Angel with a shotgun
Aveva tenuto l'Ipod nascosto nel reggiseno per così tanto che, a un certo punto, si era persino dimenticata di averlo. Il fatto che fosse ancora vivo dopo due giorni che veniva picchiata da Crono in persona la sorprese ancora di più, ma -sicuramente- quell'Ipod era una speranza alla quale aggrapparsi.
Sapeva che Percy, Talia e Luke sarebbero andati a prenderla. Sapeva che avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei. Sapeva che erano addestrati e forti, ma aveva comunque paura.
Aveva mangiato la bistecca della sera a forza e, anche quella notte, Ethan Nakamura si era seduto sul bordo del letto a chiacchierare con lei. Era più teso, anche un po' più arrabbiato e Annabeth non riusciva ancora a spiegarsi il perché non fosse più il ragazzo che l'aveva picchiata il primo giorno che era arrivata alla Cronos.
Erano le otto e mezzo della mattina e doveva contare sul fatto che i suoi amici fossero già arrivati.
Aveva avuto il tempo di esplorare tutti i corridoi eleganti della Cronos e sapeva che c'era un'uscita di sicurezza per ogni piano, e i piani erano almeno trenta. La sua cella era al terzo piano e quell'uscita di sicurezza era pattugliata da due ragazzi armati.
Sarebbe stata una passeggiata farli fuori, ma doveva sperare che anche i suoi amici scegliessero quell'uscita.
Quello era il piano più rischioso e meno organizzato del mondo. Ma lei era comunque pronta.
Si alzò dal letto, stirando le braccia sopra la testa e poi batté il pugno sulla pesante porta bianca un paio di volte. – Ehi, Johnny Bravo – esclamò, chiamando il ragazzo che pattugliava la sua cella. – Devo uscire da qui dentro. – Sorrise davanti all'espressione malcelatamente offesa. – Oh, andiamo. Sono due giorni che ti chiamo Johnny Bravo. Ormai siamo diventati amici! – disse contenta, cercando i suoi occhi scuri insistentemente, rimanendo in punta di piedi per poterlo guardare oltre il piccolo vetro della porta.
- Devi rimanere nella tua cella fino a che il capo non mi darà nuovi ordini – le rispose a quel punto, irrigidendo la schiena un attimo dopo e posando distrattamente la mano destra sulla pistola che teneva nella fondina.
Annabeth sbuffò. Ignorò il cuore che batteva forte. Ignorò il fiato corto e la paura. – Ma io devo uscire! – esclamò, battendo i palmi della mani contro la porta.
Il ragazzo tentò di ignorarla. Mentenne lo sguardo storicamente fisso davanti a lui fino a che Annabeth non si stancò di aspettare.
- Allora, mi porti in bagno o devo pisciare tutti gli angoli della stanza come se fossi un cane?
Annabeth roteò gli occhi al cielo, sbuffando annoiata. – Devo rifare il discorso? – borbottò mentre il ragazzo stringeva tra le mani grandi un paio di manette. – Dunque, se solo volessi, potrei spaccarti la testa con le mani legate e seduta a terra. Le manette sono solo una convenzione. E mi danno anche fastidio! – aggiunse, cercando lo sguardo scuro del ragazzo che, adesso, sembrava star trovando molto interessante la punta delle proprie scarpe lucide.
Johnny Bravo allungò le manette verso di lei e Annabeth buttò la testa all'indietro. – Scusa, non volevo farlo adesso.
E prima che il ragazzo potesse osservarla confuso, Annabeth gli afferrò i capelli sulla nuca, sbattendogli il volto contro il suo ginocchio. Gli avvolse un braccio attorno al collo, repentina, e aspettò qualche secondo prima di sentirlo accasciarsi tra le sue braccia.
Grugnì, afferrandolo meglio e trascinandolo nella sua camera. Lo lasciò cadere a terra, priva di forze e poi lo osservò dall'alto, puntandosi le mani sui fianchi.
- Vedi di non svegliarti prima di un'ora. Ho già abbastanza problemi – gli disse con un sorriso, chinandosi per dargli qualche pacca sull'avambraccio muscoloso.
Si assicurò che i corridoi fossero vuoti prima di correre via. Si tenne rasente ai muri chiari, tentando di ignorare il cuore che batteva troppo forte.
Percorse velocemente un rettilineo, facendo schizzare lo sguardo da un angolo all'altro nella speranza di non incontrare telecamere e poi girò a sinistra, seguendo il muro, scontrandosi con forza ad un petto maschile.
Il contraccolpo la fece indietreggiare di un paio di passi e la mano calda e ruvida di Ethan Nakamura si strinse attorno al suo polso, riassestandola.
Le iridi grigie di Annabeth incontrarono l'unica iride castana del ragazzo e fu questione di secondi prima che potesse decidere di caricare un pugno.
Un attimo dopo, Ethan la lasciò andare.
Annabeth corrugò la fronte, lasciando cadere il braccio lungo il fianco e osservandolo confusa, tentando di studiarlo e carpire informazioni solo dal suo volto.
- Cosa diavolo stai facendo? – strillò il ragazzo in un sussurro, fulminandola con lo sguardo e guardandosi attorno l'attimo dopo. Sbuffò. – Ti farai ammazzare.
Il rumore di tacchi che sbattevano sul pavimento risuonò per il corridoio deserto e prima che Annabeth potesse prevederlo, Ethan le diede un pugno al braccio, facendola grugnire di dolore.
- Ma che diavolo..
Il ragazzo la afferrò stretta per il gomito e sorrise alla donna che, con un camice bianco e degli occhiali calati sul naso, passò in quel momento accanto a loro.
- Ti da molte rogne? – domandò ad Ethan, camminando più lentamente.
Annabeth la fulminò con lo sguardo ed il ragazzo sorrise, passandosi la mano libera tra i capelli neri. – Il capo vuole vederla – spiegò, strattonandola in avanti e strappandosi l'ennesima occhiataccia. – Io già non la sopporto più – rise.
- Ci vediamo a pranzo – lo salutò la donna, dandogli le spalle.
Annabeth aspettò che fosse abbastanza lontana prima di colpire lo zigomo di Ethan con un pugno, abbastanza forte da fargli schizzare la testa verso sinistra. – Perché mi stai aiutando? – domandò, osservandolo intensamente, rendendosi conto che, solo in quel momento, Ethan le permise di vedere quando fosse realmente vulnerabile.
- Seguimi – si limitò a dirle, afferrandola ancora una volta per il gomito.
Annabeth si liberò con uno strattone e il ragazzo non riuscì a mascherare un sorriso mentre camminavano velocemente lungo i corridoi ampi.
- I tuoi amici sono stati bravi, ma se non ci fossi stato io, li avrebbero senza dubbio uccisi.
E il cuore di Annabeth mancò di un battito a quella rivelazione. Lo stomaco si contorse in una morsa piacevole mentre cominciava a camminare più velocemente, stringendo i pugni per evitare che le dita tremassero così esplicitamente.
Avrebbe voluto chiedergli dove fossero. Avrebbe voluto chiedergli se stessero bene, ma la bocca era secca e si rese conto di non aver neanche abbastanza saliva per poter deglutire.
- Gli ho detto di aspettare – disse Ethan mentre si avvicinavano ad un'uscita di sicurezza. – Poi sarei venuto a prendere te con una scusa, ma..
Le porte pesanti si aprirono di scatto verso l'esterno e poi, Annabeth lo vide.
Era lì. A qualche metro da lei.
Era lì, con un golfo grigio e largo che doveva sicuramente nascondere il giubboto anti-proiettile.
Era lì, con le guance rosse per il freddo, gli occhi brillanti e i capelli scompigliati.
Era lì, con gli occhi sbarrati fissi in lei, con la bocca semi-aperta per la sorpresa, per l'euforia.
Era lì, fermo esattamente come lei, terrorrizzato all'idea che, anche un solo passo, avrebbe potuto dividerli di nuovo.
Ed iniziarono a correre. Così veloce che colmarono la distanza che li separava in pochi attimi.
Percy aprì le braccia un attimo prima che lei potesse scontrarsi al suo petto, seppellendo il volto contro di lui e stringendo il maglione tra le dita tremanti.
Respirò il suo profumo, quello che sapeva di casa e di lei, e si godette il calore del suo corpo che gli era mancato così tanto e quelle braccia che la stringevano forte, che le impedivano di andare via ancora.
Percy la sollevò da terra, forse rise anche per la felicità, un attimo prima di rimetterla sui suoi piedi. Chiuse il suo volto tra le mani grandi, fredde e poi cercò le sue labbra, stringendole i capelli tra le dita, continuando a tenerla ben stretta a sé per paura di vederla scomparire di nuovo.
- Non lo fare mai più – la pregò, un secondo prima di baciarla ancora. Un secondo prima di premere le labbra sulle sue, accarezzandole gli zigomi violacei con un pollici. – Ti prego, ti prego, non mi fare mai più una cosa del genere – sussurrò, baciandola ancora.
Le baciò il naso, la fronte e poi di nuovo le labbra, incapace di pensare ad altro se non alla ragazza che aveva tra le braccia.
- No – mormorò lei, sollevando il volto un po' di più per poterlo baciare ancora. – Non lo faccio più – promise, sorridendo l'attimo dopo e concedendosi una risata quando Percy le baciò anche quello.
Le mani di Percy si aprirono sulle sue guance e lui incastrò le dita tra i capelli sporchi, sollevandole il volto e avvicinandosi a lei un po' di più. La guardò in quegli occhi grigi che gli erano mancati così tanto, senza smettere di accarezzarle gli zigomi feriti e si concesse un sorriso quando Annabeth modellò le mani contro al suo collo.
Forse ti amo.
- Sei bellissima.
Ed Annabeth rise ancora, tirando su col naso per impedire alle lacrime di scendere, cercando ancora una volta le sue labbra. Chiuse il labbro inferiore di Percy tra i propri e il ragazzo sorrise, schiudendole la bocca con la lingua per pochi istanti, sistemando le mani in modo che nessuno potesse vederli.
Ok. Avete finito? Voglio salutare la mia migliore amica – esordì Talia, strappando una risata alla bionda che si allontanò da Percy, aprendo le braccia per poterla accogliere contro di lei. – Razza di stronza – borbottò la mora, accarezzandole i capelli biondi. – Non fare mai più una cosa del genere.
E quando tentò di allontanarsi, Annabeth la trattenne contro di sé ancora un po', solo per poter respirare il suo profumo.
Quando la lasciò andare, fu Luke a prenderla tra le braccia, sollevandola da terra e facendola ridere. Le stampò un bacio sulla guancia prima di lasciarla andare, facendo saettare lo sguardo dai suoi occhi grigi a quelli di Talia, come se avesse paura di vederle scomparire entrambe.
- Qual è il piano? – domandò Talia con un sorriso che le fece brillare gli occhi luminosi.
- Dobbiamo scendere nei laboratori della Cronos, dove tengono la Bomba Zar. Ethan ci aiuterà. – Guardò i suoi amici negli occhi e poi cercò le dita di Percy, nascondendo le loro mani intrecciate dietro la schiena. – è come giocare a Caccia alla Bandiera, con l'unica differenza che giochiamo per uccidere.
Ethan fece un passo in avanti -temerario- considerato che, i tre guerrieri che aveva davanti avrebbero voluto spezzargli l'osso del collo in diciassette modi diversi. – Nei laboratori ci sono dieci scienziati che girano con un teaser nella tasca del camice. Più una trentina di soldati armati che sparano a vista non appena individuano un problema. Sono tiratori scelti e non sbagliano mai.
Percy sorrise, posò le braccia sulle spalle di Annabeth e la attirò a sé, contro al suo petto. – Loro sono tiratori scelti, ma noi siamo guerrieri.
- La bandiera è la bomba – disse la bionda. Guardò i suoi amici negli occhi, esitando nelle loro iridi famigliari per assicurarsi che il suo folle piano fosse approvato da tutti.
Ma, già da prima che iniziasse a parlare, sapeva perfettamente che sarebbero stati al suo fianco.
- Avete portato qualcosa per me? Una pistola o.. – cominciò, osservando Talia che si toglieva la fascia grigia che le avvolgeva il busto e la schiena.
Le passò la faretra con una ventina di frecce e il suo bellissimo arco scuro.
Annabeth sorrise, sistemandosi la faretra e impugnando l'arco, flettendovi le dita attorno e saggiandone il peso che le era mancato così tanto.
- E ovviamente, non può esserci Annabeth senza coltello – sorrise Luke, allungandole la lama ricurva che lui stesso le aveva dato.
La ragazza lo infilò sotto la cintura e incoccò una freccia, tenendola ferma con tre dita.
- Andiamo.
Per entrare nei laboratori, sarebbero dovuti passare per ogni singolo corridoio della Cronos. Prendere un ascensore era troppo rischioso e, in più, Luke soffriva di claustrofobia e non serviva a nessuno un guerriero con un attacco di panico.
Correvano con le armi spianate, Ethan davanti, Annabeth e Talia subito dietro e Luke e Percy a chiudere la fila.
Sapevano che le telecamere sarebbero iniziate a partire dal secondo piano, cosi come l'afflusso di impiegati della Cronos sarebbe aumentato. E loro dovevano fare in fretta e svolgere un lavoro così pulito che avrebbe dovuto far impallidire tutti i migliori serial killer del mondo.
Camminarono rasente ai muri senza fiatare, evitando di dare troppo ascolto al cuore che martellava nel petto con furia.
- Nakamura! – urlò una voce non troppo lontana dalle schiene di Percy e Luke. – Nakamura, chi sono loro? – domandò il soldato in divisa scura che, assieme a un paio di compagni, si avvicinava velocemente a loro.
Talia sorrise. – Dal Campo Mezzosangue con furore, bello. – si annunciò, voltandosi repentinamente e scoccando una freccia che gli trapassò il collo.
Annabeth uccise il soldato accanto a lui allo stesso modo e Talia fu rapida a scagliare la sua seconda freccia, osservandolo cadere a terra assieme agli altri.
- Forza, muovetevi a nascondere i cadaveri – ordinò la mora incoccando un'altra freccia e rilassando il braccio destro che teneva l'arco lungo il fianco.
Luke sbuffò, sistemandosi la pistola sotto la cintura. – Potevamo ucciderli anche noi – borbottò, avvicinandosi ai soldati assieme a Percy e Ethan. Li afferrarono per le cinghie del giubbotto anti-proiettile, ficcandoli nella prima porta aperta che trovarono lungo il corridoio.
- Certo. E magari fare talmente tanto casino da farci beccare da Crono in persona. – Lo riprese Talia sarcastica, prendendo le due frecce che Percy aveva tolto direttamente dal collo degli uomini.
Ethan li esortò a muoversi e i ragazzi ripresero a camminare rasente al muro, cercando di fare meno rumore possibile. Spalancò la porta delle scale di servizio e fecero velocemente le tre rampe, uscendo nel corridoio del secondo piano, guardandosi attorno per evitare
– Via libera, forza forza! – esclamò Ethan in sussurro, aspettando che i ragazzi del Campo si muovessero velocemente lungo la parete chiara, raggiungendolo.
Stavano raggiungendo le scale che li avrebbero portati al secondo piano, quando la porta del bagno si aprì, lasciando uscire un uomo in camice bianco che si stava ancora sistemando la camicia dentro i jeans nuovi di zecca.
- Ma chi diavolo.. – esclamò, un secondo prima che Percy potesse spezzargli il collo, acchiappandolo prima che potesse cadere a terra e spingendolo dentro i bagni.
Si chiuse la porta alle spalle e sorrise. – Dovete fare pipì?
***
- Non possiamo provare i diversi elementi sulla bomba, chiaro? Se qualcosa va storto, saltiamo in aria e non voglio essere responsabile per la diffusione di scorie e leucemia negli Stati Uniti! – urlò l'uomo con i capelli gelatinati, sbattendo una mano sul piano del tavolo in legno, facendo ballare gli appunti e i porta penne che c'erano sopra.
Gli scienziati attorno a lui rabbrividirono e l'uomo si passò le mani tra i capelli ben pettinati, bramando le sigarette che teneva nel suo ufficio al sesto piano.
- O quella semidea parla o siamo tutti.. – le luci saltarono in quel momento, lasciando i laboratori al buio. Le ventole presero a funzionare più lentamente mentre il ronzio famigliare dei macchinari iniziava a scemare dolcemente. – Che diavolo sta succedendo? – esclamò stranito. – Qui sono tutti degli incapaci!
***
C'erano le luci d'emergenza, ma -sicuramente- non erano abbastanza per rendere Talia più visibile.
Silenziosa, salì su una delle torri di controllo, atterrando dietro ad un soldato con una mimetica nera.
Si sistemò gli occhiali a visione notturna sul naso e sorrise. – Ciao, amore – disse gioviale, ficcandogli una freccia dritta nella gola.
Afferrò il soldato prima che potesse cadere sulla piattaforma di matello con un tonfo, adagiandolo accanto a lei e spegnendo la sua radiolina.
- Qui sono tutti degli incapaci! – sbraitò uno scienziato e lei sorrise.
L'avrebbe ucciso dopo.
Incoccò una freccia e si voltò a destra, mirando il soldato a chissà quanti metri da lui. Lo centrò in piena fronte e sorrise, facendo un cenno ad Annabeth quando lo afferrò per le ascelle prima che cadesse.
Osservò la sua amica far fuori un soldato fermo in un'altra piattaforma e lei si sbrigò a scoccare frecce, contando ogni soldato che, con un grugnito e un tonfo, cadevano a terra, morti.
Ethan aveva detto trenta, e loro potevano aproffittare di quel vantaggio solo per poco, prima che le luci venissero riattivate e prima che si accorgessero di due ragazze che, con arco e frecce, stavano facendo fuori tutti.
Quello scienziato stava ancora sbraitando contro i suoi collaboratori, come se fosse loro la colpa per la mancanza di corrente elettrica.
Talia sorrise, abbatté un soldato che si era accorto di lei e poi puntò una freccia verso l'uomo, mirando sulla schiena. Fu questione di attimi prima di vederlo cadere a terra con un tonfo. Quasi riuscì ad immaginarsi Annabeth sbuffare in dissenso mentre i collaboratori attorno a lui strillavano scioccati.
- Chi c'è? – urlò qualcuno e Talia si premurò di individuare altri soldati, facendo fuori un uomo col mitra e osservando una seconda freccia conficcarsi nella fronte di quello che aveva accanto.
Poi le luci si accesero, le ventole presero a girare e il ronzio dei macchinari tornò a farsi sentire.
In quel momento, si scatenò l'inferno.
***
Annabeth non aveva mai partecipato a uno scontro a fuoco di quelle portate ed era indecisa se essere euforica, spaventata, terrorrizzata o semplicemente determinata a non farsi uccidere.
Le persone nei laboratori gridavano, alcuni scappavano e lei si liberò degli occhiali a visione notturna nell'esatto istante in cui, uno sparo, colpì la ringhiera della piattaforma dove si era sistemata.
Sussultò per lo spavento e puntò la freccia contro il soldato sotto di lei, grugnendo di frustrazione quando quello si spostò in tempo.
Un altro sparò colpì il metallo e si chiese per quanto tempo ancora sarebbe stata abbastanza fortunata da non farsi beccare.
Doveva scendere.
Acchiappò l'arco con la mano sinistra e si lanciò lungo la scala dalla quale era salita, tirando il polsino della felpa fino ai palmi, in modo da non bruciarsi col metallo.
I capelli sciolti le impedirono la vista, ma fu rapida ad incoccare una freccia, scagliandola contro il soldato che le aveva sparato contro, centrandolo in pieno volto.
Non si diede il tempo di osservarlo cadere, cercò Talia con lo sguardo e la osservò uccidere un uomo, ficcandogli lei stessa una freccia in gola. Poi notò un soldato che la teneva sotto tiro.
- Giù! – urlò, estraendo una freccia dalla faretra così velocemente da non riuscire neanche a spiegarsi come fece.
Centrò la mano del soldato, facendogli cadere il fucile dalle mani con un grido, e fu Talia ad ucciderlo, incoccando una freccia e colpendolo così forte che lo trapassò da parte a parte.
- Annabeth! – urlò la migliore amica e, in un attimo, un braccio forte si avvolse attorno al suo collo, trascinandola all'indietro. La presa le mozzò il fiato e lei boccheggiò mentre veniva trascinata indietro, mollando l'arco a terra.
Assottigliò lo sguardo, furiosa, e fu rapida a colpirlo al ginocchio col tallone, infilandogli subito dopo un dito nell'occhio.
L'uomo dietro di lei gridò e Annabeth si aggrappò stretta al suo braccio, piegando la schiena in avanti e facendolo sbattere a terra con un tonfo.
Estrasse una freccia dalla faretra, infilandogliela nell'occhio già ferito con la mano destra.
Si tenne bassa mentre urla e spari sembravano ormai diventati la colonna sonora di quel momento. Acchiappò l'arco e incoccò l'ennesima freccia, colpendo una donna che aveva appena estratto una pistola.
La macchia di sangue si allargò sulla sua camicetta bianca e poi cadde a terra, con un tonfo che lei non riuscì a sentire.
Pareva che persino gli scienziati avessero deciso di combattere e quando uno le puntò la pistola contro, lei allungò una mano dietro la schiena, cercando una freccia che non trovò.
Prima che potesse farlo da sola, qualcuno si buttò su di lei, levandola dalla zona di tiro, schiacciandola a terra mentre lo sparo passava a qualche centimetro da lei.
- Ti devo un favore – disse sorridendo, incontrando lo sguardo furbo di Percy.
Il ragazzo si guardò attorno e poi le prese il volto tra le mani, baciandole la fronte ed esitando contro la sua pelle. – Prima ne usciamo vivi – mormorò su di lei, – poi vedremo in che modo mi ripagherai del favore.
Annabeth annuì lentamente, sorrise, prendendosi qualche altro istante per osservare il volto sorridente di Percy.
Il ragazzo la osservò attento, corrugando la fronte. – Hai solo il coltello? – domandò, alludendo alla faretra vuota e all'arco abbandonato accanto a lei.
- A quanto pare – borbottò Annabeth, guardandolo lievemente confusa.
Percy sollevò l'indice, le regalò un altro sorriso e poi scattò in piedi, lanciandosi in avanti.
Annabeth si voltò di scatto, osservandolo atterrare un soldato dietro di loro. Caddero a terra con un tonfo e prima che potesse realizzarlo, Percy l'aveva già disarmato e ucciso.
Le lanciò il fucile che Annabeth prese al volo. – Che ne pensi? – domandò, con un sorriso furbo che gli stendeva le labbra rosee.
La bionda scoppiò a ridere, controllando il numero di proiettili e richiudendo il caricatore l'attimo dopo. – Un angelo col fucile – disse, continuando ad osservare Percy, ignorando la battaglia che infuriava attorno a loro.
Il moro si avvicinò, sorrise e le prese il viso tra le mani ancora una volta, premendo le labbra sulle sue così delicatamente da sembrare quasi surreale. – Il mio angelo col fucile – mormorò, e poi si ributtarono nella mischia assieme.
Annabeth perse Percy il secondo dopo che si separarono e, quando colpì il mio uomo in mezzo alla fronte con un proiettile, smise di cercarlo con lo sguardo.
L'adrenalina le scorreva forte nelle vene. Le faceva tremare le mani che stringevano il fucile, ma non aveva paura.
E questo la terrorizzava.
Privava le persone della loro vita con una facilità disarmante. E come si faceva a smettere di essere così impassibile difronte alla morte e al pericolo?
Sparò, colpendolo l'uomo al ginocchio, prendendosi un solo secondo per osservarlo mentre urlava, piegandosi sulla gamba sana. Lo colpì con un proiettile in fronte prima che potesse pensarci ancora.
Distolse lo sguardo, imponendosi di non guardarlo negli occhi e prima che potesse realizzarlo, due mani forti si strisero attorno al suo collo.
L'uomo che la strinse, la sollevò da terra con forza, premendole le dita dure nel collo.
Annabeth annaspò per un po' d'aria, flettendo le dita attorno al fucile, ricordandosi di avere un'arma solo in quel momento.
Colpì il costato dell'uomo con una gomitata e non appena cadde a terra, gli sbatté il calcio del fucile dritto nello stomaco. Roteò su se stessa, colpendolo al volto con la sua arma, stringendola così forte, quando sentì le ossa del collo spezzarsi, che le nocche sbiancarono.
Si voltò di scatto, sparando alla donna in camice bianco che teneva una pistola stretta tra le mani curate.
Sentì il tonfo del corpo che cadeva, il rumore metallico della pistola che batteva sul pavimento e girò su se stessa, abbattendo la canna del fucile sul volto di un soldato, sparando in quel momento.
Basta.
E sparò ancora, osservando cadere in avanti un soldato che puntava alle spalle di Talia.
Basta.
Con un calcio in pieno petto, spinse un uomo all'indietro, disarmandolo in pochi istanti. Impiegò qualche istante per individuare un coltello nella fondina scura e lo estrasse velocemente, infilandoglielo nel costato, sotto il giubotto anti-proiettile, fino all'elsa.
Spinse il corpo all'indietro e roteò su sé stessa ancora una volta.
I capelli biondi fendettero l'aria mentre sollevava una gamba, colpendo il fianco di uno scienziato, sbattendolo alla scala di metallo accanto a lui. L'uomo di accasciò a terra, debole e lei non esitò un istante a sbattergli il calcio del fucile sulla testa, uccidendolo.
- Smettetela! – urlò, colpendo con una gomitata qualcuno dietro di lei, sparando subito dopo a un soldato, dritto in gola.
Lo scienziato dietro di lei la tagliò sul polso prima che potesse realizzarlo davvero. Il fucile cadde a terra per la sorpresa ed Annabeth si diede un unico secondo per osservare la mascella rossastra per la gomitata.
L'uomo era ben piazzato. Non era un soldato e quello poteva denotarlo dalla paura negli occhi chiari ma, ed era evidente, stringeva l'impugnatura del coltello affilato, con abbastanza familiarità da metterla in guardia.
Scattò all'indietro quando lui menò un fendente, maledicendolo a mezza voce non appena calciò il fucile lontano da loro.
- Non lo fare – lo pregò, quando le iridi azzurre si macchiarono di euforia e determinazione.
Annabeth indietreggiò di un altro paio di passi, facendo saettare lo sguardo dalla lama che stringeva l'uomo, a quella conficcata nel costato del soldato, a pochi passi da lui.
Lo scienziato sorrise. Scosse la testa e fece un altro passo verso di lei. – Io ucciderò Annabeth Chase. Io sono stato l'unico ad averla ferita. Io avrò la gloria – mormorò euforico, e la bionda scosse la testa impercettibilmente, scattando verso di lui.
L'espressione vittoriosa dell'uomo sparì dai suoi occhi nell'istante stesso in cui Annabeth si precipitò verso di lui, strisciando a terra e passando tra le sue gambe. Si alzò sulle ginocchia in pochi istanti, strappando il coltello dal costato del soldato che aveva ucciso qualche attimo prima.
Lo scagliò contro lo scienziato davanti a lei e si arrischiò a serrare le palpebre pur di non osservare la lama che, con un tonfo, affondava nel suo petto.
Si alzò, correndo a prendere il fucile ed imbracciandolo ancora una volta, voltandosi per uccidere un soldato che dava filo da torcere ad Ethan.
Basta.
Luke aveva combattuto così tante volte da aver ormai perso il conto.
Sapeva come uccidere un uomo adulto in una sola mossa. Colpiva un bersaglio da più di quindici metri di distanza.
Luke era pericoloso e letale.
Sapeva di esserlo.
Era sempre stato consapevole della sua forza, ma mai aveva avuto così tanta paura.
Combatteva e uccideva per poi girarsi l'attimo dopo, ed essere costretto ad ammazzare qualcun altro.
Gli spari e le urla erano ormai famigliari alle sue orecchie e prima che potesse ucciderlo, un soldato lo aveva anche ferito di striscio al braccio. E non faceva male, ma era fastidioso.
In più, non vedeva Talia e questo non riusciva a farlo stare tranquillo.
- Sta giù – urlò Percy e Luke si abbassò di scatto, puntando bene i piedi a terra per non crollare quando il migliore amico gli saltò sulla schiena.
Sbatté il calcio del fucile dritto in faccia al soldato che voleva ucciderlo e si fece da parte, nello stesso istante in cui Luke lo sparò nel mezzo della fronte.
Entrambi sapevano di non avere rifugio. Erano al centro del laboratorio, a pochi passi dalla Bomba Zar che troneggiava su di loro, ad uccidere qualsiasi soldato che gli si presentasse davanti.
Luke non aveva più idea di quanti proiettili avesse nel caricatore. Né aveva idea di come avrebbero fatto ad uccidere tutti i soldati che puntavano su loro due.
Poi osservò il volto di Percy e smise di preoccuparsi.
Con una gomitata, spezzò il collo dell'uomo dietro di lui, colpendo poi, con un proiettile, un soldato che puntava alla testa del migliore amico.
- Percy!
Luke distinse nitidamente il grido di Annabeth, ma non si arrischiò a guardare nella sua direzione. Sbatté il calcio della pistola contro il collo di un soldato, puntandogli la sua stessa pistola sotto al mento ed uccidendolo in un istante.
- Dietro di te! – gridò Percy e prima che potesse realizzarlo, due braccia forti si strinsero attorno al suo busto, soffocandolo.
Luke lasciò cadere la pistola a terra, chiudendo gli occhi mentre buttava la testa all'indietro con forza, colpendo il naso dell'idiota che aveva provato a fermarlo in quel modo. Si liberò delle braccia che lo stringevano, voltandosi e portandolo davanti a sé, tenendolo fermo mentre Percy lo pugnalava nello stomaco.
Ecco cosa gli aveva dato Annabeth.
Recuperò la pistola da terra, colpendo una donna che gridava e correva verso di lui, agitando un teaser.
Il sangue si allargò velocemente, ma non ci badò troppo, mirando l'istante dopo oltre Percy.
Il moro si abbassò di colpo, pugnalando un soldato alla sua destra mentre Luke uccideva quello dietro di lui.
Si voltò verso l'ingresso del laboratorio, sparando al soldato che era appena entrato.
- Sinistra! – urlò Percy e Luke si voltò di scatto, puntando la pistola contro al volto di un soldato che imbracciava un mitra. Un coltello gli si conficcò in gola prima che potessero entrambi premere il grilletto.
Si voltò di scatto verso Percy e il ragazzo sorrise. – Qualcuno lassù in alto mi ha aiutato con la mira.
Luke si abbandonò a una risata quando un proiettile gli sfiorò l'orecchio. – Merda! – imprecò, guardandosi attorno per poter individuare chiunque avesse sparato. – Dove dia.. – un proiettile gli sfiorò il braccio prima che potesse finire la frase.
Gridò per la sorpresa e Percy si parò davanti a lui, rubando il mitra di un soldato e puntandolo verso una delle colonne.
- Afferra quel tavolo! – urlò il moro mentre continuava a sparare a raffica, senza effettivamente sapere verso dove o verso chi.
Continuò ad indietreggiare, parandosi davanti a Luke e il biondo aggirò il tavolo di legno davanti alla bomba, buttandolo a terra con un tonfo e nascondendocisi dietro.
Percy continuò a sparare a raffica, lanciandosi poi accanto al migliore amico, poggiando la schiena al legno freddo.
Luke aveva già finito i proiettili della Colt e si era anche dimenticato di quanti spari della Glock avesse utilizzato.
Un urlo femminile ruppe il rumore degli spari e il biondo ebbe un secondo per realizzare fosse Talia.
Si guardò con Percy e il moro annuì un paio di volte, contanto i proiettili e flettendo i muscoli.
- Ti copro.
Saltarono via dal tavolo simultaneamente mentre Percy continuava a sparare a raffica, uccidendo chiunque tentasse di intralciarli.
Soldati, scienziati, erano tutti sotto tiro.
Loro dovevano arrivare da Talia e lui non poteva rischiare di voltarsi per vedere come fosse la situazione.
Individuò una chioma bionda e si prese un istante per osservare Annabeth che sbatteva il fucile contro la tempia di un uomo, uccidendolo, voltandosi poi l'istante dopo e sparando al collo ad un altro.
Sulla mano destra colava sangue, ma continuava a combattere con la stessa tenacia di sempre.
Riuscì a vedere anche Ethan Nakamura che faceva fuori uno scienziato, sbattendogli la testa a terra e poi si voltò repentinamente, uccidendo un soldato che mirava Luke.
Talia gridò ancora e Percy sentì distintamente il rumore di colpi, di una lotta corpo a corpo che non aveva idea di come stesse andando.
Un soldato mirò nella sua direzione e sparò.
Il sangue di Percy si gelò nelle vene e fu questione di attimi prima che si rendesse conto che, no, non aveva sparato affatto perché aveva finito i proiettili.
L'uomo lanciò la pistola a terra, gridò, agitando le braccia e correndo verso di lui con furia.
Percy mirò alla sua testa, uccidendolo velocemente.
Si voltò verso Talia e si concesse un sorriso mentre la osservava dare ripetute gomitate all'energumeno che le dava filo da torcere. Continuò a fino a che non lo sentì debole dietro di lei e, prima che arrivasse Luke, lo acchiappò per le cinghie del giubbotto anti-proiettile, spostandoselo davanti al corpo e usandolo come scudo.
Un altro soldato sparò al corpo esanime dell'amico prima che potesse rendersi conto dell'errore, e di Luke che gli saltava addosso.
Gli avvolse le gambe attorno al collo e poi lo buttò a terra con violenza, sollevandosi fluido, puntandogli la pistola sulla nuca e uccidendolo senza pensarci un istante di più.
Talia annuì un paio di volte nella sua direzione quando Luke la osservò, penetrante, e poi sorrise, ammiccando e recuperando la pistola dalla fondina dell'uomo che aveva ucciso.
- Abbiamo quasi finito – mormorò, voltandosi in tempo per uccidere uno scienziato dietro di lei che brandiva un teaser.
Barcollò, spostando il peso sulla gamba sinistra, ignorando la fitta di dolore che lo sparo a quella destra le stava procurando.
Luke imprecò, ma lei sorrise ancora. – Non fare la femminuccia, Castellan. Sto bene – gli assicurò. – Adesso è tempo di combatt..
E l'urlo di Annabeth fu talmente straziante che il mondo parve quasi fermarsi.
***
Vide Luke e Percy che passavano a qualche metro da lei, probabilmente recuperando Talia che stava cercando di atterrare un energumeno di almeno due metri. Le stava dando filo da torcere da un po' e se lei fosse stata anche un po' meno in punto di morte, sarebbe andata ad aiutarla.
Fece un capriola in avanti, colpendo col tallone la spalla dell'uomo che aveva davanti. Caddero a terra e lei fu rapida e sbattergli la canna del fucile sulla testa con una furia sconosciuta.
Il sangue del soldato gli schizzò sulla faccia mentre esalava l'ultimo respiro e lei non ebbe tempo di inorridire per ciò che quello scontro la stava facendo diventare.
Si voltò di scatto, colpendo con un calcio una scienziata che tentava di utilizzare il suo teaser. Glielo fece volare via dalla mano e poi la acchiappò per i capelli, sbattendola alla scala di metallo fino a che non si accasciò a terra, morta.
Lanciò uno sguardo ad Ethan per assicurarsi che stesse bene e poi caricò un soldato difronte a lei, buttandolo a terra e sparandogli in mezzo alla fronte.
Rotolò sul corpo robusto dell'uomo, cadendo a terra, e sparò davanti a lei, centrando in pieno petto un ragazzo in camice bianco che, con ogni probabilità, aveva solo qualche anno in più di lei.
Era stanca.
Aveva i muscoli in fiamme e il cuore che batteva troppo forte per la paura.
Le avevano sparato alla gamba e lei non aveva sentito dolore, con ogni probabilità, grazie all'adrenalina che scorreva, potente, nelle sue vene.
- Su! – le urlò Ethan, tenendo a bada due uomini che, con ogni probabilità, erano il doppio di lui.
Ed Annabeth fu rapida ad uccidere un soldato che la mirava col suo fucile. Il corpo lo buttò all'indietro e lei chiuse gli occhi per un solo istante, stringendo il calcio del fucile nella mano destra.
Lei era davvero un angelo disposto a dimenticare la propria fede per salvare chi amava.
Lei era davvero un angelo costretto ad uccidere per amore.
Non aveva idea se fosse il santo o il peccatore.
Non aveva idea se quello che stesse facendo fosse la cosa giusta o quella sbagliata, sapeva soltanto che lei era un angelo con il fucile.
E questo non sarebbe mai cambiato.
E le faceva paura.
- No! – Ethan urlò e Annabeth si voltò di scatto, osservando un soldato che le puntava contro una pistola.
Premette il grilletto, sorrise con odio e la bionda, per un solo istante, si chiese se anche lei avesse quell'espressione mentre uccideva qualcuno. Mentre stroncava la vita con così tanta facilità.
Le sembrò quasi di osservare il proiettile che schizzava via dalla pistola a rallentatore e le ginocchia cedettero per il terrore, mentre il cuore prendeva a battere nel petto, impazzito.
È finita? Finita davvero?
In un secondo, vide Percy sorridere. Talia che la abbracciava e Luke che le insegnava a combattere. Vide Reyna che le regalava un sorriso, e vide i suoi amici al Campo che le davano il bentornato.
Vide Artex galoppare sotto di lei. Vide il mare che gli lambiva gli zoccoli e Percy su Blackjack, al suo fianco, che le sorrideva.
Vide la cioccolata calda di zia Marin, il cibo cinese con Piper e le foto con Hazel.
Vide Piper mentre si incontravano a New York e, le sembrò quasi di sentire il suo profumo.
Osservò gli occhi scintillanti di Talia, quelli furbi di Percy, improvvisamente profondi. Sentì le braccia che la stringevano, che la amavano e la sua voce:"allora la rendiamo speciale".
Sorrise.
Andava bene finché, accanto a lei, avrebbe avuto così tante persone che l'amavano.
Aspettò il dolore famigliare del proiettile che, però, non arrivò mai.
Si rese conto di aver chiuso gli occhi solo quando vide il corpo di Ethan davanti a lei. Si irrigidì per un solo istante e poi cadde di lato, sbattendosi a terra.
Annabeth imbracciò il fucile con furia, puntandolo contro il volto dell'uomo e uccidendolo l'istante dopo. Poi gridò.
Crollò a terra accanto a Ethan,fregandosene del dolore alla coscia ferita, prendendogli il volto tra le mani e posandoselo sulle cosce, impedendosi di osservare il massacro attorno a lei. Impedendosi di osservare i corpi stesi a terra e il sangue che imbrattava le pareti e il pavimento.
- No. No. No, Ethan, ti prego – mormorò, passandosi una mano tra i capelli scuri e accarezzandogli il volto sudato.
Il ragazzo tossì, risucchiò l'aria per il dolore e poi sorrise, portandosi le mani allo stomaco nel tentativo di alleviare il dolore. – Ma pensa, fino a qualche giorno fa mi odiavi, e adesso stai anche per piangere per me.
Annabeth rise, tirò su col naso e aprì la bocca per parlare quando arrivarono i suoi amici, fermandosi di colpo davanti alla scena che gli si presentò davanti.
- Merda – imprecò Talia, infilandosi la pistola sotto l'orlo dei jeans per passarsi una mano tra i capelli scuri. Camminò lentamente verso Annabeth, inginocchiandosi al suo fianco, senza toccarla.
Diavolo, perché non lo odiava? Perché non odiava il ragazzo che l'aveva ingannata, che aveva ucciso la zia, che l'aveva picchiata?
Perché non odiava il ragazzo che le aveva rovinato la vita?
– Tu sei un angelo con il fucile, Annabeth Chase. E sono fortunato ad averti conosciuta – mormorò Ethan con un sorriso. Tossì e le labbra si macchiarono di sangue.
Annabeth trattenne un singhiozzo. Continuò ad accarezzargli il volto con delicatezza e poi sorrise. – Forse non sono un angelo – sussurrò in risposta, scacciandosi via una lacrima dalla guancia col dorso della mano.
Ethan strizzò l'unico occhio buono, corrugò la fronte e premette le mani un po' più forte sullo stomaco.
- Aspetta – disse Percy, camminando lentamente verso di lui. Si inginocchio al suo fianco, scostandogli le braccia dallo stomaco e osservando per qualche istante la macchia rossastra che si allargava sulla camicia scura. Ci premette sopra delicatamente e Luke lo affiancò, sistemandosi accanto a lui.
Ethan rise piano, facendo una smorfia per il dolore. – Anche Percy Jackson mi aiuta? – domandò con un sorriso.
Il moro lo fulminò con lo sguardo. – Non ci contare. Lo faccio solo per la mia ragazza lì. È lei l'angelo qui. Io sono solo uno stronzo.
Ethan annuì un paio di volte ed Annabeth continuò ad accarezzargli il volto dolcemente, senza tentare di trattenere le lacrime che, ormai, le scorrevano libere sulle guance. – Fatemi un favore – mormorò, cercando l'attenzione di tutti i ragazzi attorno a lui. – Ammazzate quel figlio di puttana anche da parte mia.
Annabeth sorrise, annuì un paio di volte e si scambiò uno sguardo con Talia, prima di riportarlo su Ethan. – Grazie – sussurrò, così piano che lei stessa fece fatica a sentirsi. Posò le labbra sulla guancia fredda del ragazzo e poi lo osservò sorridere. Osservò i lineamenti del volto finalmente distesi, l'espressione rilassata e lo sguardo vacuo, distante.
Gli abbassò delicatamente la palpebra con due dita e seppellì un singhiozzo, premendosi la mano sulla bocca.
Solo a quel punto, Talia si azzardò a toccarla, avvolgendole le spalle con un braccio e baciandole i capelli.
I quattro ragazzi rimasero così, fermi attorno al corpo di un eroe che -cavolo- neanche sapeva di esserlo.
Non parlavano, neanche riuscivano a guardarsi, in balia del dolore troppo forte che gli gravava sulle spalle.
Le enormi porte scorrevoli si aprirono in un fruscio e un ritmico, lento e calcolato battito di mani, risuonò nei laboratori silenziosi.
- Bene, bene, bene. Il giapponese è morto, quindi. – Crono rise, impeccabile nell'abito che cadeva morbido sul fisico allenato. – Morto da infame. Ma ce lo aspettavamo tutti.
Il sangue si gelò nelle vene di Annabeth e dovette combattere contro tutti gli istinti che, nella sua testa, gridavano di fuggire a gambe levate finché fosse stata in tempo.
Dietro di lui c'erano tre soldati col volto coperto che imbracciavano dei mitra nuovi di zecca.
- Talia Grace – disse, spostando lo sguardo di ghiaccio da Annabeth alla mora, che assottigliò le palpebre, guardandolo con rabbia. – Luke Castellan – continuò, sorridendo al più grande, che gli rivolse un sorriso di scherno. – E, dulcis in fundo, Percy Jackson – concluse con un ampio sorriso mentre osservava gli occhi verdi del ragazzo.
Il moro lo osservò con rabbia, si voltò verso Annabeth e poi si sollevò di scatto, prendendo la pistola accanto a Talia e puntandola contro la testa di Crono.
In meno di un secondo, tre laser si fermarono sul suo petto.
Crono sorrise, camminò come se avesse tutto il tempo del mondo mentre si prendeva gioco dei ragazzi. Pareva quasi che, per lui, non costituissero nessun tipo di minaccia, nonostante la carneificina che aveva attorno.
E quello fece infuriare Annabeth ancora di più.
- Io ci ho provato, ragazzi. Dico davvero, ci ho provato. Ho tentato di instaurare un buon rapporto con voi, di convivere al fine che tutti potessero avere cio che volevano.
Talia rise di scherno. – Certo, come no. Annabeth si è picchiata da sola e quella Bomba lunga dieci metri è lì per scopi puramente pacifici. – Aprì le mani, alzandosi lentamente, caricando il peso sulla gamba buona. – Magari la lanciamo su qualche asilo in Afghanistan, così i bambini impareranno a tempo record che "Boom!", non è solo un suono onomatopeico.
Crono la guardò per qualche istante e poi scoppiò a ridere, come se fosse stata la cosa più divertente del mondo. – Talia Grace – disse, puntandole un dito contro.
Nello stesso momento, uno dei laser si fermò sul suo petto.
Luke ringhiò, alzandosi lentamente, sfidando con lo sguaro duro il terzo soldato. Sfidandolo a puntare anche contro di lui quel laser.
Crono osservò anche lui. Lo osservò come chiunque altro avrebbe guardato una bistecca e poi riportò lo sguardo su Talia. – Mi avevano parlato del tuo caratterino. Mi dispiace che tu non sia nei miei ranghi.
- A me no.
Luke non riuscì a trattenere un sorriso ed Annabeth si prese qualche secondo per osservare quegli amici che non l'avevano abbandonata neanche un istante. Si prese qualche secondo per osservare quelle persone meravigliose che erano pronte a morire per lei. Che non si sarebbero mai tirate indietro.
Adagiò delicatamente la testa di Ethan sul pavimento e poi si alzò, zoppicando lentamente e guadagnandosi il terzo laser puntato nel petto. Strinse la felpa di Percy tra i pugni per nascondere il tremore alle mani alla vista di Crono.
- Non è loro che vuoi. Sono io che ti servo per la formula della bomba.
E solo in quel momento, gli occhi di Crono scintillarono di felicità.
Annabeth, a modo suo, lo aveva in pugno.
Ma aveva paura.
Il volto di Crono mentre la picchiava, continuava ad ossessionarle i pensieri con violenza. La sua risata cattiva, i pugni forti. Tutti i dolori che era convinta di aver assopito, tornarono a galla con prepotenza. Persino le bruciature della sigaretta tornarono a pulsare sotto l'orlo della felpa.
- Hai bisogno di me – disse con una sicurezza che non aveva, continuando a stringere la felpa di Percy nella speranza che lui abbassasse l'arma.
Ovviamente non l'avrebbe mai fatto.
- Quindi lascio andare loro e continuo ad avere te? – la smorfiò Crono con un sorriso cattivo.
Annabeth sollevò le sopracciglia, scosse la testa, ignorando le proteste dei ragazzi e gli occhi penetranti di Percy che cercavano i suoi. – No. Io ti do la formula e tu ci lasci andare tutti.
Un soldato sparò in aria in quel momento e i ragazzi si abbassarono sulle ginocchia per la sorpresa.
Percy fece partire un colpo che, miseramente, si incastrò nel giubbotto anti-proiettile di uno degli uomini e prima che potesse realizzarlo, Crono aveva già preso Annabeth.
La strattonò per la felpa, dandole un pugno cosi forte al volto che la ragazza roteò. Sarebbe caduta a terra se non l'avesse acchiappata per i capelli, tirandola verso di sé e premendole le dita nelle guance.
- Tu vuoi cercare di trattare con me? CON ME?! – le urlò nell'orcchio, facendola rabbrividire per il terrore.
Percy ringhiò, ma prima che potesse muoversi, un soldato sparò nella sua direzione, portandogli via un pezzo della maglia.
- Sta' fermo! – gridò Annabeth, gemendo quando Crono la spinse in avanti con un calcio.
La ragazza crollò, ma l'uomo la fermò prima per il collo, sorridendo quando, infilato sotto la cintura, trovò il manico del suo coltello.
- Adesso, miei piccoli dei – cominciò Crono, con una calma tradita solo dalla scintilla di pazzia negli occhi gelidi. – Se vuoi vi muovete, prima muore lei – disse strattonando Annabeth, sorridendo quando la sentì sibilare, nervosa. – Dissanguata – si premurò di aggiungere. – E poi morirete voi, con un bel proiettile in testa. E questo succedrà a prescindere che tu mi dia la formula adesso o chissà fra quanto. – Sorrise contro la sua guancia. – Io ho tempo. Tu no.
Sfregò la lama del coltello contro la sua gola e Annabeth trattenne il fiato per un attimo, cercando lo sguardo dei suoi amici.
Aveva bisogno di loro.
Aveva bisogno che loro capissero.
Percy lasciò cadere la pistola a terra con un paio di tonfi e sollevò le mani in segno di resa. Luke e Talia abbassarono il capo, mesti, imitando l'amico.
Ed Annabeth sentì Crono sorridere dietro di lei.
Avvicinò il bacino alla sua schiena, aprì una mano sul suo stomaco e rafforzò la presa sul coltello.
Ti prego, fa che Percy non l'abbia notato.
I ragazzi continuarono ad avvicinarsi alle guardie, osservarono Annabeth, sfuggenti.
Poi sorrisero.
- ORA! – urlò la bionda, ed ebbe un solo istante per osservare gli amici che si lanciavano contro alle guardie, prima di aggrapparsi al braccio di Crono, ribaltandolo in avanti con talmente tanta forza e rabbia che, non appena sbatté la schiena a terra, l'impatto gli mozzò il fiato.
Gli mise una scarpa sul volto, schiacciandogliela contro il pavimento e poi gli torse il braccio destro fino a farlo gridare, togliendogli il coltello dalla mano.
Ovviamente, si rese conto solo tardi, di aver sottovalutato il potere di un titano.
L'uomo aprì la mano grande e del braccio che lei ancora gli stringeva, sulla sua coscia, premendo con forza il palmo sulla ferita del proiettile.
Annabeth gridò, abbassando la mano con l'arma verso la sua pelle. La velocità con la quale Crono si rialzò fu quasi sorprendente. Le colpì il dorso della mano che teneva il coltello, facendolo cadere a terra, tirandole un pugno talmente forte da farla roteare su sé stessa.
Annabeth chiuse gli occhi per poter far fronte al dolore, un secondo prima che Crono potesse stringerle i capelli sulla nuca, sollevandola con forza.
La bionda gemette, stringendogli il polso forte, nel tentativo di fargli allentare la presa.
Crono le calciò il ginocchio della gamba ferita e Annabeth si piegò in avanti, gridando per il dolore.
- Annabeth! – urlò Percy, ma la ragazza non riuscì a trovare il coraggio per guardarlo negli occhi.
Sapeva che loro avessero sopraffatto i soldati. Sapeva che loro ce l'avevano fatta.
Erano disarmati ma disperati.
E sapeva che lei stava per morire. Ma andava bene morire per le persone che amava.
Crono, dietro di lei, rise. Rise senza allentare la presa sui suoi capelli, continuando a costringerla in quella posizione scomoda che gravava sulla gamba ferita.
L'uomo rise, strattonandola un po' più forte, facendola gemere e tirandola verso di lui. Fece aderire la sua schiena contro al petto ampio e poi poggiò il mento sulla sua spalla, tirandole il volto all'indietro.
Percy ringhiò, stringendo i pugni così forte che le nocche sbiancarono.
Talia e Luke lo affiancarono, imbracciando i mitra che non avrebbero potuto usare.
Lo stomaco di Annabeth si contorse per il disgusto quando Crono fece aderire il bacino contro il suo sedere ancora una volta. Spinse i fianchi in avanti e Percy imprecò, muovendo un passo verso di lei, scrollandosi la mano di Luke dalla spalla.
- No – mormorò Annabeth, cercando il su sguardo arrabbiato, serrando gli occhi l'attimo dopo, quando Crono la strattonò ancora una volta.
- Tu, inutile piccola dea, speravi davvero di potermi battere? Di poter battere me? – domandò, ridendo così forte che Annabeth tremò, flettendo le dita sotto la presa forte della mano di Crono che le stringeva i polsi. – Piccola e fragile. Convinta di potermi battere.
Fu rapido a voltarla, tenendo il corpo debole della ragazza davanti a sé, stringendola per l'orlo della felpa mentre la colpiva con un pugno alla mascella.
Annabeth grugnì per il dolore e Percy gridò, puntando il fucile contro di loro.
- Spara, piccolo dio! – urlò Crono felice, colpendo Annabeth al volto ancora una volta, tenendola in piedi per evitare che si accasciasse a terra. – E spera che non usi la ragazza che ami come scudo.
Crono la colpì ancora, quella volta allo stomaco e Annabeth si piegò in avanti, tossendo e sentendo in bocca il sapore ferroso del sangue.
- Basta! – urlò Talia, la voce rotta dal pianto mentre Crono colpiva Annabeth, con un calcio, alla gamba ferita. – Prendi me! Lasciala andare!
E l'uomo rise ancora. Forse disse anche qualcosa, ma Annabeth non aveva abbastanza forze per poter reagire. Non aveva abbastanza forze per tentare di combattere. Per tentare di opporsi ai pugni allo stomaco, al volto e al collo.
Non era abbastanza forte.
Ed era stanca.
Tanto stanca.
I suoi amici gridavano ancora. E Crono la colpiva con una felicità perversa. Con un'euforia che quasi strabordava dalle pupille estremamente e innaturalmente dilatate.
Voleva che tutto finisse.
Voleva che il dolore finisse.
Voleva smettere di ascoltare le urla dei suoi amici che, impotenti, non potevano fare niente per far smettere Crono di ridere e di picchiarla con così tanta violenza e piacere.
- Annabeth! – e la voce, la sua voce, le sembrò straordinariamente lontana. – Annabeth, ascoltami! Annabeth! – Percy aveva urlato con tutta l'aria che aveva in gola. L'aveva chiamata con la disperazione che gli scorreva forte nelle vene. L'aveva chiamata con l'amore che gli faceva battere il cuore sempre un po' più veloce quando la guardava. – Annabeth, mi devi ascoltare! – continuò, la voce rotta, ma ancora forte. – Non azzardarti ad arrenderti. Non provarci neanche, Annabeth!
Non ce la faccio più, avrebbe voluto rispondergli. Voglio solo che questo finisca. E se avesse avuto abbastanza forze, probabilmente gliel'avrebbe anche detto.
- Non dimenticarti mai di chi sei, Annabeth! Non provare a farlo. Non provare a prendere la via più facile!
- STAI ZITTO! – gridò Crono, colpendola allo stomaco ancora una volta, scaricando la sua rabbia su di lei.
Annabeth si piegò in due, mugolando per il dolore e Talia urlò.
- Sei una guerriera e sei un angelo, il mio. Combatti, Annabeth! Ce la puoi fare!
Non ce la faccio.
- Torna a casa, Annabeth. Combatti, vinci e torna a casa da me.
Crono urlò ancora e Annabeth abbandonò la testa in avanti.
Torna a casa da me.
Lezione numero uno: c'è sempre un modo per ribaltare l'incontro.
Si aggrappò al polso di Crono, e fece leva sulla forza che lui stesso esercitava per tenerla sollevata, colpendolo con entrambi i piedi talmente tanto forte da spingerlo a terra.
Prima che potesse cadere sulla schiena, si voltò, amortizzando l'atterraggio sulle mani deboli, sbattendo il mento al pavimento e scuotendo la testa, ignorando il dolore.
- No – ringhiò, quando Percy puntò il mitra contro Crono. – Tocca a me.
Lezione numero due: respira.
Rotolò sulla schiena, alzandosi con un colpo di reni e facendo perno sulla gamba sana, concentrandosi sul volto furioso di Crono, nuovamente in piedi, pur di dimenticarsi del dolore. Concentrandosi sull'adrenalina che aveva nuovamente ripreso a scorrerle nelle vene.
Riempì i polmoni d'aria, aspettando che l'uomo si avvicinasse a lei.
Lezione numero tre: equilibrio.
Caricò un pugno verso Crono, colpendolo al volto, sorridendo quando, furioso, tentò di colpirla con un calcio alla gamba ferita. La sollevò, spostando il suo peso sulla sinistra, colpendolo con un altro pugno allo zigomo, allungando poi la gamba ferita verso al suo costato, calciandolo con quanta più forza avesse.
Lezione numero quattro: prevedi le mosse.
Crono, repentino, le afferrò la gamba col la quale era appena stato colpito, e Annabeth fu veloce e piegare il ginocchio, lanciandosi verso di lui e aggrappandosi alla sua testa. Si spinse all'indietro prima che l'uomo potesse colpirla, atterrando sulla gamba buona e buttandosi verso al suo coltello, poco distante da lei.
Crono caricò un calcio, e Annabeth gli conficcò l'arma nel polpaccio prima di rifletterci troppo. Girò la lama nella sua pelle e l'uomo gridò, cadendo a terra con un tonfo.
Lezione numero cinque: vinci. Sempre.
Annabeth gli estrasse il coltello dalla gamba, facendolo urlare ancora e poi si lanciò verso il suo volto.
Impugnò meglio il coltello, prima di calarlo con forza sul cuore.
Fu cattiva, violenta e strinse l'elsa della sua arma talmente forte tra le dita, che le nocche sbiancarono.
Quasi le parve di sentire il cuore battere velocemente contro la lama, spaventato.
Osservò Crono, il titano senza paura che, in quel momento, esibiva uno sguardo così terrorizzato da sembrare quasi ridicolo.
L'uomo boccheggiò sotto di lei, si agitò debolmente e Annabeth non smise di osservare la vita che scivolava via lentamente dal corpo malvagio.
E quello, quel pugnale infilato dritto nel cuore di un uomo che non lo aveva realmente, era per tutti. Era per la sua famiglia distrutta, era per Ethan, era per i ragazzi al Campo, costretti a vivere in balia delle mente di un pazzo. Era per Piper, Jason, Frank ed Hazel. Era per Reyna, Luke, Talia e Percy. Ed era per lei.
Le forze scivolarono via dal corpo di Crono, ma lei continuò a stringere il coltello tra le dita, come se avesse bisogno di aggrapparsi a qualcosa di concreto per non farsi sopraffare dalle emozioni e dal dolore.
Il rumore ritmico di passi risuonò per l'intero laboratorio ed Annabeth rabbrividì, sollevando la testa di scatto verso le enormi porti scorrevoli.
Guardò Percy, Luke e Talia con terrore, un secondo prima che le porte si potessero spalancare, lasciando entrare un gruppo di agenti con tute nere e che, sul petto, esibivano la siglia della CIA.
- Oh mio dio – mormorò Talia, crollando sulle ginocchia e poggiandosi al petto di Luke quando la sostenne. – è finita davvero.
Percy corse da Annabeth, la affiancò, togliendole delicatamente le dita ancora strette al manico del coltello, poi le sorrise. – è finita – mormorò, cingendole il volto con le mani grandi, posando la fronte contro la sua. – è finita – ripeté ad occhi chiusi.
Ed Annabeth come facesse, quel ragazzo, a guardarla ogni volta come se fosse la persona più bella al mondo.
E lei lo amava così tanto che faceva anche un po' male.
Annabeth si abbandonò contro al suo petto. Crollò contro di lui, in totale balia di eventi che, solo in quel momento, permetteva di sopraffacerla.
Respirò il suo profumo.
Respirò il profumo di Percy e si lasciò stringere dalle sue braccia forti, aggrappandosi a lui per non crollare ancora.
Percy le accarezzò la testa, le baciò la fronte così tante volte da perdere il conto. Lo fece come piaceva ad Annabeth, esitando contro la sua pelle e stringendole il volto tra le mani.
La protesse dai suoi demoni. Li scacciò e poi la portò via.
La portò via con l'unica speranza che continuavano ad avere. La porto via con una promessa che si sarebbe impegnato a mantere.
- È finita davvero?
- Ti amo.
Angolo Autrice:
Ehiila<3
Ero determinata a pubblicare entro la mezzanotte. Ma poi ho aggiunto quel combattimento finale con Crono e il computer mi si è spento mentre sceglievo l'ultima gif e uff! Ma sono comunque riuscita a pubblicare entro stanotte ahahaha
In quanti avevano un presentimento verso Ethan?
E in quanti hanno realizzato sono adesso che il prossimo capitolo sarà l'epilogo?
Ringrazio tutti perché siete lettori meravigliosi che mi fanno sempre sorridere e che mi sostengono e che, tramite le mie storie, riescono anche a volermi bene.
Alla prossima, fiorellino e grazie di tutto!
Love yaa<3
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