If love's a fight, then I shall die
Annabeth infilò il suo telefono nella tasca posteriore dei jeans e tenne il cappotto scuro posato sul braccio mentre usciva dalla sua stanza.
- Voglio un bel regalo - le disse Talia affiancandola, strappandole un sorriso con il quale nascose il sussulto per l'arrivo improvviso.
La bionda annuì ridendo e poi uscì dalla loro Casa, dirigendosi assieme alla sua migliore amica verso la Casa Grande. - Non ti deluderò. Anche se il Campo mi dovrà anticipare qualcosa - mormorò pensierosa, notando con la coda dell'occhio Talia sorridere.
- Il Campo è una costola della CIA. La CIA è un'organizzazione dello stato quindi è lo stato a darti i soldi, non noi. Non metterti problemi, bionda - la rassicurò mentre arrivavano davanti alla Casa Grande, superando il padiglione della mensa dal quale arrivavano gli echi dei ragazzi che facevano colazione.
Le era mancato mettersi i jeans aderenti con le All Star e il suo golfo bordeaux preferito. Le era mancato sistemarsi i capelli e calarsi un beanie scuro sulle ciocche bionde. Al Campo, niente di tutto quello che stava indossando era necessario e solo mettendosi addosso quelle pillole di normalità si era resa conto di quanto, la vita fuori dal programma protezione testimoni le fosse mancata.
Percy e Luke erano davanti all'ingresso della Casa assieme a Chirone che, seppur in sedia a rotelle, dominava sui due ragazzi che avrebbero potuto spaccare una tavola di legno di dieci centimetri con un solo pugno.
Annabeth sorrise cercando di far saettare lo sguardo da Luke a Percy e di non focalizzarlo solo quest'ultimo che -cavolo- stretto in un paio di jeans neri, un golfo grigio chiaro e un beanie sui capelli scuri era ancora più bello.
- Andremo in città solo per poche ore e se qualcosa va storto torniamo qui, intesi?
Il sorriso morì dal volto di Annabeth che posò una mano sul braccio di Percy coperto dal bomber scuro. - Me l'hai già detto ieri almeno una trentina di volte e io non sono una stupida. Puoi rilassarti e fidarti, per favore? - gli domandò osservandolo dritto negli occhi verdi.
Chirone rise e Annabeth spostò lo sguardo da Percy a lui, allontanandosi dal ragazzo per poter guardare l'uomo dai capelli radi dritto negli occhi. - Credo che Annabeth abbia ragione, Percy. Ovviamente dovrete stare attenti ma siete due guerrieri e confido in voi. - Sorrise ad entrambi e Annabeth tornò a guardare Percy come se volesse dirgli:"visto, avevo ragione io!"
Ed era sicuramente quello il suo intento.
Percy la guardò negli occhi per qualche secondo ancora e poi abbassò la testa, sospirando. - Ok, andiamo prima che mi penta di questa stronzata.
Diede una pacca sulla spalla di Luke che sorrise, chinandosi poi verso Annabeth per darle un bacio sulla guancia. Talia fece lo stesso con entrambi e i due ragazzi si diressero verso la Collina dalla quale erano arrivati, la stessa sormontata da un pino enorme che Annabeth aveva adorato dal primo momento che l'aveva visto.
Camminarono in silenzio fino a che non arrivarono al pick-up scuro che li aveva portati al Campo quasi un mese prima e Annabth scivolò sul sedile anteriore, chiudendo la portiera con un tonfo e stringendo le gambe tra loro per tentare di recuperare il calore che il freddo di dicembre le aveva portato via.
Percy salì accanto a lei pochi istanti dopo e sfregò le mani fredde tra loro, soffiandoci sopra e infilando le chiavi nel cruscotto, accendendo il quadrante e allungandosi per mettere l'aria condizionata.
Si voltò verso Annabeth aprendo la bocca per parlare, ma la ragazza alzò un dito davanti al suo volto, fulminandolo con gli occhi grigi. - Se provi a dirmi di stare attenta, che staremo poche ore e che se succede qualcosa torneremo qui -ancora una volta- giuro che ti do un pugno.
Percy corrugò la fronte e poi sorrise senza mostrare i denti, mettendo la marcia e premendo poi sull'acceleratore per andare sulla strada. - A dire il vero volevo dirti che il guidatore sceglie la musica ma va bene il fatto che tu abbia ricordato quello che dico.
Annabeth lo smorfiò, allacciandosi la cintura e sistemandosela sul petto mentre Percy le passava il suo Ipod e un cavo. Li collegò all'auto e osservò la sua playlist leggermente perplessa, scorrendo tra i titoli.
- Kansas, Led Zeppelin, AC/DC, Nirvana, Guns 'n Roses.. - snocciolò continuando a scorrere lungo la sua playlist.
- Metti la riproduzione casuale, a me vanno bene tutte - disse con un sorriso malandrino sul volto, facendo finta di non capire ciò che veramente voleva Annabeth.
La ragazza premette su "shuffle" con un sorriso e abbassò leggermente il volume quando gli AC/DC iniziarono a suonare "Hells Bells". - Dio, come fa a piacerti questa roba? - domandò e in tutta risposta, Percy alzò ancora di più il volume, fino a farle credere di poter sentire i timpani scoppiare. Agitò la testa rischiando di far schizzare via il beanie dai capelli scuri e Annabeth, suo malgrado, nonostante la musica che non le piaceva, rise, buttando la testa all'indietro e osservando un po' meglio Percy che sorrise, guardandola con la coda dell'occhio.
Annabeth riuscì a tollerare quella musica solo per un paio di minuti e poi l'abbassò di colpo, ignorando il verso di protesta di Percy.
- Facciamo il gioco delle venti domande! - esclamò e il ragazzo trattenne l'ennesimo sorriso mentre guidava, continuando a cantare gli AC/DC. - Inizio io.
Percy annuì un paio di volte e poi si morse leggermente il labbro inferiore mentre pensava alla domanda più giusta da fare. E Annabeth giurò a sé stessa di non aver mai provato così attrazione verso un ragazzo come la stava provando per Percy in quel momento. Strinse i pugni cercando di scacciare dalla sua mente il desiderio di torturargli quello stesso labbro inferiore con la lingua e con i denti.
- Annabeth. Annabeth! - la chiamò Percy agitandole una mano davanti al viso e riportando subito l'attenzione sulla strada, prendendo una curva.
La ragazza sussultò mettendo a fuoco il suo profilo e gli occhi verdi che saettavano da lei alla strada - Eh? Si, eccomi. Cosa mi hai chiesto?
Percy la guardò corrugando leggermente la fronte coperta dal beanie e scosse la testa quasi impercettibilmente. - Maschio o femmina?
- Femmina - rispose Annabeth senza esitazione, aspettando che il ragazzo le rivolgesse un'altra domanda mentre continuava a guidare.
Prese un'altra curva e superò una macchina troppo lenta, scartando nella corsia di sorpasso mentre Annabeth si sistemava sul sedile, tranquilla. Era sorprendente quanto le piacesse il modo in cui guidava Percy, forse perché sembrava talmente rilassato mentre teneva il volante con la mano sinistra e l'altra sul cambio, che riusciva a rilassare anche lei.
- Reale o immaginaria?
Annabeth sorrise. - Immaginaria.
Percy sbuffò, voltandosi verso di lei mentre correvano lungo un rettilineo. - Se è un libro, io non so proprio niente, sapientona - la prese in giro e la bionda rise.
- Lei la conosci per forza. Continua, dai!
Percy sbuffò ancora e Annabeth sorrise, come se fosse incapace di smettere quando era con lui. E pensare che, solo qualche giorno prima, non potevano stare nella senza stanza senza augurarsi di morire con lo sguardo. - Più o meno di trent'anni?
- Meno.
- È un libro?
Annabeth sollevò le sopracciglia chiare che quasi sparirono sotto al beanie scuro. - Ovviamente.
Percy imitò il suo tono un po' saccente e Annabeth gli diede un colpo al braccio, facendolo ridere mentre superava un'utilitaria. - Ci hanno fatto anche un film?
La bionda annuì, sospirando di sollievo quando capì che la canzone era finita. - Posso metterne una io, adesso? - domandò sporgendo il labbro inferiore e spalancando gli occhi grigi.
Percy la guardò per un solo istante prima di riportare velocemente lo sguardo sulla strada, come se si fosse scottato. - Non attacca. - Disse perentorio e Annabeth si sporse un po' più verso di lui, ignorando la cintura che le premeva sul petto e sul collo. - Smettila - continuò staccando una mano dal volante per premerla contro il viso di Annabeth nel tentativo di spingerla all'indietro.
La ragazza rise, mugugnò di protesta e poi gli leccò il palmo della mano, facendo guizzare la lingua tra le labbra e godendosi la sua esclamazione d'orrore.
- Ti odio - decise il moro allungando una mano per potersi asciugare il palmo umido contro i jeans di Annabeth che rise, appropiandosi comunque del suo Ipod per poter cambiare canzone. Trovò "It's my life" di Bon Jovi e ci premette il pollice sopra, sistemando poi l'Ipod nel vano porta oggetti per evitare che cadesse.
- Non ci credo. E devi ancora indovinare il mio personaggio - disse tranquilla mentre Percy si girava per smorfiarla, strappandole una risata.
- Bionda o mora?
- Mora - rispose Annabeth canticchiando la canzone, osservando Percy che pensava alla domanda più adatta da fare.
Ci pensò a lungo mentre Bon Jovi riempiva il silenzio dell'abitacolo e Annabeth continuava a guardarlo. Poi sorrise. - Hermione Granger.
La bionda sbarrò gli occhi osservando Percy come se avesse avuto un terzo occhio. - Ti facevo meno intelligente di così.
Gli occhi verdi del ragazzo saettarono su di lei mentre le labbra si stendevano in un leggero sorriso che non scopriva i denti. - è un complimento? - domandò e Annabeth sorrise.
- Forse - gli rispose. - Maschio o femmina?
- Femmina - disse subito Percy mentre Bon Jovi continuava a suonare.
Annabeth corrugò un attimo la fronte osservando la strada, come se quello potesse aiutarla a pensare. - Reale o immaginaria.
Il ragazzo sorrise leggermente. - Realissima.
Annabeth serrò le labbra in un'unica linea di concentrazione. - è un'attrice? - tentò mentre, un attimo dopo, si ritrovava ad analizzare il sorriso enigmatico di Percy.
- Assolutamente.
- Più o meno di trent'anni?
- Meno.
Annabeth annuì. - Ha fatto film che posso aver visto anche io?
E Percy scoppiò a ridere, cambiando marcia. - Spero di no! - le rispose e Annabeth spalancò occhi e bocca, cercando invano di trattenere una risata.
- Sasha Grey.
Il ragazzo si voltò di scatto verso di lei, inchiodando di colpo in mezzo alla strada e facendola schizzare verso il cruscotto, venendo fermata dalla cintura di sicurezza. - Adesso mi dici come hai fatto. Non mi muovo finché non lo fai - le assicurò e Annabeth a quel punto, rise per davvero, lanciando un'occhiata oltre i sedili posteriori per assicurarsi che non stesse arrivando nessuna macchina.
- Quando ti ho chiesto se fosse un'attrice hai sorriso come se ci fosse stato ben altro sotto e alla fine, quando ti ho chiesto del film, hai detto "spero di no" e gli unici film che avresti potuto sperare non avessi mai visto sono sicuramente i porno. - Poi sorrise. - Sasha Grey è l'unica attrice porno che conosco. Ho solo detto il suo nome e sperato fosse quello giusto.
Fu a quel punto che Percy rise, scuotendo la testa. Lanciando di tanto in tanto occhiate ad Annabeth si sistemò un po' meglio sul sedile, sorridendo. - Sapientona è ufficialmente il tuo nuovo soprannome ma giusto perchè "botta di culo" è davvero poco carino.
La bionda sbarrò gli occhi allungando un braccio per colpire Percy sulla spalla mentre premeva sul gas, ripartendo lungo l'autostrada. - Davvero spiritoso, Testa D'alghe.
E il ragazzo rise ancora mentre sollevava un po' di più la musica, domandandosi come fosse possibile che un soprannome così brutto risultasse così bello se scivolato via dalle labbra di Annabeth.
***
Il computer suonò un paio di volte mentre lo schermo si accendeva e un puntino rosso iniziava a muoversi lungo delle strade stilizzate blu su sfondo nero.
Sono a New York.
Ethan Nakamura sorrise.
***
Annabeth aveva sempre adorato New York e, quando aveva tempo aveva tempo, al Campo pensava alla sua città molto spesso, abbastanza da richiamare alla memoria tutti i particolari che le venivano alla mente mentre pensava alle mille luci della città.
Ma fu solo quando arrivò nella Grande Mela che si rese conto quanto realmente le fosse mancata. Percy parcheggiò la macchina vicino a Times Square e Annabeth schizzò fuori dallo sportello, sollevando il volto e chiudendo gli occhi mentre dei gentili fiocchi di neve le si posavano sulla pelle.
Ascoltò il caos dei clacson, dei motori delle auto e delle moto, i campanelli delle biciclette e i mega schermi della piazza che sparavano a tutto volume pubblicità e musiche diverse. Osservò le persone perennemente indaffarate per chissà che cosa, quelle che camminavano con una ventiquattro ore stretta al fianco, quelli che camminavano tenendo il telefono all'orecchio e quelli che camminavano in compagnia, chiacchierando ma adeguandosi al passo dei newyorkesi.
- Ti era mancata, eh? - domandò Percy e Annabeth aprì gli occhi trovandolo bellissimo e davanti a lei.
Era quello il vero Percy? Era quel ragazzo simpatico -tremendamente-, gentile, disponibile e carino, il vero Percy? Quello che si ostinava a nascondere dietro a una finta durezza e a un muro d'odio?
Ad Annabeth, il Percy che le stava facendo conoscere quella piccola escursione piaceva ancora di più e si chiese il perché quel ragazzo dovesse avere la necessità di celare al mondo il vero sé stesso, diventando una persona che non le piaceva poi così tanto.
Annabeth lo sapeva bene che dietro a quella maschera di odio vi era molto di più. Sapeva che la mano stretta attorno al suo polso una settimana fa voleva dire disperazione e voleva dire anche "scusami". Sapeva che avrebbe voluto baciarla e sapeva che lei non si sarebbe mai tirata indietro.
- Moltissimo - gli rispose, - Mi era mancata veramente tanto.
Ignorò il telefono che vibrava insistentemente nella tasca del cappotto e poi sorrise verso Percy, affiancandolo mentre iniziavano a camminare per le vie affollate di New York.
Un uomo in cappotto e cravatta le andò addosso senza smettere di parlare al telefono e Annabeth indietreggiò di un paio di passi. Percy la recuperò prima che la folla potesse trasportala via ulteriormente e chiuse gli occhi mentre le avvolgeva le spalle con un braccio.
Il cuore di Annabeth fece una capriola e si accoccolò al suo fianco, infilando una mano nella tasca del suo bomber per stargli ancora più vicino.
- Non posso perderti - disse e Annabeth si chiese se ci fosse altro dietro a quelle tre parole che le mozzarono il fiato. Se ci fosse un significato nascosto, un significato più profondo dietro a quella che voleva far passare come una semplice necessità.
Percy la strinse un po' di più mentre camminavano e Annabeth smise di pensare, osservando i fast-food, i ristoranti decorati dalle più sfavillanti luci al neon, che riuscivano ad essere luminose anche se non era neanche l'ora di pranzo e c'era ancora luce. Osservò la neve che attecchiva lentamente al suolo, i sorrisi, i volti sempre diversi e si chiese come fosse possibile sentirsi soli a New York. Certo, era plausibile, ma lei si era sempre sentita protetta da New York, abbracciata da quel miscuglio di luci e caos che la difendevano da un mondo esterno che le faceva un po' paura.
Quando poi Percy si fermò davanti a uno Starbucks, Annabeth si domandò se essere così schifosamente felici fosse normale.
Appena entrarono, il caldo li avvolse completamente costringendoli a liberarsi dei giubbotti mentre osservavano la fila chilometrica per poter ordinare.
Percy le porse il giubbotto e Annabeth lo osservò leggermente perplessa mentre si metteva in fila. - Vai a cercare un tavolo, io ordino. Cosa vuoi?
La ragazza sorrise, scoprendo i denti e sistemandosi i giubbotti sul braccio. - Un caffé lungo, dolce e dei pancake col cioccolato - decise in pochi secondi strappando un sorriso al ragazzo che si tolse il beanie, passandosi una mano tra i capelli leggermente schiacciati e dandolo poi ad Annabeth, che lo prese nella mano sinistra.
- Vado - gli disse, sgusciando tra le persone e i tavoli nella speranza di trovarne uno libero.
Riuscì a prenderne uno che si stava appena liberando e sorrise ai due ragazzi che le lasciarono le sedie, andando via. Era in un angolo del locale e non dava sulla vetrina, cosa che poteva essere decisamente utile quando esci di nascosto e fai parte di un programma protezione testimoni.
Appese il giubbotto di Percy nella sedia davanti alla sua e controllò che fosse ancora in fila prima di togliere il telefono dalla tasca dal cappotto. L'aveva sentito suonare così tante volte da aver anche perso il conto, e quando illuminò lo schermo giurò di non aver mai visto così tante chiamate perse e messaggi in tutta la sua vita, e tutti di Piper.
Nuovo messaggio: Piper ore 08:30 28 Novembre
Ma noi due non dovevamo fare colazione fuori?:(
Dove sei?
Due chiamate perse: Piper ore 08:32 ore 08:34 28 Novembre
Nuovo messaggio: Piper ore 08:36 28 Novembre
Stai ancora dormendo? Come mai non rispondi?
Nuovo messaggio: Piper ore 08.41 28 Novembre
Annabeth, mi devo preoccupare?
Nuovo messaggio: Piper ore 08:45 28 Novembre
Sono ancora qui ad aspettarti. Puoi rispondermi, per favore?
Tre chiamate perse: Piper ore 08:47 ore 08:49 ore 08:51 28 Novembre
Nuovo messaggio: Piper ore 08:52 28 Novembre
Non risponde neanche Marin. Sto venendo a casa tua.
Otto chiamate perse: Piper ore 09:00 ore 09:04 ore 09:05 ore 09:06 ore 09:10 ore 09:11 ore 09:13 ore 09:15 28 Novembre
Nuovo messaggio: Piper ore 09:17 28 Novembre
Annabeth, c'è la polizia a casa tua ed è tutto transennato. Hanno portato via il corpo di qualcuno sotto un telo bianco. Ho avuto paura che fossi tu ma era zia Marin assieme ad altri due tizi.
Nuovo Messaggio: Piper ore 09:19 28 Novembre
Annabeth, dove sei? I poliziotti hanno detto che sei scappata o fuggita via. Non ci sono tracce che condurrebbero al tuo sangue ma io ho paura lo stesso. Annabeth, ti prego, ho bisogno di sapere che stai bene.
E i massaggi continuavano così fino a quel giorno.
Annabeth si portò una mano alla bocca mentre li leggeva tutti, lasciando che le lacrime potessero scontrarsi contro le dita. Non tentò neanche di trattenerle, sapeva che non ci sarebbe riuscita affatto.
Piper le aveva scritto cinque messaggi ogni giorno. Le raccontava la sua giornata, le chiedeva come stava e le inviava foto e solo in alcuni le diceva quanto le mancava o quanto aveva bisogno di lei.
Cinque messaggi perché era il numero preferito di Annabeth, otto chiamate perché era il numero preferito di Piper.
- Mi dispiace - mormorò mentre continuava a leggerli, a sorridere suo malgrado per le cose che scriveva quando era di buon umore, quando Jason le aveva fatto qualche sorpresa o quando aveva passato qualche esame. - Mi dispiace, Piper. - Sollevò il dito per poter premere la cornetta affianco al suo nome e quando stava per chiamarla, Percy arrivò al tavolo, posando il vassoio con i pancake, il muffin e due caffé caldi.
- Che facevi? - le domandò con un sorriso, senza dubitare neanche per un secondo che avesse tolto la modalità aereo per vedere i messaggi della sua migliore amica.
Annabeth la ripristinò in pochi istanti e poi girò lo schermo appena aprì Candy Crush. - Noia - si limitò a dire chiudendo anche quell'applicazione e sorridendo forzatamente mentre si avvicinava i pancake e il bicchierone del caffé. Continuò a tenere lo sguardo basso per evtare che Percy potesse notare le lacrime sulle guance e se le asciugò velocemente, allungandosi per prendere un fazzoletto.
- Annabeth - la chiamò e dal tono di voce teso riuscì a capire che si, si era accorto di tutto. Le prese il mento tra le dita delicatamente, sollevandole il volto verso il proprio. - Che è successo?
La ragazza scosse la testa con un sorriso, liberandosi dalla presa di Percy e stringendo con un po' troppa forza le posate di plastica per tagliare i pancake. - Solo un po' di ricordi - disse, dandosi mentalmente una pacca sulla spalla per non aver detto qualcosa di così lontano dalla verità.
Percy la scrutò ancora in volto come se, così facendo, potesse riuscire a smascherare la bugia. Si arrese dopo qualche istante, strappando un pezzo di muffin al cioccolato e portandoselo alle labbra. Chiuse gli occhi, masticando lentamente e mugolando di piacere e Annabeth rise, scrollandosi di dosso l'angoscia che -cattiva- le si era poggiata sulle spalle.
- Almeno sono riuscito a farti ridere - le disse con gli occhi verdi che scintillavano mentre Annabeth ci si perdeva dentro, annuendo un paio di volte. - Allora, li mangi quei pancake prima che si raffreddino?
Ed Annabeth rise ancora, tagliando un quadratino di pancake e portandoselo alle labbra. Annuì un paio di volte mentre lo masticava, incrociando gli occhi verdi e luminosi di Percy che la osservavano da sopra la tazza in carta del caffé.
Il cioccolato dello Starbuck non le piaceva poi così tanto ma aveva scoperto a sue spese che lo sciroppo d'acero era anche peggio e quello le sembrava il male minore, decisamente. - Buonissimi.
Fu in quel momento che Percy aprì la bocca, sporgendosi verso di lei, oltre il tavolo. Gli occhi erano ancora luminosi, forse un po' più maladrini rispetto al solito e Annabeth ci mise un secondo per capire cosa volesse. Tagliò un pezzo di pancake e poi portò la forchetta in aria, tentando di imitare al meglio i versi di un aereoplano mentre lo dirigeva verso la bocca di Percy, che si chiuse di scatto sopra ai denti di plastica, tirando via il pancake e masticandolo lentamente.
- Avevi ragione - decise appena finì di masticare. Buttò giù pasta e cioccolato con un sorso di caffé, - sono davvero buoni.
Annabeth si allungò per poter prendere un pezzo di quell'enorme muffin al cioccolato ma Percy lo portò via prima che le sue dita potessero chiudersi sopra al dolce. - Ehi! - protestò leggermente risentita, continuando comunque a sorridere.
Percy ne prese un pezzo con le sue dita e le allungò verso Annabeth che lo osservò lievemente inderdetta prima di chiudere le labbra sul muffin e le sue dita, portando via quel pezzo di dolce al cioccolato.
- È buono anche il muffin - decise chiedendosi che diavolo stesse succedendo perché, decisamente, stava sfuggendo al suo controllo.
***
- Annabeth, è il terzo negozio questo! - protestò Percy quando la ragazza mise le mani sulla maniglia di un altro negozio di vestiti. - Mi fanno male i piedi - continuò e Annabeth si voltò verso di lui solo per ridere, spingendo la pesante porta in vetro in avanti, lasciandosi avvolgere dal silenzio del negozio.
Era carino, sofisticato con i pavimenti lucidi e gli abiti che decoravano l'area vivacemente.
- E ovviamente non mi ascolta - mormorò Percy chiudendosi la porta alle spalle e affiancando Annabeth che si guardava attorno in estasi. Ed era praticamente la stessa espressione che aveva avuto nei primi due negozi.
Una donna mora e sulla quarantina si avvicinò a loro due, facendo scintillare lo sguardo scuro quando gli sorrisi. - Salve ragazzi, avete bisogno di aiuto?
Annabeth aveva rifiutato l'aiuto di tutte le commesse che le si erano rivolte nei primi negozi. Era decisa a trovare l'abito da sola anche se niente di quello che aveva provato, per quanto le calzasse a pennello, non le andava affatto bene.
- C'è il ballo d'inverno fra meno di una settimana e ho davvero bisogno di un vestito - le disse con un sorriso che la donna ricambiò caldamente.
- Seguitemi - disse loro andando verso una parete del negozio e passando una mano sulle diverse stoffe e sui diversi modelli di vestiti, alla ricerca di quelli più adatti.
Le passò abiti lunghi, corti, bianchi, rossi e neri e fu un'esplosione di colori così intesa che a Percy girò anche la testa. Era uno dei capigruppo del Campo e poteva lottare per ore ma lo shopping con una ragazza era decisamente più faticoso del prendere a pugni qualcuno.
- Forza, vai a provare! - la esortò la commessa spingendo Annabeth per le spalle, facendola ridere. - E tu, fidanzato, vuoi qualcosa da bere? - gli domandò con un sorriso gentile mentre accompagnavano Annabeth ai camerini.
Per un secondo, Percy fu tentanto di correggerla. Fu tentato di dirle che no, non erano fidanzati ma tenne la bocca chiusa e annuì un paio di volte con un sorriso. - Un caffé andrà benissimo - decise mentre osservava le spalle leggermente contratte di Annabeth sotto il cappotto. Quasi sperò che si voltasse verso di lui prima di chiudersi la tenda del camerino alle spalle, ma non lo fece.
Annabeth si era già provata tre vestiti e nessuno le andava bene. Troppo lungo, troppo corto, troppo bianco, troppo luminoso e Percy stava cercando di valutare se fosse meglio morire schiantandosi al muro o soffocato, mentre si calava il cucchiaino del caffé giù per la gola.
- è davvero necessario tutto questo casino? - le domandò seduto su un pouf bianco mentre aspettava che uscisse. - Ti stavano bene tutti gli altri quindici vestiti che hai provato! Non puoi sceglierne solo uno, così andiamo via?
Sentì Annabeth ridere da dietro al tenda scura del camerino e poi la aprì di scatto, voltandosi subito per dargli le spalle e tenendosi i lembi del vestito con due mani. - Mi tiri su la zip? - gli domandò osservandolo da sopra la spalla e Percy si alzò di scatto, smettendo di giocare col cucchiaino del caffé e abbandonandolo sul tavolino accanto a lui.
Come nei migliori cliché, come se qualcuno avesse scritto una sceneggiatura per loro due.
Le dita di Percy si chiusero attorno alla piccola zip rossa e tirarono su la lampo lentamente, un po' perché le nocche sfioravano la pelle liscia di Annabeth, un po' perché -e forse quello era l'uno percento delle sue priorità- aveva paura che si potesse rompere quel bellissimo vestito. La tirò su piano, lasciando poi cadere le braccia lungo ai fianchi e osservando il corpo di Annabeth avvolto in quel vestito che, sicuramente, era quello giusto. La scollatura a cuore era increspata e le metteva in risalto il seno che, già di per sé, non dava ad Annabeth nulla di cui lamentarsi. Un cinturino brillantinato si chiudeva all'altezza del costato e la gonna del vestito, leggermente arriciata, cadeva fino alle cosce.
Percy le raccolse due ciocche di capelli biondi sulla nuca, mosso da un istinto che non aveva intenzione di controllare, e sistemò altre due ciocche perché potessero cadere sui seni di Annabeth, giù fino alla vita. La osservò e si chiese come fosse stato possibile resisterle fino a quel momento. La osservò e si chiese se davvero non ci fosse già una sceneggiatura scritta per loro due perché, in quel momento, come il più merdoso teen-movie, lui aveva una voglia matta di baciarla.
- Ti piace? - gli domandò Annabeth con malcelata naturalezza, e Percy continuò a fissarla dallo specchio,fermo dietro di lei, tenendole ancora i capelli sulla nuca.
Annuì. - Prendilo - disse, allontanandosi e lasciando che i capelli potessero nuovamente caderle lungo la schiena.
Niente baci, Percy Jackson.
Annabeth si voltò verso di lui, lisciandosi la gonna del vestito con un sorriso. - Assolutamente - e poi chiuse nuovamente la tenda davanti a lei mentre Percy sospirava, lasciandosi cadere pesantemente sul pouf e passandosi una mano sul viso.
- Merda - mormorò. - Poteva capitarmene una brutta e stupida. No, mandiamogli quella strafiga, intelligente, gentile e simpatica - protestò gesticolando.
- Hai detto qualcosa? - urlò Annabeth dal camerino e Percy drizzò la schiena di colpo, scuotendo la testa e accorgendosi solo dopo che non avrebbe potuto vederlo.
- No, tranquilla - la rassicurò evitando di pensare alla porzione di schiena nuda che aveva visto prima.
Annabeth uscì dal camerino pochi istanti dopo con una pila di vestiti sul braccio sinistro e quello rosso sul destro. Sorrise verso Percy che si alzò mentre lei si dirigeva verso la commessa con il volto leggermente accaldato e i capelli scompigliati.
- Ero certa avresti scelto quello rosso. Sembra fatto a posta per te - le sorrise la donna spostando poi lo sguardo da Annabeth a Percy. - Non è vero? - gli domandò genuinamente e il moro abbassò il capo, sorridendo.
- Assolutamente.
Annabeth porse tutti i vestiti alla donna sfiorando il braccio di Percy.
La porta si aprì con uno scampanellio delicato.
- Annabeth!
Percy si voltò di colpo, in tempo per vedere Piper, la ragazza con la piuma tra i capelli del City College, spingere la porta del negozio. Aveva le guance rosse per il freddo, il cappotto chiuso sul corpo snello e gli stivali ai piedi, ma tremava mentre osservava Annabeth come se fosse l'unico appiglio mentre crollava. E in quel momento, Percy si rese conto che Piper non doveva affatto tremare per il freddo fuori dalla porta.
Annabeth non rispose, non la chiamò, si limitò a correre verso di lei nello stesso momento in cui anche Piper scattò, lasciando che la porta si richiudesse in faccia al suo ragazzo biondo, Jason, se lui non l'avesse fermata prima.
Ad Annabeth erano mancate tante cose di New York: le luci, il caos, Central Park quando nevicava, lo Starbucks e il Burger King. Le era mancato anche il City College e le era mancata anche Piper, così tanto da fare anche male ma solo in quel momento, quando la strinse tra le braccia, si rese conto di quanto avesse avuto bisogno di lei in tutto quel tempo. La strinse e non riuscì più a trattenere le lacrime che l'avevano minacciata da quando aveva sentito il suo nome pronunciato col suo timbro gentile. Seppellì il volto nel suo collo, respirando il suo profumo e decise che sarebbe anche potuta scoppiare la terza guerra mondiale a dieci metri da dov'erano ma a lei non sarebbe potuto importare di meno.
Rimasero abbracciate, strette l'uno all'altra per un tempo che parve interminabile. Fu Annabeth la prima a staccarsi prendendo il volto di Piper tra le mani e accostando la fronte alla sua. - Mi dispiace - mormorò in modo che solo la migliore amica potesse sentirla. - Mi dispiace così tanto, Piper ma è tutto un casino ed è già rischioso l'essermi fatta trovare adesso. - Spiegò alludendo al messaggio che le aveva mandato in camerino dove le aveva scritto il nome del negozio. - Perdonami, Piper, ti prego - continuò asciugandole le lacrime senza perdere il contatto con i suoi occhi lucidi.
La castana annuì un paio di volte. - Va bene - decise. - Adesso sei qui con me - e poi la abbracciò di nuovo mentre entrambe crollavano l'una tra le braccia dell'altra. Tentarono di sostenersi a vicenda, di aggrapparsi ai loro profomi, ai loro capelli, alla loro pelle per poter rimanere a galla. - Mi sei mancata così tanto, Annabeth. Ho avuto talmente tanta paura - mormorò mentre piangeva sulla sua spalla.
Annabeth le accarezzò i capelli sulla nuca baciandole delicatamente la tempia ripetute volte. - Anche tu, Piper. Mi dispiace così tanto. Ti va di uscire un secondo? - le domandò e Piper si allontanò da lei per annuire mentre la guardava negli, occhi, senza mai smettere di toccarla come se questo potesse comportare il perderla di nuovo.
- Si, e appena rientri saremo noi due a dover parlare - e dal tono furioso e teso di Percy, Annabeth non ci mise molto a capire di essere in guai seri.
Erano al freddo, sotto dei fiocchi di neve gentili non ancora abbastanza forti per poter attecchire all'asfalto eppure, nessuna delle due aveva intenzione di spostarsi. Erano ferme a qualche metro dal negozio, poggiate a una parete per evitare di disturbare troppo i passanti perennemente indaffarati di New York.
- Non posso spiegarti, Piper. Poi ci finiresti in mezzo anche tu ed è l'ultima cosa che voglio. Ho fatto una stronzata a cercarti quando sono venuta qui. - Le spiegò, guardandola negli occhi confusi.
Piper aprì la bocca e poi la richiuse, forse pentendosi di quello che aveva in mente di chiederle. - Tu e Percy - decise allora, fissandola con occhi un po' tristi che cercavano comunque di schermarsi, di proteggersi. - Siete assieme. Sta succedendo qualcosa? - le domandò maliziosa, e anche se aveva abilmente camabito discorso, Annabeth capì che avrebbe voluto sapere di più.
- Non stiamo assieme assieme - disse Annabeth e quando incrociò gli occhi di Piper mentre iniziava a parlare come se non lo facesse da giorni, si rese conto di quanto le fosse mancato aprirsi con la sua migliore amica. - Però mi piace e tanto. E io piaccio a lui con ogni probabilità però non vuole affezionarsi a me per un qualche inspiegabile motivo e più fa così e più mi piace. Sembra che si riveli poco a poco e se prima era super acido, adesso è una persona completamente diversa e io.. - si fermò di colpo quando qualcosa di freddo e duro le si poggiò alla nuca e il rumore di una pistola che veniva caricata le arrivò chiaramente alle orecchie. Si irrigidì, stringendo gli occhi in due fessure.
- Annabeth? - la chiamò Piper, cercando di vedere alle sue spalle cosa stesse facendo quel tipo strano.
- Piper, va' via. Adesso. - Ordinò con voce ferma mentre sentiva l'uomo ghignare alle sue spalle.
Non poteva mettere in mezzo anche Piper. Non poteva permettere che anche lei sopportasse tutta quella merda.
La ragazza la guardò confusa. - Cosa? Annabeth che diavolo sta succedendo? - le domandò con panico crescente nella voce e l'uomo, alle spalle di Annabeth, rise ancora.
- Magari può venire anche lei con noi. Il capo sarà sicuramente felice di un'altra troietta a disposizione.
Ed Annabeth smise di pensare perché c'erano poche cose che le persone non avrebbero mai dovuto toccarle, e una di quelle era Piper. Si girò così velocemente che New York attorno a lei parve solo una macchia indistinta e colpì col braccio la pistola che stava impugnando l'uomo, abbassandogli la canna e sbattendogli la mano al muro con forza. Lo disarmò prima che quello potesse colpirla in qualche modo.
- Piper, va' via! - urlò e quell'attimo di distrazione fu abbastanza perché l'uomo potesse colpirla con un pugno alla mascella, facendola barcollare all'indietro.
- Annabeth! - strillò la migliore amica e la bionda si voltò di scatto, colpendo l'uomo con un calcio al costato, spingendolo contro al muro un'altra volta ancora. Infilò una mano dietro al cappotto aperto ed estrasse il coltello infilato sotto la cintura, madandolo di taglio verso l'uomo e aprendendolo sul petto. Lo colpì con la spalla, saltandogli addosso, e quello fu abbastanza per farlo barcollare verso la vetrina del negozio.
Sapeva che ce n'erano degli altri e lei doveva chiamare Percy e andare via. Ma non poteva andare via senza uccidere quell'uomo, se prima voleva salvare Piper e Jason.
- Percy! - gridò nella speranza che la sentisse in qualche modo, colpendo l'uomo al volto col pugno che teneva il coltello, afferrandolo poi per la spalla e tirandolo verso di sé. Gli infilò l'arma nel costato senza pensarci troppo, chiudendo gli occhi mentre la spingeva più a fondo, ignorando il sangue che le colava sulle nocche e spingendolo via con un calcio.
Lui cadde davanti alla vetrina e Annabeth barcollò all'indietro, un attimo prima che Piper potesse sostenerla.
Percy piombò davanti a lei come se fosse piovuto dal cielo. Scavalcò il corpo dell'uomo quasi disinteressato e prese il volto di Annabeth tra le mani, cercando il suo sguardo.
- Dobbiamo andare via ma devi rimanere con me, sapientona. - Le sussurrò a pochi centimetri dal suo viso.
Piper continuava a tenerla per i fianchi e da dietro la spalla di Percy sbucò anche Jason. - Dovete andarvene. Adesso. - ordinò autoritario e teso. Le palpebre assottigliate in un'espressione determinata.
- Annabeth, dobbiamo andare via - la richiamò Percy e lei annuì un paio di volte, non del tutto consapevole di quello che stava succedendo.
La ragazza si liberò della presa dei suoi amici per chinarsi e prendere la pistola che aveva fatto cadere a terra. La strinse nella mano destra, incrociando gli occhi umidi di lacrime e terrorizzati di Piper. - Mi dispiace - le disse cacciando via le lacrime, stringendo forte le armi tra le mani.
Due colpi di pistola risuonarono nell'aria e Annabeth si riscosse, voltandosi verso Percy e dandogli la Glock simile a quella che usava al Campo.
Era una guerriera e adesso doveva combattere.
Percy le strinse la mano libera mentre correvano verso la macchina il più velocemente possibile, spostando via tutte le persone che facevano compere, prese dallo spirito del Natale, e tutte le altre che andavano contro di loro, convinti di poter passare prima.
- Spazio! Lasciateci passare! - gridò una voce aspra dietro di loro e Annabeth guardò dietro di sé, analizzando il cappotto scuro, come quello dell'uomo che aveva ucciso, di un tizio senza capelli. Accanto a lui ce n'era un altro vestito allo stesso modo, e accelerò il passo per stare dietro a Percy.
- Non spareranno perché c'è troppa gente - le assicurò, ma questo Annabeth l'aveva già capito.
Continuarono a spintonare civili nella speranza che potessero farsi da parte il prima possibile e quando videro Times Square, sembrò quasi un miraggio. Svoltarono di scatto in un vicolo che doveva aver visto giorni migliori e Percy rallentò davanti a una rete di metallo, infilandosi la nuova pistola dietro ai pantaloni. Si guardò attorno febbrilmente, ed Annabeth si sorprese comunque quando nello sguardo non vide paura ma solo rabbia e determinazione. - è come sulle parallele al Campo, dobbiamo scavalcare - le spiegò.
Annabeth tenne il coltello stretto nella mano destra e scattò verso la rete, puntadoci un piede contro con un fastidioso rumore di metallo, attaccandosi alla cima col braccio sinistro. Scavalcò in pochi attimi e cadde dall'altra parte con un tonfo, barcollando in avanti di un paio di passi.
Percy piombò accanto a lei prima che potesse sollevarsi del tutto e la riprese per mano mentre continuavano a correre verso la macchina. Tolse le chiavi dal bomber e la aprì in corsa, salendo velocemente al posto del guidatore pochi istanti dopo Annabeth. Mise in moto il più velocemente possibile e poi premette l'acceleratore con tutta la forza che aveva, sgusciando via dal traffico e immettendosi nell'autostrada il prima possibile.
- Dammi quel cazzo di telefono! - urlò verso Annabeth senza smettere di decelerare neanche per un istante.
La ragazza sussultò mettendo la modalità aerea e spegnendolo ma quando tentò di infilarselo nuovamente in tasca, Percy glielo strappò di mano, abbassando il finestrino e buttandolo via. Annabeth aprì la bocca per protestare ma la richiuse subito dopo.
Non poteva difendersi.
- Cazzo! - urlò Percy mentre continuava a guidare. - Cazzo, cazzo, cazzo! - gridò colpendo il volante al ritmo delle imprecazioni.
E prima che potesse dire qualcos'altro, un macchina sbucò da una strada laterale, seguendoli. Percy lanciò un'occhiata allo specchietto retrovisore abbassandosi per puro istinto quando uno sparo colpì il retro del pick-up. Sbandarono leggermente e solo a quel punto, il ragazzo imprecò ancora.
- Non possiamo andare al Campo! - esclamò Annabeth prima che una pessima e insana idea si facesse spazio nella sua mente. - Dammi la pistola.
- Non se ne parla.
Uno sparo colpì la macchina una seconda volta e Percy sbandò ancora mentre entrambi si abbassavano per istinto.
- Non abbiamo alternative, Percy! - urlò Annabeth e lui si scostò leggermente dal sedile, porgendole la pistola e decelerando leggermente per fare una curva.
Annabeth la aprì, imprecando a mezza voce quando contò solo cinque proiettili. Spinse il caricatore all'interno con un colpo secco, slacciandosi la cintura e abbassando il finestrino. Il vento le scompigliò i capelli bruciandole il viso. Lei si sedette comunque sullo sportello, tenendosi con la mano sinistra alla maniglia dell'auto mentre con la destra impugnava la pistola.
Respirò e poi premette il grilletto.
Uno.
L'uomo che si sporgeva dal finestrino del passeggero si accasciò contro l'auto e lei sorrise, abbassandosi istintivamente quando sentì un altro sparo colpire la macchina, non molto lontano da lei.
Si impose di non guardare la strada che sfrecciava sotto di lei velocemente e rafforzò la presa contro la maniglia, espirando e premendo il grilletto.
Due.
Ma il proiettile non sortì l'effetto sperato, considerato che la macchina aveva sbandato solo per un istante.
Quando l'uomo tirò fuori la mano dal finestrino per spararla ancora, Annabeth mirò a quella.
Espirò.
Tre.
E la macchina sbandò.
Annabeth aspettò un solo istante prima di mirare alle crepe che aveva fatto sul vetro ed espirò, sparando altre due volte.
Quattro.
Cinque.
La macchina sbandò, finendo contro il guardrail e uscendo fuori strada.
Annabeth osservò la strada che sfrecciava davanti a lei per qualche istante, e poi si lasciò cadere sul sedile, riprendendo a stringere la maniglia con una mano.
- Resisti Annabeth, sti..
Ma uno sparo colpì nuovamente la macchina. Quella volta prendendo in pieno il vetro posteriore.
Percy imprecò ancora e il cuore di Annabeth iniziò a battere con forza nel suo petto, quasi volesse tentare di uscire, scappare via per la paura. - Dimmi che hai un piano! - esclamò il ragazzo, procedendo a zigzag nella speranza di poter essere un bersaglio meno facile per i loro inseguitori.
Annabeth si voltò verso di lui e ricacciando indietro i brividi di paura, sorrise. - Annabeth ha sempre un piano.
Si lanciò sui sedili posteriori, rovistando a terra e nei vani dietro al sedile. Quello era il pick-up di Luke. Luke stava con Talia, che tirava con l'arco. C'era una remota possibilità che ce ne fosse uno da qualche parte. Tastò con le mani lungo i sedili posteriori fino a quando non trovò una maniglia. La macchina sbandò di nuovò per l'ennesimo sparo ma lei si era già sistemata la faretra sulla schiena e inforcato l'arco.
Quando si sedette sul sedile sapeva perfettamente che non ci sarebbe stato più nulla a tenerla ma in un primo momento, quello le sembrò il problema minore. Sarebbe stato più complicato centrare quegli stronzi con una freccia. C'era il vento da calcolare, la velocità delle auto.
- Rallenta! - gridò mentre accostava l'arco al viso e Percy fece come disse.
Annabeth scoccò una freccia nell'istante in cui il ragazzo decelerava e sorrise, osservandola conficcarsi nella mano di chi la stava sparando.
Mirò al vetro della macchina, dalla parte del guidatore e scagliò un'altra freccia, inforcandone un'altra e scoccandola pochi attimi dopo la prima. Perforarono entrambe il vetro dalla parte del passeggero e la macchina degli inseguitori sbandò leggermente verso destra mentre il vetro si costellava di crepe.
Annabeth incoccò un'altra freccia quando l'uomo al volante sparò. Capì, prima che il proiettile potesse colpirla al braccio sinistro, che quello era uno sparo talmente perfetto da fargli quasi invidia.
Il dolore lancinante si propagò per tutto il braccio arrivandole alla spalla e Annabeth gridò, rifiutandosi di mollare la presa sull'arco.
- Annabeth! - urlò Percy, tirandola dentro l'auto ma perdendo la presa sul volante.
La ragazza soffocò un altro grido, buttando l'arco a terra e portandosi una mano sulla ferita al braccio sinistro, tentando di fermare il sangue che colava lungo la pelle, sotto il golfo.
Percy le lanciò un'occhiata preoccupata accorgendosi solo dopo che la macchina sportiva dell'unico inseguitore era attaccata a loro. - Merda! - esclamò, accelerando nella speranza di seminarlo. Annabeth impallidì quando vide una curva troppo stretta e l'auto scivolò sulla strada bagnata mentre Percy frenava, distruggendo il guardrail.
Ad Annabeth non era mai piaciuto il senso di vuoto che si provava quando andava sulle montagne russe e, per quel motivo, non le piacevano neanche i Luna Park. In quel momento, mentre il pick-up volava in aria, si domandò cosa sarebbe successo quando si sarebbero sbattuti a terra ma prima che potesse scoprirlo, venne risucchiata fuori dal finestrino.
Volò per attimi terrificanti. Forse gridò anche mentre cadeva sulla neve che continuava a non essere abbastanza alta per attutire la caduta. Sbatté il braccio ferito contro il terreno e scivolò ancora, sbattendo la schiena contro al tronco di un albero. La faretra e le frecce si disintegrarono, e Annabeth si prese un solo istante per ringraziare il cappotto pesante che l'aveva protetta dalle schegge.
Il dolore, quello che sembrava esser scomparso durante il volo, ritornò tutto d'un colpo e Annabeth iniziò a tremare, cercando di richiamare le gambe verso il busto per poter contrastare il freddo. Quando non ci riuscì, il cuore prese a batterle ancora più velocemente.
Aveva provato diversi tipi di dolori da quando era al Campo, dolori di ogni tipo ma in quel momento, quello era così forte da non riuscire neanche a farla respirare come avrebbe dovuto. Le correva nelle vene, paralizzandola senza pietà e la testa le girò pericolosamente mentre iniziava a vedere nero. Sapeva di non dover svenire. Sapeva che doveva rimanere cosciente ma il braccio ferito era seppellito nella neve e stava portando tutto il peso del suo corpo. La schiena le faceva male, come se l'avesse tenuta inarcata sopra degli spunzoni, e le gambe neanche rispondevano ai suoi comandi.
Annabeth aveva avuto paura molto spesso nel corso della sua vita, ma mai così tanta.
Sbatté le palpebre ancora nella speranza di mettere a fuoco qualcosa e vide la macchina, il pick-up scuro, ribaltato sulla capotta e il pensiero di Percy la spinse ad alzarsi. Quando ci provò, cadde nuovamente a terra sbattendo la testa sulla neve.
Tentò di rimanere lucida ancora una volta, di non pensare al dolore che non le permetteva neanche di piangere, che le metteva paura anche nel lasciare che le lacrime le rigassero le guance.
Poi lo vide.
Percy sgusciò via dalla macchina e si trascinò sulla neve prima di rialzarsi, barcollante e testare leggermente l'equilibrio sulle proprie gambe.
- Annabeth! - gridò. Corse verso di lei scivolando sulla neve e le sollevò leggermente il volto, prendendolo tra le mani grandi e calde. Annabeth giurò a sé stessa che quella, senza dubbio, era la cosa più piacevole che avesse provato fino a quel momento. - Ti prego, Sapientona, rimani sveglia. - Sussurrò guardandola negli occhi grigi, cercando un appiglio al quale aggrapparsi per tirarla su. - Rimani con me, Annabeth, per favore - la pregò, chinandosi su di lei per baciarle la fronte.
Le labbra calde esitarono sulla pelle fredda e Annabeth chiuse gli occhi solo per godersi quel bellissimo contatto, solo per lasciarsi coccolare un po' meglio. - Ok, dobbiamo nasconderci - disse Percy, passandole un braccio sulle scapole e una sotto le ginocchia, sollevandola senza difficoltà.
Annabeth si accoccolò contro al suo petto e lui cerco riparo dietro al tronco dell'albero, posandola sulla neve e sedendole accanto. Le baciò la fronte ancora una volta, chiudendo gli occhi e corrugando le labbra quando sentì il motore di una macchina che rallentava sempre di più, fino a fermarsi.
Percy rimase attaccato alla sua pelle come se gli fosse impossibile andare via e solo dopo qualche secondo si sporse oltre il tronco, osservando l'uomo che scrutava all'interno della loro macchina per vedere se ci fosse qualcuno. Non si era ancora accorto delle impronte di Percy sulla neve fresca e il ragazzo tornò a guardare di fronte a sé, spostando poi lo sguardo su Annabeth.
- Il tuo coltello - le disse e la ragazza corrugò la fronte. Si era quasi dimenticata della sua arma.
Si sporse leggermente in avanti e Percy la sostenne per una spalla, infilandole una mano sotto al cappotto per estrarre il pugnale nascosto sotto la cintura.
Le prese il volto tra le dita, esattamente come aveva fatto allo Starbucks quella mattina, e le sorrise maladrino, baciandole la fronte ancora una volta. - Torno subito, va bene? Torno da te - le promise e Annabeth annuì, osservandolo andare via.
Non vedeva bene. Le sembrava di star guardando il mondo da una lente di ingrandimento troppo rovinata ma vide ugualmente la sagoma snella di Percy che colpiva l'uomo, tagliandogli poi la gola velocemente e l'unica cosa sensata alla quale riuscì a pensare Annabeth fu che, senza dubbio, quell'arma si era già macchiata troppo.
Percy tornò da lei come aveva promesso, si sedette dietro al tronco e pulì la lama nella neve, poggiandola accanto a sé. Avvolse le spalle di Annabeth con un braccio e lei si accoccolò contro al suo petto dimenticando, solo in quel momento, il dolore lancinante al corpo intero. - E adesso? - domandò con voce flebile, bagnandosi le labbra secche inutilmente.
Percy si voltò verso di lei e le baciò il capo, stringendola a sè un po' di più. - Adesso siamo soli - mormorò, spostando le labbra contro la pelle gelida della fronte prima di baciarla ancora.
Angolo autrice:
O MIO DIO!
No, cioè. Io avevo iniziato a pubblicare su wattpad solo per prevenire plagi e mi ritrovo non so quante visite a capitolo e commenti super dolcissimi ai quali risponderò assolutamente!
Siete meravigliosi, ragazzi!
Non mi aspettavo tanto amore, grazie mille<3<3
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