Can I have this dance?
Fu la luce a svegliare Annabeth la mattina dopo, oltre che i brontolii per la fame, il dolore al braccio, alla schiena e alle gambe. E ovviamente, anche il freddo che le penetrava -fastidioso- fino alle ossa.
Sbatté gli occhi un paio di volte per abituarsi alla luce e stimò fossero almeno le otto del mattino per l'aria pungente e il sole non ancora alto. Aveva dormito contro il petto di Percy mentre un braccio le faceva da cuscino e l'altro la stringeva contro il suo corpo.
Era spaventata, dolorante, affamata e assetata eppure, la modalità protettiva di Percy le piaceva e le faceva dimenticare, almeno per poco, la sofferenza. Sollevò la testa lentamente, osservando il volto del ragazzo a pochi centimetri dal suo, rifiutandosi di sbattere gli occhi.
Percy era bello in qualsiasi situazione, mentre combatteva, mentre sorrideva, mentre era arrabbiato, mentre ghignava, mentre sorrideva e anche mentre mangiava ma -diavolo- quando dormiva lo era ancora di più
Annabeth aveva sempre il visto il volto di un ragazzo determinato, di un ragazzo che non ha paura di niente. Di un ragazzo imbattuto che avrebbe potuto vincere su chiunque. Annabeth aveva visto il volto del guerriero che Percy mostrava, ma non aveva mai visto quella parte del ragazzo, quella parte che lo faceva sembrare quasi vulnerabile. Percy pareva quasi innocente mentre dormiva, con le palpebre placidamente chiuse, la bocca leggermente schiusa e il volto rilassato, privo delle preoccupazioni che gravavano sulle sue spalle mentre dormiva.
Gli passò una mano tra i capelli scuri un po' secchi e sorrise quando il ragazzo mosse la testa lentamente, avvicinandosi di più a lei. I loro respiri si fusero dolcemente e Annabeth chiuse gli occhi mentre si sporgeva verso di lui, baciandogli il naso.
Era una bella sensazione farlo anche perché, fino a quel momento, Annabeth si era sempre limitata a farsi baciare. La pelle di Percy era bella, morbida e forte al punto giusto e anche se erano stati un giorno intero senza toccare doccia e costantemente sotto pressione, riusciva a non avere un cattivo odore. Essere sempre al meglio doveva essere una prerogativa dei ragazzi fighi e in quel momento, la saggia Annabeth, non riusciva a pensare altrimenti.
Si accoccolò nuovamente contro di lui, poggiando la testa sotto al suo mento e chiudendo gli occhi ancora per qualche secondo. Sapeva benissimo che non avrebbe potuto fare altro e che, camminare o stare fermi non avrebbe fatto alcuna differenza in quel momento. Sollevò il volto in modo da poter respirare il profumo della pelle di Percy e respirò piano, aspettando che tutto quello potesse lenire il dolore lancinante al corpo intero.
Si sentiva debole, stupida e vulnerabile e quelle erano tutte sensazioni che si era sempre premurata di seppellire da quando era piccola, ma sembrava che, tra le braccia di Percy, tutti i suoi buoni propositi andassero a puttane, come se fosse incapace di essere forte quando c'era qualcuno disposto a portare un po' del suo peso. Strinse forte le palpebre trattenendo la paura, la rabbia e il dolore che minacciavano di rigarle il volto e fu in quel momento che Percy si mosse, allungando un po' le braccia ma tornando poi a stringerla subito dopo.
Annabeth si allontanò da lui, il tanto da poterlo guardare negli occhi verdi che, ancora assonnati, si puntarono su di lei. - Ciao, bel addormentato - lo salutò con un sorriso e il ragazzo rise, sporgendosi verso di lei per baciarle la fronte.
- Buongiorno.
E i loro stomaci brontolarono all'unisono.
Annabeth chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore. - Dio - mormorò mentre Percy si girava sulla schiena, lasciando però il braccio destro steso sotto la testa della ragazza. Lo vide bagnarsi le labbra secche con la lingua e si chiese se anche lui avesse la stessa fame che aveva lei. - Come facciamo? - gli domandò, pentendosi pochi attimi dopo di ciò che aveva fatto. La possibile risposta la spaventò più del dovuto e si impose di smetterla di essere così debole.
Percy respirò profondamente, si voltò verso di lei e sorrise, sollevandosi lentamente a sedere. Annabeth lo seguì pochi istanti dopo, osservandolo abbracciarsi mollemente le ginocchia con le braccia. - Dobbiamo raggiungere il Campo.
La bionda annuì. - Non manderanno mai una squadra di soccorso? Siamo pur sempre in un programma protezione testimoni, no?
Il ragazzo annuì, voltandosi per poterla guardare negli occhi. - Si, ma la squadra di soccorso si deve muovere sotto autorizzazione dello stato. I ragazzi al Campo non possono fare quello che vogliono solo perché sono addestrati. - Annabeth corrugò la fronte. - Quindi vuol dire che possono iniziare le ricerche adesso come le possono iniziare tra una settimana.
Il cuore di Annabeth vacillò, ma lei puntò comunque le mani sulla neve fredda per alzarsi. Cercò l'equilibrio sui piedi stanchi e aspettò che Percy la raggiungesse. - Allora è meglio andare - abbozzò un sorriso mentre iniziavano a camminare, riprendendo il gioco delle venti domande solo per evitare di pensare a quando sarebbero arrivati a casa.
Non sapeva da quanto tempo stessero camminando. Annabeth sapeva solo che il cielo era ricoperto di nuvole, che il vento era ancora più freddo e che lei era troppo stanca per poter continuare, ma continuava comunque. Avrebbe voluto fermarsi, sedersi e cercare di fare il punto della situazione.
Le venti domande li avevano stancati dopo qualche minuto che ci giocavano e camminavano un po' in silenzio e un po' chiacchierando, come se la loro fosse una gita in pieno periodo di Natale che, ovviamente, comportava pochissime persone intenzionate ad andare a Long Island e a passare vicino a loro.
- Tutto ok? - domandò Percy voltandosi verso di lei e Annabeth annuì un paio di volte, abbozzando un sorriso e passandosi la lingua secca sulle labbra spaccate per il freddo. Il ragazzo allungò la mano per poter intrecciare le dita con le sue, un secondo prima che sentissero un fruscio di foglie secche e neve calpestata. I due ragazzi si misero all'erta e in un attimo, si ritrovarono circondati da quelli che, senza dubbio, dovevano essere barboni, a giudicare dai vestiti smessi e rovinati e dalla puzza che stuzzicò fastiodiosamente le narici di Percy e Annabeth.
La ragazza sollevò le sopracciglia, ignorando i denti giallastri che entrarono nella sua visuale non appena uno di loro, con la barba lunga e un berretto di lana marrone, sorrise.
Avevano la pelle scura e Annabeth era indecisa se fosse per le origini o per lo sporco.
- Soldi - disse muovendo un unico passo verso di loro, spingendo i due ragazzi a tendere i muscoli ancora di più, assottigliando lo sguardo. Aveva un forte accento spagnolo e Annabeth gettò un'occhiata alle proprie spalle, osservando gli altri tre uomini dietro lei e Percy.
Avrebbero combattuto?
A quel pensiero, le ginocchia cedettero leggermente mentre la ferita da sparo prendeva a pulsare fastiodiosamente, come se ci fosse ancora qualcuno a premerle un dito contro.
Non sarebbe riuscita a combattere in quelle condizioni.
Percy cercò la sua mano, intrecciando le dita con le proprie dietro la sua schiena, strizzandole leggermente.
Si, avrebbero combattuto.
- Ehi, bello! - esclamò Percy con un sorriso, lasciando le dita di Annabeth per poter allargare le braccia. - Pensi che saremmo qui se avessimo soldi? - domandò retoricamente e l'uomo ghignò, facendo un altro passo in avanti. Fu quasi impercettibile ma Annabeth vide il peso del corpo caricato maggiormente sulla gamba destra.
- Yo quiero vuestros soldi - ripeté ed Annabeth rabbrividì. Non aveva idea di chi fossero quelle persone, di cosa facessero o da provenissero ma erano arrabbiate. Avevano talmente tanto odio dentro di loro che, nel momento in cui fissò gli occhi scuri dell'uomo davanti a lei, rabbrividì ancora.
Forse erano solo dei maniaci assetati. O forse, avevano cercato di fuggire dal loro paese nella speranza di un futuro migliore che gli Stati Uniti non erano riusciti a garantirgli.
Ed odio davano perché, sicuramente, fino a quel momento, solo quello avevano ricevuto.
Erano disperati. Affamati. Poveri e forse, a giudicare dai vestiti rattoppati, anche infreddolito ed il cuore di Annabeth si strinse in una morsa di dolore.
Ma non avrebbe potuto fare altrimenti. Doveva affrontarli perché quella -maledizione- era l'unica via d'uscita.
Combattere sarebbe sempre stata l'unica via d'uscita e quella terribile consapevolezza la colpí allo stomaco con la forza di un pugno.
Diede le spalle a Percy per osservare gli uomini dietro di lui e strinse i pugni quando fu certa che non potessero avere più di trent'anni e quello -decisamente- era un problema aggiuntivo.
In un'altra occasione, nel pieno della forma, avrebbe potuto gestire perfettamente quei tre uomini logorati dalla fame, dal desiderio e dalla disperazione, ma in quel momento le gambe cedettero ancora una volta per la stanchezza e sbatté le palpebre un paio di volte, imponendosi di non svenire.
Il cuore le martellò nel petto, come a volerla avvisare di quello che sarebbe potuto accadere e lei prese un respiro profondo toccando con la schiena quella di Percy.
- Voi avete bei jeans e bei magliette e belle scarpe. Voi teneis soldi - ripeté il capo e Annabeth represse un brivido di disgusto quando uno degli uomini difronte a lei ammiccò, facendo un passo avanti.
- Annabeth - Percy sussurrò il suo nome e lei mosse la schiena contro la sua. - Qui o combattiamo a moriamo - disse con lo stesso tono. - Ce la fai?
La ragazza prese un respiro profondo e poi annuì un paio di volte, sbattendo le palpebre per potersi schiarire la vista. - Si - mentì. - Ce la faccio.
- Facciamogli il culo, allora - e Annabeth riuscì quasi a immaginarsi Percy sorridere mentre lo diceva.
Si voltò di scatto verso di lui ignorando il capogiro e prese il suo coltello da sotto la cintura del ragazzo. I capelli sciolti fendettero l'aria e sperò che la sua mira non fosse cambiata mentre scagliava il coltello contro il petto dell'uomo che le aveva fatto l'occhiolino. La lama sprofondò nel petto e quello la osservò stranito, cadendo con un tonfo sulla neve.
Gli altri due tizi imprecarono in spagnolo e poi si avventarono su di lei. Annabeth evitò un pugno ma uno riuscì comunque a colpirle la mascella, abbastanza forte da farla cadere a terra, carponi sulla neve. La testa le girò vorticosamente e grugnì, quando un calcio le colpì lo stomaco, voltandola verso l'alto.
Uno dei due uomini, quello col giubbotto verde militare ricco di bruciature e macchie, si chinò su di lei, le mani dirette al bottone dei jeans e un sorriso famelico che gli illuminava gli occhi scuri e folli. Annabeth ascoltò i rumori di lotta dietro di lei e sollevò una gamba con forza, colpendo l'uomo in pieno viso con un calcio e sollevandosi con un colpo di reni. Barcollò instabile sulla neve e sulle gambe stanche, ma riuscì comunque a colpire all'occhio il compare col giubbotto marrone e più grande di tre taglie. Incassò l'ennesimo pugno e sputò, rabbrividendo alla vista del sangue carmineo sulla neve fresca.
L'uomo che aveva colpito con un calcio le strinse i capelli, tirandola all'indietro mentre lei gemeva tentando di seguirlo, in equilibrio sulle gambe che avevano deciso di abbandonarla. Era furbo perché non le diede modo di poter fare appoggio su qualsiasi cosa per scalciare il compare col giubbotto marrone che la colpì alla stomaco con un pugno.
Annabeth gridò per il dolore, un attimo prima che un calcio alle gambe, gliele facesse cedere. Quasi sperò di cadere sulla neve pur di non stare più con la schiena così inarcata e in tensione, ma l'uomo la tirò nuovamente su per i capelli, facendola gridare mentre veniva nuovamente colpita allo stomaco e poi al viso.
Incassò i colpi senza più gemere, socchiudendo gli occhi e abbandonandosi al dolore mentre prendeva atto della sconfitta.
Venne colpita ancora una volta allo stomaco, al viso e alle gambe. Venne colpita senza un briciolo di pietà mentre continuava ad essere tenuta per i capelli con una presa ferrea.
Sapeva che avrebbe dovuto almeno tentare di lottare, ma come poteva continuare a farlo?
La testa le girò vorticosamente e sbatté le palpebre un paio di volte nel tentativo di non svenire anche se, così facendo, forse sarebbe stato tutto più facile.
Era così stanca di lottare.
L'aveva fatto per tutta la vita e, dopo diciotto anni che rifiutava anche solo di fermarsi per prendere una boccata d'aria, zia Marin moriva; veniva portata via dalla sua casa; finiva fuori strada e si ritrovava a prenderle di santa ragione da parte di alcuni immigrati che volevano soldi che non aveva. Dopo diciotto anni che combatteva, decidevano di colpirla quando il braccio sinistro era praticamente intulizzabile e quando l'intero corpo bruciava per il dolore.
Era così stanca che chiuse gli occhi, piegando le ginocchia e cadendo scompostamente a terra mentre continuavano a colpirla.
Andava bene così. Ogni tanto andava bene arrendersi.
- Annabeth!
E la ragazza aprì gli occhi di scatto quando Percy urlò il suo nome. Si voltò, grugnendo per un calcio e in tempo per poter vedere il moro colpito da un pugno che gli fece scattare la testa verso sinistra. Ne bastò un altro per farlo barcollare e quello, per Annabeth, fu decisamente troppo.
Lei non era così.
Lei era una guerriera, lottava e sopravviveva.
Lezione numero uno: c'è sempre un modo per ribaltare l'incontro.
L'adrenalina corse nelle sue vene, potente e lei rotolò di lato, bloccando tra le mani la gamba dell'uomo appena tentò di colpirla ancora una volta. Sbatté le palpebre, ignorando le sagome sfocate davanti ai suoi occhi e girò il piede del messicano con tutta la forza che aveva.
Quello urlò cadendo a terra e lei rotolò verso sinistra velocemente, osservando il pugno di chi le teneva i capelli, colpire il suolo con forza. Gridò per il dolore e Annabeth si diede lo slancio con le gambe, stringendole attorno al collo dell'uomo. Puntò le mani sulla neve fredda e un attimo prima che lui potesse alzarsi, strinse le mani attorno alla sua vita. Ignorò i colpi alle cosce nel tentativo di farle mollare la presa e serrò ancora di più i muscoli attorno al collo dell'uomo.
Cadde a terra, riassestandosi con una capriola solo dopo che le ginocchia dell'uomo cedettero e si rifiutò di voltarsi per osservare il corpo -privo di vita- disteso scompostamente a terra.
Corse a prendere il suo coltello estraendolo dal petto del cadevere e poi si voltò di scatto, stringendo con forza il manico. - Giù! - urlò voltandosi di scatto. Cercò di mettere a fuoco la zazzera scura di capelli di Percy e barcollò sulle gambe instabili, scagliando il coltello e sperando di non beccare il suo amico.
Chiuse gli occhi appena quello lasciò la sua mano e poi cadde a terra, sbattendo le ginocchia sulla neve.
- Annabeth! - la voce di Percy arrivò ovattata alle sue orecchie e sbatté le palpebre, osservandolo mentre, con un calcio, poneva fine ai lamenti dell'uomo con la caviglia rotta. - Annabeth -la chiamò di nuovo e la ragazza tentò di mettere a fuoco il suo viso mentre le mani calde e grandi del moro si poggiavano sulle sue guance. - Sei stata bravissima - mormorò baciandole la fronte e Annabeth sorrise, chiudendo gli occhi a quel contatto dolce. - Non svenire. Annabeth, non svenire - la pregò, baciandole la fronte ancora una volta, come se le sue labbra potessero tenerla ancorata a lui. - Per favore - disse ancora e Annabeth si impose di annuire leggermente, solo per fargli capire che non stava mollando, che non si stava arrendendo ancora.
Non doveva svenire e lo sapeva bene. Sapeva perfettamente che Percy aveva bisogno di lei e se erano stati attaccati una volta da dei messicani in cerca di soldi, niente escludeva un secondo agguato.
- Ce la puoi fare - le sussurrò cercando i suoi occhi grigi e Annabeth tentò di metterlo a fuoco ancora una volta. Si aggrappò alla scintilla verde nel suo sguardo e annuì, tentando di metterci tutta la convinzione possibile. - Rimani con me - mormorò, incastrando le mani sotto le ascelle e sollevandola piano, mettendola in piedi. Le passò un braccio attorno ai fianchi, stringendola contro di sé e Annabeth si aggrappò a quel contatto per rimanere sveglia e non chiudere gli occhi.
Camminarono lentamente. Percy si fermò solo per chinarsi e prendere il pugnale dal petto dell'uomo, infilandoselo nel retro della cintura.
- Loro hanno qualcosa - disse Annabeth con la voce strozzata, sperando che Percy capisse cosa intendeva.
Il ragazzo annuì, baciandole la tempia. - Non sono in grado neanche io di infilarmi in un loro possibile accampamento per rubare qualcosa. E se stavano rubando a noi, sicuramente non possono avere molto.
Annabeth respirò profondamente cercando di dilatare i polmoni il più possibile per avere aria pulita e continuò a camminare accanto a Percy, intervallando momenti di coscenza con momenti di dormiveglia che non le piacevano per nulla.
Ce la puoi fare si ripeté e fece un po' più affidamento sul corpo di Percy per camminare più velocemente.
Doveva farcela.
***
Talia strinse i pugni lungo i fianchi, scacciando la mano di Luke quando si posò sulla sua spalla.
- Cosa vuol dire che non andremo a salvarli? - domandò furiosa verso Chirone, fulminandolo con lo sguardo elettrico. - Ieri mi avevate detto il contrario. - disse col tono di voce pacato che precedeva soltanto la rabbia. - Ieri mi avevate detto che saremmo andati a salvarli! - urlò contro Chirone, voltandosi poi verso i ragazzi del Campo che -codardi- tenevano lo sguardo basso.
- Talia, ho già fatto rapporto allo Stato, che manderà una squadra di ricerca il prima possibile. Noi non possiamo fare nulla. Sei in un programma protezione testimoni tanto quanto lo sono Percy e Annabeth.
Talia urlò di frustrazione alle parole di Chirone, più perché -e doveva ammetterlo- aveva ragione, che per la rabbia e la paura. - Quindi ce ne stiamo qui senza fare niente mentre loro due sono lì fuori e in chissà quali condizioni?! - ringhiò e Chirone scosse la testa, spostando lo sguardo scuro dalle sue ginocchia ossute alle iridi elettriche di Talia.
- Continuiamo ad allenarci e ad addestrarci come abbiamo sempre fatto. Percy e Annabeth sono in gamba e se la caveranno - le assicurò l'uomo senza riuscire a placare la sua rabbia.
Talia si conficcò le unghie nei palmi fino a che il dolore non estinse la rabbia che le ribolliva con forza nelle vene e poi chiuse gli occhi, respirando profondamente. Aprì la bocca per parlare ma poi la richiuse di colpo, digrignando i denti. - Perfetto - si limitò a dire, prima di voltare le spalle ai ragazzi del Campo e andare via.
Luke la osservò mentre camminava via velocemente, furiosa, e poi chiuse gli occhi per qualche istante, posando le mani sul tavolo da ping pong del padiglione. - Ok, tutti ad allenarvi, gente. Se vedo qualcuno battere la fiacca gli darò una punizione che si ricorderà fino al resto della sua breve vita, chiaro? - tuonò e la minaccia sortì l'effetto desiderato quando tutti i ragazzi camminarono via velocemente, lasciando il padiglione.
Luke cercò di rimettere insieme i pezzi, ignorando il dolore al petto alla consapevolezza che il suo migliore amico e la sua migliore amica erano fuori, a vedersela contro il mondo, completamente da soli.
Mosse i primi passi per andare via ma la voce di Chirone, stanca, lo fermò.
- Luke - lo chiamò e il ragazzo sorrise mesto, continuando a dargli le spalle.
- Un altro momento, Chirone. Mi dispiace - si scusò senza guardarlo, affondando le mani nelle tasche della felpa e stringendo l'accendino scuro di Percy mentre andava verso la spiaggia.
***
Lo stomaco di Annabeth brontolò e sussultò quando un tuono rimbombò nell'aria.
Erano ore che camminavano. Ore che lei tentava di non cadere e di non mollare. E non era passata neanche un'auto.
Percy le aveva parlato spesso nel tentativo di tenerla sveglia e un po' aveva funzionato, quel tanto da farla camminare in uno stato semi-coscente per molte ore, ma non ce la faceva più, per quanto fosse ben decisa a non ammetterlo. Era troppo orgogliosa.
- Basta - fu Percy a dirlo, abbandonandosi dietro al tronco di un albero e trascinando Annabeth con sé, sistemandosela tra le gambe e avvolgendo le braccia attorno alla sua vita. - Per oggi credo sia abbastanza. - Le sorrise e Annabeth si poggiò contro al suo petto, chiudendo gli occhi e respirando l'aria pulita di pioggia.
- Se fossimo in macchina, saremmo a mezz'ora da casa. Ce la possiamo fare? - le domandò e Annabeth si sistemò meglio contro di lui, sul fianco, seppellendo il volto contro il suo petto.
Annuì un paio di volte e Percy le baciò la testa, stringendola un po' di più a sé.
L'ennesimo tuono rimbombò nell'aria e Annabeth strinse forte le palpebre.
Non poteva anche piovere.
- Mi ha sempre attirato l'idea di fare volontariato - le disse e Annabeth sollevò il volto verso di lui, osservandolo curiosa. - Aiutare le persone, redermi utile e fare qualcosa per cambiare il mondo. Mi è sempre piaciuta come idea.
Annabeth inclinò leggermente il capo sorridendo, dimenticandosi del mal di testa che le martellava le tempie senza sosta. - Sul serio? - gli domandò divertita e Percy annuì un paio di volte, spostandole una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio.
- Si. Già da quando ero piccolo. - Sorrise amaramente e Annabeth aprì le mani contro il suo petto. - Poi mamma è morta e io sono entrato a far parte del programma protezione testimoni e addio sogno di Percy Jackson.
Annabeth gli passò una mano tra i capelli secchi e un po' sudati e poi sorrise, aggrappandosi al suo volto per rimanere lucida. - 10 cose che odio di te e Il diario di Bridget Jones.
Percy la osservò confuso. - Eh?
Annabeth rise, evitando di tenere gli occhi chiusi per troppo tempo. - Sono i miei film preferiti. Li ho guardati per la prima volta sul divano, con una coperta e la cioccolata calda assieme a Zia Marin. - Sorrise, perdendo lo sguardo oltre il volto di Percy mentre si figurava il calore di casa che sostituì, solo in parte, il freddo che le penetrava nelle ossa. - Non li abbiamo mai guardati spesso anche se avevamo i dvd di entrambi. Quando davano alla televisione uno dei due, zia Marin ordinava la pizza e appena arrivava, ogni volta, iniziava il film. - Rise e Percy la seguì a ruota.
- Una notte da leoni è il mio film preferito. L'ho visto con Luke per la prima volta una notte al Campo. Gli Stoll si erano procurati il dvd e l'abbiamo guardato nel lettore della Sala Comune. È il mio film preferito da quando avevo quattordici anni.
Annabeth sorrise. - Io non l'ho mai visto.
Percy sbarrò gli occhi osservandola come se avesse due teste. - Dimmi che scherzi - le disse stranulato e la ragazza rise, scuotendo la testa.
- Tutto vero. Mai visto una notte da leoni.
Il ragazzo mosse il capo in segno di diniego e Annabeth rise ancora. - Appena torniamo al Campo ti costringerò a guardarlo.
Annabeth sollevò un sopracciglio, accoccolandosi a lui un po' meglio. - Non è vietato che due ragazzi stiano nella stessa stanza?
Percy ammiccò, intrecciando le dita sulla sua schiena. - Talia e Luke fanno sesso quattro volte alla settimana e non li hanno mai beccati. Penso che potremmo riuscirci anche noi due per vedere un film - disse deciso e Annabeth rise ancora.
Si passò la mano buona tra i capelli mentre il sorriso si spegneva lentamente dal volto. - Fermo un attimo. Dov'è che fanno sesso? - domandò con una nota di panico nella voce e Percy sorrise malizioso, facendo scintillare gli occhi verdi.
- Nella stanza di Talia. Ogni. Notte.
Annabeth si portò entrambe le mani al volto. - Io sono nella stanza accanto alla sua e sentivo rumori ma non pensavo fossero loro due..
Il ragazzo rise, sporgendosi per darle un bacio sulla fronte. Esitò qualche secondo contro la sua pelle e poi la lasciò andare, poggiando la schiena contro il tronco dell'albero. - Stai bene? - le domandò improvvisamente serio e Annabeth annuì un paio di volte, accoccolandosi contro al suo petto.
Rimasero così per quelle che parvero delle ore prima che una goccia colpisse delicatamente il naso di Annabeth. La ragazza si sollevò di scatto dal petto di Percy sollevando il volto verso il cielo grigio e socchiudendo gli occhi d'istinto non appena un'altra goccia le bagnò la fronte. - Non ci credo! - esclamò osservando le nuvole sopra di loro che, decisamente, dovevano essere cariche d'acqua. - Non sta succedendo davvero - decise quando un'altra goccia le cadde sul volto. Goccia che preannunciava soltanto l'inzio di un'acquazzone.
Poggiò la fronte contro al petto di Percy che la strinse un po' di più mentre la pioggia iniziava a cadere più fitta su di loro e i tuoni si facevano più frequenti. Annabeth era decisa a non pensare ai fulmini che si augurava di vedere solo in lontananza e sospirò ancora una volta, spostandosi dal petto di Percy. Osservò il cielo e chiuse gli occhi mentre l'acqua la bagnava completamente.
Gandhi una volta aveva detto che la vita non era aspettare che passasse la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia. Fu in quel momento che Annabeth rise, gettando la testa all'indietro.
Si alzò si scatto da terra, barcollando sulle gambe instabili e camminando verso la strada, ignorando la testa che le girava e il corpo debole. Aprì le braccia, buttando la testa all'indietro e roteando sotto la pioggia sempre più veloce, quasi fosse decisa a prendere il volo. Inciampò sui suoi stessi piedi e due braccia forti la fermarono di colpo, impedendole di cadere a terra. Si aggrappò al golfo bagnato di Percy e rise ancora una volta, raddrizzando le gambe e sollevando un po' il volto per poterlo guardare negli occhi attraverso la pioggia fitta.
Percy fece un passo lontano da lei e poi le porse la mano col palmo rivolto verso l'alto, stendendo le labbra in un sorriso furbo. - Posso avere questo ballo? - domandò e Annabeth rise, mettendo la mano sulla sua, sussultando quando Percy la tirò di scatto contro al suo petto, stringendosi un po' di più a lui non appena un tuono scosse l'aria.
Sistemò il braccio destro sulla spalla di Percy mentre quello dolorante rimase piegato. Il ragazzo le sistemò una mano sul fianco e poi la fece volteggiare assieme a lui scompostamente, rischiando di farla cadere e sollevandola al volo, strappandole l'ennesima risata.
- Take my hand, and take a breathe! - cantò Annabeth stonando le note di proposito mentre Percy la faceva girare ancora una volta. I capelli biondi sfiorarono il terreno e lei gridò, facendolo ridere e stringendosi contro al suo petto mentre volteggiava più placidamente. - Hold me close, and take one.. STEP! - urlò ridendo appena Percy fece perno su un solo piede, stringendole il fianco mentre girava velocemente su sé stesso. - Sei un Troy Bolton fallito! - esclamò la bionda ridendo e il moro sorrise. - Keep your eyes locked on mine! - Percy le mise una mano sulla schiena, facendole fare un casqué e sollevandola velocemente. Annabeth si scontrò contro al suo petto, ridendo. - Devi davvero smetterla - decise con una risata, stringendosi un po' di più a lui appena l'ennesimo tuono risuonò nelle vicinanze.
La pioggia continuò a battere su loro due e Percy mosse velocemente un passo verso destra, spingendola a fare lo stesso nel tentativo di stare al suo passo. Fecero un ampio cerchio mentre Annabeth continuava a sbagliare le note e a cercare i suoi occhi sotto la tendina di pioggia
- And let the music be your guide.
Percy aprì una mano sulla sua schiena, facendogliela inarcare dolcemente. La risollevò lentamente iniziando a muoversi lentamente in cerchio, accostando le sue labbra al suo orecchio. - Won't promise me that you'll never forget. - Canticchiò con voce sorprendemente profonda, mentre il corpo di Annabeth si riempiva di brividi. - We'll keep dancing wherever we go next.
Fece nuovamente perno su un solo piede per farla girare lentamente e Annabeth rise, buttando la testa all'indietro e permettendo alla pioggia di accarezzarla dolcemente mentre ballavano.
E tutto Annabeth si sarebbe potuta aspettare dalla sua vita meno di ballare con Percy sotto la pioggia, col corpo che non le faceva poi così tanto male quando c'era qualcuno che la stringeva.
- Non sei più un Troy Bolton fallito - decise e Percy rise ancora, accarezzandole il volto con una sola mano. Annabeth si poggiò al suo palmo caldo, imponendosi di non chiudere gli occhi pur di continuare a guardare quelli di Percy.
Non sapeva quanto tutto quello sarebbe durato. Non sapeva quanto Percy ancora sarebbe stato così gentile e protettivo con lei ma continuò a goderselo perché, se quando fossero tornati al Campo lui sarebbe tornato ad essere quello di sempre, lei non voleva avere rimpianti. E si, avrebbe voluto baciarlo, così tanto da screpolarsi anche le labbra ma andava bene così perché continuarono a ballare e Percy continuò a tenerla stretta contro di lui, come se avesse paura di vederla scomparire da un momento all'altro.
- Questo è decisamente meglio del Ballo di Natale, sai? - le confessò, un secondo prima che Annabeth potesse stringersi un po' di più a lui quando un tuono rieccheggiò nell'aria. - E tu hai paura dei temporali ma stai comunque ballando sotto la pioggia assieme a me. - Continuò e Annabeth rise, poggiando la fronte al suo petto mentre continuavano ad ondeggiare lentamente.
- Sto bene così - gli disse, consapevole che non ci fosse niente di più vicino alla verità.
***
L'uomo aspirò avidamente dalla sua Marlboro e poi picchiettò vicino alla cenere, guardandola cadere nel posacenere di vetro. - Mi deludi ancora, Ethan - disse con voce pacata.
Il ragazzo mosse un impercettibile passo indietro. Sapeva che quella era solo la calma prima della tempesta che -cavolo- non sarebbe riuscito a gestire. - Sono da soli, indifesi, stanchi e feriti. E tu non hai ancora fatto nulla? - domandò retorico, sorridendo dietro l'alone di fumo che saliva dalle sue labbra e dalla sigaretta. - TU NON HAI ANCORA FATTO NULLA?! - gridò, sbattendo un pugno sulla superficie in cristallo del tavolo che tremò paurosamente.
Ethan si impose di non muoversi ancora lontano da lui e deglutì la paura prima di parlare. - Mi sto già muovendo per trovarli. Abbiamo i rilevamenti di dove è esplosa l'ultima macchina ma...
Il capo urlo, afferrando una cornice d'argento e scagliandola contro Ethan che si inchinò di colpo, voltandosi per osservarla infrangersi contro la porta in mogano. - NIENTE MA! - tuonò, sbattendo entrambe le mani sul tavolo e osservando Ethan con gli occhi di ghiaccio. - Voglio Annabeth Chase e se non avrò lei, mi accontenterò di torturare te. - Sorrise. - Personalmente.
Angolo autrice:
Ehiiila<3
Allora, sto aggiornando in anticipo per due motivi: il primo, sono particolarmente di buon umore; il secondo, oggi è il compleanno di Testa d'Alghe! Percy oggi compie gli anni e la Percabeth fa non so quanti anni di fidanzamento ahahahah
In ogni caso, ho deciso di postare in anticipo e correggendo il capitolo, mi sono resa conto del fatto che sia, senza ombra di dubbio, uno dei miei preferiti ahahaha
Vi ringrazio tantissimo per tutte le persone che recensiscono e che votano, siete dolcissimi!
Vi voglio bene, cuccioli:**
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