07 ☆ Khalil diventa un pipistrello (diventa un cosa?)
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C'é sempre qualcuno più speciale degli altri. Qualcuno di diverso, che vorrebbe solo non accorgersi della differenza sottile tra sé stesso e il resto del mondo. Ma a volte non è possibile, e si è esclusi dalle funzioni dell'universo normale senza volerlo. Ma oltre chi sente la differenza in modo straordinariamente pesante, c'è anche chi si dimentica chi è, e perché brilla più degli altri. Kay aveva scoperto di avere una certa passione per le pecore. Pur di non farlo cacciare da Gavaldon, Carolina gli aveva trovato un lavoro che lo tenesse lontano dalle persone. Per quanto fossero tutti allarmati, o quantomeno preoccupati dalla sua presenza, il Gran Maestro, schermato dalla Selva, viveva una vita tranquilla e rilassante. Aveva presto dimostrato di essere troppo delicato e fragile per i lavori pesanti, quindi il suo unico ruolo era guardare le pecore e sperare che non scappassero. Nel caso una di loro tentasse la fuga non doveva nemmeno seguirla, ma avvertire Carolina. Perciò era tutta una pacchia. Mentre scartava la carta oleata che custodiva il suo pranzo - pane e formaggio, che aveva scoperto essere piuttosto buono - guardava il cielo limpido. Aveva smesso di nevicare da qualche settimana e la primavera aveva ripreso con forza quello che era suo. I fiori avevano mostrato al mondo i loro colori, irrorando Gavaldon di profumo, gli alberi avevano finalmente messo su qualche foglia e la gente era più felice, incluso Kay. Forse lasciar andare la Selva Infinita era stata la scelta migliore che potesse fare. Doveva ringraziare...chi è che doveva ringraziare? Non se lo ricordava.
Carolina corse verso di lui, alzandosi la gonna per non inciampare. Cadde comunque, ma non si rialzò immediatamente, piuttosto preferì rotolare un po' nell'erba verde e ridersela. Poi si rimise in piedi, spazzolandosi le ginocchia verdognole con le mani.
«Buongiorno Kay!» esclamò allegra, sedendosi accanto a lui e strofinandosi le mani per ripulirle almeno un po' prima di pranzare. Aprì un fazzoletto annodato e ne tirò fuori una fetta di pane. Dopo averla guardata soddisfatta l'addentò senza troppi complimenti. Si girò verso di lui e gli sorrise con la bocca piena.
«Come stai oggi?» aggiunse, strappando selvaggiamente un altro pezzo del pane con i denti.
«Non diversamente dal solito» ammise il principe delle nevi. «Tranquillo»
«E di cosa dovresti preoccuparti?» lo derise lei, finendo il pranzo e pulendosi le mani dalla farina rimasta sul vestito. Dopodiché afferrò e morse voracemente una mela.
«Non la sbucci?» chiese lui, storcendo il naso. Gli dava una certa impressione di sporcizia. «Forse di come stanno i miei amici. In realtà non ricordo nemmeno se avevo degli amici»
«Sei un po' strano, quindi forse non tanti» disse la ragazzina, ammiccando al pezzo di formaggio rimasto nel fazzoletto di Kay.
«Beh, tante grazie» bofonchiò il giovane, rivolgendo nuovamente lo sguardo al cielo e godendosi il tepore del sole. Le mise in mano i resti del suo pranzo, senza aggiungere nulla. Non gli dispiaceva darglielo perché per lui la crosta era decisamente troppo dura. E poi i principi non mangiavano formaggio.
«Tante prego. Oggi ho visto uno scoiattolo» rispose Carolina, annuendo in segno di gratitudine. Dopo aver divorato anche quello in quattro e quattr'otto, si stiracchiò pigramente.
«Visto che sei un principe e uno studente della gloriosa Accademia, nonché Gran Maestro, che grandi avventure hai vissuto?» chiese infine, dopo una lunga pausa di esitazione.
«Vorrei ricordarle anche io. Ma non credo di aver fatto nulla di davvero eccezionale. Forse...forse combinavo guai con i miei amici. Ed hai ragione, non credo fossero tanti. E poi ero innamorato di qualcuno, ma non so chi» rispose cautamente Kay, prendendosi il viso tra le mani.
«Il fuoco dell'amore arde ancora dentro di te» squittì la bionda, stringendo le mani e alzandosi di scatto. Fece una piroetta e si fece cadere a terra. Nel notare lo sguardo scocciato del principe delle nevi partì sulla difensiva. «Non ti sto prendendo in giro! Anche io sono ancora innamorata di Thomas. Spero ritorni da me, così ci potremo sposare»
«Thomas...» Kay ripeté il nome, masticandolo come se gli fosse nuovo. «Se dovesse tornare vi auguro il meglio»
«Spero che tu possa celebrare il matrimonio con noi. Saresti molto divertente come prete. Anzi, esigo che sia tu a proclamarci marito e moglie»
«Come vuoi»
«Come voglio»
Carolina posò la testa sulle sue spalle e guardò il cielo assieme a lui.
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Anche se non avrebbe dovuto, Keiichi sentiva che qualcosa non andava nel verso giusto. Durante la notte — anche se parlare di notte era irrilevante, in un regno sotterraneo — si erano accampati in un luogo tranquillo. Rosalind l'aveva messo a riposare seduto su una roccia e gli uomini avevano montato delle tende. Erano spaziose e sorprendentemente pulite. Pur di dargli il suo spazio personale le due donne avevano deciso di dormire assieme, nonostante i loro tipici bisticci. La prima cosa che l'aveva colto di sorpresa era stato il futon sul pavimento. Non era tipico di quelle parti, per questo ne era rimasto così piacevolmente colpito. L'aveva srotolato e si era messo a dormire, riflettendoci.
Che l'avessero per comodità o che una delle due streghe l'avesse tirato fuori al momento grazie alle proprie doti? In realtà non era così importante: in quel momento voleva solo riposare. Si chiese cosa pensavano all'Accademia. Melody doveva essere distrutta. Lo pensò con soddisfazione, come se questo sancisse definitivamente la loro unione. In quel momento si rese conto che non riusciva a dormire. Pensare alla sua quasi ragazza gli impediva di rilassarsi. Dunque decise di guardare il modesto mobilio che decorava l'interno della tenda.
Non c'era davvero nulla di straordinario. Un paio di libri, probabilmente Grimori o qualcosa del genere. Non era esperto di streghe. Anzi, viaggiava con loro solo perché l'opzione rimanente era morire dissanguato o per via delle ferite o per via di qualche jinn in vena di uno spuntino. La cosa che più spiccava era una lampada ad olio. La prese tra le mani, cercando lo stoppino per accenderla. Magari poteva leggere qualcosa dei libri e carpire i segreti dei compagni di viaggio. Assottigliò lo sguardo. Non c'era nessuno stoppino. La posò, infastidito. Fu a quel punto che successe la cosa più strana, perché giurò di aver visto la lampada muoversi un po' più a sinistra di dove l'aveva lasciata.
Okay, era stanco. Doveva assolutamente dormire, a quel punto. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a niente. Eppure continuava a scervellarsi su diverse cose che non gli quadravano. Come facevano ad avere un futon? Forse una di loro prevedeva il futuro? Più ci pensava più gli sembrava improbabile che ne avessero uno di scorta. Aveva dato un occhiata all'interno delle altre tende, e i letti erano molto diversi. Quindi perché lui aveva un futon? La stanchezza lo rendeva paranoico, e lo sapeva. Stava quasi per rimettersi di nuovo a sedere e a frugare tra le cose quando sentì qualcuno muoversi all'esterno.
Si affacciò, scocciato. Aida stava raccogliendo dei sassi per terra, esaminandoli uno ad uno.
«Questo brilla!» esultò sottovoce, guardandolo controluce e mettendoselo in tasca. Si accorse di essere fissata e si schiarì la voce.
«Ti ho svegliato?» chiese, piano.
«No» rispose secco Keiichi.
«Ti piace il futon? É di una nostra amica. Di solito viene con noi, ma si é fatta male ed ha preferito rimanere in superficie» disse rapidamente la donna, grattandosi la testa.
«Molto comodo. Spero l'abbiate lavato. Ma anche se non l'aveste fatto l'ho pulito di nuovo da capo»
Il corvino alzò un sopracciglio. Si era affaticato per ripulirlo da cima a fondo per timore della sporcizia, ma non poteva farci niente. Doveva però ammettere che non fosse molto sporco.
«E come si chiama?» aggiunse.
«Chi?»
«La vostra amica»
Aida si guardò attorno spaesata e deglutì, come se fosse stata colta alla sprovvista. «Pensavo non ti piacessero le donne. Kazuha, comunque» esclamò infine, poi si affrettò a raccogliere i sassi che le piacevano.
«Non ho mai detto che non mi piacciono le donne» bofonchiò sorpreso il ragazzo.
«Beh, l'ho dedotto. Comunque buonanotte, Keiichi» si congedò, poi corse verso la sua tenda. Il ragazzo fece spallucce. La cosa gli suonava strana. Forse la sua misoginia era così radicata da palesarsi anche se credeva fosse subdola. In ogni caso, la cosa che lo turbava è che Kazuha, generalmente, era un nome da maschio. Ma conosceva una ragazza che si faceva chiamare così.
Ed era all'Accademia.
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Ignara di tutto, una coppia si godeva un caffè.
«Sono un po' preoccupata per Ryuu» ammise Susanne, dondolando un po' sulla sedia. «È da tantissimo tempo che non spedisce nessuna lettera. Secondo te é ancora arrabbiata con noi?» chiese, guardando il compagno alzarsi per girare lo stufato.
«Può darsi. Voglio dire, non deve essere facile. Però neanche Jamil sta scrivendo. Pensavo non l'avesse presa malissimo» rispose Amal, guardando le carote galleggiare nella zuppa.
«Forse si sono accordati per farci lasciare. Voglio dire, avrebbero diversi interessi nel farlo»
«Non credo. Penso tu piaccia a Jamil. L'ultima volta che mi sono frequentato con una donna le ha cosparso l'intimo di peperoncino»
La donna alzò le sopracciglia, impressionata.
«Davvero?»
«Ah-ah. Chiaramente non ha voluto rivederci e la capisco benissimo. Penso sia stata l'unica volta che mi sono arrabbiato seriamente con lui»
«E lei...com'era fatta?» chiese Susanne, guardando il suo riflesso nel caffè. Forse era più bella di lei. Sapeva che la mamma di Jamil era una bella donna. Forse non gliela ricordava e per questo non le aveva fatto niente. Ma non era una bella cosa. Era brutta? Henrik glielo ripeteva in continuazione.
«Era una jinna. Non le somigli, se questo ti preoccupa. Per qualche ragione non gli piacciono le jinne. Però ti vuole bene»
«Non le somiglio in senso buono o in senso negativo? Voglio dire, era...era sexy?»
Amal la guardò con gli occhi spalancati. «No? Cioè sì. Susie, tutto okay?»
La donna avvampò, poi diventò paonazza e si indicò e boccheggiò come un pesce fuor d'acqua. «Era una! Era una domanda casuale» esclamò.
«Beh, sì. Ma tutte le donne sanno essere sexy se vogliono, suppongo» rispose ammirandola, perplesso. «Te compresa» aggiunse, notando la sua espressione disperata.
«È che mi sento diversa da ciò che hai frequentato prima. Voglio dire, loro non invecchiano. Io ho le rughe sulla fronte»
«A me piacciono le rughe. E non ti credere, invecchiano anche loro. La ragazza di cui ti dicevo prima ha i capelli grigi. Anche se suppongo sia colpa dello stress causato da qualcuno...spero non ti faccia lo stesso effetto»
«A me sembra tanto caruccio. Voglio dire, non mi ha mai aggredito. Io piuttosto...no, niente. Come pensi che sia Ryuu?» mormorò, preoccupata.
«A me sembra solo ferita. Non credo sia davvero cattiva. Certo, Henrik é stata una bella gatta da pelare»
«Non so nemmeno perché ho permesso a me stessa di sposarlo! Vorrei tornare indietro e prendermi a schiaffi. Certo, non so come farei senza Ryuu...è comunque la mia bimba»
«I bambini fanno sempre questo effetto. Un giorno non sono lunghi nemmeno quanto il tuo braccio e il giorno dopo mettono su casa e figli» sospirò.
«Com'era Jamil da piccolo? Io ho dei ritratti di Ryuu, se vuoi vedere»
«Ma certo che sì. Ecco, sai che io e Zaynab non stiamo insieme, no? L'ha tenuto lei quando era piccino. Beh, più che lei le sue sorelle. Nemmeno le sue sorelle. É come se l'avessero cresciuto le suore, ecco. Sì. L'unica differenza è che era una setta»
«Uguale» mormorò Susanne, prendendo i ritratti di Ryuu. «Questa era Ryuu a sei mesi, questa a otto mesi...»
Qualcuno bussò alla porta. Amal si alzò, e sfilò il braccio dalle spalle della compagna, alzandosi.
«Un attimo, tesoro» sussurrò, affacciandosi per vedere cosa succedeva. Un signore con una lettera in mano si schiarì la voce, porgendogliela.
«Il signor Amvyedd?» chiese, sbattendo le ciglia e tenendo stretto il foglio, aspettando la risposta.
«Sì. Ma puoi chiamarmi Amal» rispose tranquillamente.
«Viene da Agrabah» rispose serio il postino, poi se ne andò piano piano, guardandolo di sottecchi, quasi intimorito. Susanne si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla schiena.
«Non ha nulla contro di te. É che qui non si vedono spesso i jinn» mormorò lei, accarezzandolo.
«Sì. Uhm, non ti preoccupare. Sono abituato. Fammi vedere un po' che dice Jas» ribatté, alzando le spalle e aprendo la lettera. Lesse qualche riga.
«Mi sa che non sono solo i nostri che hanno smesso di contattarci»
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«Qualcuno ha visto Keiichi?» chiese Melody, mordendosi le mani per l'ansia. «Non sono mai stata così preoccupata. Che mi succede? Santo cielo, sto sudando perfino dalle mani»
«In effetti non l'ho notato in giro ultimamente» mormorò Dario, abbassando il libro che stava leggendo. «E prima che tu me lo chieda, no, non ti aiuterò a cercarlo. Chiedi a qualcun altro»
«Wow! Non ti avevo mai visto così determinato. Beh, é una buona cosa che tu ti stia facendo le ossa. Certo avresti potuto farle con qualcuno che ti ha fatto del male e non con una povera fanciulla alla ricerca del suo fidanzato» bofonchiò, incrociando le braccia.
Il castano sudò freddo. «Scusami. Stavo solo leggendo quello che é apparso scritto sulla mia mano» ammise. La voglia azzurra, quasi come se si fosse irritata, prese la forma di una faccina arrabbiata e poi ritornò ad essere una macchia indefinita.
«Scusami tu. É che sono nervosa. L'unica volta che una persona é sparita all'Accademia era perché è stata spinta in un pozzo» mormorò, afflosciandosi. Ci ragionò un po' su, poi balzò nuovamente in piedi. «Dov'è Ryuu?» domandò.
«Credo sia ad un appuntamento, o qualcosa del genere. Dubito fortemente sia stata lei. E poi non é nemmeno stata lei l'ultima volta. O almeno credo»
La ragazza si guardò attorno, poi si avvicinò di più al castano. «Hai detto appuntamento?» mormorò. «Questo é interessante»
«È giusto che si rifaccia una vita dopo Kay. E poi credo sia meglio anche per Kay»
«Ceeeerto. Perché ora é single e tutto per te»
«Ti assicuro di no. Sto trascurando me stesso ultimamente, é vero. Ma non così tanto da provarci con Kay!»
«In effetti hai ragione. Chi é il fortunello che é riuscito a portarsi Ryuu a cena?»
«Questo non lo so» ammise il ragazzo, scuotendo la testa.
«Adeus, l'affascinante figlio di Telemaco e Circe» rispose una voce dall'alto.
I due alzarono la testa solo per vedere Khalil appeso a testa in giù ad una trave.
«Stai imitando un pipistrello?» chiese Melody.
«Credo sia un comportamento naturale per i neo vampiri» bofonchiò Dario.
«Se fossi in voi la smetterei col sarcasmo. Avete ancora bisogno di me» ribatté il principe, scuotendo la testa.
I due si guardarono.
«A fare cosa? A cucinare male ci pensa Ryuu. Non ricordo facessi altro»
«Esilarante. Per tua informazione, il tuo ragazzo ieri ha cercato di spingermi nel pozzo con la scusa di derubare il cadavere del mio ragazzo. Mi é sembrato giusto spingere lui al posto mio» esclamò il vampiro, scendendo con un'acrobazia e palesandosi davanti a loro in tutta la sua altezza.
Melody gli diede un calcio sullo stinco.
«Ma sei un idiota! Non é che solo perché tu sei single devi sterminare i fidanzati di noi altri!» strillò. Avrebbe voluto mettergli le mani al collo, ma per ragioni fisiologiche le veniva difficile.
«Guarda che é lui che mi ha attaccato per primo, da bravo Mai! E io mi sono difeso»
Dario guardò entrambi e sprofondò nella sua poltrona.
«Non é possibile che tu riesca sempre a farti ipnotizzare o possedere o cavolacci vari, Khalil! Sei troppo vecchio per fare da incarnazione del male! Chissene se Domina ha usato una pozione d'amore su di te. Tu lo sai che non ti ama davvero! Sei tu che ami lei e per colpa di in incantesimo. Adesso muovi quel culo inesistente e vai a ripescarmi Keiichi»
«Ma come ti permetti a parlarmi in questo modo?! Pensi che io non soffra. So che Domina mi sta sfruttando ma non riesco a liberarmi da questo incantesimo anche se ci provo!»
La più bassa si allontanò un attimo. «Cos'hai detto?» domandò, cercando Dario con la coda dell'occhio. Anche lui aveva sentito quello che aveva sentito lei? Aveva ammesso di essere sotto effetto di una pozione. Khalil approfittò del momento di confusione per trasformarsi in un pipistrello e darsela a gambe.
«Cavolo! L'ha detto solo per sviarmi!» imprecò la ragazza, agitando le braccia in aria.
«Non credo, sai?» mormorò Dario, alzandosi in piedi.
«Che cosa facciamo? Siamo rimasti solo io, te e Ryuu!» singhiozzò.
«Ed io» aggiunse la voce monotona di Ada, riemergendo dall'oscurità. «E Dio. Spero abbiate colto la battuta»
«Non esattamente. Dario, cosa facciamo?! Sai che i prossimi obiettivi siamo noi! Ma perché ho deciso di essere così?! Non potevo fare la brava studentessa e impomatarmi di crema per i calli?»
Il ragazzo la guardò. In realtà non gli veniva in mente nulla di particolarmente intelligente, specialmente perché Melody non ispirava cose molto intelligenti.
«Aspettiamo che Ryuu ritorni dal suo appuntamento. E poi scappiamo»
Melody sospirò. Non c'era molto altro da fare.
O forse sì.
«Dobbiamo murare il pozzo» aggiunse. Diciamo no ai fidanzati caduti nelle viscere della terra.
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«La situazione non vi turba affatto?» domandò Rossana, sdraiandosi drammaticamente sul divanetto. Kazuha stava armeggiando con una matita, mentre Xiaolong borbottava qualcosa sui compiti non corretti che non avrebbe voluto mai più valutare. Iulian si stava guardando le unghie senza troppo interesse.
«Nah» rispose infine la principessa, visto che nessun altro interveniva e in fondo in fondo la piratessa così mogia le faceva un po' pietà.
«Come sarebbe a dire nah? Nel momento in cui ci hanno proibito di uscire dalla scuola ho la costante sensazione di morire d'asfissia» si lagnò, questa volta poggiandosi sul tavolo.
«Beh, se avessi avuto i miei genitori capiresti com'è stare mooolto peggio. Se pensi questo clima sia costrittivo non hai mai avuto un padre come il mio»
Rossana la guardò. «Non ho mai avuto un padre e basta» sorrise, per nulla offesa. Ma le faceva ridere l'idea di metterla un po' a disagio.
Kazuha si schiarì la voce per poi rimanere in silenzio. Iulian le diede una gomitata, cercando di trattenere le risate. Perfino Xiaolong ammiccò un sorriso. «Pensa te che storia, Brontolona» commentò, attaccandole un adesivo sulla fronte. Lei lo staccò immediatamente e lo gettò a terra.
«È uno di quelli che usi, cioè usavi, sui compiti?» domandò il principe, dopo averlo raccolto.
«Ovviamente. Tiene i miei studenti motivati» ribatté lei.
«Sì, motivati a fare schifo» mormorò il corvino. Kazuha sorrise leggermente.
«Magari é solo pessima l'insegnante. A volte succede»
«Ah ah, vi siete alleati contro di me. Ridicolo. Ma io ho la mia bellissima gnocca dalla mia parte» ribatté la dragonessa, trascinando Rossana al suo fianco.
«Ecco, a proposito di istruzione. Non vi sembra terribile che ci abbiano proibito di imparare?»
Iulian finse di ragionarci su. «Mhmm...»
Guardò gli occhi speranzosi di Rossana e si tolse il dito dalle labbra. «No» rispose secco.
«Quando uno é ignorante vuole rimanere ignorante» cercò di consolarla Xiaolong, senza troppo successo. Improvvisamente il chaos degli ex-studenti attorno a loro sembro calmarsi fino a sparire. I quattro si girarono, alla ricerca del motivo che li aveva acquietati.
Era una delle poche volte che Miranda si rendeva visibile. Di solito era accompagnata da Domina, che agli occhi di tutti la seguiva come un cagnolino, ma questa volta era sola. La faccenda sembrava seria.
«Sto cercando Kazuha» mormorò, ma in qualche modo la sentirono tutti. La principessa, talmente abituata a non essere considerata, non alzo nemmeno il capo finché Iulian non le diede l'ennesima gomitata.
«Beh?» rispose lei, seccata.
«Vieni con me» ribatté Miranda.
«In cambio di cosa?» sibilò minacciosa la principessa. Due ragazzi l'afferrarono di forza e la trascinarono verso la rossa.
«Di niente. Tu mi devi servire. Consideralo un privilegio»
Rossana balzò in piedi. «Nessuno ha intenzione di fare qualcosa?» strillò, agitando le braccia in aria. Miranda la squadrò solamente e la piratessa si rimise seduta.
«Imbarazzante» biascicò Kazuha, dimenandosi pigramente. «Potete anche mettermi giù. Non ho mica intenzione di correre da qui fino al posto dov'ero seduta prima. Troppa fatica»
I due la mollarono, e la ragazza rimase in piedi, con quasi sorpresa della rossa.
«Agile come un felino» commentò. Le afferrò il polso. «Tu vieni con me»
«Sei stata più interessante in questi dieci minuti che in tutti gli anni scorsi» si lamentò la principessa, e la porta si chiuse alle loro spalle.
Iulian si alzò pigramente. «Io vado. C'è un bel biondino che mi aspetta»
«Non sei preoccupato per Kazuha? Insomma, é tua amica!» strillò Rossana.
«Nah!»
«Perché sono l'unica normale qui dentro?!»
Xiaolong alzò la testa dal libro che stava decorando con gli adesivi. «É successo qualcosa?»
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Ad essere sincero, Adeus si era dimenticato dell'esistenza di Ryuu. Quindi quando se l'era vista arrivare contro aveva pensato stesse cercando qualcun altro.
«Ciao!» l'aveva salutato energicamente, dondolandosi un po' sulle gambe come faceva prima di conoscere Kay.
«Ciao?» aveva risposto il biondo, grattandosi la testa perplesso.
«Non ti ricordi di me?» chiese la ragazza, improvvisamente demoralizzata. Si era dimenticata di essere così insignificante.
«Più o meno. Sei...no, non mi ricordo di te»
«Sono Ryuu! La ragazza del quadro inquietante» esclamò, quasi offesa. Lei si ricordava chi insultava.
«Ah. Vero. Che cosa ti porta qui?» chiese il più alto, stiracchiandosi e poi grattandosi il mento, alla ricerca di qualche posto comodo dove appisolarsi.
«Nulla. Volevo solo parlarti. Sembri simpatico» ammise lei.
«Grazie. Ho appena finito di allenarmi quindi penso proprio che andrò a schiacciare un pisolino» rispose brevemente lui. Era un'interazione sociale che non gli sembrava necessaria. Vide, per qualche ragione, il viso di Ryuu che si rattristava. E va bene, per una volta poteva fare una buona azione.
«Immagino di poter chiacchierare con te qualche altro minuto» ammise. La rossa gli sorrise. Adeus deglutì. Forse anche più di qualche minuto.
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«Come hai fatto a scappare da Gavaldon?» domandò Thomas, perplesso.
«Ho trovato un buco nella barriera magica che ci tiene dentro» rispose Carolina, muovendosi dolcemente e quasi piroettando per la sua casetta dentro un tronco. In realtà il ragazzo si era sorpreso di quanto fosse carina, considerando che era scavata nel legno. Ed era anche sorpreso che Carolina l'avesse costruita in meno di tre anni.
«Fortissimo! Senti, per caso hai visto un ragazzo alto e con i capelli bianchi?»
«Per niente, perché?» chiese lei, sciogliendosi i capelli e scuotendo la testa.
«Perché lo sto cercando...hey, che bei capelli che hai» esclamò, distratto dai ricci dorati.
«Ti piacciono? Ho iniziato ad usare uno shampoo al miele. Ha un profumo buonissimo. Vuoi sentire?» domandò lei, umettandosi le labbra.
«Certo! Dov'è la bottiglia?» chiese ingenuamente il ragazzo.
«Ma quale bottiglia!» rise lei. «Sentilo dai miei capelli»
Thomas avvampò. «Sei proprio sicura?» chiese, e si avvicinò. «Mhm, si sente proprio il miele. Lo fai tu? Sai di torta!»
«Lo faccio proprio io. Anche il sapone che uso. Vuoi sentire?»
«Ho la sensazione di star invadendo il tuo spazio personale» rispose il ragazzino.
«Ma ti sto permettendo di farlo. Senti, dai»
«Certo che sei cambiata tantissimo» rise lui, imbarazzato.
Si sedette su una sediolina e si guardò attorno. Era molto ben curata per essere una casupola di quelle dimensioni. Era tutto così bello e lindo. Le posate erano in ordine e l'argenteria bella pulita ed esposta in una vetrina. C'erano delle tendine decorate di rosso nonostante mancassero le finestre, e una miriade di candele illuminava l'interno. C'era anche un caminetto. Certe cose erano davvero inspiegabili.
«Non più del necessario» rise lei, e si avvicinò a lui.
«Baciami» gli sussurrò all'orecchio, con voce abbastanza calda da farlo rabbrividire.
«No, grazie, sono apposto così» mormorò imbarazzato. Lei lo guardò furiosa, ma le fiamme nei suoi occhi parvero subito placarsi.
«Prima o poi mi amerai di nuovo, Tommy. Che tu lo voglia o no»
La porta si chiuse con un rumore sordo.
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«Miranda non mi da abbastanza attenzioni. Poi é ovvio che io la tradisca! Se passa il tempo a progettare attacchi e progettare il futuro. Non può vivere il momento?» mormorò Domina, accarezzando Khalil, sotto forma di pipistrellino.
«Devo proprio rimanere in questa forma?» chiese lui. «Mi sento abbastanza a disagio»
«Ma sei così carino. Rimani così un altro po'. Voglio coccolarti~» canticchiò lei.
«Se proprio devo, Domina»
«Non sei felice? Al tuo posto potrebbe esserci Miranda, e invece sto dando attenzioni a un principe stupidino e futile come te. Senza di me non avresti nemmeno rilevanza, e invece adesso sei l'amante della regina della notte»
Khalil deglutì. «Secondo te si muore se si cade da un pozzo?» domandò a bruciapelo.
Domina lo strinse un po' troppo forte.
«Certo che sì» rispose lei, riprendendo ad accarezzarlo. «Perché?» aggiunse.
«Perché ho spinto Keiichi» borbottò lui, ansimando alla ricerca d'aria.
«Oh! Scusami, caro. Pensavo parlassi di tu sai chi»
«No no» rispose lui. La bionda si chinò su di lui e gli diede un bacio sulla testa.
«Tu non puoi scapparmi. Tu sei mio» aggiunse. «Non illuderti di potermi scappare. Che l'incantesimo non faccia così effetto perché sei così legato al ricordo di un morto lo so anche io. Ma ora e per sempre siamo legati da un legame imprescindibile. Tu sei nato per servire me, e io ti sto solo facendo adempiere al tuo dovere. Senza di me non saresti niente. Io ti ho creato. Ricordatelo. E anche se dovesse risorgere dalla morte, tu adesso appartieni a me. Obbedisci a me. Sei solo e soltanto mio»
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«Sai, Topa, io non capisco bene cosa succede. Però sono contenta di stare con te» ammise Arisu, prima di cacciare un rutto stratosferico.
«Ah!» esclamò soddisfatta. «Questo quando torna Jamogio glielo faccio in faccia. Così impara a lavarmi le ciabatte che stavo facendo stagionare. Invece a Dardo ho messo la gomma da masticare nelle mutande perché ha raccolto la matita che avevo diabolicamente buttato sul pavimento. Otta invece si merita le botte e basta»
«Anche io sono contenta di essere con te» mormorò Harriet, arrossendo. «Deduco?» aggiunse, perché il verso soave della donzella che aveva accanto l'aveva presa un po' alla sprovvista.
«Perfetto. Io credo che dovrei andare a parlare con Mirina e Dorinda e farle ragionare sul fatto che dovrebbero lasciarmi il comando. Sono troppo furba, e molto più di loro. Si devono ricordare che ho la media dell'undici»
«Su cento» la redarguì timidamente Harriet.
«Su cento?! Anche meglio»
L'oni si grattò il naso. «In realtà non é così male stare qui. Tu non puzzi, i bagni sono gratis e io posso mangiare tacos ogni mattina senza che nessuno mi dica nulla»
«Domani hai la sentenza di Nova» le ricordò la topolina, spaventata.
«Cos'è una sentenza?»
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