And here goes something that nobody knows
Il corpo intero di Annabeth pulsava per il dolore e Percy la guardò ancora negli occhi grigi, come se non potesse fare a meno di farlo, come se fosse stato incatenato a quelle iridi.
Le ginocchia le cedettero per la stanchezza e l'adrenalina che aveva deciso di abbandonarla di colpo, e Percy chiuse le mani attorno agli avambracci della bionda, lasciando il suo viso.
- Facciamo un salto in infermeria, che ne pensi? - le domandò regalandole un altro piccolo sorriso e Annabeth annuì, imponendo alle gambe di reggere mentre Percy la affiancava. - Ce la fai da sola? - chiese guardandola, senza riuscire a nascondere la lieve nota di apprensione nella voce.
- Si - disse Annabeth pur non essendone affatto sicura.
Le suole consumate delle All Star scricchiolarono sotto i rami e le ultime foglie secche che il vento non aveva spazzato via mentre camminava cautamente al fianco del ragazzo, ignorando la stanchezza che le gravava sulle spalle e che le impediva di ragionare lucidamente come avrebbe voluto.
Un piede si incastrò sotto una pietra in rilievo e Annabeth barcollò in avanti, cercando di stabilizzarsi senza successo. Una mano di Percy si strinse attorno al suo braccio ancora una volta e i capelli biondi le coprirono il volto macchiato di stanchezza ed imbarazzo.
- Sempre sicura? - le chiese ancora una volta e Annabeth annuì con un mezzo sorriso nascosto dalla tendina di boccoli chiari che non aveva volutamente scostato sulla schiena.
Sospirò e strinse i pugni lungo i fianchi, odiandosi per quello che stava per fare. - Solo.. tienimi - mormorò, incidendo una tacca nel suo orgoglio.
Le sembrò che Percy scuotesse la testa e prima che potesse analizzare il movimento quasi impercettibilente del capo, il braccio destro le avvolse i fianchi, attaccandola a lui. Ed Annabeth rabbrividì mentre si poggiava al corpo caldo di Percy, controllando lo stomaco che brontolava, a contatto coi muscoli tonici contratti. E sbuffò, rendendosi conto di assomigliare pateticamente a una dodicenne alle prese con la prima cotta mentre camminavano verso l'infermieria che confinava con la Casa Grande. Sembrava fosse il primo contatto con un ragazzo e si, forse era il primo contatto con uno bello come Percy ma, decisamente, non era la prima volta che una persona dell'altro sesso la teneva così stretta. Anche se, per nessun altro lo stomaco e il cuore le avevano fatto così male.
Decise di atribuire i dolori alla rissa nella quale era incappata e sorrise al ricordo di una vittoria così schiacciante, ignorando il senso di colpa che le strinse il ventre mentre ripensava alle urla e alle ossa rotte.
Percy la sollevò un po' di più contro il suo fianco e Annabeth sussultò per la sorpresa, aggrappandosi alla sua felpa nera che, chissà quanto le sarebbe stata grande se l'avesse indossata. Scosse la testa con una smorfia e le dita del moro premettero delicatamente contro la pelle del suo fianco, sotto la felpa pesante che indossava e che, se prima non riusciva a coprirla abbastanza dal freddo, in quel momento sembrava stesse andando a fuoco.
Percy la aiutò a salire gli scalini di una piccola casetta simile a un bunker, con le pareti bianche ben dipinte. La porta scorrevole dell'ingresso impediva di vedere all'interno ma Annabeth immaginava fosse tutto lettini e farmaci, oltre a infermiere vestite in abiti succinti che avevano decisamente sbagliato posto dove stare.
Percy rafforzò la presa attorno ai suoi fianchi mentre la accompagnava e aspettarono pochi istanti prima che la porta potesse aprirsi, facendo arrivare alle narici di Annabeth un forte odore di disinfettante che le fece arricciare il naso per il fastidio.
La ragazza aveva azzeccato quasi su tutto. L'infermeria era un enorme corridoio ricco di letti che potevano essere isolati con una tenda spessa azzurro chiaro. Era piena di carrelli metallici con sopra cotone e antibiotici ma non c'era nessuna infermiera con la divisa troppo cucita. Solo un paio di ragazzi con le scarpe da tennis e i jeans rovinati, una maglietta arancione del Campo e un camice bianco aperto sopra.
Controllavano i due pazienti sdraiati su un paio di lettini al centro del corridoio e quando Percy si schiarì la voce, un ragazzo dai capelli castani camminò verso di loro con un sorriso che stendeva le labbra sottili.
- Percy - disse un po' ingessato spostando subito lo sguardo su Annabeth che strinse le labbra fastidiosamente, poggiandosi un po' di più al ragazzo che le cingeva ancora i fianchi. - Che è successo? - domandò, allungando una mano per stringere un avambraccio di Annabeth mentre la portava verso un lettino.
Percy non la lasciò andare neanche per un istante mentre il medico di diciannove anni le faceva strada verso il lettino più vicino, scostandole le coperte. La aiutò a sdraiarsi sulle coperte bianche ma rimase comunque vicino a lei, sfiorandole la spalla con un braccio.
- Ha picchiato cinque arciere dopo che l'avevano circondata - disse, e la bionda riuscì a notare il velo di orgoglio che colorava la voce di Percy.
Il medico sbarrò gli occhi e scoppiò a ridere, passandosi una mano tra i capelli castani, mentre gli occhi azzurri brillavano di eccitazione. - Chi erano? - domandò, voltandosi verso Percy mentre toglieva uno stetoscopio dalla tasca destra del camice.
- Lyla, Mei, Lucy, Caroline e Ivy. Ha rotto il braccio di Ivy contro il ginocchio! - esclamò Percy sbarrando gli occhi e sorridendo mentre il ragazzo rideva, buttando la testa all'indietro e portando lo sguardo su Annabeth.
Allungò una mano verso di lei. - Sei il mio nuovo mito. E io sono Andrew - aggiunse mentre la ragazza si presentava a sua volta con un sorriso sul volto che le stendeva le labbra rosee. - E per tutto il tempo che starai qui, ho intenzione di sapere nei dettagli cosa hai fatto a quelle cinque oche - borbottò indossando lo stetoscopio e avvicinandosi un po' di più ad Annabeth, che rise.
- Non saranno qui, fra poco? - domandò la ragazza, ignorando il brivido di freddo quando Andrew le infilò una mano sotto la schiena, poggiandole la piastrina in metallo sulla pelle.
E il castano sbuffò. - Un respiro profondo - le disse. - E comunque se ne occuperà Jack - decise, zittendosi l'attimo dopo per ascoltarle il cuore.
Passò davanti a lei, e Percy si spostò di un solo passo verso i piedi del letto, incrociando le braccia.
Quando ebbe finito, dopo averle posato la piastrina fredda dello stetoscopio anche sul seno sinistro, si voltò, afferrando una macchinetta per la pressione.
- Probabilmente è solo pressione bassa, giusto? - domandò Annabeth mentre Andrew le sistemava la benda sull'avambraccio, stringendola il necessario da non farle troppo male quando poi si sarebbe gonfiata.
Il ragazzo si limitò a un cenno della testa e un mezzo sorriso mentre faceva partire la macchina e la fascia stretta attorno alla pelle di Annabeth si gonfiava in una morsa ferrea.
Dopo pochi istanti tolse tutto, poggiandolo sul comodino dietro di lui. - è solo pressione bassa, e sicuramente l'adrenalina e lo spavento hanno influito. Stai qui per qualche ora e poi puoi andare.
E Annabeth annuì un paio di volte, facendo saettare lo sguardo grigio sul volto serio di Percy che teneva ancora le braccia incrociate sul petto, senza forse rendersi conto delle maniche della felpa che si tendevano sugli avambracci. Si sistemò meglio sul letto scalciando via le All Star slacciate ed Andrew le sorrise ancora prima di voltarsi di scatto quando la porta scorrevole strisciò verso destra.
Annabeth sapeva di aver fatto male a quelle cinque ragazze che avevano combattuto contro di lei. Sapeva di esserci andata pesante e di non essersi risparmiata mentre ringraziava zia Marin di tutte le lezioni di Taekwondo, pugilato, karate e judo che le aveva fatto prendere. Ma, sicuramente, non si aspettava un tumulto del genere e ragazze che piangevano così tanto, col il mascara colato sulle guance e un paio di ragazzi che le tenevano, issandole sui primi lettini liberi che vedevano, chiamando i due medici a gran voce che saettavano tra le cinque arciere nella speranza di risolvere il prima possibile il loro problema.
Annabeth non evitò lo sguardo gelido che le rivolsero tutte le ragazze tra le lacrime e quando spostò gli occhi su Percy, che era ancora fermo ai piedi del letto, quell'ombra di sorriso che lui tentava di tener nascosta, riuscì a vederla comunque.
Annabeth uscì dall'infermeria poco prima dell'ora di pranzo, con i muscoli ancora doloranti e le braccia che non volevano saperne di muoversi oltre i suoi fianchi.
Aveva intenzione di raggiungere Talia pur non avendo la minima idea di dove potessere essere e salutò tutte le persone che le rivolgevano sorrisi e pacche sulle spalle doloranti, cercando di capire se le avesse mai viste, arrivando poi alla conclusione che si, loro conoscevano lei e forse era abbastanza per salutarla mentre camminava per il Campo.
Sollevò la testa guardandosi intorno con un mezzo sorriso, prendendo un respiro profondo e lasciando che l'aria pulita che sapeva di bosco e libertà potesse arrivarle fino ai polmoni.
Era nata in California ma aveva vissuto a New York per gli ultimi quattordici anni della sua vita, e non era più abituata al silenzio e all'aria pulita che si rivelarono più piacevoli di quanto avrebbe potuto immaginare.
Quando arrivò all'Arena dove avrebbe dovuto fare il test, si fermò davanti alle porte scorrevoli che si aprirono un paio di volte -confuse- mentre lei continuava a stare impalata davanti ai vetri, chiedendosi quale fosse la scelta migliore. I passi che sentì in lontananza e le risate di alcuni ragazzi furono abbastanza per farle varcare la soglia ed entrare nell'Arena, evitando di fare la figura della ritardata piuttosto inquietante.
Camminò lungo il corridoio lentamente, osservando le incisioni greche alle pareti, le citazioni di scrittori ed eroi che conosceva e che la fecero sorridere inconsapevolemente. Girò a destra, ritrovandosi nell'area della rissa e sorrise al ricordo dell'adrenalina e dell'euforia che le scorreva nelle vene mentre colpiva le ragazze.
Anche quel corridoio era decorato e si sorprese quando, appese alla parete, notò persino qualche foto a colori di quelli che dovevano essere stati guerrieri di qualche generazione passata, che sorridevano davanti a una fotocamera troppo pesante. Alcuni combattevano, altri ridevano e basta senza sapere di essere stati paparazzati. Sorrise d'istinto quando vide una foto di Talia, Luke e Percy di qualche anno più piccoli. Probabilmente avevano sedici e diciotto anni e sorridevano fieri davanti all'obbiettivo mentre sfoggiavano magliette a maniche corte, una cicatrice più rosea e delle braccia che stringevano le spalle di Percy e Talia come se avesse avuto paura di perderli.
Erano bellissimi, con i sorrisi più genuini e gli occhi più luminosi. Ed Annabeth si ritrovò a guardare un Percy con i capelli sudati che gli ricoprivano la fronte, con gli occhi verdi che brillavano sotto quella tendina scura e un sorriso enorme che scopriva i denti. Un sorriso quasi euforico che riuscì a contagiare anche lei.
Sorridevano davanti all'obbiettivo ed Annabeth immaginò una mattina d'estate e un allenamento intenso che si era concluso con la pelle troppo sudata, con gli indumenti troppo accattati al corpo e una foto che voleva far invidia a tutti mentre mostrava il filo doppio con il quale quei tre ragazzi avevano deciso di legarsi.
Annabeth si prese qualche altro secondo per guardare i tre amici prima di spingere il maniglione verde anti-panico che si aprì nella palestra. E la ragazza spalancò gli occhi e la bocca domandosi, assieme a tutte le altre adulazioni per l'architetto che aveva progettato quel posto, se la mascella potesse davvero arrivare a toccare le ginocchia.
Quel posto era più grande di quanto si sarebbe potuta immaginare e sollevò lo sguardo, osservando il soffitto piatto dal quale pendevano bersagli mobili e vetri che calavano a terra continuamente in uno dei settori che componevano quello spazio enorme.
Il pavimento era lucido ma Annabeth era certa sarebbe stato impossibile scivolarci.
Su un lato della palestra vi era una scala orizzontale ad almeno cinque metri da terra e Annabeth corrugò la fronte quando non notò un materasso sotto l'atrezzo ma Reyna che si muoveva attaccata ai pioli come se non avesse fatto altro nella vita, voltandosi per colpire il ragazzone afroamericano che si chiamava Beckendorf. Non molto lontano, i vetri che calavano a terra stavano dando filo da torcere a Talia che, rotolando sul pavimento lucido evitava quegli ostacoli mortali, colpendo con un arco alcuni dei bersagli mobili che le scorrevano velocemente davanti. Will Solace, con un'espressione determinata, combatteva contro un paio di manichini che scorrevano lungo il terreno impugnando l'arco con talmente tanta eleganza e decisione che Annabeth rabbrividì, imponendosi di distogliere lo sguardo da lui e dalla postura tanto elegante
Una ragazza che non aveva mai visto, della stazza di un giocatore di football, era chiusa dentro una stanza in vetro e sparava con decisione a dei bersagli troppo lontani da lei perché potesse essere umanamente possibile fare continuamente centro alla testa e al petto, come stava invece facendo.
Nico di Angelo duellava con Chris Rodriguez in uno dei quadranti della palestra, armati di lance troppo pesanti, e al centro, sopra dei tappetini rossi, Percy e Luke se le davano di santa ragione a mani nude, gettandosi a terra con mostre di wrestling e colpendosi con calci precisi al viso e in pieno petto.
- Annabeth! - la voce di Talia rieccheggiò nella palestra mentre si voltava di scatto, estraendo un pugnale dalla Doctor Martins scura e conficcandolo nel petto dell'ultimo bersaglio mobile che aveva alle spalle. Sorrise come se nulla fosse e camminò verso di lei, tenendo comunque una freccia incoccata nell'arco che sbatteva contro la coscia. - Come stai? - le domandò, un attimo prima che Luke potesse dare un pugno sulla mascella di Percy per attirare la sua attenzione.
- Figlio di puttana! - esclamò il moro lanciandosi al collo dell'amico e buttandolo a terra mentre Luke rideva, puntandogli le mani sui fianchi nella speranza di spostarlo da sopra di sé.
Annabeth si guardò intorno ancora una volta prima di rispondere, osservando le armi che occupavano tutta la parete destra: c'erano spade, pugnali, lance delle dimensioni più disparate e poi c'erano pistole, mitra e fucili sempre più elaborati e sofisticati. Quando la bionda portò lo sguardo su Talia, si affidò al suo sorriso familiare per non cadere nella più totale confusione. - Tutto bene - rispose con un mezzo sorriso portandosi i capelli ricci sulla spalla destra, lasciando che le sfiorassero il bacino. - Sono sempre così? - domandò divertita, accennando a Luke e Percy che erano passati dal prendersi a pugni a una gara di solletico.
Talia si voltò su di loro, il braccio libero puntato sul fianco e un mezzo sorriso sulle labbra sottili. - La finite? - gridò, per farsi sentire oltre i versi di Reyna e Beckendorf che se le davano di santa ragione, saltando da un piolo all'altro della scala orizzontale, e oltre i colpi delle lance di Chris e Nico che si incontravano continuamente con forza.
Luke e Percy si fermarono in quel momento e il moro sollevò lo sguardo sulla ragazza senza allentare la presa sui fianchi dell'amico, sedendosi più comodamente sul suo bacino mentre il ragazzo imprecava e piegava la testa all'indietro per guardare la sua ragazza.
- Abbiamo appena iniziato! - si difese il biondo con un mezzo sorriso che gli fece scintillare gli occhi azzurri.
Talia scosse la testa e Annabeth sorrise quando incrociò le iridi elettriche della migliore amica che tornò a rivolgerle la sua attenzione, divertita. - Ho saputo che hai fatto il culo a cinque arciere. Volevo venire a trovarti in infermeria ma il tempo è volato mentre insegnavo a un paio di wrestler come fare una presa - si scusò, lasciando l'arco a terra per legarsi i capelli sudati in una crocchia in cima alla testa, scoprendo il collo sinuoso e rossastro per lo sforzo.
E la cosa più bella di Talia, senza dubbio, era che quella ragazza riusciva ad essere perfetta anche con un velo di sudore che le luccicava sulla fronte, con il volto arrossato e i vestiti troppo appiccicati al corpo. E lei non aveva neanche idea di quanto fosse schifosamente perfetta ogni singolo secondo.
- Nessun problema - le sorrise Annabeth, lanciando un'occhiata a Will che scagliava tre frecce assieme, colpendo un bersaglio al petto e facendolo cadere a terra. Fu necessario qualche secondo prima che potesse rialzarsi, scivolando sulla destra e lasciando spazio a un'altra sagoma bianca. - E comunque si, ma non ho idea di chi siano tranne Lyla e Mei.
E Talia storse la bocca, abbassandosi un'altra volta per prendere l'arco e incoccando la freccia che non doveva ancora usare.
- Erano Lyla, Mei, Lucy, Caroline e Ivy - esclamò Percy da sopra Luke, gridando per la sorpresa quando il biondo ribaltò le posizioni, facendogli sbattere la schiena sul tappeto bordeaux e solleticandogli lo stomaco con le dita, osservandolo mentre si agitava e rideva convulsamente. - Basta! - implorò mentre Luke continuava a torturarlo senza smettere di ridere.
Talia sbuffò, riportando lo sguardo su Annabeth. - Odio quelle stronze - confessò con una smorfia delle labbra sottili. - Era ora che qualcuno gli desse una lezione.
E la bionda la guardò con un mezzo sorriso sulle labbra rosee, lanciando un'occhiata a Clarisse che, dietro al vetro spesso e insonorizzato, caricava una pistola scura.
- Non mi alleno mai con gli arcieri e in più, distruggerle senza motivo mi avrebbe fatto guadagnare una punizione più grande di questa palestra - le rivelò mentre le risate di Luke e Percy riuscivano a sovrastare senza sforzi i rumori dei guerrieri che si allenavano. - Comunque - esclamò improvvisamente, facendo sussultare Annabeth. - Immagino tu sia venuta qui per iniziare il tuo addestramento, no? Era da tempo che non vedevo un guerriero e sono contenta sia tu - le confessò mentre le dava le spalle, camminando verso Luke e Percy.
Ed Annabeth sorrise d'istinto mentre la seguiva, incapace di distogliere lo sguardo da Reyna che saltava da un piolo all'altro con maestria. Successe in un secondo e se prima la ragazza si teneva con le braccia, l'attimo dopo era appesa a testa in giù e colpiva Beckendorf con pugni allo stomaco talmente veloci che Annabeth faticava anche a vederla. Quando il ragazzo la colpì con un calcio allo sterno, la bionda decise di distogliere lo sguardo.
- Bambini, ci serve il tappeto - disse Talia lasciando l'arco a terra, puntando le mani sui fianchi e guardando i due ragazzi dall'alto che si erano fermati ancora una volta.
Luke sbuffò e scese da sopra Percy, alzandosi facilmente e porgendogli una mano per aiutarlo a sollevarsi. Lo tirò verso di sé e il moro sorrise ancora, scurendosi in volto quando gli occhi verdi si posarono sul viso di Annabeth.
- Voglio vedere cosa sai fare - esordì Talia allontanando la bionda da quel gioco di sguardi che aveva iniziato Percy, spingendola a spostare le iridi grigie sul suo volto lentigginoso. - Combatti con me - decise e Annabeth corrugò la fronte osservando la migliore amica che si slacciava velocemente gli scarponi, levandosi poi le calze scure e salendo sul materasso.
La osservò ancora mentre saltellava, scaldando le braccia e il collo con un'espressione incredibilmente seria. - Non riesco a lottare contro di te, Talia - le sorrise Annabeth, levandosi facilmente le All Star slacciate e le scarpe, sistemandosi davanti alla mora che la osservò divertita, rilassando le braccia lungo i fianchi.
- So che sai già combattere. Marin ti ha fatto fare tutti i corsi di lotta possibili da quando eri piccola e so anche che due uomini li hai stesi tu, soltanto ieri - e Annabeth ignorò la morsa allo stomaco, abbassando lo sguardo sui suoi piedi nudi per qualche secondo, mentre Talia ricominciava a parlare. - Ma nessuno di loro era un guerriero addestrato al Campo Mezzosangue.
Annabeth corrugò la fronte scrocchiando i polsi e gettandosi i capelli lungo la schiena. - Che differenza fa? - domandò leggermente confusa, studiando lo sguardo elettrico dell'amica.
E Talia sorrise, piantando bene i piedi a terra mentre stringeva lentamente i pugni lungo i fianchi. - Noi non ci alleniamo solo per combattere, ci alleniamo per sopravvivere e per salvare prima la vita degli altri e poi la nostra.
- Io perché sono un guerriero?
E Talia sorrise ancora una volta.
Angelo, pensò Percy un attimo prima che la mora potesse far scattare un pugno, colpendo Annabeth alla mascella con forza, facendole scattare la testa verso destra.
- Merda - sibilò la bionda abbassandosi di scatto quando Talia tentò di colpirla ancora. Le piantò un pugno nello sterno e poi si alzò di colpo, spingendola all'indietro con un calcio allo stomaco.
Talia incespicò sul pavimento e Annabeth le andò incontro per colpirla ancora una volta. Era certa sarebbe caduta per cui, la sforbiciata all'indietro della mora fu una sorpresa abbastanza grande da farla trovare impreparata mentre la colpiva alla mascella con forza, facendola rotolare per terra.
Annabeth piantò le mani sul tappetino sudato e digrignò i denti solo per assicurarsi che fossero ancora tutti interi. Si alzò lentamente e ridusse gli occhi a due fessure osservando Talia che, davanti a lei, saltellava, tenendo i pugni sollevati all'altezza del petto.
Le rivolse un sorriso irritante e la bionda si toccò la mascella con la mano prima di piegarsi all'indietro lateralmente, indirizzando verso di lei un calcio al fianco.
Talia scartò all'indietro e Annabeth roteò su se stessa, avvicinandosi abbastanza per poterla colpirle al petto col braccio teso, dandole una gomitata che le fece scattare la testa all'indietro.
La mora la colpì fulminea alla testa e Annabeth barcollò all'indietro mentre la palestra girava attorno a lei e il volto doppio di Talia si faceva ancora più vicino. Cadde a terra e quando l'amica caricò la gamba all'indietro per colpirla, con un braccio le bloccò la gamba a mezz'aria, tirandola verso di sé e alzandosi mentre lei cadeva a terra con un tonfo. Gemette e Annabeth si sedette sul suo bacino bloccandole le braccia sopra la testa e le gambe con le sue per evitare che si muovesse.
Il petto ansante di Talia era a pochi centimetri dal suo e i respiri affannati delle due amiche si fusero mentre si guardavano negli occhi.
- Vinto - soffiò Annabeth con il fiato ancora corto.
E quando Talia sorrise, la bionda si accorse troppo tardi che no, non aveva vinto proprio niente. L'amica sotto di lei fece scivolare le gambe sotto le sue e rotolò, sbattendola a terra e bloccandola contro il tappeto.
Annabeth tentò a muoversi con un grugnito frustrato un paio di volte e poi abbandonò la testa a terra, chiudendo gli occhi, tentando di recuperare fiato. - Hai vinto tu - si arrese con un sorriso sconfitto, nascondendo la rabbia che montava nel suo petto.
E Talia scosse la testa, regalandole un sorriso a labbra chiuse, alzandosi da sopra di lei e porgendole una mano per aiutarla a fare lo stesso.
Annabeth si sistemò la felpa, desiderando una doccia calda per poter sciacquare via il primo velo di sudore ma Luke applaudì, e quello fu decisamente più importante di tutte le docce del mondo. Lo osservò confusa, evitando gli occhi verdi di Percy che sembrava volesserlo trapassarle il cranio.
- Davvero bello - rivelò salendo sul tappetino, avvolgendo un braccio attorno ai fianchi di Talia e avvicinandola a sé solo per lasciarle un bacio sulla tempia sudata, strappandole un sorriso mentre chiudeva le palpebre sulle pozze elettriche. - Ma Talia non aveva vinto.
Annabeth corrugò la fronte e si sistemò i capelli sulla spalla destra ancora una volta, nella speranza di avere un minimo di fresco al collo e alla schiena sudati. - Stai scherzando? Non riuscivo più a muovermi - disse scendendo dal tappetino e prendendo una delle due calze che aveva infilato dentro l'All Star.
Talia sorrise, arrivandole affianco e afferrando una calza dallo scarpone.
- Lezione numero uno - esordì.
- C'è sempre un modo per ribaltare l'incontro. - Ed Annabeth osservò la schiena di Percy mentre andava via, chiedendosi cosa mai gli avesse fatto per renderlo così freddo ogni volta che si trattava di lei.
Talia si era rifiutata di far allenare Annabeth anche la sera. Il primo combattimento che avevano avuto quel pomeriggio era stato abbastanza, e non voleva rischiare che la sua amica potesse star male ancora una volta. Non erano abbastanza però, tutte le volte (almeno cento) -e Talia ne aveva contato la maggior parte- che Annabeth le avesse chiesto di insegnarle come liberarsi da una presa a terra come quella che le aveva fatto lei.
Non aveva ceduto a pranzo, mentre allenava i wrestler, mentre andava in bagno e mentre si allenava a tirare con l'arco.
Talia sapeva che Annabeth poteva essere insistente ma mai, come quell'ultimo giorno di novembre, si era ritrovata a desiderare così ardentemente che la sua migliore amica stesse zitta.
E anche in quel momento, mentre andavano a cena, Annabeth continuava a parlare, inserendo nella frase, come se fosse una virgola, un:"come ci si libera da quella presa? E spero che a cena ci sia la carne perché ho davvero bisogno di una bistecca al sangue, e come ci si libera da quella presa? E patate al forno un po' bruciacchiate.
- Sono pronta ad ucciderti - sibilò Talia facendola ridere mentre rimanevano in coda per prendere il cibo esposto nelle vetrine. Cibo molto più appetitoso di quello che sfoggiava il City College.
- Domani continuo - decise la bionda mentre sistemava qualche patata bruciata accanto alla bistecca al sangue. Affiancò Talia per mettere la coca cola dentro un bicchiere di cartone e poi la seguì verso il tavolo che, ormai l'aveva capito, era il loro. Sembrava che alla C.M. non ci fossero le stessero distinzioni di status quo come al City College, ma che tutti avessero semplicemente un tavolo che non erano disposti né a cambiare né a cedere.
Annabeth finì tra Chris Rodriguez e Reyna e si sorprese quando, davanti a lei, invece di esserci Nico, c'era la stessa ragazza abracciata a Beckendorf il primo giorno che era arrivata al campo, quella bellissima, con la pelle chiara, i capelli neri e gli occhi azzurri.
- Silena - disse attirando la sua attenzione, lasciando la forchetta sul piatto in ceramica e allungando una mano sul tavolo, verso di lei.
Annabeth le sorrise, stringendola. - Annabeth - si presentò. - Sei la ragazza di Beckendorf, no? Ci siamo viste ieri, quando sono arrivata.
E Silena annuì un paio di volte, lanciando un'occhiata fugace al ragazzone afroamericano accanto a lei che parlava con Chris, Percy, Luke e Will della stagione di football in corso.
Annabeth captò Giants e Chicago Bears un paio di volte prima di lasciar perdere, portandosi una patata bruciacchiata alle labbra.
- Sono un cecchino - le disse, leggendo l'implicita domanda che gli occhi di Annabeth le stavano rivolgendo. - Charlie sarebbe dovuto essere nei wrestler ma Percy e Luke l'hanno preso nei guerrieri quando ha picchiato Jonhatan Miller dopo che aveva rubato il pranzo a Antony De Silva.
Annabeth annuì un paio di volte con un sorriso, portandosi un boccone di bistecca al sangue alle labbra. E Silena non solo era la sua ragazza, ma era anche l'unico individuo al mondo a chiamarlo per nome.
- Anche Nico era un cecchino. Will era un'arciere, Chris e Reyna due cacciatori e Clarisse una pistolera. - Continuò a spiegarle, facendo saettare lo sguardo da lei a Beckedorf, che parlava con i ragazzi. Si lasciò scappare un sorriso, e poi le iridi azzurre tornarono a guardare quelle grigie di Annabeth. - Gli Stoll - disse, indicandole due gemelli ricci seduti qualche tavolo più indietro che facevano delle magie con delle monete a un paio di morette, - erano due accoltellatori. I migliori al Campo - le rivelò annuendo un paio di volte mentre Annabeth ascoltava interessata.
- Mi piace questo posto - le disse la bionda improvvisamente, come se le parole avessero deciso di loro spontanea volontà di scivolare via dalle sue labbra. Non sapeva come fosse stato possibile ma pareva quasi che Silena la spingesse ad aprirsi con lei. Forse erano gli occhi azzurri gentili o le labbra piene sempre distese in un sorriso, ma Annabeth sapeva di potersi fidare di lei.
La mora sorrise mentre si portava alle labbra una delle patatine fritte che aveva sul piatto, masticandola poi, lentamente. La buttò giù con un sorso di coca-cola. - Siamo una grande famiglia. Nessuno giudica perché abbiamo tutti storie simili. Cerchiamo di aiutarci perché sappiamo che è l'unico modo per andare avanti senza crollare. - Poi rise, quasi nel tentaivo di sdrammatizzare quello che le aveva appena detto. - Poi le teste di cazzo ci sono anche qui. - Alzò gli occhi al cielo, picchiandosi il mento con un dito mentre faceva finta di pensare, sorridendo nell'ascoltare la risata genuina di Annabeth. - E mi chiedo per quale motivo vengano portate da noi e non vengano spedite in luoghi tipo il deserto del Sahara, in mezzo ai beduini e ai serpenti velenosi. - Annabeth rise ancora, quella volta più rumorosamente, gettando la testa all'indietro e passandosi una mano tra i ricci mentre riportava lo sguardo sulla sua nuova amica. - Ma poi penso che ci siano solo per far smistare la nuova arrivata nei guerrieri senza neanche un test di routine, quindi tutto assume un senso. - Le sorrise ancora e Annabeth si portò una patata al forno bruciacchiata alle labbra, posando poi la forchetta sul piatto.
- In quanti sanno di me?
Silena rise a bocca chiusa mentre masticava. - La domanda giusta sarebbe: c'è ancora qualcuno che non conosce la ragazza che ha mandato in infermeria le migliori arciere del Campo? E la risposta sarebbe: no, cucciola. Ormai ti conoscono tutti e con nomi sempre diversi che spaziano dallo SpaccaOssa a Lara Croft in versione bionda e più sexy.
Ed Annabeth rise ancora, portandosi le mani al viso per nascondere l'imbarazzo che le macchiava lo sguardo e le guance. - Dio.. non volevo andasse così - confessò, sollevando lo sguardo su Silena che si era portata almeno cinque patatine alle labbra, riuscendo comunque a masticarlo con un'eleganza tale che fece domande ad Annabeth come potesse essere possibile.
- Non ti preoccupare. È figo, comunque. Quelle cinque stronze si meritavano una bella lezione - borbottò dopo aver finito di masticare, pulendosi le labbra col tovagliolo accanto al piatto. - Ci hanno provato con Charlie, a turno, quando stavamo uscendo assieme l'anno scorso. A mio parere si meritavano anche di peggio.
Le cena continuò facilmente mentre le chiacchiere di Annabeth spaziavano da Silena al resto dei commensali seduti con loro al tavolo da chiosto. Ridevano spesso e quella era una bella boccata d'aria per la ragazza che portava lividi sul viso e nel cuore.
Aveva iniziato ad ignorare Percy dopo che, la prima volta che aveva tentato di rivolgergli la parola, si era scurito in volto, rivolgendo poi la sua attenzione verso Luke.
E si, la dava fastidio. E le dava fastidio anche l'essere osservata così insistentemente quando guardava da un'altra parte. E le dava fastidio anche il fatto che, sentire quelle iridi versi su di lei, -cavolo- non le dava affatto fastidio.
Si erano alzati dal tavolo verso le dieci, dopo aver preso una torta al cioccolato che Annabeth aveva capito preparassero tutti i mercoledì, e riuscì anche a trovare un lato positivo in quel giorno settimanale che non era mai riuscita a farsi piacere.
Gli occhi erano in procinto di chiudersi per la stanchezza mentre camminavano verso la sua nuova Casa quando, un lampione acceso, le fece individuare Silena che camminava assieme ad un altro gruppo di ragazze.
- Ti raggiungo - promise alla migliore amica, correndo verso la mora senza aspettare che la ragazza potesse annuire o farle un segno di qualsiasi tipo. - Silena! - la chiamò, sorridendo quando lei si fermò di scatto voltandosi verso di lei e dicendo alle amiche di non aspettarla.
- Ehi - la salutò. - Hai bisogno di qualcosa? - domandò leggermente confusa.
Annabeth annuì, aspettando che anche gli ultimi ragazzi che stavano rincasando potessero essere abbastanza lontani da loro due. - Luke e Percy. - Esordì, notando lo sguardo circospetto di Silena. - Cos'erano prima di essere guerrieri?
E la ragazza sorrise a labbra chiuse facendo un passo verso di lei per starle ancora più vicino. Il fiato sapeva di dolce e caffé e Annabeth la fissò negli occhi azzurri, domandandosi cosa si sarebbe dovuta aspettare. - Non lo sa nessuno. Sono arrivati al Campo con un paio di giorni di distanza l'uno dall'altro e sono stati mistati nei guerrieri senza test, come te - le rivelò in un sussurro anche se, nell'arco dell'Omega, lontane almeno una decina di metri dalle case, c'erano solo loro due. - Nessuno conosce la loro storia o il perché siano qui, se non loro due. E nessuno ha mai provato a chiederglielo. - Si passò una mano tra i capelli scuri e Annabeth pensò ,stupidamente mentre la osservava, come facesse a essere bella anche con una maglietta troppo arancione e dei jeans slavati e aderenti. - è uno dei misteri del Campo che sono certa rimarrà tale. - Concluse allontanandosi da lei di colpo con un sorriso genuino. - Buonanotte Annabeth - la salutò, camminando velocemente verso la sua casa.
E la bionda rimase ferma nel punto dove avevano parlato, ancora per un po', tentando di collegare pezzi di puzzle che non riusciva a trovare.
Solo dopo qualche minuto si voltò per andare via.
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