Annabeth, in quel momento smise di respirare.

- Una sorta di Hiroshima e Nagasaki nel 1945 - le dita della mano destra si strinsero convulsamente sul cuscino sul quale era seduta mentre lei si protendeva istintivamente verso Chirone. - Allora è vero che sta per scoppiare una terza guerra mondiale.

L'uomo davanti a lei annuì e il cuore di Annabeth perse dolorosamente un battito. - Più che altro il governo americano è sempre stato più bravo a prevenire che a curare. - Sorrise amaramente prima di continuare. - Ti starai chiedendo però, cosa ci fai tu in mezzo a tutto questo. Se c'è un governo che vuole usare una Bomba Zar per fermare la terza guerra mondiale, ci sono delle associzioni che vanno contro il volere dello Stato e che si vogliono impadronire della nuova bomba Zar per far scoppiare la terza guerra mondiale.

- La Cronos recluta persone come Nakamura prima che possiamo farlo noi, nel tentativo di ricreare la formula chimica che è andata perduta con la morte dei tuoi genitori. - Era la prima volta che Percy parlava da quando erano entrati nella Casa Grande e Annabeth si voltò verso di lui, prendendosi più tempo del necessario per osservare quelle iridi smeraldo.

- Questo non è un normale programma protezione testimoni, Annabeth - attirò la sua attenzione Chirone, spingendo la sedia a rotelle con le braccia. - Tu non puoi essere in un normale programma di protezione testimoni perché sei l'unica in grado di poter ricreare la formula chimica per la costruzione della bomba Zar e, inoltre, sei anche una delle poche reclute che sa già difendersi.

Ed Annabeth sorrise per la prima volta da quando quelli della Cronos erano entrati in casa sua. - Zia Marin aveva insistito molto perché facessi corsi di lotta. Ne ho seguiti talmente tanti che ho perso il conto - disse mentre la sua voce si spegneva e lei si ritrovava a ringraziare mentalmente la donna più importante della sua vita ancora una volta.

Chirone la guardò con una scintilla nelle iridi scure prima che la sua espressione si facesse nuovamente determinata. - Per questo, dobbiamo proteggerti e addestrarti. Ethan Nakamura è stato lasciato vivo così che la Cronos possa sapere di non aver vinto.

Ma perché se la Cronos è un'associazione, lo Stato non l'ha ancora distrutta? - domandò Annabeth confusa conficcando le dita nella stoffa vecchia del divano.

Chirone sorrise bonariamente come se stesse parlando con una bambina e la bionda corrugò la fronte, irrigidendo i muscoli della schiena e delle gambe. - Perché la Mafia esiste ancora da così tanto tempo?

E Annabeth odiò quella domanda solo perché -cavolo- non riusciva a trovarne una risposta. Chirone guardò Percy nelle iridi chiare e il ragazzo si alzò di scatto, osservando Annabeth perché facesse lo stesso mentre si sistemava il golfo blu troppo grande. - Benvenuta al Campo Mezzosangue, piccola dea.

Annabeth seguì Percy fuori dalla Casa Grande, stringendosi le braccia attorno al corpo per cercare un po' di calore.

- Domani inziano gli addestramenti e dovrai combattere con qualcuno per capire in quale fascia devi essere sistemata. La sveglia è alle otto - parlò Percy mentre camminava lungo il Campo, costeggiando una stalla, un plesso completamente grigio e imponente e si dirigeva verso l'agglomerato di case a forma di Omega.

Annabeth si guardò alle spalle, osservando un gruppo di ragazzi che, con degli asciugami sulle spalle usciva da quelli che dovevano essere centri addestramento e corse dietro Percy, affiancandolo e mantenendo il suo passo senza troppe difficoltà.

- La colazione è alle otto e mezzo e starai nella prima Casa con una stanza libera. Finché non combatti non possiamo sapere dov'è il caso di smistarti.

Annabeth annuì e si guardò attorno, osservando le iscrizioni sule porte pesanti delle case basse e lunghe che stavano costeggiando: arcieri, cacciatori, spadaccini, cecchini, pistoleri, accoltellatori e wrestler. Sulle porte di ogni casa vi era il simbolo che indicava il sesso di chi vi dormiva e quando era certa avrebbero finito il giro, arrivando anche all'altra ala della lettera Omega, Percy si fermò davanti alla casa delle arcere e bussò un paio di volte prima che una ragazza con i capelli scuri potesse aprire la porta.

- Percy - disse con voce neutra, lo sguardo chiaro improvvisamente determinato che saettò dal suo volto ad Annabeth che, istintivamente, si fece un po' più vicina a lui.

- Adelaide, lei è Annabeth. Sta qui solo per stanotte, datele una camera. - E dopo aver salutato lasciò Annabeth da sola a guardare gli occhi chiari di quella Adelaide ferma sulla soglia della porta.

A quel punto, la mora rise, scuotendo la testa. - Scusami. Stavo ancora pensando a Percy e a quanto deve essere bello nudo. Entra - disse dopo quel preambolo con un sorriso gentile. Annabeth trattenne una risata, mettendo piede nell'ampio corridoio di legno.

C'erano diverse file di porte che costeggiavano tutta la parete lilla e, alla fine della casa, Annabeth riuscì a distinguere un divano, una televisione e delle ragazze che ridevano.

- Abbiamo solo l'ultima stanza libera e spero davvero non verrai smistata qui. - Disse senza cattiveria nella voce che fece sorridere Annabeth mentre la seguiva e osservava le foto di archi appese tra una porta e l'altra. Quello che più amava Annabeth erano le diverse decorazioni su ogni singola porta che davano allegria al luogo privandolo dell'aria da ospedale che avrebbe altrimenti avuto. - Abbiamo il pienone e con il cibo e l'acqua calda siamo sempre un po' incasinate. Ma almeno, non siamo nella stessa situazione dei pistoleri. Alcuni di loro devono anche condividere la camera - sussurrò, chinata verso di lei come se fosse un segreto enorme. Ed Annabeth trattenne una risata ancora una volta.

Sentiva della musica provenire da ogni stanza, il suono di alcune risate o la voce metallica della televisione. Le piaceva quel posto e sicuramente, non pensava che in un programma protezione testimoni che addestrava nuovi collaboratori ci potessero essere così tante persone.

- Siamo più di cinquecento qui al Campo ed è bello perché è come essere una grande famiglia. Avrei preferito avessimo avuto le case miste o magari, essere una capogruppo per stare vicino a Percy ma c'è il coprifuoco quindi non possiamo uscire dopo le dieci e mezzo e il sesso è solo di nascosto, se ti interessa.

E no, ad Annabeth non interessava affatto ma decise di non dirlo.

Quella ragazza non le piaceva.

- La porta è aperta, la chiave è dentro e te la puoi portare con te a patto di non perderla altrimenti i wrestler dovranno buttare giù la porta e perdere un sacco di tempo - spiegò con un sorriso mentre si fermavano davanti all'ultima porta prima della.. - Questa è la Sala Comune - spiegò Adelaide e ci pensò su per qualche secondo prima di portarci Annabeth.

La Sala Comune era priva di archi o frecce ma portava alle pareti dediche e disegni delle ragazze, poster di cantanti, modelli e attori che Annabeth conosceva solo superficialmente, e una tv a schermo piatto.

C'era anche una cucina enorme, con un frigo a due ante grigio che Annabeth avrebbe sempre voluto comprare per la zia, un forno a microonde, un divano grande e un tappeto peloso steso davanti.

- Ragazze, lei è Annabeth. Starà qui solo per un giorno a meno che, valutandola, non si scopriranno doti col tiro con l'arco. - La presentò Adelaide e le ragazze interruppero le chiacchiere per guardarla curiose.

Annabeth salutò tutte con la mano e le osservò una a una mentre dicevano distrattemente i loro nomi, perdendo l'interesse appena sentivano che, con ogni probabilità, non sarebbe rimasta con loro.

- Ciao - disse una ragazza riccia che le ricordava un po' Hazel. - Io sono Iris - le porse la mano ruvida e Annabeth sorrise a quel contatto.

- Annabeth - ripeté la ragazza ancora una volta e la seguì quando la ragazza fece un cenno con la mano, spostandosi per farle avere più spazio sui cuscini blu del divano.

In televisione stavano passando qualche sitcom spagnola che non le piaceva e Annabeth puntò lo sguardo su una ragazza bionda che si metteva lo smalto rosso ai piedi.

Quando sollevò lo sguardo gli occhi azzurri la fulminarono, cattivi, e Annabeth sorrise, rivolgendole l'espressione di scherno migliore del suo repertorio mentre si sedeva sui cuscini morbidi.

- Sono Lyla e non capisco perché tu mi debba fissare - sibilò riportando poi lo sguardo azzurro e annoiato sullo smalto, correggendo uno sbafo con un unghia laccata della mano libera dal pennello.

- Sono Annabeth e non capisco perché tu debba essere così stronza - sorrise la bionda attirando l'attenzione di tutte le otto ragazze in Sala Comune.

Annabeth continuò a osservare Lyla con insistenza, sfidandola a rispondere ma quando riabbassò lo sguardo dopo averla fulminata ancora una volta, riportò l'attenzione su Iris.

Gli occhi chairi della ragazza riccia erano sbarrati nella sua direzione e la pelle, già di per sé pallida lo divenne ancora di più.

Sembrava avesse visto un fantasma e Annabeth le passò la mano davanti al volto nel tentativo di rianimarla. - Nessuno le aveva mai risposto -le sussurrò, talmente piano che fece quasi fatica a sentirla.

E la bionda corrugò la fronte, scuotendo la testa con un mezzo sorriso. - Io non sono nessuno - rispose poggiando la schiena ai cuscini morbidi del divano, osservando una ragazza con i capelli rossi e le lentiggini vicino a Lyla e altre due che, sedute sul tappeto, guardavano la sitcom dopo aver osservato il piccolo diverbio con un'attenzione del tutto nuova.

Annabeth in quel momento si chiese dove l'avrebbero potuta smistare. Si chiese quale fosse il suo posto, ritrovandosi a dover scacciare i ricordi che le invasero la mente: il corpo della zia a terra, la paura, la rabbia e quel coltello che era affondato nel petto dell'uomo come se fosse stato burro.

Rabbrividì poggiando di scatto la schiena al divano, rovesciando la testa all'indietro mentre pensava a Luke e Talia che non vedeva più da quando era andata alla Casa Grande assieme a Percy.

- Dove sono Talia e Luke? - domandò sperando che Iris li conoscesse.

Quando la ragazza aprì la bocca per rispondere, una delle due ragazze con i capelli mossi che guardavano la sitcom si voltò verso di lei. - Luke è nei capigruppo assieme a Percy, Beckendorf, Will Solace, Di Angelo e gli Stoll. Talia è l'unica arciera ad essere stata smistata nei guerrieri ma non è l'unica in quella Casa.

Ed Annabeth a quel punto corrugò la fronte nel tentativo di ricordare dove avesse visto due Case rinominate in quel modo. - Guerrieri? - domandò alla ragazza che aveva parlato, osservandola mentre annuiva un paio di volte e si inginocchiava sul tappeto per poterle parlare meglio.

- Si. È la casa alla quale tutti ambiscono ma sono in pochi a riuscire a passare. Si trova nelle ultime quattro case del lato Omega che da' sul bosco. Probabilmente non ci sei passata - ipotizzò. - E comunque sono Lola.

Annabeth le fece un cenno con la testa con un mezzo sorriso. - Cosa fanno i guerrieri? - domandò curiosa sistemandosi un po' meglio sul divano e ignorando lo sguardo di fuoco che le rivolsero Lyla e la sua amica rossa.

- Nessuno sa bene che qualità debba avere una persona per essere un guerriero. Sappiamo solo che sia nella casa maschile che in quella femminile ci sono pochissime persone. Con Talia Grace ci sono Reyna Ramirez e Clarisse la Rue e nel dormitorio maschile ci sono Chris Rodriguez e Leo Valdez.

- Percy e Luke dov'erano? - domandò Annabeth, attirando l'attenzione di Lyla e della sua amica rossa. Decise di ignorarle entrambe e osservò le iridi ambrate di Lola che, facendo saettare lo sguardo da Lyla a lei stava decidendo se rispondere.

- Nei guerrieri. Poi però sono saliti a capigruppo e ne abbiamo solo due. È anni che non abbiamo altri guerrieri - disse la ragazza distrattamente e Annabeth annuì un paio di volte prima di guadarsi attorno confusa, non appena sentì un corno suonare in lontananza.

- È pronta la cena - le disse Iris con un sorriso e la bionda annuì ancora, alzandosi assieme a lei e seguendola lungo il corridoio.

Quando arrivarono al padiglione, in quel momento protetto da una cupola in vetro, Annabeth era convinta che si sarebbe dovuta sedere assieme alle ragazze della sua casa, ma sorrise felice quando Talia sollevò un braccio per farsi notare, indicandole il posto sulla panca di legno accanto a lei.

Annabeth fece slalom tra tavoli e ragazzi mentre la raggiungeva, posando il vassoio sul tavolo e scavalcando la panca per sedersi accanto alla migliore amica. - Ciao - disse dando un'occhiata generale alle tre persone che non conosceva. - Sono Annabeth - si presentò, fissando curiosa un ragazzo di almeno sedici anni con i capelli neri troppo lunghi e delle occhiaie troppo pronunciate per la sua età.

- Piacere, Will - si presentò un ragazzo biondo e abbronzato rivolgendole un sorriso bianchissimo. Si alzò dal suo posto sulla panca accanto a Percy per stringerle la mano mentre Annabeth si ritrovava ad ignorare, con un certo orgoglio, lo sguardo del moro fisso sul suo volto.

- Io sono Reyna - le sorrise una ragazza all'incirca della sua età, con i capelli neri che le accarezzavano la vita e un paio di iridi calcolatrici che Annabeth conosceva bene.

Sarebbe stato chiaro anche a un idiota che tutti i ragazzi al Campo portavano delle magliette arancioni identiche che se dovessero seguire un macabro dress-code che voleva farli somigliare a delle zucche.

Era altrettanto evidente che i capigruppo non dovessero seguire quelle regole che l'intero Campo rispettava con rigore. Persino Talia, che Annabeth aveva sempre bollato come anarchica, indossava una felpa nera -di Luke, per quanto enorme- aperta su quella maglietta arancione.

- Lui è Nico - lo presentò Luke con un sorriso, portandosi alle labbra un pezzo di carne al sangue che doveva essere buonissima. - E non parla con nessuno.

- Vaffanculo - disse in tono neutrale il ragazzo e Annabeth non si preoccupò di trattenere una risata cercando lo sguardo di Percy che era troppo impegnato ad ignorarla e a chiacchierare con Will e Reyna di un qualcosa che non riusciva a seguire.

- Allora, Sapietona, come ti trovi negli arcieri? - domandò la migliore amica rubandole una patatina fritta dal piatto. E Annabeth rise, dandole un colpo alla mano e afferrando il cibo al volo. - Ti odio! - esclamò Talia con un sorriso tentando di darle uno schiaffo che la ragazza riuscì ad evitare mentre sorrideva, avvolta dal chiacchiericcio allegro di tutte quelle persone che avevano incominciato da capo, proprio come lei.

Quando Annabeth entrò nella sua stanza nella Casa delle arciere ebbe un tuffo al cuore nel vedere quanto fosse vuota e spenta, priva di vita. La sua stanza, quando viveva con zia Marin era piena di foto che non avrebbe più potuto recuperare. Disegni che le aveva fatto Talia e scarabocchi che le aveva lasciato Luke. Frasi che le aveva scritto la zia e qualche disegno un po' più complesso direttamente sull'intonaco bianco, che adorava.

L'armadio era ricco di frasi delle sue canzoni preferite e la scrivania era un caos di libri e quaderni che non era disposta a riordinare.

Lì, nella Casa degli arcieri sembrava non esistesse più nulla, sembrava non avesse un passato e forse era meglio così, anche se le faceva un po' male.

Si accorse di non avere abbastanza forze per potersi spogliare e si limitò a togliersi i leggins e le All Star ghiacciate mentre scostava il lenzuolo freddo e poggiava la testa sul cuscino troppo duro.

Quel paradiso idilliaco che era stata la sua vita, sembrava svanito nel nulla.

Annabeth fissò il soffitto fiocamente illuminato dalla luce della luna e solo in quel momento lasciò spazio alle lacrime.

Aveva creduto per diciotto anni di essere Annabeth Parker. Aveva creduto che i suoi genitori fossero scienziati qualunque scomparsi nel nulla. Aveva creduto che zia Marin fosse solo una psicologa e che Talia e Luke fossero solo i suoi amici del college e non una sottospecie di guardiani che avevano il compito di proteggerla.

In un secondo, in un unico e inquietante soffio, il suo mondo, il suo castello di carta era crollato con violenza.

Annabeth Parker era diventata Annabeth Chase e i suoi genitori avevano inventato un nuovo prototipo di bomba della quale nessuno, a parte lei, conosceva la formula chimica. E zia Marin era una collaboratrice della C.M. -che era una costola della CIA- e che era morta per proteggerla.

Zia Marin che si era presa cura di lei quando aveva solo sedici anni. Che l'aveva quasi costretta a prendere lezioni di karate, judo, wrestiling, auto-difesa ed MMA. Che le sorrideva ogni volta che tornava a casa con dei lividi nuovi, che le diceva:"così si fa, piccola dea" e poi le sorrideva di nuovo, preparandole una torta al cioccolato che avrebbe mangiato dopo cena.

Zia Marin che l'aveva accompagnata a fare shopping ogni sabato mattina e che le prestava sempre la roba da vestire perché:"Andiamo, zia! Ci dovrà pur essere un motivo se tu sei così giovane e bella, no? Per prestarmi i vestiti!"

Zia Marin che sapeva sempre quale fosse la cose giusta da dirle per farla sorridere o per farle capire dove stesse sbagliando.

Zia Marin che l'aveva consolata quando il primo ragazzo l'aveva trattata male perché non voleva andare a letto con lui e che le aveva detto:"non hai sbagliato, piccola dea. Hai seguito il cuore e dovrai farlo sempre."

Zia Marin che in realtà era più mamma e che era morta mentre la proteggeva. Che era morta senza prima aver mangiato con lei una fetta di torta al cioccolato ancora calda davanti alla televisione e Supernatural. Zia Marin che ancora doveva accompagnarla a prendere una maglietta da Macy's, che doveva ancora pettinarle i capelli, che doveva ancora abbracciarla un po'. Che doveva rimanere al suo fianco e proteggerla fino a che Annabeth non sarebbe stata in grado di proteggere entrambe.

Ed Annabeth pianse senza far rumore, con le lacrime che le davano fastidio alle orecchie, con le mani che tremavano un po' e con il cuore che sembrava avesse smesso di battere.

- Mi manchi tanto - sussurrò, addomentandosi con il nome della zia sulle labbra.

- Piombo e Magnesio, Frederick! Ecco cosa mancava! Il magnesio!

L'uomo si tolse la mascherina lanciandola sul tavolo grigio e abbracciando la moglie, baciandola con un sorriso. - Ce l'abbiamo fatta, Atena! - esclamò baciandola ancora una volta. - L'abbiamo trovata.

E Atena rise, buttando la testa indietro e permettendo che la coda di capelli biondi potesse accarezzarle dolcemente le scapole. Si voltò in quel momento e l'espressione gioviale si tramutò in terrore, mentre lasciava il marito e si chinava, allungando le braccia con un sorriso nervoso sul volto. - Annabeth, che ci fai qui? Non pensi sia ora di andare a dormire?

La conchiglia risuonò forte nella stanza di Annabeth come se qualcuno l'avesse soffiata direttamente nel suo orecchio e si alzò con un grugnito, passandosi una mano tra i capelli biondi e desiderando una doccia e qualche vestito nuovo.

Aprì l'armadio color panna accanto al letto e corrugò la fronte, trovando il suo borsone scuro poggiato a terra e chiedendosi come ci fosse finito lì, considerato che era certa di non averlo neanche portato con sé.

Lo aprì, afferrando un paio nuovo di mutande e un reggiseno, infilando la mano più a fondo e sorridendo quando trovò una felpa di zia Marin e un altro paio di leggins neri.

Si fiondò in bagno quando si ricordò qualcosa a propostio dell'acqua fredda e sorrise quando, aprendo il rubinetto, qualcuno nella stanza accanto alla sua gridò di rabbia.

Non appena Annabeth arrivò nella mensa sorrise, lieta di avere un'amica come Talia che le aveva già preso la nutella, i pancake e un caffé lungo bollente.

- Ti amo - le disse e Luke si voltò di scatto verso di loro, smettendo di parlare con Percy che trattenne un sorriso, passandosi una mano tra i capelli scuri.

- State per fare sesso? - domandò con gli occhi azzurri sbarrati per l'eccitazione. - Perché se state per fare sesso io voglio assistere - affermò perentorio e Annabeth e Talia scoppiarono a ridere, mentre cominciavano a mangiare.

- Se riesci ad intrufolarti nei guerrieri, magari esce qualcosa, che ne pensi bionda?

Ed Annabeth rise, prendendo un sorso del suo caffé caldo con un sorriso. - Dico che sarebbe perfetto.

Talia era dovuta correre a prepararsi, Luke doveva tenere d'occhio un paio di westler che avevano intenzione di darsela di santa ragione e Percy si era limitato a spiergarle dove fosse l'Arena, lasciandola poi da sola.

Annabeth era da sola mentre usciva dalla Casa degli arcieri alle dieci e mezzo della mattina e costeggiava il resto delle Case solo per il gusto di vederle tutte. Solo per il gusto di vedere il disegno in stile greco inciso sulla porta e che riportava il nome della rispettiva abitazione.

Aveva parlato con qualche ragazzo al Campo, sorprendendosi ogni volta che sentiva parlava dei guerrieri come se fossero divinità scese in terra e riuscì a credere a quelle parole soltanto quando si fermò davanti alle due Case che completavano l'ultima linea dell'Omega. Erano uguali alle altre in tutto e per tutto eppure, l'onore e la forza in più riuscì a percepirle lo stesso.

Sarebbe rimasta lì, ferma davanti alle due Casa per ore. Maagari, si sarebbe presa del tempo per osservarle tutte, per sfiorare i disegni sulle porte, il legno rovinato e il bell'intonaco, ma poi si ricordò delle arciere che non voleva più vedere e corse verso l'Arena più grande, costeggiata dal poligono di tiro e dalla palestra rosso sangue dei wrestler.

Le porte scorrevoli si aprirono al suo passaggio e lei sorrise mentre i suoi passi eccheggiavano per l'immenso corridoio bianco. Svoltò a destra, seguendo la strada che l'avrebbe portata alla zona degli allenamenti ma Lyla le andò andosso con troppa forza per essere un errore, facendola indietreggiare per la sorpresa.

- Ma che..? - fece confusa guardandosi attorno quando, oltre Lyla, anche la ragazza con i capelli rossi e altri tre visi che si ricordava fossero della Casa degli arcieri, arrivarono dal corridoio che aveva appena percorso, circondandola. Ed Annabeth rise, buttando la testa all'indietro e osservando Lyla con un sopracciglio chiaro alzato. - Ma dico, sei seria?

- Dicci quando intervenire - disse una voce familiare e quando Annabeth si voltò, incrociando un volto dai tratti asiatici, si ricordò di Mei che quella mattina stessa le aveva dato del succo.

Lyla avanzò verso Annabeth che rimase ferma dov'era, sorridendo. - Stai lontana da Percy. - Ordinò e un attimo prima che la bionda potesse ridere, Lyla gridò.

La mano che le afferrò i capelli fu talmente fulminea da non lasciare ad Annabeth neanche la possibilità di fuggire e qualcuno le tirò la testa all'indietro con forza mentre la stessa rossa della Sala Comune andava verso di lei, dandole un pugno allo stomaco.

La bionda grugnì, incassando un altro pugno con un gemito e chiudendo gli occhi per il dolore.

- Sei da sola, Annabeth. - Gongolò Lyla. - Cosa farai adesso?

Ed Annabeth rise, beccandosi un pugno al volto che la fece solo infuriare. Ignorò il labbro inferiore che pulsava di dolore e poi cercò lo sguardo di Lyla. - Sono da sola - constatò. - E vi farò il culo.

Afferrò i fianchi della ragazza che le teneva i capelli, infilandole le unghie nella pelle e facendola urlare, mentre si spingeva indietro col busto, facendole perdere l'equilibrio. Cadde a terra con un tonfo ed Annabeth si rialzò da sopra di lei, colpendole il volto con un calcio, voltandosi di scatto e incassando un pugno al volto.

Intercettò il braccio di Mei e glielo torse dietro la schiena attirandola verso di sé e spingendola in avanti mentre le piantava un All Star tra le scapole e colpiva subito dopo, con un calcio ben piazzato, il volto della ragazza rossa che la stava picchiando prima. Sorrise quando la vide cadere a terra e ringhiò quando due braccia le passarono sotto le spalle, tirandola all'indietro.

Lyla corse verso di lei ed Annabeth sfruttò la presa della ragazza che la stava tenendo per colpire la bionda allo stomaco, saltandole poi al collo e rotolando via un attimo prima che una ragazza con i capelli neri potesse colpirla.

Il pugno andò dritto sul naso di Lyla ed Annabeth sorrise mentre la ragazza che l'aveva presa per i capelli si alzava, con il volto livido e gli occhi arrabbiati.

Annabeth la colpì con un pugno al volto, un secondo prima che uno scalpiccio di piedi potesse distrarla.

- Che state facendo? - gridò qualcuno, ed Annabeth si voltò di scatto verso un ragazzo con i capelli ricci mentre un pugno la colpiva alla guancia destra.

Le persone nel corridoio stavano aumentando.

- Fermatele! - disse lo stesso ragazzo riccio con un accento spagnolo che Annabeth avrebbe notato solo dopo.

Fu in quel momento che Percy si fece largo tra la folla. - No - disse e qualcuno la colpì ancora una volta. Ringhiò, afferrando il braccio della ragazza rossa e girandolo di scatto. - Che nessuno le fermi - decise e Annabeth sorrise, abbassando subito dopo il braccio della ragazza contro il suo ginocchio. Il gomito cozzò contro l'osso con violenza e la rossa urlò per il dolore, crollando a terra e tenendosi il braccio rotto con quello sano.

Un calcio fece cadere Annabeth e lei protese le mani davanti al volto, rotolando con la schiena sul pavimento e sollevando il piede verso il petto di Mei, spingendola lontana da sé. Si sollevò con un colpo di reni e la fermò per le spalle, voltandosi poi verso la ragazza che l'aveva acchiappata per le spalle e che colpì Mei allo stomaco con talmente tanta forza da farla crollare tra le braccia di Annabeth.

La bionda la spinse verso di lei, dandole un pugno dritto al naso, buttando il busto all'indietro e colpendola con un calcio alla guancia che le fece scattare la testa verso destra con un gemito, prima di crollare a terra.

Quando sentì un grido alle sue spalle, sollevò il gomito con forza e si girò di scatto, in tempo per vedere la ragazza che le teneva i capelli, tenersi un occhio mentre si sbatteva alla folla di ragazzi che le avevano circondate.

Mancavano Lyla e la ragazza con i capelli neri che aveva colpito la sua stessa amica ed Annabeth le guardò con un mezzo sorriso sul volto. La mora gridò, correndo verso di lei e Annabeth aspettò il momento giusto per scivolare a terra, girandosi e colpendo le caviglie di quella ragazza con le gambe. Appena cadde a terra, la tirò su per i capelli e tenne il braccio teso e la presa forte mentre si allontava da lei per evitare che potesse colpirla con le braccia e con le gambe.

Solo in quel momento il dolore cominciò a farsi sentire e il cuore prese a battere un po' più veloce per il fiato corto. Il corpo intero bruciava e pulsava fastidiosamente ma -cavolo- conosceva perfettamente quella situazione e le piaceva.

Avvicinò la ragazza a sé rischiando di farla cadere a terra, e chiuse un pugno sulla sua gola, osservando gli occhi azzurri di Lyla e il naso violaceo.

- Cosa vuoi fare? - le domandò rafforzando un po' di più la presa sulla ragazza che, con un gemito, barcollò per la posizione scomoda nella quale Annabeth l'aveva costretta.

E Lyla assottigliò lo sguardo. - Vaffanculo - sibilò mentre passava vicino ad Annabeth e fendeva la folla per uscire dall'Arena.

- Via - disse Annabeth allentando la presa sulla ragazza e sollevandola con una spinta, facendo saettare lo sguardo da lei alle amiche che piangevano a terra.

E la folla di ragazzi si levò in un boato mentre qualcuno batteva le mani e le dava pacche sulle spalle che la fecero sorridere.

- Guerrieri - disse una voce che sovrastò tutte le altre, che non attirò l'attenzione di nessuno ma solo quella di Annabeth. - Sei nei guerrieri - ripeté Percy e la bionda cercò il suo sguardo smeraldo oltre tutte le teste di ragazzi che continuavano a starle attorno.

Solo quando li vide, solo quando vide quelle iridi luminose che non riuscivano a nascondere l'orgoglio, si lasciò andare a una risata nervosa mentre le ginocchia cedevano e cadeva su un ragazzo accanto a lei.

- Qualcuno può.. - domandò con la bocca improvvisamente secca, rimanendo aggrappata alla maglietta del ragazzo spagnolo che aveva tentato di interrompere la rissa.

Sbatté le palpebre un paio di volte mentre delle macchie nere le offuscavano la vista e si impose di non svenire, osservando Percy che fendeva la folla, andando verso di lei.

- Annabeth? - la chiamò, ma la sua voce le arrivò ovattata alle orecchie.

La afferrò per il braccio mentre scostava i ragazzi con forza, tenendola in piedi e portandola all'aria fresca. Le cinse il viso con le mani e le regalò un sorriso a labbra chiuse mentre la guardava negli occhi. - Respira profondamente - le ordinò con voce tenue e Annabeth trovò solo le forze per annuire mentre, continuando ad osservare le iridi di Percy prendeva una boccata d'aria fresca.

- Quindi mi hai smistato nei guerrieri? - disse con un sorriso mentre il respiro si regolarizzava e il ragazzo quella volta, mentre stendeva le labbra, le mostrò anche i denti.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top