01 ☆ Crescere
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Crescere é difficile. E strano, anche. In giorno qualunque scopri che il tuo orsacchiotto preferito é solo un pupazzo e che le tue scarpe ti stanno piccole. Quando ti guardi le mani noti che adesso sono enormi, oppure che c'è qualcosa di ispido sotto il naso. Improvvisamente non sei più quello che eri, ed é un cambiamento irreversibile. A Thomas era successo d'estate, giocando con Thisbe a nascondino. Improvvisamente, accovacciato in un tronco spaccato, si era reso conto di essere imbarazzato. Gli insetti non gli sembravano incredibili come quando era arrivato all'Accademia, piuttosto gli sembravano normali ed abbastanza disgustosi. E per lui era sciocco rimanere seduto sul terreno bagnato. Si era rimesso in piedi e si era ripulito il pantalone guardandosi attorno, preoccupato che qualcuno l'avesse visto. Poi era corso dentro la scuola, lasciando Thisbe a cercarlo per ore. Quando era rientrata, allarmata, l'aveva trovato a mangiare un sandwich in silenzio. L'aveva guardato e non gli aveva detto niente. Ma Thomas era sicuro che avesse capito. Il giorno dopo aveva chiesto a Dario come si usasse un rasoio.
E poi i giorni erano passati, e passati. Kay non gli sembrava più tanto magico. E nemmeno più una brava persona, man mano che i suoi amici tiravano fuori fatti su di lui. Alla sua età aveva congelato la scuola, e aveva ucciso qualcuno nel processo. Solamente a pensarci gli veniva da rabbrividire. Metteva comunque mano tra le sue cose, perché voleva assimilare e capire cosa fosse davvero il principe delle nevi. E mentre sfogliava il suo quaderno, leggeva il diario di Jamil. Ogni tanto sbirciava tra le cose di Keiichi. Sapeva di non doverlo fare, ma gli piaceva infilarsi per un attimo nelle vite altrui. Si immedesimava così tanto che finiva per dover aspettare un po' per uscire dalla sua stanza per paura di comportarsi un po' troppo come loro. Quando si guardava allo specchio rimaneva sorpreso di non vedere capelli bianchi o orecchie a punta. Era in quei momenti che scuoteva la testa e sgusciava in camera di Thisbe.
Le voleva bene, ma sapeva di aver rotto qualcosa il giorno in cui l'aveva lasciata mentre giocavano a nascondino. Anche se lei non lo ammetteva, qualcosa l'aveva offesa. Credeva che fosse perché trovandolo infantile implicava che lei fosse infantile, oppure perché era semplicemente imbarazzante girare per ore alla ricerca di qualcuno. Le motivazioni che aveva erano tutte valide. Quindi rimanevano in silenzio, oppure parlavano con le frasi fatte che si usano tra cugini che giocavano sempre insieme ma che adesso sono adulti. Poi Thomas se ne andava e Thisbe rimaneva con Emma. Ogni tanto era rimasto con loro perché si era addormentato sul letto. Parlavano in modo stanco, strascicato. Dubitava che fosse in altro modo quando lui non c'era. Però non capiva perché. Loro due non avevano perso nessuno, o almeno così gli sembrava.
Forse crescere era più triste del previsto.
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Qualche millimetro di capelli biondi cadde a terra, accumulandosi in soffici mucchietti che Khalil spostava diligemente con il piede. Seduta sul suo trono, meglio riconosciuto come una sedia, la regina della notte aggrottava la fronte davanti allo specchio, analizzando la propria figura e controllando con la coda dell'occhio che il principe non tagliasse più di quanto doveva. Nel frattempo se ne stava buona ed in silenzio, aspettando che il castano intraprendesse una conversazione. Ed era sicura che l'avrebbe fatto, perché la situazione era spiacevolmente imbarazzante.
«Vuoi anche che ti faccia i boccoli?» chiese gentilmente Khalil, spostando il ciuffo che gli cadeva davanti agli occhi con uno sbuffo.
«Naturalmente» rispose lei, come se la risposta fosse ovvia. «Ti vedo più allegro. O é una mia impressione?» aggiunse dopo qualche secondo, sbirciandolo. Non era esattamente una domanda provocatoria, ma era falso affermare che fosse priva di doppio fine.
«Oh, é che riavere Kay é piacevole. Voglio dire, é sempre Kay, quindi si aspetta che tutto gli sia servito su un piatto d'argento. Però sembra avere una visione meno egoista della vita. Credo stia cercando di riabituarsi a tutto» rispose lui, prendendo distrattamente la spazzola.
«Ma certo. E sono sicura che presto anche Melody sveglierà Keiichi con il bacio del vero amore. Non é emozionante?» commentò lei, stringendo le mani e socchiudendo gli occhi.
«Direi proprio di sì» rispose il castano, sospirando.
«Ah, immagino solo la felicità di Kay se qualcuno dovesse anche liberare Ryuu. Sono sicura che hanno molto da chiarire. Non sei curioso?»
Khalil si fermò un attimo. «Già, non so come sentirmi riguardo Ryuu...» mormorò, grattandosi la testa.
«Oh, capisco perfettamente il sentimento» lo rincuorò Domina, approfittando della pausa per sgranchirsi il collo e le gambe.
Sapevano entrambi perché condividevano il sentimento. Le macchie di sangue non si lavavano da sole, dopotutto. Dopodiché la conversazione si fermò finché tutti i capelli della regina della notte non furono acconciati alla perfezione. Per quanto provasse un senso di superiorità nei confronti del principe, ammirava la sua precisione nei dettagli. Si mise in piedi e si guardò un altro po' allo specchio.
«Vanno bene?» domandò Khalil, più per cortesia che per dubbio.
«Benissimo» canticchiò la ragazza. Gli strizzò una guancia, mettendosi in punta di piedi.
«Dovresti proprio toglierti quella faccia da vedovo infelice. Non ti si addice proprio»
Prima che il castano potesse ribattere, lei si mise a frugare nelle tasche della divisa.
«Ho qualcosa per te» spiegò rapidamente, tirando fuori una fialetta riempita di qualcosa di denso e rosso.
«Di chi è?» domandò mogio Khalil, prendendola tra le mani e analizzandola controluce.
«Mio, naturalmente» mentì Domina con voce flautata. Non si sarebbe mai abbassata ad offrire il proprio sangue a qualcuno. O meglio, non di nuovo.
«Ma certo...» rispose il principe, non propriamente convinto. «Grazie»
«Quando vuoi. E davvero, supera il lutto. So che dev'essere difficile accettare che sia finita una relazione del genere...ma ne sarei anche grata all'universo»
Confuso, il principe annuì e basta. Domina gli diede un bacio sulla guancia e andò via, contenta della messa in piega. Khalil si pulì il viso con il grembiule blu. Poi ripulì il pavimento e si lavò la mani. Prese la fialetta dalla tasca e la guardò di nuovo. Era certo che non fosse sangue di Domina, ma quello non voleva dire che l'avrebbe bevuto. Svuotò il contenuto nel lavandino e lo guardò svanire con lo sguardo spento.
Qualcuno fece capolino nella stanza e lo guardò curiosamente. Miranda inclinò il capo, sorridendo.
«Ti spiacerebbe darmi una spuntatina?» chiese dolcemente.
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Il primo impulso di Thomas sarebbe stato chiedere aiuto a Dario, ma questa volta era sicuro di aver oltrepassato il punto di non ritorno. Dopo aver trascinato il quadro crepato nella sua stanza ed aver chiuso a chiave la porta, aveva aperto il suo cassetto segreto.
«Scusate zietti. Ma devo farlo» mormorò, gettando sul pavimento i quaderni di incantesimi di Kay, Keiichi e Jamil. Prese in mano il grimorio del principe delle nevi e lo aprì, sfogliando tra le pagine seduto a gambe incrociate. Non appena mise mano sulla prima pagina, questa si ricoprì di brina, impedendogli di leggere. Afferrò una candela e la sciolse. Dopo un breve combattimento il libro parve arrendersi e lo lasciò fare.
Tutti gli incantesimi scritti erano di controllo, o su come sopprimere i propri poteri. Non gli erano molto utili, doveva ammetterlo. E poi si sentiva un grande impiccione a spiare nel più intimo dei suoi amici. Cosa che non lo fermava comunque dal farlo. Amava curiosare. C'erano appunti vaghi, studi su nuovi incantesimi. Lo mise da parte e guardò il ritratto. Ryuu gli fece ciao con la mano, sorridendo. Mimò qualcosa con le labbra, guardandolo con gli occhioni spalancati.
Fammi uscire.
«Ci sto provando!» strillò esasperato il ragazzino, spalancando quello di Keiichi. La cosa durò poco, perché non appena lo aprì questo esalò una nuvoletta verdastra dall'aspetto tutt'altro che innocuo. Sospirò e aprì quello di Jamil. Apparentemente senza intoppi, si mise a leggere qualche incantesimo per sapere almeno di cosa parlasse. Si rese conto che continuava a leggere la stessa identica frase da diverse pagine. Si prese il viso tra le mani, sotto lo sguardo attento di Ryuu.
«Per favore. Vi sto chiedendo una mano. So che non dovrei farlo. Però abbiate dei sentimenti» pregò, guardando i quaderni disperato. Quello di Kay si aprì di scatto, ricoprendo di brina l'intera pagina tranne un solo incantesimo.
Il ragazzo deglutì. «Non ho mai fatto un'incantesimo in vita mia. Non so nemmeno se sono capace» mormorò, prendendo un bel respiro. Prima che potesse fare qualcosa il quadro esplose in mille pezzi. Kay, dietro la porta, si dileguò dopo aver compiuto il suo lavoro. Thomas si ricoprì il viso per proteggersi dalle schegge. Quando riaprì gli occhi, nel panico, realizzò che dal dipinto usciva un braccio. Un braccio in carne ed ossa, insanguinato, che cercava di portarsi fuori dalla tela disperatamente. Ne emerse anche un'altro.
Ryuu si trascinò fuori dal dipinto ansimando e lamentandosi per le ferite. Ad ogni modo, sembrava piuttosto felice di essere libera. Sorrise e il ragazzino avvampò. Guardò altrove, senza sapere da cosa iniziare a rimettere in ordine.
«Sei molto gentile ad avermi tirato fuori, Thomas» lo ringraziò, mettendosi in piedi e accarezzandogli la faccia.
«Grazie, voglio dire...non c'è di che?» balbettò il castano, facendosi piccolo piccolo.
«Mi commuoverei, ma non posso più piangere. Ho usato tutte le mie lacrime»
«Va bene comunque» rispose, senza sapere esattamente cosa dire.
La rossa si stiracchiò. Raccolse i grimori sparsi sul pavimento, senza curarsi di quello che facevano pur di liberarsi della sua presa. Li ripose nel cassetto, poi lo guardò.
«Perché hai rubato i loro quaderni?» domandò perplessa.
«Ah! Ah...» il ragazzo si guardò attorno. Non sapeva cosa rispondere. «É una lunga storia»
«Ho tempo» ribatté la rossa, sedendosi sul pavimento dove non erano arrivate le schegge.
«Okay. Ehm, quello di Kay l'ho rubato. Non adesso. Due anni fa»
«Non se n'è accorto?»
«Era congelato. Poi quello di Keiichi é qui perché Keiichi sta dormendo. Da due anni»
Ryuu si agitò inquietata. Era una cosa che avrebbe voluto fare, ma poi era stata rinchiusa in quel maledettissimo ritratto.
«Okay. E quello di Jamil?» domandò, sperando in un responso non così crudele.
«Ehm, é scomparso. Da un po'. Però se vuoi visitare la sua tomba e tipo, ridarglielo, non é come se te lo impedissi» esclamò tutto d'un fiato e abbassando lo sguardo.
«Prego?» rispose la rossa, coprendosi la bocca. Avrebbe pianto, ma non aveva davvero più lacrime. «Hai detto scomparso?»
«Sì. Ha fatto puff! Un giorno é andato in cucina e non é più tornato. É assolutamente inspiegabile»
Ryuu boccheggiò come un pesce fuor d'acqua.
«Ha perfino una tomba?» piagnucolò.
«Voglio dire, dopo due anni...»
Si rimise in piedi. Forse vedere gli altri l'avrebbe aiutata a capire la situazione. Non poteva certo affidarsi al giudizio di un bambino. Potevano anche avergli mentito per il suo bene. Magari la situazione era diversa.
«Scendiamo?» chiese Thomas, porgendole la mano.
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Ad accogliere Ryuu c'erano gli avanzi della torta per Kay. Era passata una settimana, ma non influiva granché sul dolce, che aveva conservato la sua consistenza metallica e il suo sapore chimico. Il principe delle nevi aveva radunato un po' di persone in attesa della rossa e del bambino. Non appena i due si presentarono mano nella mano, il Gran Maestro si alzò e squadrò Thomas da capo a piedi con gli occhi gelidi.
«Il mio grimorio, prego» disse, con tono egualmente duro.
«É nella cassettiera della mia camera» rispose il bambino, strofinando i piedi a terra.
«Vallo a prendere, allora» rispose Kay, guardandolo correre di sopra con i lucciconi agli occhi. Melody lo guardò male, ma lui fece spallucce.
«Abbiamo cose da grandi da discutere» spiegò, e lei scosse la testa.
«Mi aspettavo un benvenuto migliore» commentò Ryuu, mettendo il broncio e guardandosi attorno.
Quella tavola sembrava essere diventata una sorta di concilio che si radunava regolarmente dinnanzi ai dolci radioattivi proposti da Khalil. Il principe in questione era in piedi, accanto ad Ada, con una padella in mano, simbolo del suo rinnovato amore per la cucina. Aveva anche un grembiule stropicciato addosso, e i capelli legati in una semplice coda. Nessuna treccina. Forse erano cose da bambini che dovevano lasciare indietro. Non avevano più quattordici anni. Sulle sue spalle, a mo' di sciarpa, c'era anche Kaa, che si era accoccolata al proprietario per riscaldarsi e per un po' di coccole.
Melody reggeva comicamente la testa di Keiichi. Forse era quella ad essere cambiata di meno e di più allo stesso tempo. I capelli le erano cresciuti ed anziché essere acconciati nelle due solite code erano lasciati sciolti. Erano comunque spettinati, ma complessivamente le davano un'aria da Melody. In fondo ci si evolve sempre in quello che si é destinati ad essere, no? Aveva due orecchini a forma di nota musicale incastrati nei lobi quasi come a pugnalarli. Quello che Ryuu faticava a riconoscere era lo sguardo appassionato che rivolgeva a Keiichi. Da una sola occhiata si poteva vedere quanto gli volesse bene, nonostante fosse addormentato e tendesse ad assumere le posizioni di un bambolotto. Si chiese se l'avrebbe mai guardata di nuovo con gli occhi dell'amore. Il corvino, dal canto suo, non era cambiato molto.
Ada li scrutava tutti, ma si focalizzava spesso su Miranda, in piedi e ad una distanza studiata da Domina. I capelli le erano finalmente ricresciuti, e anche se le punte erano ancora bianche si vedeva una ricrescita del suo color biondiccio originario. Per il resto sembrava la stessa strega cauta e diffidente di sempre, solo più attenta ai dettagli. La regina della notte le rivolse uno sguardo accompagnato da un sorriso di benvenuto. Ryuu lo ricambiò d'istinto, maledicendosi per averlo fatto. Lei, fresca di piega, continuava a sorridere falsamente al mondo, sistemandosi occasionalmente il vestito. I lunghi capelli biondi sembravano muoversi solo ed esclusivamente come dovevano per abbagliare il pubblico. Ogni tanto muoveva i piedi in direzione di Miranda.
La rossa, rigida come un palo, si sentiva osservata e a disagio. Ogni tanto strabuzzava gli occhi verso Ryuu, cercando di instaurare un rapporto di fiducia o perlomeno di non metterla in imbarazzo come lo era lei. Tentò perfino un sorrisetto ma non ebbe molto effetto, perché la strega aveva occhi su qualcun altro. Kay aveva la fronte aggrottata leggermente e le sopracciglia sollevate in un'espressione a metà strada tra il disappunto e la sorpresa. Sarebbe stato sciocco dire che non era cambiato. Aveva i capelli raccolti in una coda chiusa da un bel fiocco blu e le braccia incrociate. Non credeva che avrebbe mai guardato i suoi amici e pensato che fossero invecchiati, però era esattamente quella la sensazione. In realtà era più che corretta: il mondo aveva continuato a girare senza di lei per anni. Dario, in disparte, giocherellava con la ciocca di capelli azzurri che lo caratterizzava.
«Non abbiamo avuto tempo di organizzare una festa» spiegò Khalil, ingenuamente convinto che Ryuu intendesse realmente muovere una critica.
«Grazie, sei molto gentile. Ma non la voglio» spiegò la rossa, puntando lo sguardo di nuovo su Kay, sostenendo quello gelido di rimando.
«Sarebbe carino sapere cos'è successo negli ultimi tempi» aggiunse mormorando.
«Sì. Io e te dobbiamo parlare. Di molte cose. Ma per il momento ho solo un annuncio da fare, ed é che il Narrastorie é sparito»
Si guardarono confusi.
«In che senso sparito?» strillò Domina, coprendosi la bocca con le mani.
«Nell'unico senso esistente» ringhiò Ryuu, guardandola come se volesse vederla tra le fauci di un drago.
«Nel senso che qualcuno l'ha rubato. Ed il colpevole é ancora nell'Accademia. Quindi sarebbe pregato di restituirlo» chiarì il principe delle nevi, soppesando ogni presente con lo sguardo.
«Sicuramente ora che l'hai detto sbucherà fuori» commentò sarcasticamente Melody, incrociando le braccia sul petto. Così facendo Keiichi diede l'ennesima testata al tavolo, scivolando dalla sedia e rimanendo sul pavimento. Domina lo spostò col piede, attenta che nessuno la vedesse.
«Pensi che sia qualcuno tra noi?» chiese Khalil, sbattendo le ciglia e posando la padella sul tavolo, guardando nervosamente le scale, spaventato dall'idea che Thomas corresse giù in quel momento.
«Non necessariamente...» mormorò il Gran Maestro. «Ma é probabile» concluse.
«Woah, parli ancora come un vecchio topo di biblioteca» commentò Melody un po' a sproposito, indicandolo. Sorrise abbastanza divertita guardandolo arrossire fino alla punta delle orecchie.
«Come lo diremo a Thomas?» domandò ancora Khalil, grattandosi la testa perplesso.
«Perché dovremmo dirglielo? Siamo adulti che sanno gestire i loro problemi da soli. I nostri genitori non ci mettevano certo a corrente di tutti i loro problemi»
«Ah, a volte dimentico di non avere più quattordici anni...però hai ragione. Immagino sia una questione interna»
«Una questione interna che portata per le lunghe diventerebbe pubblica. Credo che prima o poi Thomas verrà a saperlo e sarà alquanto deluso da non esserne stato messo al corrente prima» si intromise Miranda, aguzzando lo sguardo verso un punto indefinito su per le scale. Kay sospirò. «Thomas, puoi scendere di lì?» domandò, senza nemmeno girarsi.
Il ragazzino mise i piedi a terra, scivolando giù dalla ringhiera dove si era arrampicato. «Come hai fatto a vedermi?» domandò grattandosi la testa curioso, fingendo di non aver sentito tutto il dialogo precedente.
«Lo so e basta» rispose secco il principe delle nevi. «Hai avuto una pessima influenza. Origli, rubi, menti...»
«E da chi le ha imparate? Noi non le facciamo queste cose» si intromise Khalil, pensieroso.
«Ognuno ha i suoi segreti, in verità» mormorò Melody, guardando Ryuu dritta negli occhi.
Il ragazzino si mise a sedere al tavolo con nonchalance, cercando di ignorare lo sguardo pesante che gli rivolgeva Kay. «Dunque, il Narrastorie é stato rubato. E il ladro é tra noi. É emozionante!» esclamò. Il gran maestro scosse la testa.
«No, é un gran problema»
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Kazuha continuava ad armeggiare con qualsiasi cosa avesse tra le mani. Era incredibilmente piacevole avere la camera quasi costantemente vuota. Thisbe sembrava abbattersi per qualsiasi cosa, nonostante le sue condizioni di vita fossero migliorate. Più ci ragionava, più non capiva perché. Le mancavano i suoi genitori? Pff, avrebbe voluto avere quel problema. Lei stava una pacchia senza di loro, ed era sicura che il sentimento fosse ricambiato. Quindi non capiva perché la bionda sbattesse tanto la testa contro le sue figure genitoriali. Poi la sua migliore amica era stata, diciamo, dimessa dal suo ruolo di guardia reale, e ora potevano passare tutto il tempo che volevano assieme. Quasi le dispiaceva, onestamente. Non le faceva schifo che Thisbe fosse sempre attorno. In un certo senso, apprezzava che la sua presenza condizionasse quella della compagna di stanza. La bionda le sembrava un cucciolo. Quindi non odiava del tutto la sua figura.
Guardò la pila di romanzi d'avventura sul suo comodino. Forse si sentiva...sola? Era possibile? No. Era stata sola tutta la sua vita, quindi era sciocco che per un momento di debolezza si mettesse a riflettere su tutta la sua vita. Si accigliò. Xiaolong girava sempre nei dintorni, ma non si sentiva completa con lei, o qualsiasi altra scemenza si fossero inventati i Sempre. Anche Rossana era sempre tra i piedi. Ma forse la causa della sua solitudine era il muro mentale che erigeva. Sbuffò.
Una coccinella le si posò sul naso. «Hey...» la salutò dolcemente, il tono che immediatamente risultava più zuccheroso di quello che immaginava. La fece camminare sul dito.
«Come va? Scommetto che ti manca la primavera» mormorò abbattuta. «Manca anche a me. La Natura ne risente. Ecco, vedi. Io sono dell'idea che uno debba raggiungere i propri obbiettivi senza curarsi degli altri...a meno che il senza curarsi degli altri non voglia dire distruggere tutto. E quell'imbecille glaciale di Kay non ci ha capito niente! Niente! Come può distruggere la Natura...è la Natura è la nostra casa»
«Bel discorso, bambolina» commentò Iulian, poggiato all'infisso della porta.
«Ma stai zitto!» strillò Kazuha, lanciandogli un orologio in faccia. Il corvino si abbassò e lo evitò.
«Ero venuto a farmi aggiornare la gamba, ma qualcuno era nel suo momento dolce e amorevole con gli animali. Tipico dei Sempre»
«Io non sono come gli altri Sempre» lo rimbeccò lei. «Che tipo di aggiornamento vuoi?» aggiunse poi sottovoce, imbarazzata.
«Che ne so. Più flessibilità alla caviglia»
«Mhm...articolazioni?»
«Sei tu la meccanica. Non io»
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«Cosa dobbiamo fare in privato?» domandò Ryuu, senza tradire particolare emozione. Si rigirò tra le mani qualche gingillo rubato dalla scrivania di Kay.
«Parlare. Io e l'impostore abbiamo avuto un lungo discorso. Quindi sono qui per chiederti: é vero? Dovevo aspettare solamente un giorno per essere invitato al Ballo delle Nevi?»
«Diciamo di sì. Voglio dire, non ho idea di quello che avrei fatto tre anni fa»
«Capisco»
Il principe delle nevi si mise a sedere sulla sua poltrona, con aria abbattuta. Si prese il volto tra le mani, sospirando rumorosamente.
«Conosci la situazione, immagino»
«Ho saputo» mormorò la ragazza, giocando con un pennino trafugato dal portapenne dell'altro.
«Hai qualche idea su dove sia Jamil? Sai perché é scomparso? E sai come svegliare Keiichi?»
«Non ho assolutamente idea di dove sia mio fratello» spiegò la rossa, con tono ovvio. «Altrimenti sarei già andata a riprenderlo. Non credi? E di Keiichi non potrebbe importarmene di meno. Comunque, credo che un bacio da parte di Melody possa bastare»
«Non c'è proprio nient'altro di cui parlare? Magari discutere del nostro rapporto»
Ryuu mise la propria mano sulla sua. «Stiamo facendo il bollettino dei morti, caro. Lascia le questioni personali a dopo, d'accordo?»
Il principe delle nevi arrossì e si coprì il viso. «Ho la sensazione che tu non voglia parlarne» mormorò.
«Ma certo che no. Provo disgusto per voi. Ma anche tristezza. Oh certo, tristezza. Sì» bofonchiò la fanciulla, posandosi la mano libera sul petto con fare addolorato.
«Sai, non posso più piangere. Ho finito le lacrime. Però se ti va puoi accompagnarmi alla tomba del mio caro fratello»
«È un appuntamento?»
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«Io lo dico sempre che il decluttering fa bene alla salute» esclamò gioviale Dario, con un paio di scatoloni vuoti tra le braccia.
«Non ti ho mai sentito dirlo in vita mia» ribatté seccato Khalil, con altrettanti cartoni tra le mani. I suoi contenevano l'attrezzatura necessaria a dare una ripulita ad una stanza che non veniva toccata da due anni. Li posò sul letto dell'amico e ci si sedette accanto, prendendosi il viso tra le mani. «Non ce la posso fare.» mormorò depresso, un po' perché non aveva mai passato uno strofinaccio in vita sua, un po' perché é abbastanza triste pulire la stanza di un morto.
«Sì che puoi farlo. Vedrai che dopo ti sentirai meglio. Vuoi partire dalla parte difficile?»
Il principe si guardò attorno. «C'è una parte facile?» domandò abbattuto.
«Tutto quello che non ha cacciato sotto il letto» spiegò gentilmente il ragazzo, sollevando un lembo del piumone dal pavimento.
«Va bene, partiamo da là» si arrese Khalil, infilando il braccio nella caverna delle meraviglie amatoriale. La prima cosa che tirò fuori fu una manciata di fumetti sospetti. Li guardò per un secondo.
«Ma questi sono miei» commentò infastidito. Una supermodella bionda ricambiò l'occhiata dalla copertina.
«Immaginavo» sospirò il ragazzo, porgendogli uno scatolone nel caso volesse buttarli. Naturalmente il principe li strinse a sé. «Sono parte di me. E poi mi accompagneranno in questi anni di solitudine» spiegò rapidamente, arrossendo leggermente. «Non so se capisci» aggiunse.
«Affari tuoi» tagliò corto Dario, guardandolo reimmergersi per afferrare qualcos'altro. Khalil tirò fuori un barattolo pieno di qualcosa di bianco dall'aria appiccicosa. Lo guardò preoccupato, poi lesse l'etichetta e tirò fuori un sospiro di sollievo.
«Lievito madre» spiegò, decisamente più rilassato. L'altro sollevò le sopracciglia.
«Almeno non é lievito padre» commentò semplicemente, cercando di non arrossire alla sua stessa battuta. «Comunque non mi fa star bene sapere che quel coso era in tutti i nostri pasti»
«Io lo trovo così carino. Jamil lo chiamava suo figlio, quindi é come se fosse anche mio figlio. Cos'è che mangia un lievito?»
«Farina. Ma credo fermamente che dovresti lasciare quel barattolo nel cestino dell'immondizia. E soprattutto non girare chiamandolo figlio»
«Okay, okay. Mi dispiace però. Oh, un calzino! Ah, sono due. Non sembrano essere in cattive condizioni. Secondo te posso usarli?»
«Credo che abbiate diversi numeri di differenza»
«Allora li metterò nella mia scatola delle cose speciali»
«Non farlo, per il bene dell'intera umanità» mormorò Dario, rimpiangendo l'idea. «E poi dovresti buttare qualcosa. Decluttering significa questo, Khal»
«Ma non posso semplicemente buttare qualcosa! Devo pensarci bene. E poi mi sono affezionato. Fammi vedere se c'è altro»
Riemerse con una tibia e un manoscritto. Mise l'osso da parte e sfogliò il racconto. «Oh, é una storia d'amore. Te ne leggo un pezzo. James lo guardò dritto negli occhi. «Posso palparti i pettorali?» chiese.»
Khalil posò il libro, perplesso. Dario ne approfittò per mandarlo sotto il letto di Arisu con un calcio. Stava rimpiangendo la sua scelta di aiutare, ma almeno stava scoprendo diversi lati del suo ex compagno di stanza e del suo fidanzato. Lati che avrebbe di gran lunga preferito se fossero rimasti nascosti.
«Poi c'è un po' di roba leopardata. Credo siano tutti i regali di Kay accumulatisi negli anni. Non so perché si é convinto che a Jamil piaccia lo stile animalier. Jamil si faceva allacciare le scarpe da Ryuu fino all'anno scorso...cioè, tre anni fa»
«Ogni volta che mi racconti qualcosa su di te o sul tuo fidanzato desidero ardentemente non averla sentita» commentò Dario sbattendo le palpebre. Khalil rise, ma il castano non stava scherzando. Quando riemerse per la quarta volta teneva tra le mani, oltre diversi strati di polvere, dei libri. Li sfogliò, aggrottando la fronte e leccandosi le labbra concentrato.
«Non ci capisco niente» commentò infine.
«Forse é la lingua dei jinn» mormorò il castano.
«I jinn hanno una lingua?»
«Non lo so. Per questo ho detto forse. È rimasto qualche ingrediente per le pozioni?» domandò con fare disinteressato. Con tutto quello che costavano, sarebbe stato comodo usarli e non lasciarli a marcire in una stanza vuota.
«No. Credo abbiano già fatto razzia. Xiaolong si é presa tutti quelli di Keiichi e Kay senza troppi complimenti. Costano davvero così tanto?» domandò Khalil, rimettendosi in piedi e buttando qualche flaconcino vuoto nei cartoni, tanto per dare soddisfazione a Dario e gettare qualcosa.
«Diciamo di sì. Potremmo procurarceli da soli, ma é un processo complicato» spiegò il ragazzo, guardando il più alto buttare anche effetti personali di Arisu nello scatolone. Dubitava che se ne sarebbe accorta, comunque.
Si incamminarono verso la cucina. «Hai visto? Non ho pianto» esclamò fiero il castano, trattenendo le lacrime.
«Sono fiero di te» rispose semplicemente Dario, intendendolo sul serio. Il vampiro si morse le labbra, abbattuto.
«Secondo te é morto davvero?» chiese infine.
«Non ne ho idea. Non sappiamo nemmeno cosa gli é successo. Però, se posso azzardare un'idea, deve essere successo qualcosa vicino al pozzo dei desideri. Da quanto é scomparso stanno morendo tutte»
«Pensi che sia caduto nel pozzo? Strano»
«Può darsi. Non ne avremo la certezza finché non ritornerà. Se, ritornerà»
«Grazie, Dario. Quando tornerà ti lascerò in pace»
Sì, lo so.
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«Ada» mormorò stancamente Thisbe, stringendosi all'amica. L'altra non disse nulla, segno che poteva riferirle qualsiasi cosa volesse dirle.
«Non ti sembra di star gettando la tua vita?» chiese.
«No» ribatté secca la lettrice. «Abbiamo avuto la nostra storia. Ora ci rilassiamo e godiamo la vita. Fra un anno ci diplomeremo»
«Se lo dici tu»
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Domina si avvicinò volteggiando a Khalil, mettendogli le mani sulle spalle, sollevata in punta di piedi.
«Ciao, mio caro» lo salutò gentilmente, giocando con i capelli castani del ragazzo. «Come ti senti? Meglio?» domandò, sbattendo dolcemente le ciglia.
«Una favola» borbottò il principe, stringendosi nelle spalle e sbuffando. La bionda gli accarezzò le guance, in silenzio per qualche attimo, valutando cosa dire.
«Ho delle buone notizie per te, caro pasticcino» cinguettò, aprendogli a forza le mani e mettendoci dei foglietti ripiegati all'interno.
Senza aspettare un'istante Khalil srotolò la carta e osservò silenziosamente le illustrazioni che la fanciulla gli aveva appena dato. Sbatté le ciglia diverse volte, guardando prima la regina della notte, poi il meraviglioso disegno che raffigurava Jamil e Ryuu nel fatidico momento che li aveva separati due anni prima. Guardò boccheggiando il viso terrorizzato del fidanzato che veniva spinto nel pozzo, poi quello della compagna di stanza a cui voleva bene come una sorella.
«Ah?» mormorò debolmente, guardando smarrito la bionda. Domina si portò una mano all'altezza del cuore, intenerita.
«Dev'essere straziante. Dev'essere assolutamente straziante. Non posso nemmeno immaginare che dolore sia perdere il proprio amante» rispose lei, abbassando lo sguardo e scuotendo il capo. A dire il vero lo sapeva benissimo, ma certo non poteva ammetterlo ad alta voce. Specialmente sapendo di essere ascoltata in continuazione.
«Come ha potuto?» biascicò Khalil, mettendosi le mani tra i capelli.
«Non lo so... non lo so»
La giovane lo strinse a sé. «Dove le hai trovate?» chiese l'uomo, ancora sotto shock. «La carta é quella che usa il Narrastorie. L'illustrazione è reale! Ma chi? Ma dove? Perché sbucano solo ora?»
«È stata la mia Miry a ritrovarle. Le sono volate in faccia questa mattina. Curioso e buffo, almeno per me. Per te non deve essere una bella notizia»
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Kay si mise i capelli dietro le orecchie e si stese sul letto. Si massaggiò lentamente le tempie e chiuse gli occhi, respirando profondamente e cercando di non distrarsi. «Spero solo che funzioni» mormorò debolmente, rigirandosi nel letto alla ricerca del sonno. Una luce prima debole, poi abbastanza forte da ferirgli le palpebre, lo costrinse a mettersi a sedere e a stiracchiarsi, stanco come dopo un pisolino pomeridiano.
Si guardò attorno. Il letto era l'unico mobile rimasto. Attorno a lui c'era solo una lunga, infinita e triste distesa di neve che continuava a cadere dal cielo, con cadenza ritmica e deprimente. Sospirò con tono gravoso, ma senza essere veramente triste. Aveva desiderato a lungo ritornare nel reame dei sogni, nella speranza di incontrare nuovamente chi desiderava vedere.
«Non puoi continuare a cercarmi per sempre» lo rimproverò una voce alle sue spalle. Emozionato, Kay si voltò alla ricerca del volto paterno. L'uomo gli sorrise debolmente, l'espressione che tradiva una stanchezza che doveva portarsi dietro da molto. Gli scombinò i capelli, costringendolo a recuperare il nastro che li teneva legati dal pavimento.
«Stanno diventando belli lunghi» commentò semplicemente, analizzandone una ciocca con fare interessato.
«Mi piacciono così» ribatté il principe delle nevi, sorridendo.
«Sono belli. Somigliano ai miei. Sai, non mi sono mai spiegato perché tu sia nato con i capelli già bianchi. I miei lo sono diventati presto, ma tu ci sei già direttamente partito»
«Quando sono diventati bianchi? Cioè, presto vecchio o presto giovane?»
«Il giorno in cui ho baciato tua madre per la prima volta»
Il ragazzo si raggomitolò su sé stesso. «Quindi é stata lei?» chiese, guardandosi le mani. Forse era un effetto collaterale dei suoi poteri. Non poteva saperlo, ma si chiese come sarebbe stato nascere normale. Senza poteri.
«Non lo so. Può anche essere stato semplicemente un caso, sai?» rispose l'uomo, sedendosi accanto a lui e guardando il cielo plumbeo con un mezzo sorrisetto. Posò violentemente la mano sul materasso.
«Perché Täthi?» chiese infine Kay, mogio.
«Sai che vuol dire?» ribatté il padre, guardandolo dolcemente e accarezzandogli il viso.
«No, papà»
L'uomo tenne ferma la mano sulla sua guancia per un po', cercando le parole giuste da dire.
«Significa stella polare. L'ho scelto perché sapevo che avresti guidato tutti»
«Io?» domandò il principe delle nevi, indicandosi con fare perplesso. «Io non sono buono a guidare nessuno. Sono solo...»
La frase rimase in sospeso, in attesa di venir completata da uno dei due, ma nessuno lo fece.
«La stella polare guidava gli uomini del passato a casa. Ora, guida gli uomini del presente. E un giorno, condurrà anche i figli dei tuoi figli a casa. Capisci, Täthi? Sei la luce che guida gli altri. Sei un punto di riferimento luminoso per tutti. Non sprecare quest'opportunità seguendo le orme di tua madre. Chiunque é destinato a qualcosa di più grande dell'egoismo»
Kay si prese il viso tra le mani. «E se non lo sentissi mio?»
«Puoi farti chiamare come vuoi. Hai, ed avrai, molti nomignoli e titoli nel corso della tua vita. Questo, però, é il nome che ho voluto darti io. Anche se non ti é arrivato quando doveva. Avrei voluto esserci stato. Non saresti diventato buono, ma non saresti stato così»
«Papà, tu sei fiero di me?»
«Non ancora, Täthi. Mi renderai fiero solo quando capirai la via dell'amore, e non quella dell'odio. D'accordo? Sono orgoglioso che tu sia mio figlio, ma non sono fiero di te. Comprendi?»
Il principe abbassò il capo ed annuì. «Sarai sempre mio figlio. E ti vorrò sempre bene. Ma non posso rimanere qui ogni volta che tu vorrai. Io sono morto e i morti non appartengono alla tua realtà»
«Anche io ti voglio bene. Mi dispiace»
«Non é colpa tua. Ricorda, Täthi. Le persone diventano sempre quello che sono destinate ad essere»
«Ma se non fossi bravo abbastanza?»
L'uomo sorrise. «Un giorno capirai che essere bravo abbastanza é un concetto relativo»
Si alzò con fatica, guardandosi attorno. «Devi concentrarti sul presente, fiocco di neve. Va bene? Hai fatto delle buone cose. Continua così e combatti per quello che é giusto»
Gli diede un buffetto sulla guancia. Kay chiuse gli occhi tra le lacrime.
«Non andare via, papà...»
Ma era di nuovo nella sua stanza all'Accademia.
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La porta della stanza si aprì bruscamente. Ryuu, sul letto, sfogliava distrattamente le pagine di un libro. In realtà nessuna delle parole riusciva a giungere alla sua mente, perché si tramutavano tutte in scene della giornata. Non riusciva a credere che Jamil fosse morto, o, come dicevano gli altri, sparito. Anche il fatto che Keiichi fosse in una sorta di coma incantato la turbava. Alzò lo sguardo verso l'intruso. Khalil lo guardò con le pupille contratte e il respiro veloce, come se gli mancasse l'aria.
«Cosa c'è?» ebbe il tempo di chiedere la rossa, prima di essere spinta violentemente contro il materasso.
«Cosa c'è? Sei stata tu. Sei stata tu!» sibilò semplicemente il principe, sbattendole in faccia l'illustrazione che la raffigurava spingere il jinn nel pozzo.
«Ma cosa dici? No! Io non lo sapevo, fammi guardare...» boccheggiò, afferrando il foglietto. Esaminò preoccupata il suo ritratto. Era proprio lei, con i suoi capelli rossicci, le lentiggini e gli occhi color nocciola. E l'altro era proprio Jamil, con la pelle azzurrastra e i capelli blu, e le orecchie a punta. Non capiva. Non ricordava nulla di tutto ciò, nulla di tutto quello che sembrava esser successo.
«Allora?! Te lo sei ricordata?» strillò di nuovo Khalil.
La rossa si mise a sedere, approfittando del momento di debolezza in cui il principe aveva allentato la presa. «Non sono stata io. Deve essere stato l'impostore» mormorò.
«Okay. Okay. È stato l'impostore. Ma certo. E chi é stato a trattare Jamil come uno straccio per tutto il tempo prima? Sempre l'impostore?»
«Khalil, quando non ragioni sei terribile»
«É stato l'impostore sì o no?»
«Ero io. E me ne vergogno! Ma non ho avuto il tempo di scusarmi perché sai, ero chiusa in un dipinto!»
«E cosa giustifica i tuoi comportamenti? Eri frustrata perché hai ucciso tuo padre?!»
Calò un silenzio imbarazzante. «Scusa Ryuu. Ho esagerato» mormorò rapidamente il castano, abbassando lo sguardo.
«Ma dai. Ti precipiti in camera mia brandendo un'illustrazione e accusandomi di aver ucciso mio fratello ignorando che sono due anni che diamo la caccia ad un clone di tutti noi!»
«Jamil non era tuo fratello. Era il tuo fratellastro. Ti assicuro che non si sentiva benvoluto nella famiglia. Per colpa tua»
«Sei sempre il solito esagerato. E poi smettila di parlare di Jamil, sono passati due anni. Pensa ad altro, rifatti una vita, che ne so. Sei semplicemente patetico ad aggrapparti ai ricordi. I ricordi non salvano nessuno» commentò sgarbatamente la rossa, giocando con il lembo del lenzuolo.
«Scusami! É davvero strano pensare al mio fidanzato che qualcuno, che, per inciso, é davanti a me, ha spinto in un pozzo!»
Khalil si alzò furiosamente e andò via, avendo cura di sbattere la porta dietro di sé.
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Miranda sfogliò delicatamente le pagine del libro, accomodata sul divanetto. Ada si mise a sedere accanto a lei. Disturbata dalla presenza inquietante, la rossa iniziò ad arricciarsi una delle ciocche al dito, lanciando occhiate a destra e a manca nel disperato tentativo di togliersi la sensazione di disagio di dosso. La lettrice continuava a fissare un punto nel vuoto, quindi la strega finì per tranquillizzarsi e continuare a leggere, seppur schiacciata verso il braccio del divano.
Ada si voltò verso di lei, guardandola dritta negli occhi. Non era sicura di cosa rendesse la ragazza così lugubre. Metteva a disagio perfino lei, che aveva domato il Gran Maestro. Forse era la benda che le copriva l'occhio, oppure il fatto che i suoi sorrisi sembrassero sempre programmati. Era così gelida e calcolatrice da inquietarla.
«A che gioco stai giocando?» domandò la lettrice, dopo un lungo silenzio. Miranda boccheggiò, presa alla sprovvista.
«Eh?» chiese imbarazzata. Si grattò la testa, ridacchiando.
«Ti ho chiesto a che gioco stai giocando» ripeté la ragazza.
«Nessuno...nessun gioco! Non capisco cosa intendi»
«Chi é amico di tutti non é amico di nessuno» mormorò semplicemente Ada, poi si voltò nuovamente verso il vuoto. Miranda si posò una mano sul petto, tastando il Narrastorie sotto la stoffa.
Forse non tutti gli sciocchi lo sono davvero.
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Dario si rigirò tra le lenzuola, alla ricerca del bagliore turchese che di solito annunciava l'arrivo di sua madre. Si voltò verso il muro, spalancando gli occhi. Non era più nella sua camera, ma nel luogo etereo che accoglieva lui e sua madre durante i loro incontri notturni. La Fata Turchina lo guardava dolcemente, seduta su una sedia a dondolo. Teneva le mani intrecciate, con un lavoro a maglia tra le mani. Nei suoi occhi scorgeva affetto, ma anche una punta di risentimento che non riusciva a spiegarsi.
«C'è qualcosa che mi devi chiedere, mio caro?» fece per domandare la donna. Ma le sue parole vennero sovrastate da singhiozzi soffocati del figlio. Si accigliò leggermente, poi il suo viso si rilassò nuovamente in un sorriso. Gli accarezzò una guancia, con calma.
«Cosa succede?» chiese cauta.
Dario si prese il viso tra le mani, aggrappandosi con forza all'amore materno.
«Sono stanco» rispose infine, dopo tanti ripensamenti. Non aveva saputo trovare parole migliori, ma a volte quelle più semplici bastavano.
«Perché mai?»
La Fata Turchina inclinò il capo, sfilando la mano che il figlio aveva afferrato con tanta forza con le sue.
«Cosa succederebbe se il mio destino non fosse aiutare?» sputò infine il rospo il castano, raggomitolandosi lontano dalla madre.
«Cosa intendi?» chiese allarmata la fata, facendosi aria con le mani. Si ricompose immediatamente, sistemandosi i capelli turchesi con qualche gesto automatico.
«Intendo...che forse non sono portato per dare una mano agli altri. Non sono capace ad aiutarli davvero. Tutto quello che offro é un palliativo. Alla fine non risolvo mai davvero i problemi» spiegò Dario, gesticolando rapidamente, agitato. Ogni tanto alzava lo sguardo verso la madre, sperando vivamente di non scorgere delusione nei suoi occhi.
«Dario» lo rimproverò bonariamente la donna. Prese le sue mani tra le proprie. «Sei nato con un dono. Chi é capace di esaudire desideri é nato con un talento impagabile. Ricorda che l'arte di rendere i sogni realtà non si può imparare. O ci si nasce, o nulla. Ora ragiona assieme a me. Non sarebbe sciocco gettare questo tuo dono? Tu puoi guarire le persone dalle loro preoccupazioni. Perché non dovresti farlo? Cos'altro otterrai di meglio dalla vita?»
Il castano la guardò e abbassò la testa. In effetti sua madre aveva ragione. Non c'era nient'altro che gli riuscisse bene quanto rimettere a posto i pezzi dei cuori altrui. Non c'era nessuno che lo facesse con lui, ma questo sarebbe il destino comune se avesse messo da parte il suo dono. Qual'era il suo vero sogno?
Guardò la sua voglia. Adesso era un punto interrogativo, che lo fissava con fare incalzante. Anche la Fata Turchina si sporse a guardarla, sollevando le sopracciglia perplessa. La coprì con la mano e lo guardò.
«Dario. Non dubitare mai più del tuo destino. D'accordo? Sono fiera di te, ma non devi paura di essere quel che sei» mormorò con tono zuccherino.
Il ragazzo si chiese se quella voce dolce gli avrebbe portato le carie.
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«Keiichi...» mormorò mollemente Melody, accarezzando il viso del ragazzo, stesa accanto a lui. «Devi perdonarmi. Sono una sciocca e non ho coraggio di svegliarti»
La fanciulla scivolò giù dal letto e si sistemò prima la gonna, poi i capelli. Rimase incantata dinnanzi allo specchio per diverso tempo, poi si preparò ad andare via. Sospirò, stanca di sé. Ma nella testa le rimbombavano solamente i consigli di Miranda. E se il suo amore non fosse stato abbastanza? Avrebbe continuato a mentire e a lasciare il suo principe in stato comatoso?
Si abbassò, indecisa. Gli sollevò una mano e gliela baciò. Spaventata dalle conseguenze si affrettò verso la porta e uscì, chiudendola troppo rapidamente.
Nel silenzio della notte, Keiichi aprì gli occhi.
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