Are you the saint or the sinner?

Percy sbuffò, osservando afflitto l'entrata elegante del City College. In quel momento decise di disprezzare ogni cosa: le quattro scale grigistrate costeggiate da un muretto composto di marmo e mattoni ben levigati; lo spazio di mattoni grigi che lo divideva da altre quattro scale e che l'avrebbero portato all'entrata del College. Decise di disprezzare la facciata dell'edificio che pareva quasi blu scuro. Le imposte bianche, l'orologio dorato che sormontava sul College in stile medievale.

Disprezzò anche gli studenti che gli andavano addosso incuranti, stringendosi i libri al petto. Quelli che studiavano nel parco davanti all'entrata principale, quelli che si fumavano una sigaretta, quelli che sorridevano o che ridevano.

E più di tutti, disprezzò Talia e Luke che lo guardavano ridendo. E lui avrebbe tanto voluto prenderli a pugni.

- Ma perché non bastate voi due per tenere d'occhio questa tipa?

La mora lo fulminò con lo sguardo e il colpo che gli diede allo stomaco lo fece gemere. - E tu sei davvero uno dei leader della C.M. - sbuffò e Luke rise, facendo guizzare lo sguardo azzurro tra la sua ragazza e il suo migliore amico, quasi aspettandosi una scazzotata in piena regola davanti a uno dei college più importanti del paese. - E ricorda che stai parlando della mia migliore amica.

Percy roteò gli occhi al cielo e Luke soffocò una risata con un colpo di tosse quando lo sguardo elettrico di Talia si assottigliò nella sua direzione.

- Non prendertela con me, piccola. Quello che non vuole controllare Annabeth è lui - si difese Luke, sollevando le mani davanti al petto e assumendo la sua migliore espressione da:"adoro prenderti per il culo" che, seppur fosse leggermente alterata dalla cicatrice sulla guancia destra, era comunque intatta.

Talia sollevò le sopracciglia scure aspirando dalla Winston blu stretta tra l'indice e il medio. - Annabeth si sta facendo conoscere un po' troppo dappertutto. Ieri è uscita sul giornale e non vogliamo che venga rintracciata dalla Cronos.

Percy annuì. Erano cose che già sapeva ma era stanco di dover badare a ragazze sbagliate capitate nel posto sbagliato al momento sbagliato, che appena lo vedevano dimenticavano magicamente il pericolo incombente nel tentativo di portarselo a letto.

- Annabeth è diversa, Percy - disse Luke aspirando l'ultimo tiro di Marlboro gold, lanciando il mozzicone della sigaretta a qualche centimetro da sé, ignorando il cartello che, rosso su bianco, lo vietava fortemente.

Percy sollevò le sopracciglia scure e sorrise alla cugina quando gli porse una Winston con ancora cinque tiri da godere. - Sono tutte uguali. Proteggiamo questa ragazza, controlliamo che la Cronos non si metta in mezzo e poi torno a casa, va bene? - decise aspirando più a lungo di qaunto fosse necessario dalla sigaretta, puntando gli occhi verde mare sull'edificio ancora una volta. - A si - aggiunse curioso, afferrando il filtro marroncino tra l'indice e il pollice. - Una foto di questa ragazza? - chiese, dando un ultimo tiro alla sigaretta, prima di gettarla a terra, vicino a quella di Luke.

I due ragazzi accanto a lui si guardarono. Blu elettrico e azzurro si fusero insieme, culminando in un sorriso furbo che stirava le labbra rosee e sottili di entrambi.

- La riconoscerai. - Disse Luke, battendogli una pacca sulla spalla e muovendo il primo passo verso la seconda scalinata, stringendo una spallina dello zaino nella mano destra. - E' ora di andare a lezione, bello.

Percy sbuffò ancora una volta.

A Percy non piaceva la scuola. Non gli era mai piaciuta e sicuramente non avrebbe iniziato a piacergli in quel momento. Amava il suo lavoro. Amava la prospettiva di salvare vite, fare del bene per gli altri, rendersi utile in qualsiasi modo. Amava rischiare e amava l'adrenalina che gli scorreva potente nelle vene quando si ritrovava a combattere. Lo amava talmente tanto che i momenti di calma gli facevano quasi paura.

Sapeva che il suo ruolo era quello di salvare suoi coetanei e adorava vedere quella scintilla di gratitudine nel loro sguardo.

Era stato arroulato dalla C.M. quando aveva solo dodici anni, quando la mamma era stata uccisa davanti ai suoi occhi da un colpo di pistola. L'avevano trovato e si, lui aveva del potenziale già da quando era solo un ragazzino e vagava per le strade del Bronx con tanta tristezza e poca paura.

Sapeva che quella Annabeth sarebbe stata esattamente come tutte le altre. Sapeva che sarebbe crollata davati ai suoi occhi verdi. Sapeva che si sarebbe annullata solo per averlo almeno un'ora e si, lui quell'ora la concedeva e se la concedeva ma era stanco di occuparsi di ragazze come lei, figlie di giudici o di senatori troppo importanti perché l'incarico di prendersi cura di loro e cambiarle identità venisse affidato a qualcun altro.

Di quella Annabeth non sapeva nulla. Sapeva la sua età e la scuola che frequentava. Sapeva che viveva con la zia e sapeva di aver scelto a testa bassa quell'incarico perché avrebbe avuto l'opportunità di stare con Talia e Luke. Quei due bastardi gli mancavano più di quanto fosse disposto ad ammettere persino a sé stesso.

Evitò un paio di ragazze che camminavano in branco, con i libri stretti al petto e i jeans troppo aderenti, sbuffando ancora una volta e lanciando un'occhiata d'aiuto ai suoi amici.

- E non è neanche passata un'ora - rise Luke mentre camminavano lungo il corridoio ampio, costeggiando una fila di armadietti lavanda e neri che non gli piacevano per niente.

Corrugò la fronte, osservando gli stendardi attaccati alle pareti dello stesso colore, gorilla del football con delle varsity che chissà da quanto tempo non venivano lavate e delle cheereleader che, immancabilmente, non avevano freddo alla pancia e alle gambe scoperte.

Fottuto cliché, si ritrovò a pensare amaramente, seguendo Talia e Luke che stavano parlando senza essere ascoltati.

- Qui c'è la palestra - disse Talia riuscendo ad attirare la sua attenzione solo in quel momento, mentre svoltavano a destra, in un corridoio più ampio che terminava con una porta dal maniglione anti-panico verde. - Ci si allenano le Cheerleader, e fuori c'è il campo di football - continuò, svoltando prima delle porte della palestra, prendendo una scalinata in pietra che Percy non avrebbe mai notato da solo.

Sollevò il capo, osservando la volta a botte dipinta di lavanda e nero e sbuffò, intuendo che quei due colori orribili dovessero essere quelli del college.

Fu questione di secondi prima che alle orecchie di Percy potessero arrivare tutti i rumori tipici di un allenamento di football e quando ammirò il campo enorme, sorrise, prendendosi il suo tempo per osservare quei gorilla, chiusi dentro pantaloni troppi stretti e magliette con le spalline enormi, acchiapparsi per la vita e buttarsi a terra.

- Vieni, Yankee - sorrise Luke dandogli un colpo all'avambraccio per attirare la sua attenzione, girando a destra e camminando sul prato inglese ben coltivato e in salita.

Arrivarono a una sede staccata dalla parte principale del college ma che riportava fedelmente tutte le caratteristiche che Percy aveva segretamente apprezzato della prima.

- Qua abbiamo i laboratori di chimica, fisica e archittetura, assieme alla biblioteca. Annabeth passa la maggior parte del suo tempo qui. - Spiegò Talia salendo i gradini di marmo che la separavano da due spesse porte in legno scuro. - Se non la trovi ad archittetura, la troverai in biblioteca.

Percy annuì, osservando l'atrio ampio ed elegante, ricco di foto di quelli che dovevano essere sicuramente scienziati e di una bacheca che sembrava stesse custodendo gelosamente trofei e foto degli studenti migliori.

- Sinistra, laboratori - spiegò Talia, prendendo però la strada che Percy immaginò portasse alla biblioteca.

- Annabeth è lì? - domandò mentre camminavano lungo il corridoio, evitando lo sguardo curioso di alcuni studenti e focalizzando l'attenzione sulle pareti color lavanda e sui quadri vecchi di secoli.

Luke si passò una mano tra i capelli biondo sabbia e si fermò davanti a una porta di legno pesante. - Con ogni probabilità - disse, spingendo poi la porta e piombando nel silenzio tombale della biblioteca.

Percy entrò e se fosse stato un po' meno dislessico e un po' più curioso di leggere, avrebbe apprezzato quel posto enorme dotato di vetrate opache sul soffitto che illuminavano la stanza di una luce tenue. Gli scaffali ricchi di libri erano addossati contro la parete e a sinistra vi erano tavoli abbastanza grandi per sei persone mentre a destra, altri cinque scaffali ricchi di libri riempivano l'ambiente.

Luke e Talia rivolsero un cenno col capo alla donna sulla cinquantina che timbrava la copertina interna dei libri che aveva sulla scrivania e Percy rabbrividì, notando quanto fosse capiente la pila accanto a lei.

Vicino agli scaffali al centro dell'ala sinistra della biblioteca vi era un carrello con alcuni libri accastati uno sopra l'altro e una scalinata in legno lucido che portava al piano sopra. Percy non poreva vederlo ma era quasi certo fosse zeppo di libri anche quel secondo piano.

- Vieni - sussurrò Talia prendendogli delicatamente il polso e trascinandolo verso l'ala destra, fermandosi al centro del corridoio che divideva le due file di tavoli. - Indovina chi è Annabeth.

Percy si ritrovò ad osservare attentamente ogni ragazza china sui libri o su quaderni di appunti troppo fitti. Osservò anche quelle che camminavano verso gli scaffali con gli occhi stanchi e l'andatura lenta.

Si voltò anche verso gli scaffali centrali sulla sinistra, osservando quelle poche che cercavano dei libri, che li sistemavano o che li prendevano con uno sguardo di trionfo lampante nelle iridi.

Luke e Talia lo osservarono maladrini e Percy abbozzò un sorriso perché sapeva bene quella fosse una sfida che lui non doveva perdere.

Osservò più attentamente le ragazze chine sui libri e quelle poche che si alzavano, attente a non far strisciare troppo violentemente la sedia sul parquet e poi, quando la vide, quando incrociò quegli occhi grigi di tempesta, capì quello che intendessero i suoi amici con:"la riconoscerai".

Percy aveva visto di tutto nella sua vita. Aveva visto ragazze belle e brutte, ragazze solo carine e altre con enormi problemi di autocontrollo. Aveva visto sangue e -anzi- a dire il vero ne aveva visto tanto. Aveva visto pistole e fucili, spade e archi. Coltelli e pugnali.

Aveva visto capelli castani, biondi e tinti di fucsia, blu e verde. Aveva visto le carnagioni più scure e quelle più chiare. Aveva visto i tratti asiatici e quelli ispanici. Aveva visto labbra carnose e labbra sottili ma mai, nella vita, aveva visto una ragazza più bella di quella Annabeth.

I suoi occhi verdi si incatenarono ai suoi grigi e il fiato gli si mozzò nel petto mentre osservava i tratti gentili del volto abbronzato tipico di una californiana e i boccoli biondi che le accarezzavano le guance e che dovevano sfiorarle la vita. Osservò le labbra carnose e rosee prive di trucco così come il resto del viso. Il naso piccolo che si armonizzava dolcemente col resto del volto e poi, quegli occhi: quegli occhi grigi che sembrava quasi stonassero coi lineamenti gentili per la determinazione che vi avevano marchiata a fuoco. Erano occhi duri, occhi arrabbiati, occhi che avevano vissuto e che -cavolo- erano così belli da non sembrare neanche veri.

Le sopracciglia chiare di Annabeth si corruciarono e Talia si premurò di dare un pizzico al cugino che portò lo sguardo su di lei con studiata non-chalance.

- Che c'è? - domandò facendo saettare lo sguardo dalle iridi elettriche a quelle grigie della ragazza che aveva appena riconosciuto. - è lei Annabeth, non è vero?

I due ragazzi annuirono con una smorfia e Percy diede un colpo ad entrambi sul petto. - Oggi il caffé lo offrire voi - decise soddisfatto, riportando lo sguardo sulla postazione di Annabeth e sorprendendosi quando non la vide più seduta al suo posto.

Sussultò quando la osservò camminare verso di loro, stretta in un paio di jeans chiari che le fasciavano le gambe toniche e in un maglione bianco che cadeva morbido sulle forme e sulla curva dei fianchi.

- Ciao ragazzi - salutò lei sottovoce, sorridendo agli amici e fissando poi Percy con insistenza, come se stesse studiando il modo migliore per mandarlo a tappeto.

- Non ti presenti? - domandò Luke osservando Annabeth e Percy che si squadravano con un odio del tutto nuovo.

- Io? Dovrebbe presentarsi lui considerato che mi guardava come se mi volesse entrare nelle mutande - berciò con un sorriso sornione sulle labbra rosee.

E Percy a quel punto rise. Rise forte, buttando la testa all'indietro e cercando di controllarsi più che poteva quando un coro di "ssh" si sollevò nella sua direzione.

- Ma che diavolo? - esclamò Talia, acchiappando il moro per l'avambraccio mentre lo trascinava fuori dalla biblioteca, rivolgendo uno sguardo di scuse alla donna coi capelli rossi e assicurandosi che sia Annabeth che Luke fossero dietro di loro.

La bionda incrociò le braccia sotto al seno, assottigliando lo sguardo in direzione di Percy che aveva ripreso a ridere. - Cosa c'è di così divertente? - domandò serrando i pugni, ignorando il desiderio di sbattere le nocche su quel bel nasino pallido.

E quando i fari verde mare di quel ragazzo moro si piantarono ancora una volta nei suoi occhi grigi, dovette lottare contro sé stessa per non indietreggiare.

Si passò una mano tra i capelli scuri e il sorriso scomparve dal suo volto tanto velocemente quanto era apparso. L'espressione determinata che gli indurì lo sguardo riuscì quasi a spiazzarla.

- Dovresti portare più rispetto a chi ti controlla per evitare che tu venga uccisa - sibilò sporgendosi verso il suo viso senza mai perdere il contatto con le pozze grigie.

La osservò ancora, per secondi che nessuno dei due si preoccupò di contare, e poi Percy andò via, togliendo dalla tasca dei jeans calati sui fianchi un pacchetto di Winston bianco e blu, lasciando a Talia e Luke l'onore di giustificare una frase di quella portata.

Annabeth aveva conosicuto persone irritanti nel corso della sua vita ma mai come quel Percy Jackson. Talia e Luke le avevano spiegato che aveva avuto una vita difficile e che lei -forse- aveva un po' esagerato ma nonostante quello, quegli verdi scintillanti le davano già fastidio.

- Annabeth! - la chiamò una voce familiare mentre attraversava il prato del College per andare alla mensa.

La bionda si voltò, mascherando un'espressione scocciata e nervosa. - Ethan, ciao - salutò, dandosi pacche mentali sulla spalla per essere riuscita a nascondergli l'antipatia che provava per lui e la sua benda sull'occhio.

- Hai qualcosa da fare stasera? - le chiese e Annabeth roteò gli occhi al cielo, rivolgendogli poi un sorriso nervoso.

- No, cosa ti serve? - domandò più tesa, cercando velocemente le figure delle sue amiche per poter sfuggire a quell'orrenda situazione.

Ethan sorrise, passandosi una mano tra i capelli scuri e Annabeth prese a battere nervosamente il piede contro il pavimento. - Una mano in chimica. Potresti darmi delle ripetizioni?

Ed Annabeth, quella volta, non trattenne uno sbuffo. Perché Piper non le aveva chiesto di uscire? - Certo. Vieni alle sei.

E poi se ne andò, decisa a non guardare più quell'unico occhio scuro o quel sorriso ambiguo che non le era mai piaciuto.

Salutò un paio di ragazze che frequentavano i suoi stessi corsi mentre saliva i gradini per arrivare alla mensa. Spinse i maniglioni anti-panico per aprire la porta e sorrise quando il piacevole chiacchiericcio della mensa la avvolse, assieme a profumi un po' meno invitanti di cibo che doveva essere lì da almeno una settimana.

Intercettò lo sguardo di Hazel e Piper che agitarono un braccio dal tavolo vicino alla finestra che dava sul cortile e sorrise ancora una volta, andando verso i vassoi e prendendone uno color lavanda che puzzava.

- Merda - sibilò cercando di tenerlo il più lontano possibile dal viso, mentre lo faceva passare sul carrello davanti a delle verdure e a della carne che non avrebbe mai preso.

Afferrò una bottiglietta d'acqua e poi si accontentò di un panino con hamburger e patate verdoline che era intenzionata ad eliminare, prima di pagare e fare slalom tra ragazzi e tavoli per raggiungere le amiche.

- Ciao ragazze - salutò sedendosi accanto a Piper, rivolgendo un saluto a Jason e Frank che parlavano della prossima partita di football e di tattiche di gioco, fermandosi solo per risponderle.

- Lasciali perdere - fece Piper con un sorriso smagliante che le illuminò il volto dai tratti indiani e gli occhi chiari. - Com'è andata oggi? - domandò facendo saettare lo sguardo da Hazel ad Annabeth che stava ancora decidendo se mangiare il panino veramente poco invitante.

- Ethan Nakamura mi ha chiesto se potessi dargli ripetizioni di chimica - disse, sganciando la bomba in quel momento, nascondendo un sorriso quando vide le espressioni shoccate di entrambe le amiche.

Hazel fece cadere la forchetta di plastica bianca sul piatto di pasta al sugo e la osservò sconvolta. - Quel ragazzo è il male - decise, bevendo un sorso d'acqua come se potesse essere un aiuto a superare la notizia shock di Annabeth.

Piper giocò con la piuma intrecciata ai capelli scuri e sorrise.

Ed Annabeth si chiese, per l'ennesima volta, come facesse quella ragazza ad essere così bella e a non accorgersene neanche. Piper non si truccava mai, neanche un filo di mascara o di eye-liner sugli occhi grandi. Mangiava per tre persone e continuava ad avere un sedere che parlava e la pancia piatta. Le avevano proposto di entrare nelle cheerleader almeno cinque volte da quando avevano messo piede al college e lei era sempre rimasta con i piedi per terra e convinta di non essere mai abbastanza.

Certo, era fidanzata con Jason da luglio, ma questo prima che lui diventasse capitano della squadra di football e prima che entrassero al college.

- Io lo sapevo che voleva chiederti di uscire! - esclamò, attirando per qualche attimo l'attenzione di Frank e Jason che, dopo uno sguardo fugace, ripresero a mangiare e a parlare di tattiche di gioco. - Lo sapevo o non lo sapevo? - disse, conoscendo già la risposta e facendo ridere le sue amiche. - Sono una piccola cupido mancata - decise, forse per la decima volta in quella settimana, ed era solo martedì. - Comunque, dobbiamo trovarti un ragazzo che faccia allontanare Nakamura - disse testarda e Annabeth rivolse una richiesta d'aiuto con lo sguardo ad Hazel, che sorrise.

- A si, e Luke e Talia mi hanno fatto conoscere uno str..

- Annabeth, ho trovato il ragazzo che fa per te - esordì Piper con voce flebile, posando il bicchiere di succo d'arancia che stava per bere sul vassoio davanti a sé. Ed Annabeth sbarrò gli occhi -ogni attimo più sconvolta- mano a mano che seguiva la direzione dello sguardo di Piper e incrociava un paio di occhi verdi più vicini di quanto si aspettasse.

- Non se ne parla. - Disse perentoria, scostando il vassoio lontano da sé senza dare neanche un morso al panino. - è un idiota.

Piper sbarrò gli occhioni, osservandola come se avesse un brufolo enorme nel mezzo della fronte. - Ma dico, l'hai visto?

Annabeth sbuffò, posando la guancia sul pugno e chiudendo gli occhi grigi per evitare di seguire quella testa di capelli neri accompagnata dai suoi migliori amici traditori. - Si che l'ho visto - disse annoiata, immaginandosi lo sguardo d'orrore che Piper non doveva aver abbandonato.

- E allora che problemi hai? - le domandò seriamente, strappandole una risata.

Il rumore di qualche sedia scostata le fece aprire gli occhi, in tempo per incrociare uno sguardo verde che la fece rabbrividire.

- Chi ha poblemi? - domandò Talia tenendo il vassoio tra le mani e lasciandosi cadere sulla sedia accanto a Frank, mentre Luke si metteva al suo solito posto a capotavola.

Annabeth - disse Piper senza distogliere lo sguardo da quello palesemente annoiato di Percy.

Annabeth era certa che tutti stessero guardando il nuovo arrivato, i capelli disordinati, le pelle chiara, gli occhi luminosi, la felpa che abbracciava le spalle larghe e la maglietta che aderiva al torace allenato e, a prescindere dal fatto che lei dovesse smetterla di guardarlo, nessuno lo stava facendo con la stessa insistenza della sua amica indiana.

- Tu chi sei? - gli domandò e solo in quel momento, Percy sorrise.

- Percy, piacere - disse allungando una mano verso di lei, presentandosi solo dopo a tutti i ragazzi che erano seduti al tavolo assieme a loro. - Sono arrivato da poco - spiegò mentre si rimetteva comodo, poggiandosi allo schienale della sedia e portando lo sguardo sul cibo con leggero disgusto.

Jason e Frank si guardarono e Annabeth buttò la testa in avanti, coprendosi il volto con la cascata di capelli biondi che Piper avrebbe voluto scalare ma che lei non aveva intenzione di toccare con un paio di forbici. - Che ne dici del football? - domandò il biondo con un sorriso che stirò la cicatrice a mezzaluna sul labbro inferiore.

Ed Annabeth sollevò lo sguardo ancora una volta, in tempo per vedere il sorriso malizioso sulle labbra di Percy o gli occhi verdi che scintillarono felici, più di quanto si sarebbe potuta immaginare.

- Dico che mi sembra un'ottima idea.

Annabeth rise, tenendo il telefono bloccato tra la spalla e l'orecchio destro, frugando nella borsa grigia per prendere le chiavi di casa e aprire il portone del suo palazzo. - No, Talia, non ho intenzione di mettermi con Percy solo perché possiamo fare le uscite a quattro - disse decisa, sorridendo ancora di più quando riuscì a trovare le chiavi di casa. Ne infilò una delle più piccole nella serratura e spinse il portone di vetro che si aprì con un leggero cigolio.

- Ma come no? - la implorò la migliore amica, strappandole l'ennesima risata e ordinandole di prendere le scale per poter continuare a parlare al telefono.

- Dovresti solo offrirmi la cena, considerando che dovrò farmi non so quante rampe di scale perché nell'ascensore non c'è più segnale.

Talia rise e Annabeth sentì un leggero trambusto dall'altra parte del telefono. - Stasera. Che ne pensi del cinese? - le chiese divertita e lo stomaco di Annabeth brontolò, al pensiero degli involtini primavera.

La bionda mugolò soddisfatta e Talia rise ancora. - Ci sto. Vieni alle otto? Nakamura se ne va alle sette e mezzo.

Talia sbuffò. - Quanto vorrei cavargli anche l'altro occhio a quello stronzo - sibilò mentre Annabeth continuava a salire le scale con un sorriso e il fiatone.

- Anche a me piacerebbe, ma non dirlo in giro - le confessò per l'ennesima volta divertita, consapevole del fatto che tutti fossero al corrente del suo odio verso Nakamura tranne Nakamura.

Talia rise e Annabeth percorse il corriodoio di porte arrivando alla sua e fermandocisi davanti con la chiave verde già stretta in pugno. - Quindi serata sole ragazze, Sapientona. Pensò che piangerò - disse seria strappandole l'ennesima risata mentre Annabeth infilava la chiave nella toppa.

- Penso anche io. A dopo, Talia.

- Ciao, strozetta.

E Annabeth sorrise, chiudendo la chiamata e infilandosi il cellulare nella tasca posteriore dei suoi skinny jeans.

Quando aprì la porta di casa il sorriso le nacque spontaneo sulle labbra e chiuse gli occhi, respirando il profumo di dolci e il trambusto di pentole che arrivava dalla cucina.

- Ciao zia! - salutò chiudendosi la porta alle spalle e liberandosi del parka scuro, lasciandolo sull'appendi-abiti all'ingresso.

- Vieni qui, Annabeth - disse gioviale la zia.

La ragazza sorrise ancora una volta, camminando lungo il corridoio poco illuminato e costeggiando il divano in tessuto, girando alla fine della libreria ricca di volumi per entrare in cucina.

Le luci erano accese, così come la televisione che trasmetteva un quiz a premi che la zia non stava seguendo. Il tavolo e la cucina erano ricoperti da un leggero strato di farina, cioccolato, recipienti e utensili e Annabeth si legò i capelli lunghi in un mogno disordinato in cima alla testa, posandosi poi le mani sui fianchi mentre osservava la zia che sistemava una torta al cioccolato nel forno caldo.

- La merenda per stasera? - le domandò divertita, prendendo i due recipienti sul tavolo e il mestolo di legno, posandoli nel lavallo e aprendo poi l'acqua per pulirli, prima di metterli nella lavastoviglie accanto a lei.

- Esattamente, piccolo genio - rispose la donna, bionda come lei, con un sorriso. Si sporse verso la sua guancia, lasciandole un piccolo bacio e Annabeth infilò anche il mestolo in lavastoviglie, chiudendola delicatamente.

Si poggiò alla cucina coi fianchi e aprì un barattolo in vetro, afferrando un biscotto ricoperto di gocce di cioccolato e portandoselo alle labbra. - è un problema se oggi viene un mio compagno di corso a studiare? - le chiese finendo di masticare. - E poi viene Talia a cena, porta il cinese - gongolò, chiudendo il barattolo di biscotti e spingendolo contro il muro di piastrelle tra i fornelli e il lavandino.

Zia Marin annuì con un sorriso sul volto, sporgendosi oltre lei per prendere uno strofinaccio dal lavello, iniziando a pulire il caos che aveva combinato facendole la torta.

- Io vado a farmi la doccia. Il mio compagno di corso arriva alle sei - le ricordò, lasciandole un bacio sulla guancia e uscendo dalla cucina, svoltando subito a sinistra e prendendo le scale per andare in camera sua. Prese i vestiti, il primo reggiseno e il primo paio di mutande che le capitò a tiro appena aprì il cassetto e poi andò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle e spostando il rubinetto della doccia verso sinistra mentre lo apriva.

Si levò il golfo bianco gettandolo a terra e poi si liberò anche dei jeans, scavalcandoli e togliendosi le mutande azzurre. Sciolse i capelli lungo la schiena e sorrise, guardandosi di profilo alle specchio, soddisfatta di non riuscire a vedere le punte dei capelli che proseguivano ben oltre l'orlo. Quando persino quella superficie si appannò per l'acqua troppo calda, si sfilò il reggiseno dalle braccia e poi entrò nella doccia, chiudendo gli occhi sotto il getto d'acqua bollente.

Marin si diede della stupida almeno dieci volte per non aver chiesto ad Annabeth chi sarebbe stato il suo compagno di laboratorio e chiuse gli occhi, poggiando i fianchi contro il lavello della cucina e ascoltando il suono dell'acqua che sibilava dolcemente nei tubi.

Quando suonò il campanello, si ritrovò a sussultare, cercando di darsi un minimo di contegno mentre si sistemava i capelli biondi che le accarezzavano le scapole.

Gettò un'occhiata all'orologio e corrugò la fronte, erano le sei meno un quarto, Annabeth si stava ancora facendo la doccia e il suo compagno di laboratorio sarebbe dovuto arrivare solo tra un quarto d'ora.

Il campanello suonò ancora una volta e sbuffò, accendendo le luci mentre usciva in corridoio, guardando dallo spioncino metà volto, provvisto di iride castana e capelli neri scompigliati.

- Ciao - sorrise mentre apriva la porta.

Il cuore mancò un battito quando Ethan Nakamura le sorrise. - Marin, che piacere vederti - disse gentile e la donna tentò di chiudere la porta velocemente, grugnendo quando una forza che non poteva appartenere solo a quel ragazzo, la spinse indietro.

Barcollò nel corridoio, ascoltando l'acqua che sibilava nei tubi e pensando a un modo per avvisare la C.M che -cazzo- la Cronos era appena arrivata e volevano prendere sua nipote.

Ethan era accompagnato da due uomini in giacca e cravata e furono talmente veloci a bloccarla per le braccia che Marin barcollò ancora una volta, facendo saettare lo sguardo scuro da una parte all'altra della stanza.

- Annabeth è su, vero? Nella doccia? - domandò Ethan chinandosi verso di lei, soffiandole contro al volto. - Scommetto che non le hai mai detto nulla, è così? - e rise mentre l'acqua continuava a scorrere nei tubi e Marin lottava contro al cuore che martellava nel petto in cerca di una soluzione. - Ma lo farò io. Lo farò proprio adesso. Andrò da lei, nella doccia - sibilò, - e mentre la stupro pensando a te, le dirò tutto.

E Marin sorrise, con la rabbia che le montava nel petto al posto della paura. - Stai lontano da mia nipote - sputò, ringhiando mentre, facendo perno sulla presa degli uomini, gettava il busto all'indietro, colpendo Ethan con un calcio talmente forte al petto da farlo sbattere contro la spalliera del divano, cadendo dall'altra parte. Quello fu abbastanza per far allentare la presa agli uomini e liberò entrambe le braccia, colpendo quello a sinistra con un calcio, voltandosi velocemente verso l'altro e affondandogli le unghie nuove di estetista nella nuca pelata. Gli sbatté la testa contro la libreria con forza e si voltò ancora, in tempo per calciare via la pistola che gli stava puntando addosso il primo gorilla, colpendolo con un pugno al naso che gli fece scattare la testa all'indietro con un grugnito.

- State lontani da mia nipote! - ringhiò, un secondo prima che l'uomo che aveva colpito la libreria le avvolgesse un braccio stretto attorno al collo. E urlò, mentre lo colpiva allo sterno con una gomitata, facendogli allentare la presa e sgusciando via dalle sue braccia. - Ho trent'anni non quindici, pensi che questo possa fermarmi? - gridò, afferrando Guerra e Pace dalla libreria accanto a lei e colpendolo alla testa con forza. Gli diede un calcio al viso quando cadde a terra, voltandosi verso l'altro uomo ed evitando un pugno al volto, torcendogli il braccio e colpendolo allo stomaco col tacco dello stivale scuro.

L'acqua smise di scorrere nei tubi e Marin sentì distintamente la porta della doccia che veniva aperta. Si voltò di scatto verso le scale e in quel momento, Ethan sparò.

Annabeth si era appena avvolta un asciugamano bianco attorno al corpo quando aveva sentito uno sparo rimbombare nella casa.

Sussultò per lo spavento, affrettandosi a vestirsi, infilandosi i leggins scuri sulla pelle ancora umida e allacciandosi il reggiseno dietro la schiena il più velocemente possibile.

Aprì istintivamente la bocca per chiamare la zia ma la richiuse pochi istanti dopo.

Loro non avevano pistole in casa.

Il cuore di Annabeth prese a martellarle nel petto e le mani tremarono mentre si infilava il maglione blu scuro un po' largo.

Aprì la porta del bagno lentamente e il cuore minacciò di uscirle dalla cassa toracica mentre tentava di regolarizzare il respiro corto per il panico.

- Togliete tutte le cimici! - ordinò e Annabeth spalancò la porta di colpo appena riconobbe la voce. Corse lungo le scale senza preoccuparsi di non far rumore e saltò al collo di Ethan con un grido, avvolgendogli le braccia attorno al collo.

Le mani grandi del ragazzo si chiusero sui suoi avambracci e Annabeth sapeva di avere poco tempo prima che potesse prendere in considerazione l'idea di sbatterla al muro.

- Che cosa ci fai a casa mia? - gridò e solo a quel punto vide il corpo di Marin. Il corpo tonico di una trentenne che si era presa carico di lei quando aveva solo sedici anni e quando ancora vivevano con la nonna. Il corpo di una donna che era cresciuta con lei piano piano, il corpo di una donna che l'aveva consolata e che aveva fatto talmente tanti sacrifici per lei che Annabeth non riusciva neanche a ricordarseli tutti.

E con un gridò di disperazione, Annabeth calciò un ginocchio di Ethan, tirandolo all'indietro, afferrandolo per la benda scura mentre gli sbatteva la testa al muro con le lacrime che gli offuscavano la vista. Gli calciò la schiena, facendolo cadere a terra e si immobilizzò di colpo quando vide due uomini in giacca e cravatta che saranno stati almeno il doppio di lei, puntarle contro due pistole.

Doveva arrivare in cucina.

Scattò verso la porta, sbattendo il fianco contro il mobile appena riuscì ad entrare mentre un paio di spari bucavano il punto esatto nel quale si trovava lei qualche istante prima.

Annabeth corse verso il ceppo dei coltelli e sperò di afferrare quello giusto mentre roteava e i capelli bagnati fendevano l'aria. Scagliò la lama contro l'uomo con il naso spaccato e la vide affondare nel petto mentre lui, con gli occhi spalancati per la sorpresa, cadeva all'indietro.

Annabeth si buttò dietro al tavolo quando l'uomo ancora vivo premette il grilletto ancora una volta.

- Adesso dove scappi? - le domandò mentre camminava lentamente verso di lei.

Annabeth strisciò sul pavimento, afferrando la gamba di una sedia, decisa a tirargliela in testa. Il cuore sembrò fosse in procinto di uscirle dal petto mentre martellava dentro di lei con forza e la ragazza tentò invano di regolarizzare il respiro corto e la paura che le scorreva bruciante nelle vene.

Fu un nuovo scalpiccio di passi a farle ancora più paura, a farle chiedere se quel momento fosse proprio la fine e tenne lo sguardo fisso sulle gambe dell'uomo che aveva ucciso mentre un paio di vans bucate entravano nella sua visuale e partiva l'ennesimo colpo, facendola sussultare.

Annabeth osservò il corpo dell'uomo in giacca e cravatta piombare a terra e si ritrasse contro al muro, senza riuscire ad evitare che la paura potesse avvolgerla tra le sue grinfie.

- Annabeth! - urlò la voce di Talia e la bionda si alzò di scatto confusa mentre le iridi blu elettrico della migliore amica si incatenevano alle sue. La ragazza si fiondò contro il suo petto e nascose il volto sotto i capelli scuri, lasciando solo in quel momento che le lacrime di paura potessero scorrerle lungo le guance. - è tutto finito, Sapientona - le mormorò Talia mentre le accarezzava la schiena, mentre la proteggeva. - Ci sono io - aggiunse.

- Dobbiamo andare - ordinò la voce di Percy, spingendo Annabeth a voltarsi verso di lui e, forse solo per istinto, gli osservò le vans bucate che portava ai piedi.

- Tals, dobbiamo andare via prima che Nakamura si svegli. - E Annabeth rabbrividì nel sentire la voce incredibilmente seria di Luke. E in quel momento, la cicatrice sulla guancia destra che l'aveva sempre incuriosita, ebbe un suo perché. Quella cicatrice che ai suoi occhi l'aveva sempre reso più misterioso, quella cicatrice che non aveva mai smorzato i tratti da piantagrane ai quali si era tanto affezionata, le mostrarono il soldato che in realtà Luke era. Gli occhi azzurri determinati la fecero arretrare di un paio di passi e Percy le afferrò l'avambraccio.

- Dobbiamo andare via, Annabeth - disse, spingendola a guardarlo negli occhi verdi incredibilmente tranquilli. - Devi fidarti di noi - aggiunse. - Prepara un sacca col necessario e andiamo via. - Concluse lasciandola andare. E il tono era talmente autoritario che Annabeth non riuscì a fare neanche una delle milioni di domande che le tempestavano la mente, peggiorando il mal di testa che le martellava le tempie.

Talia le prese la mano e la condusse lungo le scale della sua casa mentre si infilava la pistola sotto la cintura. E Annabeth si convise di essere un automa in quel momento mentre la mora afferrava la sacca blu da sotto al letto della sua camera e le apriva i cassetti mettendole dentro tutto quello che riteneva necessario, saettando da lì al bagno a una velocità pazzesca.

Annabeth ripensò al corpo della zia steso a terra, il volto rilassato, i capelli biondi che le aveva pettinato lei la sera prima e se non avesse avuto un buco al centro del petto e una macchia di sange che le bagnava la maglietta blu aderente, forse avrebbe anche potuto pensare fosse addormetata. Pensò alla testa di Nakamura che aveva sbattuto al muro senza remore e al coltello che aveva lanciato nel petto di un uomo che poteva avere una famiglia che lo aspettava a casa.

La stanza vorticò attorno a lei e si sbattè allo specchio nel tentativo di rimanere in piedi mentre, dopo aver esaurito le lacrime, si augurava che almeno Nakamura fosse vivo. Osservò le mani pulite ma che avevano ucciso una persona senza pensarci due volte e le ginocchia cedettero, facendola cadere a terra.

Vide Talia gridare verso le scale, gli occhi blu elettrico preoccupati che tentavano di aiutarla. Probabilmente, le aveva anche afferrato le mani ma Annabeth non riuscì a sentirlo perché il corpo di Zia Marin era ancora steso a terra e il coltello si conficcava nel petto dell'uomo continuamente.

E un attimo prima di svenire, mentre continuava a chiedersi se fosse davvero lei la vittima della battaglia appena iniziata, un paio di occhi verdi furono l'ultima cosa che vide.

Angolo Autrice:
Ehiila<3
Non chiedetemi perché stia aggiornando ad un orario così improponibile (sono quasi le due del mattino), ma ci tenevo ad aggiornare giovedì e anche se non ci sono riuscita del tutto, almeno di ho provato ahahha
Allooora ahahha questo è il primo capitolo e come vi ho promesso, è molto più lungo del prologo e si inizia ad inquadrare un po' di più la situazione: Percy, Talia e Luke stanno controllando Annabeth così come la zia che sembrava tanto spaventata ma che invece spacca i culi. Ho messo anche uno specchietto per quanto riguarda i ragazzi degli eroi dell'Olimpo ma chi avrà un ruolo davvero rilevante sarà Piper.
Adoro l'amicizia tra lei ed Annabeth? Yes I do.
In ogni caso, Annabeth spacca i culi lo sesso anche se la storia inizierà a svilupparsi nel secondo capitolo.
Posso immaginare che questo possa essere, almeno all'inzio, abbastanza noioso ma spero che abbiate ancora fiducia in me!
Ringrazio tutti tuti tutti per le recensioni dolcissime e per il numero di preferiti, seguiti e ricordati che non mi aspettavano così alto già dal primo capitolo! Vi ho appena chiesto fiducia ma, pensandoci, me ne state già dando tantissima!
Spero mi farete sapere che ne pensate, sapete bene che ai vostri pareri ci tengo un sacco:**
Aggiornerò il prossimo giovedì a meno che i pareri non siano così tanto positivi da farmi cambiare idea com'era successo con "You write.."
Grazie mille ancora, fiori di campo!
Alla prossima,
Love yaa<3

P.s. Ovviamente, per me, Kaya Scodelario è la Talia indiscussa. Jessica Sula (Grace in skins) la vedo nel ruolo di Hazel e Caitlin Stacey (Kenna in Reign e Frankie in Sleepover club ahahaha) come Piper.
<33

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