If love is what you need, a soldier I will be
Annabeth raccolse le gambe contro al proprio petto, stringendosi un po' di più contro Percy che rafforzò la presa sulla sua schiena. Si erano divertiti la sera prima a ballare sotto la pioggia, ma adesso ne pagavano entrambi le conseguenze.
Annabeth starnutì, seppellendo poi il volto nel petto di Percy e tentando di non tremare più così tanto per il vento freddo che tirava forte e che non contribuiva ad asciugare i loro vestiti e i capelli bagnati.
Il mal di testa era peggiorato e anche se quella notte avevano dormito entrambi, Percy con la schiena poggiata all'albero e Annabeth contro al suo petto, non era servito a nulla per prevenire il naso tappato e i brividi di freddo che li scuotevano.
- Annabeth, ci sei? - le domandò Percy e la ragazza annuì un paio di volte, tremando ancora e raggomitolandosi contro al suo petto ancora di più, ignorando i brontolii dello stomaco per la fame e concentrandosi su Percy per non dare troppo peso al dolore. - Merda - imprecò, abbandonando la testa contro il tronco umido.
Annabeth sollevò il volto verso il suo collo, sistemando la testa sulla sua spalla e respirando contro la sua pelle fredda, giusto per sentirlo un po' più vicino.
Percy tremò, scosso da un brivido di freddo e poi tossì un paio di volte, gemendo subito dopo.
Annabeth sfregò il naso contro la sua pelle e il ragazzo sorrise, voltandosi verso di lei e baciandole la fronte, esitando con le labbra su di lei, sorridendoci contro. - Mi dispiace - gli disse con gli occhi chiusi, tremando per il freddo e sperando che quel vento gelido la smettesse di tirare così forte.
Percy si irrigidì sotto di lei e mosse la spalla, spingendola a sollevare stancamente la testa. - Di cosa ti dispiace? - ringhiò, ma Annabeth era certa che lui avesse capito benissimo a che si riferiva. - Apri gli occhi, Annabeth - ordinò appena lei li richiuse, un po' per la stanchezza e un po' perché -cavolo- non ce l'avrebbe mai fatta ad affrontare quelli di Percy. - Apri gli occhi e guardami, che cazzo - sibilò tra i denti.
Quando Annabeth aprì gli occhi, affondando le iridi grigie in quelle verdi di Percy, quasi si sorprese di quanto fossero fredde, arrabbiate, spaventate. Così tanto, che pareva quasi che quello sguardo non appartenesse al guerriero forte e temerario che tutti conoscevano. Sembrava che gli occhi avessero deciso di dissociarsi dal tono autoritario della voce, mostrandole come si sentiva in quel momento, mostrandole quando bisogno aveva di lei, quando bisogno aveva che lei rimanesse forte, per bilanciare quel peso enorme sulle loro spalle.
Le afferrò il mento tra le dita e Annabeth sbarrò gli occhi, incapace di muoversi perché, si -forse- le labbra di Percy così vicine alle sue le piacevano anche troppo. - Non osare scusarti per tutta questa merda perché non è colpa tua, chiaro? Non osare scusarti per avere acceso il cellulare o perché hai sentito il bisogno di vedere la tua migliore amica. Non ci provare neanche, Annabeth - disse minaccioso, continuando ad osservarla negli occhi confusi. - Scusati piuttosto per non aver pensato di portare più armi, un cambio di vestiti e un kit di pronto soccorso. Scusati per non esserti messa la cintura dopo che ti hanno sparato, ma non scusarti per aver desiderato di vedere Piper, chiaro? - Strinse il mento di Annabeth un po' di più, sollevandole il volto verso il proprio e respirandole sulle labbra. - Chiaro? - ripeté con voce più flebile ma sempre decisa. - Perché preferirei vederti così, felice tra le braccia di Piper centinaia di volte, piuttosto di sentirmi così inutile perché non posso fare niente per alleviare il tuo dolore. - Le accarezzò il volto, concentrandosi sugli zigomi e sul labbro inferiore dove Annabeth era certa ci fossero dei lividi per lo scontro del giorno prima.
Non smise mai di guardarla negli occhi mentre lo faceva. Era quasi impossibilitato a distogliere lo sguardo dalle sue iridi grigie.
Era incapace di farlo e il cuore di Annabeth sussultò alla possibilità che Percy non volesse farlo, che non volesse staccare le sue iridi dalle proprie.
- Percy - mormorò con la gola secca, passandosi inutilmente la lingua sulle labbra spaccate.
Il ragazzo sorrise lievemente, accarezzandole il labbro inferiore col pollice, delicatamente. -Si?
- Mi baci?
Percy sbarrò gli occhi per un solo istante prima di sorridere. Non appena ebbe realizzato ciò che Annabeth voleva, si chiese se fosse possibile che la ragazza potesse sentire i battiti frenetici del suo cuore. La avvicinò a sé lentamente, continuando ad accarezzarle il labbro inferiore mentre le sfiorava il naso col proprio. - Tu non hai idea di quanto voglia.. - Aprì gli occhi di scatto, sollevando il volto di qualche centimetro non appena il suono di un motore risuonò lungo la strada deserta. - Un'auto! - urlò, afferrando il volto di Annabeth tra le mani grandi, sorridendo euforico assieme a lei.
- O mio dio - esclamò la ragazza, sporgendosi oltre il corpo di Percy per poter guardare la sguarda, senza riuscirci. Ignorò la testa che le girava e sbatté le palpebre un paio di volte, prima di starnutire e tremare dal freddo non appena si allontanò dal petto di Percy.
- Andiamo, andiamo! - esultò il ragazzo, mettendo le mani sui fianchi di Annabeth e sollevandosi di colpo, trascinandola con sé. - Non ci credo. Non ci credo - ripeté intrecciando le dita a quelle di Annabeth, portandola verso il ciglio della strada mentre il rumore del motore si faceva ancora più vicino.
Annabeth rise, tentando di seguirlo e incespicando sui suoi stessi passi mentre si avvicinavano alla strada. Provò a mettere a fuoco la macchina che stava arrivando e le ginocchia le cedettero ancora una volta.
Percy le avvolse i fianchi, impedendole di cadere e poi si voltò, baciandole la tempia.
- È un camion - le disse.
Annabeth annuì un paio di volte. - Se sono quelli della Cronos..
E il ragazzo sorrise, attaccandola al suo fianco mentre allungava una mano verso la strada per far si che il camion si fermasse. - Prego di no - si limitò a risponderle e Annabeth decise di ridere, ignorando la paura, il freddo e la stanchezza.
Forse non poteva andare peggio di così.
Starnutì e Percy rise ancora una volta mentre il camion si fermava gradualmente davanti a loro.
Il ragazzo sollevò lo sguardo e aspettò che il finestrino del passeggero si abbassasse per osservare un uomo calvo e corpulento con la barba rossiccia, gli occhi chiari e un espansore all'orecchio destro. - Salve - sorrise Percy sollevando una mano. - Un aiutino?
E l'uomo, inspiegabilmente, rise, sporgendosi oltre il suo sedile per poter aprire lo sportello. - Assolutamente si. - Rispose e Percy si arrampicò sul camion per primo, allungando poi le braccia verso Annabeth e issandola accanto a lui, chiudendo poi lo sportello contro il suo fianco. - Dove andate?
- Verso Long Island - rispose Percy, e anche se Annabeth voleva fare tutto meno che camminare ancora, sperò che il ragazzo fosse abbastanza furbo da non dare l'indirizzo esatto del Campo. - Grazie mille, davvero - disse e l'uomo si voltò verso di lui, distogliendo lo sguardo dalla strada per qualche attimo. Gli occhi si assottigliarono mentre sorrideva.
- Come diavolo siete finiti in questo casino? - domandò divertito nonostante la voce burbera che avrebbe intimidito anche il più grosso wrestler del Campo.
Percy rise, passandosi una mano tra i capelli scuri e avvolgendo le spalle di Annabeth con un braccio, attirandola contro al suo petto. - Siamo andati fuori strada e la macchina si è distrutta. I nostri telefoni sono morti e abbiamo camminato per un po' fino a che non ti sei fermato tu - spiegò e Annabeth si complimentò mentalmente con Percy per la bugia perfetta. - Comunque io sono Dean - disse allungando una mano verso l'uomo che gliela strinse vigorosamente, strappandogli una smorfia.
Annabeth trattenne un sorriso.
- E la tua ragazza come si chiama? - domandò l'uomo. - Io sono Chuck, comunque - disse, staccando la mano da quella di Percy per poterla porgere ad Annabeth mentre faceva saettare lo sguardo dalla strada ai suoi occhi terrorizzati.
- Sam - rispose la ragazza d'istinto, rivolgendo uno sguardo di scuse agli occhi verdi di Percy. Strinse la mano dell'uomo e sorrise quando la sua scomparve contro il palmo enorme e ruvido. La stretta fu vigorosa e lei trattenne un gemito, lasciando andare un sospiro di sollievo non appena fece scivolare via la mano dalla propria.
Chuck sorrise, continuando a guidare. - Come i protagonisti di Supernatural. - Rivolse un'occhiata ad Annabeth. - Solo che tu sei più carina del Sam della finzione.
E poi rise mentre Percy la fulminava con lo sguardo ancora una volta. - E già, dovevamo solo trovarci - disse, lasciandosi poi andare ad un sorriso di scherno al quale Annabeth rispose con una smorfia.
Si accoccolò di più sul suo petto, evitando di addormentarsi contro Percy, mentre veniva cullata dal ronzio del motore e dalla guida tranquilla di Chuck.
Starnutì, portandosi una mano davanti alle labbra e Percy rise, scostandole una ciocca di capelli dietro all'orecchio, chinandosi per baciarle la fronte.
- Andate dai genitori di Sam per natale? - domandò Chuck e Percy annuì, accarezzando il collo di Annabeth con due dita.
- Si. Lo scorso anno siamo andati dai miei, quest'anno andiamo nella casa al mare dei suoi - rispose il ragazzo con convizione mentre Annabeth teneva la bocca chiusa per evitare di complimentarsi con lui. - Solo che qualcuno non voleva farci arrivare in tempo - rise e Chuck sorrise, annuendo e prendendo una curva un po' stretta e lanciando un'occhiata verso Annabeth, incupendosi di colpo.
- Sam sta bene? - domandò preoccupato e Percy si voltò di scatto verso lei, osservandola strizzare gli occhio per un'improvvisa fitta alle tempie.
Il ragazzo posò le labbra sulla sua fronte ancora una volta, scuotendo la testa appena si allontanò. - Penso abbia la febbre - rispose voltandosi verso Chuck. che si accarezzò la barba con la mano sinistra, facendo scintillare la fede che portava all'anulare un po' ciccione.
- Da quanto tempo è che non mangiate? - domandò l'uomo, burbero, e Percy attirò Annabeth a sé ancora una volta prima di rispondere.
- Due giorni, forse - disse e Chuck inchiodò di colpo. La macchina slittò sulla strada bagnata e Percy puntò i piedi contro al cruscotto, stringendosi Annabeth al petto per evitare che potesse sbattercisi contro. - Che cavolo di problemi hai? - esclamò, voltandosi a guardare Annabeth subito dopo, prendendole il volto tra le mani, osservandola nelle iridi grigie nella speranza di poter cancellare il panico dai suoi occhi.
- Non mangiate da due giorni?! - ripeté sconvolto e Percy annuì, voltandosi verso di lui.
- Si, non mangiamo da due giorni! Siamo stanchi, affamati e spaventati e vorremmo soltanto arrivare a casa, va bene? E magari, arrivarci il più illesi possibili considerato che non abbiamo avuto vita facile dopo l'incidente - tuonò, irrigidendo tutti i muscoli e stringendo i pugni.
Annabeth sapeva bene che sarebbe bastato un attimo prima che potesse scattare e prendere a pugni Chuck.
- Non mangiate da due giorni.. - ripeté Chuck e poi premette il piede sull'acceleratore di colpo, facendo sbattere la testa dei ragazzi contro la pelle rovinata del sedile.
Dieci minuti dopo, si erano fermati su un fast food lungo la strada e a Chuck non erano importati tutti i loro tentativi nel non scendere a mangiare, anche perché sembrava avere una risposta sensata per qualsiasi cosa.
"Non mi importa, pago io".
"Non perderemo tanto tempo".
"Dovete mangiare. Siete pallidi quanto due fantasmi".
E alla fine, si erano seduti sui divanetti rossi di un fast food un po' fatiscente che faceva degli hamburger eccezionali, delle patatine fritte meravigliose e una coca cola con tantissime bollicine.
Percy e Annabeth mangiarono voraci, finendo tutto in pochissimo tempo mentre sentivano il corpo rinvigorirsi lentamente.
Ad Annabeth faceva ancora male tutto, ma la testa aveva smesso di girarle e la sensazione di avere lo stomaco pieno dopo due giorni era sicuramente la migliore del mondo.
Chuck aveva l'aria condizionata accesa in macchina ma il calore dentro il fast food e il meraviglioso profumo di fritto erano alcune delle cose che Annabeth, in quel momento, trovò stupefacenti.
Ci mise un po' a realizzare che, finalmente, aveva ripreso coscenza e possesso del suo corpo, che finalmente il suo stomaco aveva smesso di brontolare e che il volto di Percy aveva preso nuovamente colore. Aveva avuto paura a pensarlo ma -forse- le cose avevano deciso di andare bene per almeno qualche ora.
- Grazie, Chuck - gli sorrise Annabeth. Lui sollevò lo sguardo, facendo scintillare gli occhi chiari e giocando con la fede che aveva al dito. - Come si chiama tua moglie?
Chuck sorrise ancora, sollevando lo sguardo su di lei e finendo di masticare una patatina ben fritta. - Michael.
E Annabeth piegò la testa verso sinistra, senza perdere l'allegria del momento. Percy sussultò leggermente al suo fianco e la bionda gli diede una leggera gomitata al fianco. - Da quanto siete sposati? - gli domandò curiosa, bevendo un po' della coca-cola di Percy, rivlgendogli poi un sorriso furbo.
- Cinque anni, ormai. A Las Vegas.
Annabeth sbarrò gli occhi entusiasta, battendo le mani un paio di volte. - Non ci credo! E com'è stato?
Chuck sorrise, accarezzandosi la testa pelata. - Era tutto fuochi d'artificio, luci e musica, come piace a noi. E la nostra famiglia e i nostri amici erano più contenti di noi, con ogni probabilità!
Annabeth lo osservò negli occhi chiari, sorridendo quando li vide lontani, persi dentro quei bellissimi ricordi. - Deve essere stato davvero stupendo. E tua mamma e tuo papà erano molto contenti? - domandò, poggiando il mento sulle mani giunte.
Chuck annuì un paio di volte, sorridendo. - Micheal è un primario di cardiologia, quindi erano felicissimi.
E a quel punto, anche Percy scoppiò a ridere, battendosi un pugno sul petto quando una patatina gli andò di traverso.
Il resto del viaggio fu più facile.
Chuck, a dispetto del suo aspetto che avrebbe intimorito un lottatore professionista, aveva tutti e quattro i cd dei One Direction e quando li sparò a palla mentre andavano verso Long Island, Annabeth si premurò di cantare ogni canzone nell'orecchio di Percy solo per dargli fastidio.
- Dai, Chuck! Balla con me! - esclamò la ragazza muovendo la testa e il braccio destro a ritmo con la canzone. - And if youuu, you want me tooo - urlò buttando la testa all'indietro, ridendo mentre Percy seppelliva il volto tra le mani, disperato. - Let's make a moooove.
Chuck batté il pugno sul clacson che strombazzò a ritmo con la voce di Louis Tomlinson. - Yeah, so tell me girl if every time weee..
- Toooouch, you get this gonna ruuuush - cantarono assieme. - And baby say yeeey yeaaah yeeeah - si voltarono entrambi verso Percy, agitando la testa contro il suo orecchio mentre lui, trattenendo un sorriso, spingeva via entrambi, strappandogli una risata. - If you don't wanna take it slow, and just wanna take me hoome - continuarono, - baby say yeeeey yeaaah yeeeeaaah and let me kiss you!
Risero e Annabeth stampò un bacio sulla guancia di Percy, sbarrando gli occhi l'attimo dopo. Evitò il suo sguardo, ma lo vide sorridere verso la strada.
Percy allungò una mano verso di lei, cercando le sue dita e stringendole piano. Le intrecciarono sul ginocchio del ragazzo e Annabeth si accoccolò contro la sua spalla mentre partiva Little Things e Chuck muoveva la testa a ritmo, sovrastando la voce di Zayn Malik col suo vocione.
Stava cantando Harry Styles quando Percy si irrigidì di colpo, lasciando la mano di Annabeth e urlando a Chuck di fermarsi. L'uomo inchiodò di colpo e un braccio Percy andò a fermare Annabeth sul petto, per evitare che si scontrasse contro al cruscotto.
- Che diavolo hai, Dean? - esclamò Chuck col fiatone, allungando una mano verso lo stereo per abbassare il volume della musica.
Percy sorrise, passandosi le dita tra i capelli scuri mentre Annabeth lo fulminava con lo sguardo. - Puoi lasciarci qua, Chuck - gli disse con gentilezza e l'uomo lo guardò come se fosse un idiota.
Si guardò attorno, come per accertarsi che si, quello strano ragazzo gli aveva appena chiesto di lasciarli nel bel mezzo della strada. - Stai scherzando? - gli domandò stranito e Percy scosse la testa senza smettere di sorridere.
Annabeth guardò la strada davanti a sé: in macchina sarebbero arrivati al Campo in qualche secondo mentre, a piedi, erano forse cinque minuti.
Quando capì che Percy non voleva far vedere a Chuck il pino della Collina Mezzosangue, fece capolino da dietro la schiena, sorridendo. - Si, Chuck, lasciaci qui. Non vogliamo farti fare troppa strada. Per arrivare a casa dei miei dovresti prendere una deviazione che ti farebbe tardare di troppo e abbiamo già abusato della tua gentilezza.
Non smise per un attimo di sorridere e Chuck la scrutò a fondo come se fosse intenzionato a smascherare la sua bugia solo guardandola negli occhi. Fu questione di secondi prima che potesse annuire, tirando la leva del cambio. - Va bene. - Acconsentì e Percy allungò un braccio verso di lui, stringendogli la mano.
- Grazie di tutto, Chuck. Del cibo e del passaggio e anche per esserti fidato di due ragazzi mal messi sul ciglio della strada. - L'uomo rise scuotendo la mano di Percy vigorosamente e Annabeth sorrise, osservando il volto paonazzo del ragazzo nel tentativo di trattenere un gemito di dolore.
- Non me lo sarei mai perdonato se non vi avessi aiutato - gli disse e quando Percy ritirò la mano, Annabeth si sporse verso di lui, lasciandogli un bacio sulla guancia barbuta.
Chuck le regalò un sorriso e lei tornò al suo posto, mettendo una mano sulla maniglia. - Salutaci Michael e digli che, anche se non lo conosco, è una persona splendida. - Sorrise ancora. - Ed è fortunato ad avere te.
E Chuck, l'omone di un metro e novanta di cento e passa chili che avrebbe potuto intimorire chiunque, arrossì. - Ok, adesso andate via prima di farmi commuovere.
Annabeth gli rivolse un'ultima occhiata divertita, tirando la maniglia dello sportello e saltando giù. Era talmente felice che si era dimenticata del dolore e della fatica, ma quando i piedi toccarono violentemente l'asfalto barcollò, poggiandosi allo sportello e ignorando la fitta che le corse lungo le gambe.
Percy cadde accanto a lei, avvolgendole la vita con un braccio, aiutandola a camminare mentre facevano il giro del camion e mettevano i piedi sull'erba ancora umida.
Un tuono scosse l'aria e Annabeth si strinse ancora un po' a lui mentre salutavano Chuck che partiva via, osservandoli dallo specchietto retrovisore.
Una folata di vento colpì Annabeth allo stomaco e l'hamburger e le patatine che aveva mangiato a pranzo, le bruciarono la gola. Si allontanò goffamente da Percy, tenendosi i capelli mentre piegava le ginocchia e si chinava in avanti, vomitando tutto quello che aveva nello stomaco.
- Annabeth! - esclamò il ragazzo, affiancandola e raccogliendole i capelli sulla schiena in un pugno, tenendole la nuca. - Ma che diavolo.. - mormorò, passandole una mano sulla fronte, girando il volto mentre la ragazza vomitava e sussultava.
La fronte era ancora bollente e il freddo aveva dovuto farle male.
Non andava bene.
Un altro tuono fece vibrare l'aria e Annabeth sussultò con più violenza, vomitando ancora. Le ginocchia le cedettero e Percy rafforzò la presa su di lei, continuando a tenerla in piedi.
Una goccia gli colpì la fronte e Annabeth si sollevò lentamente, passandosi una mano sulle labbra. Gli occhi grigi, vacqui, si fermarono in quelli di Percy. - Io.. - l'attimo dopo, chiuse gli occhi, cadendo in avanti tra le braccia del ragazzo.
- No! - esclamò lui, sistemandola in modo da poterle vedere il viso pallido. - Annabeth, andiamo, svegliati! - provò, dandole schiaffi sulla guancia nella speranza di poter tornare a guardare le sue iridi grigie.
Le palpebre rimasero serrate e lui le aprì la bocca, tirandole fuori la lingua e tenendole la testa dritta. Doveva arrivare al Campo e non fece neanche in tempo a prendere Annabeth tra le braccia che la pioggia cominciò a infittirsi, mentre i tuoni e i fulmini scuotevano l'aria.
Percy imprecò, gridò mentre camminava verso il Campo, mentre si stringeva Annabeth al petto e le baciava la fronte come le piaceva tanto.
Forse pianse anche un po', toccandole il collo di tanto in tanto per sentirle il battito e respirare più regolarmente. Rischiò di scivolare sull'erba bagnata troppe volte, osservando il cielo, la pioggia che cadeva fitta e i nuvoli grigi sopra di lui che avevano deciso di non dargli tregua.
Ma non poteva arrendersi e non l'avrebbe fatto. Doveva essere forte e ce l'avrebbe fatta.
- Resta con me, piccola - mormorò, maledicendosi per essersi affezionato a lei, abbastanza da cedere ai suoi occhi grigi e alla sua richiesta di portarla a New York. Maledicendosi per soffrire così tanto mentre stringeva il suo corpo svenuto tra le braccia. Maledicendosi per fingere di essere forte e non esserlo davvero, mentre continuava a camminare con le braccia e le gambe doloranti, pregando che la Collina Mezzosangue si avvicinasse per magia.
Non doveva affezionarsi a lei. Doveva continuare a starle lontana. Doveva continuare a tenerla a distanza e non avrebbe dovuto desiderare di baciarla quando lei gliel'aveva chiesto. Non avrebbe dovuto maledire Chuck e il suo camion per un solo istante, per essersi palesato proprio quando le sue labbra stavano per trovare quelle di Annabeth.
Più persone ami e più hai da perdere e, in quel momento, lui aveva troppa paura di perdere Annabeth, così tanto che non riusciva a ragionare come avrebbe dovuto.
Doveva prendersi cura di lei e non c'era riuscito. Doveva proteggerla e non c'era riuscito, perché il corpo era ricoperto di lividi e lei era svenuta tra le sue braccia.
Doveva allontanarsi da lei, smetterla di rovinarla così tanto e smetterla di piangere nel sentirsi così impotente. Doveva allontanarsi e sperare che il tempo risolvesse il male che sentiva al petto nel vederla così inerme.
Respirò più facilmente, scostandosi i capelli bagnati dalla fronte appena vide la Collina Mezzosangue che si allungava sopra di lui.
- Ce la puoi fare - si disse e posò le labbra sulla fronte bagnata di Annabeth, toccandole il collo ancora una volta, assicurandosi di sentire i battiti leggeri prima di iniziare a salire lungo la collina.
Sperò con tutto sé stesso che le scarpe non lo tradissero mentre camminava difficoltosamente sull'erba bagnata e strinse Annabeth un po' di più a sé contro al suo petto, osservando un fulmine che cadeva in lontanaza e socchiudendo gli occhi, sotto la coltre di pioggia, nel sentire il tuono che lo seguì subito dopo.
Camminò ancora e non si arrese. Strinse Annabeth contro al suo petto e si fermò per prendere fiato solo quando arrivò accanto all'enorme pino leggermente spoglio. Si impose di non crollare sulle ginocchia, ma non ci riuscì e strinse Annabeth al suo petto ancora una volta, sistemandole la testa contro al suo braccio. Le baciò la fronte, la punta del naso e le labbra così tante volte che divenne quasi automatico.
Lo sapeva che aveva bisogno d'amore.
Lo sapeva bene che Annabeth aveva bisogno del suo amore e la baciò sulle labbra gelide ancora una volta prima di alzarsi, stringendola al petto e iniziando a scendere lungo la collina.
Lui era un soldato.
Lui era un guerriero e ce l'avrebbe fatta.
Un altro tuono scosse l'aria e Percy aumentò il passo mentre la pioggia si infittiva.
Sentì qualcuno gridare dalla valle della collina e poi cadde, scivolando sull'erba bagnata per qualche metro, rialzandosi sulle gambe stanche solo per cadere di nuovo.
- Percy! - sentì urlare e lui sollevò lo sguardo, osservando Luke e Talia che andavano verso loro due assieme ad altri due ragazzi che non riuscì a riconoscere dietro la pioggia fitta. - Annabeth! Ma che diavolo.. - gli posò una mano sulla spalla ma Percy si ritrasse di scatto come se l'avesse scottato, stringendosi Annabeth al petto in modo che il suo volto fosse nell'incavo del proprio collo.
Gli occhi chiari di Luke si sbarrarono per il terrore e una mano gentile gli si posò sulla spalla. - Andiamo, cugino, sei a casa adesso - e capì che Talia stava trattenendo le lacrime tanto quanto lo stava facendo lui.
- La porto in infermeria, dammi Annabeth - a giudicare dalla stazza e dalla pelle scura, quello era senza dubbio Beckendorf, ma Percy non era intenzionato a lasciare Annabeth.
Scosse la testa, alzandosi e continuando a tenere la ragazza stretta contro al suo petto. Luke e Talia si guardarono e poi, come se avessero parlato, il suo migliore amico e Beckedorf lo spalleggiarono, mentre si dirigevano verso l'infermeria.
Silena, e doveva essere lei a giudicare dai capelli lunghi, allontanò tutti i curiosi, muovendo il fucile febbrilmente e puntandolo contro chiunque fosse intenzionato ad avvicinarsi. - Andate via, tutti! - urlava.
Luke e Beckendorf raddrizzavano Percy ogni volta che lui rischiava di cadere, reprimendo l'impulso di baciare la fronte di Annabeth davanti a tutte quelle persone.
Era una cosa solo loro. Era qualcosa non che sarebbe mai dovuto essere condiviso con nessun altro e si limitò a stringersela al petto ancora una volta mentre socchiudeva gli occhi e osservava l'infermeria che si faceva sempre più vicina.
A quel punto, Silena si mise a correre, sparendo oltre le porte scorrevoli di quel plesso.
Per un secondo, uno soltanto, Percy si chiese cosa avesse intenzione di fare, ma poi incespicò sui gradini che lo separavano dall'infermeria e strinse i denti, imponendosi di resistere ancora. Imponendosi di farcela.
Prima avrebbe portato Annabeth al sicuro e solo dopo sarebbe potuto crollare.
Le porte scorrevoli si aprirono al loro passaggio e non riuscì a mettere a fuoco la sala mentre sistemava Annabeth sul primo lettino che vide, scivolando lateralmente a terra.
- Percy! Andiamo amico, devi rimanere sveglio.
Riuscì a vedere una zazzera di capelli biondi sopra di lui, un viso con una cicatrice biancastra che conosceva bene e voltò il capo, in tempo per vedere qualche ragazzo col camice bianco attorno ad Annabeth.
Sorrise e solo in quel momento, si permise di svenire.
***
Percy faceva incubi ogni notte e ogni notte, gli facevano vedere sempre qualcosa di diverso: lui che moriva, la mamma che moriva in modi diversi, non poter aiutare Luke o Talia, non poter fare niente per salvare Annabeth. Si svegliava sempre verso le tre, fumava una sigaretta in riva al mare e solo a quel punto, riusciva a riaddomentarsi senza fare sogni che lo svegliavano sudato e agitato.
Le notti che aveva passato con Annabeth erano state le più tranquille da quando aveva dodici anni. Non aveva sognato nulla mentre la teneva tra le braccia quasi, quella ragazza, avesse deciso di diventare il suo acchiappa-sogni personale.
Poco prima di svenire, sapeva bene che gli incubi sarebbero tornati a tormentarlo ma non pensava fino a quel punto: vedeva lo sguardo terrorizzato di Annabeth mentre fuggivano da New York, vedeva il sangue che le colava da sotto le dita premute sul braccio sinistro. La vedeva volare via dal finestrino mentre la macchina roteava in aria e sentiva il rumore dei vetri rotti, la testa che si sbatteva e la cintura stretta che gli mozzava il fiato. Sentiva il dolore, il senso si smarrimento e la paura che aveva seppelito per potersi prendere cura di Annabeth.
La vedeva mentre i messicani la prendevano a pugni, la vedeva vomitare e svenire tra le sue braccia e ogni volta che sperava di potersi svegliare, il sogno cambiava vorticosamente, senza dargli tregua.
Basta.
E se lo ripeteva in continuazione anche se sapeva non sarebbe mai stato abbastanza.
Fatela finita, andate via.
Ma lo sapeva bene che non l'avrebbero mai lasciato stare. Loro erano sempre lì e lui era coscente senza riuscire a svegliarsi. Era coscente e sapeva che l'unico modo per mandarli via sarebbe stato aprire gli occhi, ma non ci riusciva.
Annabeth.
Voleva disperatamente sapere come stava. Voleva guardarla in volto e sperare che avesse ripreso colore. Voleva sentire la sua risata e voleva perdersi nei suoi occhi grigi.
Ma lo sapeva che si sarebbe allontanato, perché era così che Percy faceva.
Come poteva starle vicino quando, perderla, l'avrebbe potuto distruggere?
E poi, la vide. La paura, la rabbia e l'adrenalina gli corsero lungo le vene. Annabeth era lì, davanti a lui, con una spada infilata nel petto. Si piegò in avanti e sussultò, sputando il sangue che gli macchiò il mento e le labbra. Gli occhi grigi e vacqui si fissarono in quelli di Percy.
- Aiutami - singhiozzò, sussultando ancora, sputando sangue sul pavimento mentre il ragazzo iniziava a correre. Allungò le braccia verso Annabeth per prenderla, per stringersela al petto per dirle che sarebbe andato tutto bene perché si, c'era lui e lui l'avrebbe protetta ma i piedi gli scivolarono sul pavimento, senza raggiungerla. - Aiutami - Annabeth lo pregò ancora e gli occhi grigi si colmarono di lacrime mentre lo guardava. - Percy, ti prego, aiutami. Ho bisogno di te.
Il ragazzo ringhiò, facendo qualche passo all'indietro e prendendo la rincorsa, bloccandosi sempre a pochi centimetri da Annabeth, dal suo viso deformato dal dolore, dagli occhi spaventati e imploranti. - Sono qui! - urlò, cadendo sulle ginocchia. - Sono qui, Sapientona. Sono qui - allungò una mano verso di lei e Annabeth riuscì a sorridere, sollevando un braccio nella sua direzione per poterlo toccare.
- Perché non mi aiuti? - domandò con la voce spezzata dalle lacrime. - Sto morendo, Percy, aiutami.
E lui ringhiò ancora, urlò mentre tentava di raggiungerla, osservandola, inerme, morire a pochi centimetri da lui senza poterla toccare.
- NO! - urlò, sollevandosi di scatto dal letto, cadendo a terra con un tonfo e alzandosi velocemente pochi istanti dopo. La testa gli girò vorticosamente e lui si appoggiò al bordo del letto per un solo istante, passandosi una mano tra i capelli e osservando l'infermeria vuota.
Andrew lo raggiunse di corsa. Allungò le mani per mettergliele sulle spalle, ma Percy si scostò, osservandolo con odio. - Percy, come st..
- Dov'è Annabeth? - ringhiò, spostandolo col braccio e andando nel corridoio che divideva le due file di letti.
Sentì Andrew camminare dietro di lui mentre si dirigeva verso la tenda bianca che doveva circondare il capezzale di Annabeth. - Percy, hai dormito per tre giorni dovresti stenderti e prendere qualcosa.. - tentò il ragazzo.
Percy vacillò un attimo sui suoi stessi piedi a quella rivelazione. Se aveva dormito tre giorni allora era il 25 Dicembre. Era Natale. Accelerò il passo, scostando le tende e fermandosi ai piedi del letto di Annabeth.
Lei era lì, distesa tra le lenzuola bianche. Era bellissima e pareva quasi dormisse con i lividi che stavano guarendo, i capelli biondi sparsi sul cuscino e l'ago infilato sul dorso che decise di ignorare.
I battiti risuonavano regolari e Percy deglutì prima di avvicinarsi a lei, afferrando una sedia vicino alla testiera del letto e mettendocisi sopra.
- Lei non da segni da tre giorni. Ho appena finito di controllare tutti i valori e sono regolari, ma ancora non si sveglia - gli spiegò Andrew dietro di lui e Percy annuì un paio di volte, tenendo lo sguardo basso, sulla mano di Annabeth.
- Vai a festeggiare il Natale - gli disse senza guardarlo.
- Ma..
- Vai! - ordinò Percy.
Forse Andrew gli disse qualcosa, ma non gli importò abbastanza mentre osservava il volto tranquillo di Annabeth, che chissà quale guerra interna stava combattendo.
Percy sorrise, passandosi una mano tra i capelli e incrociando le braccia sul materasso. - Tu hai proprio voglia di farmi morire di paura, eh? - le disse, allungando una mano per accarezzarle il volto. - Prima ti siedi sul finestrino e ti becchi un proiettile al braccio. Poi voli via dalla macchina, ti prendono a pugni e svieni. Ho solo diciotto anni e mi hai fatto più preoccupare tu in due giorni che chiunque altro in tutta la mia vita. - Rise piano, sporgendosi oltre il suo corpo per spostare leggermente lo scollo del camice bianco verso sinistra. Osservò la benda bianca che le avvolgeva il braccio all'altezza dello sparo e poi tornò a sedersi sulla sedia, osservandola. - Per cui - continuò, deglutendo la paura e la rabbia. - Hai intenzione di svegliarti o di farmi preoccupare ancora? - le domandò, quasi aspettandosi una risposta che -e lo sapeva- non sarebbe arrivata.
Chiuse gli occhi per qualche istante e poi si sporse su di lei, esitando a pochi centimetri da quelle labbra rosee che -ancora- non aveva baciato come avrebbe voluto. - Forse mi sono innamorato di te - mormorò prima di baciarla piano, accarezzandole una guancia e scostandole poi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Si sollevò, premendo le labbra sulla sua fronte e la osservò un'ultima volta prima di darle le spalle e andare via.
Angolo Autrice:
Perché aggiorno adesso? Forse aggiorno adesso perché sono troppo nervosa. Perché fra nove giorni parto a Bristol per un anno e ho paura. Correggere il capitolo sarebbe stata l'unica cosa che mi avrebbe disteso i nervi.
Adesso sono sempre nervosa ma un po' più felice.
Che ne pensate di Percy vulnerabile?
E di Chuck? Io lo adoro!
Grazie mille a tutti coloro che votano e recensiscono. E anche a quelli un po' più silenziosi, che leggono e basta:*
Grazie mille cuccioli!
Alla prossima,
Love yaa<3
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