Intermezzo ☆ Nel posto giusto al momento giusto

Non aveva nemmeno idea sul perché era corso verso il confine tra Gavaldon e la Selva Infinita, se era perfettamente consapevole di non poter superare quella sottile linea che divideva la magia dal mondo normale. Forse era stato l'istinto di Gran Maestro, o forse l'empatia, sensazione che non aveva mai provato. Era vero, in certi momenti aveva sentito il cuore riempirsi di pietà, ma non era genuina e sana, era piuttosto un sentimento egoistico di tenerezza. Gli dispiaceva per loro perché non erano come lui, ma adesso quello che provava era diverso. Forse era stata l'influenza della solitudine o l'esperienza di passare intere giornate assieme a pecore dalla personalità sostanzialmente inesistente (ma d'altronde erano pecore). Ora si sentiva mosso da un sentimento strano, mescolato alla paura. Se quel terremoto avesse continuato a scuotere la terra, la Selva prima o poi avrebbe ceduto. E soprattutto, avrebbe ceduto chiunque fosse il conduttore che stava scaricando tutta la magia dei jinn al suolo. E aveva già visto morire troppe persone per perderne un'altra. Anche se non lo sapeva, si stava premurando per la salute del suo amico. Tornando alla sua ironica corsetta, gli stava diventando sempre più difficile schivare gli ostacoli naturali che si presentavano sempre più spesso sulla strada che aveva deciso di seguire. Saltando con difficoltà un tronco realizzò scocciato che il Kay del primo anno non solo l'avrebbe detestato, gli avrebbe pure sputato in un occhio e avrebbe congelato la saliva per traforargli il bulbo oculare. Anche se era un completo narcisista, leggermente psicopatico e a tratti terrificante, quel Kay aveva anche dei lati positivi. Del tipo, probabilmente sarebbe riuscito a sopportare quella corsetta senza avere il fiatone e specialmente non sarebbe andato nel panico come stava andando lui in quel momento.

Chissà perché era andata così. Ogni tanto si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se fosse stato meno opportunista. Anche perché non era il Kay che aveva congelato tutti a pagarne le conseguenze, ma quello che cercava di rifarsi una vita. Però se non avesse fatto pasticci non avrebbe mai conosciuto Dario, ed era una brutta cosa. Anche se non riusciva ad esprimerlo, non ci era amico solo perché era in grado di dire esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento, ma anche perché era semplicemente Dario. Gli avrebbe voluto bene anche se non fosse riuscito a trarne nessun vantaggio. Certo, quelli erano un plus non trascurabile, ma di base Dario era il suo migliore amico come non lo era mai stato nessun altro.

Ryuu? Era stata una fiamma, non esattamente una migliore amica. Forse erano partiti da amici? Non ne era sicuro. Gli piaceva perché era così gentile ed ingenua, e non esattamente furba. L'aveva sempre rigirata come un calzino e lei non aveva (quasi) mai detto nulla a riguardo, solo subito coraggiosamente e sorriso da brava stupida. Doveva ammettere di essere piuttosto infastidito dal suo tentativo di rifarsi una vita. Il fatto che ci stesse provando lo faceva sentire un ex fidanzato insignificante, e non era giusto.
Jamil? Sicuramente erano amici, ma doveva ammettere che essere amico con lui non era facile. Ogni tanto si demoralizzava e gli toccava doverlo consolare. Specialmente non poteva che provare una sorta di pietà disgustata nei suoi confronti: era sicuro che il jinn lo invidiasse per tutto! Fisico, voti, carisma, intelligenza...forse ci era stato amico solo perché accanto a lui i suoi difettucci passavano in secondo piano.
Invece Dario era perfetto. Non si lamentava, non chiedeva di poter sfogarsi con lui perché rispettava la necessità di Kay di concentrarsi solo su sé stesso. Se stava male si teneva tutto dentro e non provava a coinvolgerlo nella sua sofferenza, che era qualcosa che il principe delle nevi si aspettava da tutti. Ma allo stesso tempo ascoltava i lamenti pacchiani e insopportabili di tutti, quindi sentire i suoi doveva essere molto più piacevole perché almeno i suoi erano giustificati.

Forse non era un buon amico. E forse, se continuava ad avere quei pensieri stava dimostrando ancora una volta a se stesso che non era capace di cambiare, e che sarebbe rimasto per sempre un egoista. Ma lui voleva davvero cambiare. Davvero. Ed era per questo che stava correndo, anche se non sapeva dire il perché. Ecco il confine. Sentiva il cuore in gola, ma aveva necessità di passare oltre. Era il Gran Maestro, in fondo. Poteva fare qualsiasi cosa volesse. Si fermò, e deglutì, cercando di ragionare razionalmente. Se il vecchio Gran Maestro andava a prendere due ragazzi lì ogni quattro anni senza conseguenze, perché doveva averle lui? Prese un bel respiro e corse in avanti.

Okay, non era successo niente e lui era fuori da Gavaldon. Ma quella cittadina triste e sicura non era mai stata il problema: il problema era quella crudele e malvagia foresta incantata. A proposito di quest'ultima, stava letteralmente decadendo. Ormai diversi alberi erano caduti al suolo, con le rispettive ninfe accasciate sul tronco ed agonizzanti. Qualche ninfa dei laghi era emersa cercando di aiutare le proprie cugine, ma fallendo a causa del proprio specchio d'acqua flagellato dalle onde.

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Bellium, invece, non aveva lasciato il braccio di Thomas, e continuava a discutere con l'incube senza curarsi particolarmente del ragazzino e delle sue condizioni.
«Caspita, é davvero un terremoto con i fiocchi» stava bofonchiando l'altra demone, che a quanto pareva si chiamava Hissiti. «Eppure non é mica la prima volta che lo Zeniith dà problemi»
«Non é la prima volta?» esclamò il ragazzo.
«Certo che no, ti pare? Quando Jalina si é messa in testa che doveva costruire il portale ha praticamente distrutto la Selva»
«Mi stai dicendo che prima l'Occhio non c'era?» esclamò il ragazzo. «Ma se prima non c'era, cosa sorreggeva il suolo?»
«Niente. Il suolo non ha mica bisogno di essere sorretto. Il fatto del pilastro della Terra é un falso mito» rispose Hissiti, facendo spallucce. «Non volevo dirlo perché Bellium a queste cose ci crede» aggiunse sottovoce.
«Ma dai! Sei una pessima amica!» aveva squittito l'altra, terribilmente offesa.
«Sentite, tutti sapevamo che sarebbe successo. Jalina non voleva sentir parlare delle conseguenze. Ma quando prendi la magia dalla Terra, la Terra se la riprende» continuò imperterrita l'incube. «E dire che l'hanno avvertita. C'erano diverse profezie a riguardo»
«Chi é Jalina?!» sbraitò Thomas, agitando le braccia. Hissiti sospirò, scocciata. «L'ex regina dei jinn. Uffa, ma non sai proprio niente»

Anche Bellium si guardò attorno e poi si avvicinò all'incube. «Hai detto profezie?»
«Certo che sei proprio un demone di bassa categoria se non conosci le profezie dell'Apocalisse»
«Non puoi dirmi cosa sta succedendo e basta?»
«Non sono sicura che sia esattamente questa quella che sta succedendo, ma comunque. Il principe dei jinn distruggerà lo Zeniith, il Settemplice Cerchio Solare ritornerà tra le mani della Regina della Notte e inizierà l'Era della notte eterna! Non sei eccitata? Vuol dire che noi demoni potremo fare quello che vogliamo, per sempre»
«Perché Jamil dovrebbe collaborare con Domina?! Si odiano!» strillò Thomas, pestando i piedi a terra.
Le due demoni lo guardarono.
Il ragazzo abbassò la voce e si guardò attorno con circospezione. «Lei flirta col suo fidanzato» sibilò, e le due annuirono comprensive.

In quel momento qualcuno mise la mani sulle spalle del ragazzino, facendolo urlare terrificato. Sembrò calmarsi solo quando vide il familiare sorriso nervoso del principe delle nevi. Ritrovare il suo migliore amico gli diede la forza necessaria per liberarsi dalla presa di Bellium ed abbracciarlo.
«Ah ah, bambino. Mi avevi promesso delle pecore» esclamò la donna, ma un'occhiataccia del nuovo arrivato le bastò a convincerla a tacere e a farsi indietro.
«Thomas! Stai bene?» domandò il principe delle nevi, controllando ovunque che stesse bene e che non si fosse fatto niente.
«Benissimo. Se non fosse per, beh, questo terremoto e per il fatto che ho appena scoperto che...»

Kay lo zittì. «Non c'è tempo!» esclamò. «Devo fermare il terremoto, ma non so che fare»
Il ragazzino abbassò lo sguardo sui suoi pattini d'argento. «So cosa fare»

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Attorno allo Zeniith si erano naturalmente radunati diversi jinn, in parte incuriositi dal tetro spettacolo e in parte scocciati dall'interruzione delle loro attività quotidiane. Un paio di quelli che sembravano scienziati dall'aria sapiente discutevano a voce alta sul destino del malcapitato, assumendo una certa aria soddisfatta se le loro ipotesi venivano confermate vere poco dopo. Keiichi, dall'altro canto, sembrava essere l'unico ad aver notato che la mole dell'Occhio di Jalina stava pian piano diminuendo, probabilmente restituendosi naturalmente alla Terra che l'aveva generata. Ogni tanto dava un'occhiata disinteressata a Jamil, che aveva assunto una posizione leggermente storta, probabilmente a causa delle convulsioni che lo prendevano a intervalli regolari. Ed eccole di nuovo. Ora era in ginocchio, con le braccia sollevate e ricoperte di ustioni, che cercava inutilmente di staccarsi da quel dannatissimo portale. Ma la cosa che lo infastidiva è che ogni tanto quel jinn aveva il coraggio di guardarlo. Non era esattamente sicuro che lo vedesse, perché ogni tanto aveva strillato lamentando di non riuscire più a vedere nulla, ma di certo lo fissava per farlo sentire in colpa, con le pupille dilatate e l'aria da cucciolo bastonato. Fortunatamente non aveva più la forza per parlare, quindi non doveva nemmeno subirsi le urla di qualcuno soggetto ad elettrocuzione.

Nel frattempo, si faceva bendare le dita entrate brevemente in contatto con l'Occhio dalle due guardie, estremamente diligenti. Si erano anche presentate, ma non riusciva a replicare i complessi suoni che caratterizzavano il jinnico, quindi aveva ribattezzato la guardia felina "Animale uno" e il serpente "Animale due". Anche se nessuno dei due pareva troppo felice che i loro bei nomi musicali venissero storpiati da un nuovo arrivato la cui incoscienza aveva appena provocato questo fastidiosissimo terremoto. E forse provavano anche un po' di pietà per il ragazzo dall'altra parte, adesso tremendamente rigido. Dal canto suo Jamil cercava di pensare ad altro, tipo al fatto che prima o poi si sarebbe liberato dalla morsa dello Zeniith e che avrebbe ripreso la sua vita normale. Cercò di ricordarsi il suono della voce di Khalil, poi tutti e sette i nomi dei nani amici di Biancaneve, infine immaginò l'oceano, che non aveva mai visto. Ogni tanto la sua mente faceva silenzio ed ascoltava le voci dei jinn attorno a lui, immaginando facce che concordassero con le loro voci. Voleva solo tornarsene tra le braccia dei suoi genitori, tornare a quando era alto fino al ginocchio di suo padre e farsi prendere in braccio. Sentiva i due scienziati borbottare qualcosa come perdita di conoscenza, e probabilmente avevano ragione. Sentiva l'afflusso dei suoi pensieri diminuire rapidamente, mentre reclinava il capo all'indietro e si domandava se si sarebbe mai svegliato.

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Domina era alla ricerca di Miranda, spaventata. Aveva già perso un amante, non poteva certo perderne due. Mentre la chiamava, faceva il giro attorno all'Accademia a discapito della sua stessa sicurezza, pentendosi amaramente di averla tradita. Come avrebbe fatto se fosse morta la sua ragazza? Ricordava esattamente il dolore che si provava nel dover lasciare andare qualcuno che si era amato così follemente e non aveva intenzione di provare di nuovo una sofferenza simile. Fortunatamente per la regina della notte, Miranda era più che in salute, e stava osservando il Narrastorie piantato nel terreno con le pupille contratte. Non si girò nemmeno verso di lei, ma di sicuro doveva averla sentita, cosa che la bionda capì da un leggero tremolio arrabbiato della sua mano. Sapeva che era stata da Khalil, ma nessuna delle due disse niente a riguardo.

«Che stai facendo?» chiese timorosamente la più bassa, avvicinandosi alla rossa con cautela.
«Il Narrastorie è cavo. Lo sto caricando» commentò debolmente Miranda, sperando che le sue congetture avessero un senso.
«Caricando?» domandò Domina, assicurandosi di aver sentito bene e di non essersi immaginata nulla.
«Se lo riempio di magia che posso controllare potrò fargli fare tutto quello che voglio» spiegò dolcemente la rossa, recuperando quella tenerezza che la caratterizzava quando recitava l'amante perfetta. La bionda aprì leggermente la bocca, sorpresa. La fidanzata le mise una mano sulla spalla.
«Recupererai il Settemplice Cerchio Solare» proclamò con sicurezza, e gli occhi cremisi della bionda si riempirono di lacrime. Miranda l'abbracciò da dietro, avvolgendole le braccia attorno alla vita, con una presa delicata e allo stesso tempo terribilmente possessiva.
«Sono sicura che tua madre sarebbe fiera di te, mia dolce regina della notte» le sussurrò all'orecchio, e Domina pensò che forse la morte di Rael non era stata così inutile.

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Al posto giusto al momento giusto, o almeno era quello che promettevano i pattini d'argento di Thomas. Invece erano rimasti incastrati nel terreno secco, mentre il principe delle nevi lo esortava a muoversi.
«Ti dico che è come se si fossero incollati» sbraitò il ragazzino, guardando delle crepe formarsi sul terreno e stringendosi a lui.
«O ce ne andiamo ora, o verremo risucchiati dal centro della Terra!» rispose invece Kay, abbassandosi per vedere dov'era che di preciso le lame si erano incastrate. Proprio mentre si chinava si aprì uno squarcio epocale nel suolo che li sosteneva, facendoli precipitare chissà dove. Esattamente mentre si domandavano se sarebbero morti (in realtà per Kay era una preoccupazione relativa) qualcosa arrestò la loro caduta. Il primo a riaprire gli occhi fu Thomas, sollecitato da una luce bluastra che gli infastidiva gli occhi perfino attraverso le palpebre. Voleva davvero capire dov'erano caduti. Si guardò attorno. Era un lunghissimo lembo di stoffa rosa, semirigida. Probabilmente dovevano essere finiti sulla tenda di un negozio. Si sporse, alla ricerca di qualcuno che potesse tirarli giù. Eppure non gli sembrava l'altezza normale per un negozio. Se lo era davvero, era incredibilmente grande. Si girò verso Kay e guardò scocciato il suo cadavere insanguinato, con un grosso buco nel cranio. Doveva aver sbattuto la testa cadendo. Non poteva essere lontano, però. Infatti eccolo sbucare da sotto la tenda, come sempre in biancheria intima e sottoveste.
«Kay!» esclamò il ragazzo, agitando le braccia. Il principe delle nevi ricambiò il saluto.
«Secondo te la sottoveste copre abbastanza o ho bisogno di altri vestiti?» domandò il principe, come sempre concentrato su sé stesso.
«Secondo me dovresti tirarmi giù prima che lo faccia il terremoto» commentò il ragazzo, accorgendosi in quel momento che in realtà l'edificio non tremava così tanto come si sarebbe aspettato.
«D'accordo» commentò il principe, e con un gesto leggiadro delle mani creò una pratica scalinata di ghiaccio, che però non venne particolarmente apprezzata dal giovane.
«Adesso mi spieghi come faccio a scendere se ho i pattini» bofonchiò sarcasticamente e aspettò che il principe delle nevi la modificasse in un più accessibile scivolo. Una volta sceso poté occuparsi della questione chiappe-all'-aria di Kay. In realtà, anche se portava i boxer, forse avrebbe dovuto farsi la mente capace che per lui la taglia media era troppo piccola.
«Non puoi crearti un abito di ghiaccio?» chiese, perplesso.
«Non ci ho mai provato» ammise l'uomo.
«Ti spacci per stilista e non hai mai provato a crearti un abito di ghiaccio?» strillò esasperato Thomas, socchiudendo gli occhi, ancora infastiditi dalla luce bluastra che proveniva da qualche parte. Decise di indagare sulla questione mentre Kay decideva se voleva dei pantaloni a vita bassa, media o alta. Il bagliore era offuscato da una grande quantità di persone giganti ammassate proprio davanti alla sorgente luminosa. Si avvicinò a loro, seguito dal principe delle nevi, che aveva un'aria insofferente ma fiduciosa nella crioterapia.

«Scusate, cosa sta succedendo?» domandò piano il ragazzo, mentre Kay, dietro di lui, adescava un ragazzino della sua taglia e si prendeva i vestiti. Gli rispose una donna altissima con la pelle giallastra e una gomma da masticare in bocca. Lui guardò bene le corna ramificate e i denti da squalo, cercando di identificare se fosse una succube o un'incube, unici demoni che aveva imparato a riconoscere.
«Il terreno sta tremando, nel caso tu non lo avessi notato. Si chiama terremoto» bofonchiò sputacchiando.
«Quello lo avevamo notato» rispose il principe delle nevi, apparendo dietro di loro e mettendo una mano sulla spalla di Thomas.
«E allora non so che altro vuoi sapere» aggiunse lei, sempre sputacchiando.
Un serpente si attorcigliò alla gola del ragazzino, ma lui era tranquillo perché se fosse stato un serpente velenoso Kay sarebbe già scappato urlando.
«Io credo che vogliano sssssapere cosa ssssta ssssuccedendo allo Zeniith» spiegò l'animale.
«Capitate a fagiolo. Una delle profezie ssssi sssssta adempiendo»
«Quale profezia?» domandò preoccupato il principe delle nevi, recuperando improvvisamente la sua serietà.
«Che il principe dei jinn avrebbe distrutto lo Zeniith di Jalina! Non so come, ma...»
Thomas non le diede il tempo di finire perché prese Kay per le spalle e lo agitò.
«Cadrà la notte eterna! Domina!» squittì, terrorizzato.
«Non è meravigliosssso? Finalmente potremo riemergere in sssssuperficie e prendere ciò che ci sssspetta» esclamò l'animale.
«Hai detto principe dei jinn?» mormorò il Gran Maestro. «Mi stai dicendo che chi sta conducendo la magia al terreno è...»

Non concluse la frase e si fece strada a spintoni tra le altre persone per arrivare in prossimità del poco che era rimasto dell'Occhio. Ormai era solo un minuscolo bagliore, che però continuava imperterrito ad agitare il terreno. Il principe corse verso Jamil, privo di conoscenza e accartocciato su sé stesso per terra. Il ragazzo, terribilmente paonazzo, sembrava respirare a malapena. Un jinn con aria pomposa e un paio di grossi occhiali tondi che gli facevano sembrare gli occhi altrettanto enormi si avvicinò al Gran Maestro.
«Abbiamo provato a staccarlo. Mi sono rivestito le mani di fegato umano e ho provato a disconnetterlo manualmente» esclamò. «Eppure mi sembra che siano una cosa sola. Evidentemente si sono fusi insieme»
«Come sarebbe a dire fusi insieme?» piagnucolò Kay, accarezzandogli il viso, mentre Thomas finalmente emergeva dalla folla.
«Temo che Jalina non lo lasci andare per paura di essere assorbita dal terreno. Come vedi, il nostro magnifico Occhio è ormai praticamente inesistente. Eppure Jalina non ha fatto bene i calcoli» concluse, indicando una scia luminosa che partiva dalle dita di Jamil e veniva assorbita dal terreno. Kay osservò le mani perfettamente pulite del jinn.
«Tu non ci hai nemmeno provato a salvarlo» sbraitò. «Voi volete che si consumi questo sacrificio»

Deglutì e prese in braccio Jamil, sperando per la prima volta di non essere altro che un semplice umano fatto di carne ed ossa. Sentì una leggera scossa percorrergli il corpo, che finì in un lampo. I jinn si guardarono tra loro, mentre il terreno si assestava con qualche leggera scossa, nemmeno lontanamente violenta quanto la prima. Le braccia del ragazzo adesso penzolavano nel vuoto, prive di forza, non più soggiogate dalla presa dell'Occhio. Il bagliore, quel poco che rimaneva dello Zeniith, adesso era diventato una bella e giovane donna che saltellava sul terreno, che cercava di assorbirla. Thomas corse verso di lei e le porse il braccio. Jalina non se lo fece ripetere due volte e si fece sollevare, tirando un sospiro di sollievo e asciugandosi con la lunga manica del vestito i sudori freddi che le bagnavano la fronte.
«Oh, grazie, grazie mille, piccolo umano» esclamò, strizzandogli le guance con forza e dandogli un sonoro bacio sulla fronte.
«Nessun problema» sospirò Thomas, sognando di avere una mano libera per ripulirsi dal rossetto.
La folla, invece, non sembrava per nulla soddisfatta del lieto fine della cosa. Ormai il portale era svanito, e Keiichi non si fece problemi ad entrare, squadrando tutti dall'alto al basso nonostante fosse di molto più minuto rispetto agli altri.

Poi mise gli occhi su qualcuno di nuovo, e terribilmente umano.
«Ma guarda un po' chi si vede...» mormorò, girando attorno al principe delle nevi, con atteggiamento provocatorio. «Non pensavo che si potesse passare da cattivi a eroi, Kay»

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