Epilogo :: E vissero tutti infelici e malcontenti

Credo sia un finale di stagione un po' soft. Cioè non é tragico come l'altro, però secondo me ha il suo perché.
In più é molto più fiabesco del resto della storia quindi va detto che ne sono abbastanza fiera 🥲
E niente signori
Quanti parallelismi vuoi in questo capitolo? Sì

Mi scuso per le assunzioni fatte durante il capitolo tipo Kay che mangia il polistirolo 🫠
Mi scuso anche per le scene con Jamil che sono tante. Tranquilli perché non saranno più un problema
Scusatemi sempre per gli errori di ortografia 🥲

🛑✋ Teorie sul finale prima di proseguire. Sono mandatorie perché voglio vedere cosa pensate succeda 😭

Prima di partire momento di apprezzamento per Keiichi e Khalil.



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«Fra qualche giorno dovremmo festeggiare il compleanno di Thomas» biascicò Kay, mettendo la testa sul tavolo.
«É un modo carino per dirmi che devo cucinare?» chiese Jamil, rimescolando uno stufato sospetto. Era piuttosto felice di aver trovato un cadavere fresco.
«Diciamo? Non sono esattamente il miglior cuoco del mondo» commentò il principe delle nevi di rimando.
«Ma non mi dire» mormorò il jinn, ripensando al bicchiere di latte che aveva fatto esplodere.

Domina si fece largo nella cucina, accomodandosi proprio accanto a Kay per dargli fastidio. «Che cucini?» domandò, non realmente interessata. Era raro vederla in un posto del genere, dato che raramente pativa i morsi della fame.
«Stufato» rispose Jamil, mantenendo la calma nonostante non avesse più il sigillo.
«Di cosa?» chiese lei, cercando di capirlo dall'odore. Il jinn si morse la lingua per non rispondere "di tua madre".
«Mah, carne...» ribatté vago, e la bionda si avvicinò per prenderne una cucchiata.
«Posso averne un po'?» domandò sbattendo le ciglia. Il ragazzo rivolse uno sguardo disperato a Kay, troppo impegnato a masticare il suo pezzo di torta per curarsene.

«Guarda che sono praticamente la migliore amica del tuo fratellone. Sarebbe cattivo non offrirmi niente»
«Non ci credo proprio» ribatté l'azzurro, mettendole una mano in faccia.
«Fammi assaggiare» si lamentò lei.
Tutte le persone presenti li guardavano deliziati.
«Smettila di farci sembrare amici, io ti odio!» sibilò Jamil, combattendo con il cucchiaio.
«Sei così adorabile quando fai così»

Kay li guardò male. Ghayth fece il suo ingresso con un mazzo di fiori enorme. Si guardò attorno. Il principe delle nevi lo fissò strano, poi lo prese. «Per me? Grazie» commentò semplicemente. Il castano se lo riprese, mentre Domina ingurgitava lo stufato approfittando della confusione. Sentiva un sapore strano sulla lingua. Era un amante della carne cruda, ma non riusciva bene a trovare un sapore simile a quello. Assottigliò lo sguardo.
«Sembra che tu sia un amante del riciclo» commentò. Jamil non rispose perché Ghayth gli mise tra le mani il bouquet.

«É da giorni che penso a te. Non riesco a pensare ad altro. Sono assolutamente sicuro che tu sia il mio vero amore e so già che avremo tre figli e vivremo in una barca» esclamò tutto d'un fiato.
Il jinn si guardò attorno. Perfino la regina della notte era abbastanza perplessa.
«Ci...ci conosciamo?» chiese imbarazzato.
«Non ancora. Però nel momento in cui ti ho visto ho capito che eri la mai anima gemella»
Jamil si guardò attorno. Gli rimise i fiori in mano.
«Okay, scherzo molto divertente. Ora puoi andare via» lo liquidò agitando la mano.
Ghayth si inginocchiò e gli abbracciò le gambe. «Non sto scherzando, non potrei mai! Sono davvero sicuro che tu sia il mio vero amore. Ti prego, hai degli occhi stupendi e poi hem, hai delle belle gambe e sono sicuro che tu abbia anche una bella personalità.»
Il jinn se ne tornò nella sua lampada con uno sbuffo di fumo.

Il castano rimase a mani vuote per un secondo, mentre Domina lo giudicava silenziosamente e Kay decideva se servirsi di una terza fetta di torta.
«Forse hai sbagliato l'approccio» commentò infine il principe delle nevi, mentre la bionda annuiva. Qualcuno dei presenti rise in sottofondo.
«La prossima volta gli offrirò del cibo»
La regina della notte sorrise. «O un sacrificio umano, tanto per lui sono la stessa cosa» sibilò tra i denti, poi guardò lo sfortunato ragazzo. «Magari è solo timido» commentò innocentemente, sbattendo le ciglia.
«Già, deve essere quello. E poi non mi sono nemmeno presentato, che stupido»
«Non ha un fidanzato?» domandò Keiichi, entrando finalmente in cucina dopo aver origliato la conversazione per un bel po'. Non era come se tenesse a Khalil, ma si sarebbe dispiaciuto (per sé stesso, ovviamente) se il compagno si fosse ritrovato con le corna. Voleva dire ascoltare i suoi pianti per almeno due anni.
«Già» piagnucolò Ghayth, pensando al ritratto di Khalil che prendeva quotidianamente a freccette.
«E allora. Perché non pensi alle persone che ricambiano il tuo interesse?» commentò acidamente il corvino. «Non c'è quel coniglio che ti sbava dietro da tipo sempre?»
«Intendi Bunny? Guarda che è solo un amico»

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Jamil aprì la porta della camera di Ryuu con una ginocchiata. L'unica ragazza presente lo guardò entrare con un vassoio pieno di mele caramellate.
«Buongiorno Miranda!» la salutò felice il jinn. «Conosci il mio nome?» chiese la rossa imbarazzata. Non era abituata a ricevere tutte quelle attenzioni.
«Certo che sì. Seguiamo due classi insieme, e poi sei la migliore amica di Kay. Sarebbe stupido non conoscerti, no?»
«Non mi ero mai sentita così rilevante» mormorò sorpresa. Non era sicura che le piacesse
«Guaffa fe lo fei» rispose il più alto, addentando una delle mele. «Mhh, fono fofio fuone»
«Sono per Ryuu?»
«Lo vedo sempre giù di morale ultimamente, quindi ho pensato che un dolce potesse tirarlo su! Vuoi favorire?»
«Sei molto gentile, ma io e la mia famiglia non abbiamo una particolare affinità con le mele»
«Che peccato. Le mele caramellate sono il mio dolce preferito...»
«Hai fatto per Ryuu il tuo dolce preferito?» domandò la ragazza, perplessa. Jamil arrossì e strofinò un piede sul pavimento.
«È che tanto non li mangia e me li rifila, tanto vale fare qualcosa che piace a me» mormorò imbarazzato.
«Oh! Scusa, scusami. Ha senso»

Miranda si guardò attorno, poi chiuse la porta con un incantesimo. «Ho sentito che tu e Ryuu siete fratellastri» mormorò, cauta.
«È una cosa piuttosto recente» rispose Jamil. «Però sì. Non mi é sembrato molto contento della cosa» aggiunse debolmente.
«Ma certo che non lo era! Sveglia, viviamo nel mondo delle favole. Tu sei il fratello buono, e lui il fratellastro malvagio. É un Mai adesso, ricordi?»
«Sì, ma non credo che voglia trasformarmi in una Cenerentola odierna o altro» spiegò cordialmente il jinn. «Ci vogliamo bene»
Miranda abbassò lo sguardo. «Odio dovertelo dire, ma parla tutto il tempo di quanto abbia sete di sangue. E da che mondo é mondo, sarai la sua prima vittima. Lo giuro sulla mela avvelenata!»

Jamil abbassò le orecchie. «Ma non ha senso odiarmi solo adesso che siamo fratelli»
«Infatti lo fa da prima. Ma adesso ha la giustificazione perfetta!» esclamò la rossa. Si fece piccola piccola. «Scusami, non volevo urlare così tanto e dire tutte queste cose...magari sei l'eccezione alla regola. Spero che non ti butti in un pozzo o qualcosa del genere»
«Devo proprio andare»
Il jinn corse fuori con ancora il vassoio in mano.

Miranda sospirò. Lo Specchio appeso al muro la guardò.
«Non sei molto brava a fare amicizia» commentò. «Puoi migliorare, non disperarti»
«Volevo solo avvertirlo! Matrigne e fratellastri sono super pericolosi!»
«Forse venendo da tua sorella il consiglio avrebbe riscosso più successo. Credo che Jamil sia una grande fan di Biancaneve»
«Dici?»
«Credo che non gli dispiacerebbe vivere con sette uomini e cucinare tutto il giorno. Comunque, non è questo il punto. Cosa hai intenzione di fare? Riesco a percepire la tua voglia di combinare qualche misfatto»

La rossa fece spallucce e si mise a leggere un diario.

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Un uccellino si posò sul davanzale della finestra, cinguettando una dolce melodia per il festeggiato.
«É il mio compleanno!» esclamò Thomas, balzando in piedi e correndo verso Kay. Gli strappò le lenzuola di dosso e salì sul suo letto, schiaffeggiandogli la faccia per svegliarlo. Altri uccellini si unirono al coro, intonando la classica canzoncina di auguri. Keiichi si tappò le orecchie con il cuscino.
«Qualcuno li spenga!» strepitò, mentre Khalil si rialzava dal pavimento. Le bare erano molto più comode, per inciso. Si avvicinò agli animaletti e fece loro segno di andarsene.

«Kay, svegliati!» continuò imperterrito il bambino, sedendosi sulla sua cassa toracica. Credeva ciecamente che si sarebbe svegliato in quel modo.
«Magari é morto» suggerì il castano, rimuovendo manualmente Thomas dal principe delle nevi.
«Spero di sì» concluse il corvino, trascinandosi fuori dal letto con aria sfatta.
«Ughh...stavo facendo un sogno bellissimo» si lamentò infine il Gran Maestro, mettendosi a sedere e tastando le costole.
«Fammi indovinare. Ti sposavi con Ryuu» commentò seccamente Keiichi, pettinandosi i capelli davanti allo specchio.
«Non solo» esclamò fiero il principe delle nevi. «Deve solo racimolare il coraggio di chiedermi di uscire e tutto questo diventerà realtà» concluse, arrossendo.
«Credo che tu nel cervello abbia della paglia» commentò Khalil, sistemando i capelli di Thomas.
«Sbagli già a dare per scontato che abbia un cervello» precisò il corvino.
«Insomma, nessuno di voi mi fa gli auguri?» sbottò infine il bambino.

«Tanti auguri, Tommy» disse per primo Khalil, strizzandogli le guance.
«Auguri» disse Kay, spalancando l'armadio in cerca di qualche accessorio che valorizzasse l'uniforme.
«Congratulazioni» sibilò Keiichi. Thomas corse ad abbracciarlo.
«C'è qualcuno che vorresti invitare alla tua festa di compleanno?» domandò il castano, allacciandosi gli stivali.
«Ehm, voi, Dario e Melody. Poi Jamil e...e basta» concluse esitante, guardandosi attorno. «É inutile invitare Xiaolong, tanto verrà comunque» aggiunse.
Kay contò sulle dita le persone. «Non vuoi invitare Ryuu?» domandò perplesso.
Thomas si avvicinò a lui e lo fece abbassare.
«Mi fa un po' paura» ammise.

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Melody era nel bel mezzo della sua più grossa crisi di pura indecisione della sua vita. Questo se si escludeva di che colore voleva i calzini. Aveva visto Ryuu, ne era sicura. Era lui l'impostore! Per forza, doveva essere così. Non poteva essere altrimenti, non poteva esserci nessun'altra spiegazione. Quello che però la tormentava era se dire a tutti quello che era successo, o se fingere che non fosse accaduto nulla.

Da una parte sentiva di dover annunciare al mondo che aveva scoperto chi era stato così crudele da quasi uccidere un bambino, e chi aveva preso il posto del Gran Maestro. In molti l'avrebbero stimata ed acclamata come eroina, ma in realtà sentiva che non era comunque giusto. Ryuu era la sua più grande amica fin da quando era bambina. Avevano condiviso ogni segreto, parlato di tutto. Ed ora che spezzettava la questione in piccoli pezzi, si erano divise per colpa di un ragazzo. Lo trovava ridicolo.

Doveva o non doveva annunciarlo? Si prese il viso tra le mani. Era una gran bella domanda. Domina fece il suo ingresso nella stanza, squadrando la ragazza seduta sul letto. Sorrise, abbastanza convinta di sapere quale fosse il problema. I suoi dilemmi erano solo due, di solito. Uno era Keiichi, l'altro Ryuu. Nel primo caso era un po' più rilassata, anzi sembrava anche abbastanza felice di pensare al suo ragazzo belloccio. Quindi il problema era la sua amica strega, evidentemente. Si accomodò accanto a lei e l'abbracciò. Melody stava iniziando a pensare che la bionda non fosse cattiva come dicessero tutti, e che i suoi amici fossero solo parecchio drammatici. La regina della notte sorrise. Erano tutti un mucchio di idioti.

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Ryuu, sdraiata sul suo letto, si guardava le unghie con falsa nonchalance. In realtà aveva il cuore in gola, ma era una cosa che doveva fare, e lo sapeva. Sarebbe stato inutile cercare di perdonare Kay, perché sapeva che non ci sarebbe mai riuscita. E poi se non lo faceva adesso, non se lo sarebbe mai tolta dalla testa. Solo che Melody continuava a metterle i bastoni tra le ruote, e Jamil continuava a girarle attorno. Non voleva ferirli, in fondo. Voleva loro ancora bene, e sarebbe stato sciocco negarlo. Forse trattarli male era un buon modo per non farli dispiacere di cosa era diventata. Strinse il cuscino.

Era ancora arrabbiata con Melody, perché era davvero stata un'ipocrita. L'aveva criticata per un anno intero per essersi innamorata di Kay, un mai, e la prima cosa che aveva fatto dopo essersi scongelata era stata inseguire un mai. Non trovava una spiegazione logica. E poi Keiichi era molto più cattivo di Kay. Forse meno egoista, ma decisamente più motivato a fare del male, anche senza ragione. L'unica cosa che un po' lo consolava era che adesso anche lei era una mai. Non era esattamente sicura che fosse vero, perché il principe delle nevi non era certo noto per il suo intuito.

Ma essere arrabbiati con qualcuno non significava non volergli bene, questo era certo. Sfogliò il libro di malefici ed incantesimi che si era fatto prestare, ogni tanto soffermandosi sulle illustrazioni. Ora che ci pensava, un modo per farle smettere di intromettersi nei suoi piani c'era.

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«Khalil, c'è una ragione in particolare per cui ti piaccio?» chiese Jamil, mescolando il tè ed avendo cura di fare tre giri completi.
«No» rispose il castano, pettinandosi i capelli davanti allo specchio, concentrato. «Se fai cadere il tè sulle lenzuola pulite ti uccido»aggiunse rapidamente, senza intenderlo veramente. Non avrebbe mai ucciso nessuno per qualcosa del genere.
«Non lo faccio cadere. A me piacciono le persone innamorate delle cose specifiche» rispose il jinn, posando la tazza vuota sul comodino. Le fece spazio tra le creme e i bracciali sparsi.
«Del tipo?»
«La prima persona che mi sia mai piaciuta mi piaceva perché girava sempre il tè tre volte. Muoveva il cucchiaino in modo preciso. Mi piaceva la sua dedizione nel girare il tè. Però crescendo ho capito che forse mi piacevano solo i cucchiaini. Anche il tè é molto buono»

Khalil si fermò. Comprendeva esattamente il sentimento. Ma allora non era vero che non gli piaceva qualcosa nello specifico, è che non riusciva a trovare qualcosa che non gli piacesse. Questo annullava un po' l'intero proposito dell'essere specifici. Ma poteva trovarne molte di cose del genere, se a Jamil piacevano.

«Allora mi piace che anche tu giri il tè tre volte» disse, girandosi verso di lui con lo sgabello.
«Ma questa é una cosa che piace a me»
«Un'altra delle cose che abbiamo in comune»

Jamil rise. «A me piace che ti cade sempre il ciuffo davanti all'occhio e quindi sbuffi per spostarlo, ma non hai mai abbastanza fiato per togliertelo di mezzo»
«E a me piace che ti sporchi sempre il naso quando mangi il gelato e che puntualmente ti pulisci sulla camicia di qualcuno»
«A me piace quando ti sleghi le trecce a fine giornata e hai delle ciocche di capelli tutte arricciate. Sembri un po' un leoncino, ma non dura mai molto»
«A me piace che quando pensi che nessuno ti stia guardando annaffi le piante secche e dai da mangiare agli animali»

Gli occhi di Jamil si illuminarono. «Mi hai visto?» domandò, trascinandosi sul letto per arrivare più vicino a lui.
«Non sei molto bravo a passare inosservato» rispose Khalil.
«Neanche tu. Quando vuoi comprare i regali chiedi sempre in giro per tutti. Quindi prima di Natale sappiamo esattamente cosa regalerai e a chi»
«Non i tuoi. Ah! Sono invincibile. Non indovini mai i miei regali»
«Perché sono una persona ovvia»
«E anche piuttosto semplice, se devo dire la mia» ribatté fieramente il castano, incrociando le braccia sul petto con aria soddisfatta.
«Sono così semplice che mi sta stretta la vita a corte. Che ne dici se anziché regnare ce ne andiamo in qualche posto sconosciuto?»
«E dove vuoi scappare?»
«Dove vuoi tu. In un posto dove c'è la sabbia»
«Ci sei mai stato al mare?»
«No. Tu?»
«No. Dovremmo andarci. Andiamo a vivere al mare insieme. Secondo te é così tanto salato come dicono? Andiamo in una spiaggia dei Sempre, però. Quello dei Mai lo chiamano ribollente per una ragione, no?»
«Così dopo aver fatto il bagno guardiamo le stelle sul bagnasciuga. Però sai che fatica pulire tutti i granelli di sabbia dai vestiti?»
«Facciamo il bagno nudi allora»

Jamil gli tirò una cuscinata in testa.

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«Ah, voglio una torta a sette piani» esclamò Thomas, girando attorno a Dario. Il castano lo osservò curiosamente. Quello che era successo non molto tempo prima sembrava non averlo scombussolato per niente, ma in realtà percepiva il desiderio del bambino di non essere lasciato solo nemmeno per un istante. Non doveva essere stato piacevole venir minacciati con un coltello così affilato, ma per il momento sembrava star bene.
«Sapevi che in quelle torte così si alternano strati di polistirolo a strati di torta? In realtà sarebbe una torta a tre piani» spiegò il ragazzo. Kay lo guardò confuso. Dalla faccia che stava facendo il principe delle nevi poteva giurare che avesse sempre mangiato tutti i piani senza problemi.
«Oh. Allora voglio una torta a quattordici piani» risolse il problema il bambino, saltellando sul posto.
«Non fa una piega» rispose Dario, grattandosi la testa. «Ora devo proprio andare, però. Ho un mucchio di compiti da fare» mormorò, avviandosi verso la sua camera. Il corridoio era fin troppo silenzioso, ma il castano non aveva troppa paura. La gente spesso sottovalutava la sua stazza e il fatto che fosse ben piantato. E poi era tutto fuorchè debole, in molti lo dimenticavano. Mentre si ripeteva questo, sentì qualcuno arrivargli alle spalle. Deglutì nel vedere le dimensioni dell'ombra, poi si girò e tirò un sospiro di sollievo. Era solamente Talbot. Lo salutò senza dire niente. Erano entrambi uomini di poche parole. Stranamente la presenza dell'insegnante non lo rassicurava, anzi. Accellerò il passo guardandolo fisso, sperando che non pensasse per colpa sua. Anche Talbot aumentò il passo.

Il castano non riusciva a percepire nulla da lui. E in quel momento comprese che non era affatto con il suo insegnante.

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Jamil bussò alla porta, aspettando che Ryuu aprisse. Nel frattempo guardò il maglioncino che doveva restituirle. Forse era meglio delle mele caramellate. Ora che lo guardava meglio, c'era un piccolo buco su una delle maniche. Forse avrebbe dovuto rammendarlo prima di restituirlo, ma ormai era tardi per farlo.
La rossa aprì la porta, guardandolo dall'alto verso il basso.
«Era l'ora che me lo riportassi» commentò acidamente, prendendolo dal cestino e spiegandolo per guardarlo. Si accorse immediatamente del buco e lo guardò piuttosto male.
«Perché non l'hai rammendato?» domandò, aspettando che Jamil entrasse nella camera per chiudere la porta con forza.
«Perché non sono così bravo a cucire. Si vedrebbe» si scusò il jinn, non troppo preoccupato. Non si trattava di una bugia, finiva sempre per pungersi le dita.
«Bene. Vado a prenderti ago e filo. Non penserai certo che sarò io a rammendare questo buco» ribatté tranquillamente l'altra, passandosi una mano tra i capelli e aprendo un cassetto. Erano le cose di Miranda, ma non era come se le importasse.
«Mi hai preso per la Cenerentola di casa?» bofonchiò il più basso, scuotendo la testa. «Non ci penso proprio» aggiunse. Sarebbe stata un'altra storia se gliel'avesse chiesto gentilmente, perché era sicuro che Ryuu non sapesse cucire. Ma trattarlo così!

Ryuu lo guardò, poi andò ad aprire l'armadio e ne tirò fuori un paio di orecchini. «Ti converrà farlo o questi faranno un bel salto nel pozzo» mormorò asettica.
Jamil guardò il suo paio di orecchini preferito e boccheggiò con un pesce fuor d'acqua, poi sospirò. «Va bene, va bene» si arrese, sedendosi sul letto e prendendo il maglione. La rossa gli mise in mano ago e filo, impilando altri vestiti da rammendare, con la scusa di fargli fare pratica. Il jinn guardò la catasta di abiti diventare sempre più alta e sospirò, iniziando a cucire.
«Tornerò quando avrai finito. C'è molto da fare» mormorò, affrettandosi ad uscire.
«Di questo passo alla festa di Thomas ci arriverò tardissimo» piagnucolò Jamil sconsolato, convinto che la rossa si fosse allontanata abbastanza da non sentire le sue proteste.
Ryuu si riaffacciò all'entrata. «Festa?» chiese. «E nessuno mi ha invitato. Davvero struggente» commentò con lo stesso tono di prima. Non sembrava realmente dispiaciuta, ma la sua voce non tradiva nessun tipo di emozione.
Jamil deglutì, rendendosi conto del grave errore commesso. La guardò per qualche attimo, e lei passò lo sguardo da lui al maglione. L'occhiata fu autoesplicativa e lui di dedicò di nuovo al cucito in silenzio, consapevole che se avesse parlato nuovamente la rossa sarebbe andata lì a cucirgli la bocca.

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Kay aveva uno strano sentimento addosso da qualche giorno, e questo riguardava il Narrastorie. Così, accompagnato da Emma, aveva deciso di cambiargli nascondiglio. Era stato più difficile del previsto rinchiuderlo sotto una campana di vetro, dato che continuava a stramazzare fieramente per scrivere qualcosa. Il principe delle nevi si tuffava da tutte le parte cercando di evitare che pugnalasse di nuovo Emma. La castana cercava di apprezzare il suo tentativo, ma in realtà tutto le ricordava la sua morte. E francamente non era esattamente piacevole sapere cosa si provava ad avere una lama nel petto.

«Grazie per l'aiuto» esclamò Kay, cercando di sembrare estroverso e sicuro di sé. Non ci stava riuscendo.
«Non c'è di che» rispose asettica la ragazza, tenendo tra le mani il libro del Narrastorie, usandolo occasionalmente come scudo.
«Non dovresti sentirti obbligata a farlo» ribatté lui, riparandosi dal pennino che adesso puntava alla sua chioma.
«Lo so» ribatté.
«Non sei una di molte parole» ridacchiò imbarazzato il principe delle nevi. Emma si limitò a giudicarlo in silenzio.

Dopo aver finalmente inscatolato il pennino ribelle si diressero verso la torre del Gran Maestro. La castana la osservava in silenzio, segretamente domandandosi come si potesse arrivare all'entrata. Non c'era nessuna rampa di scale o ingresso. Nemmeno una slitta che li portasse sopra o altro. Ora che ci pensava, la slitta di Kay era ancora in riparazione. Alzò le sopracciglia, imbarazzata per lui. Il principe delle nevi arrivò di fronte alla torre e sbatté il piede sul pavimento. Una scala di ghiaccio si formò a partire dal punto in cui erano. La salirono un po' affaticati — Kay specialmente si fermava ogni due minuti per una pausa rigenerante, nel tentativo di sembrare assolutamente normale. Somigliava molto ad un idiota.

Arrivarono in cima dopo molto tempo, e finalmente riuscirono a ricollocare il Narrastorie al suo posto originario. Kay ci tenne sopra la campana di vetro, ma non appena i due andarono via il pennino la scaraventò via ed iniziò a scrivere.

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Finalmente era giunto il momento di festeggiare. Le giornate erano state pesanti, ma adesso andava tutto per il verso giusto. O almeno non per Melody, che ribolliva ancora preoccupata. Thomas addentò la sua fetta di torta felicemente, contento che non fosse polistirolo, come lo era invece quella di Kay, comunque non consapevole della cosa. Uno scricchiolio preoccupò tutti gli invitati.

Le porte si aprirono con uno schiocco malizioso, lasciando che si mostrasse in tutto il suo splendore la principessa non invitata. Ryuu camminò lungo la sala, impettita, mentre i presenti si facevano da parte intimiditi. La rossa si arricciò una ciocca di capelli al dito, apparentemente distratta. Kay la guardò con gli occhi spalancati, indeciso se sentirsi intimorito o perdutamente innamorato. Sapeva che per quanto fingesse di essere sicura tutto l'atto era in realtà pura finzione. La sua bellezza senza sforzo era precisamente studiata, ma lo sorprendeva comunque. Sentì il cuore battere più rapidamente del dovuto e scosse la testa, ritornando in sé.

«Sembra proprio che un caro bimbo si sia dimenticato di invitarmi» mormorò Ryuu, chinandosi all'altezza di Thomas, seduto su una sedia. Era circondato dai regali ancora non aperti e in testa aveva una stupida coroncina. Strinse l'unico regalo che aveva aperto, un peluche. Cercò in tutti i modi di evitare il contatto visivo con la strega, ma questa gli posò una mano sul capo e gli girò la testa verso di lei. «Ma non credo sia colpa tua» aggiunse prima che il bambino potesse rispondere. La fanciulla si voltò verso gli invitati. «Forse é qualcuno di loro che si é dimenticato di spedire l'invito per me, non credi?»
Thomas non rispose e si fece piccolo piccolo, aspettando che la rossa togliesse la mano dai suoi capelli.

«Ryuu, ora stai esagerando» commentò infine Melody, prendendo finalmente coraggio e avanzando verso l'ex migliore amica.
«E perché? Sai dirmelo?» rispose lei, inclinando il capo e guardandola come si guarda un bimbo fare i primi passi.
La più bassa non rispose. Dalle sue parole dipendeva il loro lieto fine, e finché non rispondeva tutto era possibile. La rossa si portò un dito sulle labbra, in attesa. «So che lo sai» la provocò ancora. Melody non rispose e abbassò lo sguardo, ritirandosi tra gli altri come una bestia sconfitta.

Non ti preoccupare, cara. Conosco il modo per fartela pagare.

«Voi siete una folla di ipocriti» proclamò Ryuu, spalancando le braccia. Li pesò ad uno ad uno con lo sguardo, ogni tanto indicandone uno e mormorando qualcosa tra sé e sé, commentandolo e deridendolo in qualche modo. «Ma non voglio rovinare la giornata speciale del nostro Thomas. Anzi, sono qui per fargli un regalo» annunciò, voltandosi nuovamente verso il piccolo.
«Sto bene, grazie» balbettò il castano, stringendo di più il suo peluche e mandando occhiate disperate nella direzione di Kay, nuovamente imbambolato. Questo si riprese quasi immediatamente e si mise davanti al bambino.
«Nessun regalo da parte tua» disse fermo, accigliandosi nonostante il pallore.
«Perché? Sono molto sicuro che il piccolo Thomas preferisca un mio dono rispetto a delle squallide pagine da colorare. O mi sbaglio?»
Kay apparve ferito per un breve istante. «Non costringermi ad usare la magia» mormorò tra i denti, cercando di farle capire che era serio.
«Non sapete nemmeno che regalo sia. Avanti, non siate crudeli»

Jamil abbassò lo sguardo, in disparte. Se la festa del povero Thomas era rovinata era in parte colpa sua. Aveva condotto lui lì la strega.
«Va bene» mormorò infine il bambino, spingendo delicatamente via il principe delle nevi. «Grazie per il regalo, Ryuu» aggiunse rapidamente, per farle capire che nonostante tutto ne era grato, a prescindere da cosa fosse.
La rossa sorrise dolcemente e tirò fuori dalla tasca un piccolo sacchetto.
«Sono caramelle!» squittì innocente.
«Certo, avvelenate» borbottò Keiichi. Si fece avanti e le strappò il regalo di mano, gettandolo a terra. «Non ho intenzione di continuare questa messinscena. Se volete litigare tra voi, fatelo. Non é certo questo il problema. Non vedo perché coinvolgere Thomas nei vostri battibecchi infantili»

Ryuu lo guardò e si finse dispiaciuta per i dolciumi. «Bene. Visto che Keiichi ha rovinato il tuo regalo, sono costretta a fartene un altro. Mi auguro che tu cresca sano e forte, che tu sia sempre amato e che abbia talento in ciò che ami. Ma mi auguro anche, proprio come Keiichi, che tu non sia più coinvolto in questi battibecchi. Farò in modo che non accada più, va bene?»
Kay rianalizzò rapidamente le parole. Non trovava nulla che potesse potenzialmente essere un maleficio. Sembrava piuttosto un augurio genuino. Si ritrovò pure a sorridere. Forse Ryuu voleva solo ucciderli con gentilezza.

La rossa si sistemò i capelli e diede un bacio in fronte a Thomas, abbassandosi. Si rialzò velocemente e in tutta fretta, ritornando proprio da dove era venuta. Prima di uscire si voltò verso i presenti.
«Quasi dimenticavo di ringraziare Jamil per la soffiata. É stato molto gentile da parte tua» esclamò, piroettando e dileguandosi dalla scena.

Melody digrignò i denti e si avvicinò al jinn, mettendogli le mani sulle spalle e spingendolo. «Allora é proprio vero che non sei capace di prendere le parti» esclamò. «Sei una serpe, tu e i tuoi doppiogiochetti»
L'azzurro si tolse le mani della ragazza di dosso, accigliandosi. «La richiesta di prendere le parti é irrealizzabile, vedendo come siete messi tutti e tre. Perché vi aspettate che mi sacrifichi per un partito perso? Siete tutti delle cause perse. Volete battibeccare per forza. Scusate se non voglio rimanere nel viscido con voi»
«Ma certo, sputa nel piatto in cui mangi. Sei stato nostro amico fino a che non sono arrivati i tempi difficili» ribatté acidamente la ragazza. Dario li guardò e strinse a sé Thomas, amareggiato.

«Oh, perdonatemi, ma la vostra definizione di tempi difficili é cercare di uccidervi fra voi, non avere bisogno di aiuto con i compiti»
Melody rimase zitta, di nuovo. Era sul punto di tirargli uno schiaffo, ma Khalil li guardò timoroso e poi si mise in mezzo, fermandola.
«Ragazzi, non litigate. É proprio quello che vuole Ryuu, no?» spiegò nella speranza di essere convincente. I due sbuffarono e se ne andarono per strade separate, mentre Khalil continuava a cercare di farli calmare. Kay si alzò il mantello da terra e corse alla ricerca di Ryuu, fedelmente seguito da Dario. Keiichi sbuffò e andò via dopo aver preso un pasticcino.

Thomas rimase sulla sedia, da solo. Si guardò attorno, poi scese con un salto e prese il pacco regalo più grande che era rimasto sul pavimento. Lo aprì concentrato, cercando di non strappare né carta né nastri. Il contenuto era avvolto da altra carta velina, così la scartò più delicatamente. Aprì la bocca estasiato. Altro non erano che uno stupendo paio di pattini d'argento.

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Uno dei vestiti che aveva fatto rammendare a Jamil era un maglioncino di Melody. L'aveva trovato in camera sua non molto tempo prima, probabilmente per uno scambio in lavanderia. Sorridendo maliziosamente, Ryuu lo riportò in camera della ragazza. Fortunatamente era vuota, e poté appenderlo al suo armadio. Sicuramente la ragazza avrebbe pensato che ci avevano messo davvero molto tempo a lavarlo, e non che la rossa lo avesse tenuto con sé così tanto. Lo guardò, poi si assicurò che nessuno passasse davanti alla porta, e tirò fuori dalla tasca un sacchetto. Guardò l'ago contento in esso e lo estrasse attentamente. Lo infilò nel maglioncino con la punta rivolta verso l'interno, attenta a non pungersi. Uscì dalla camera rapidamente.

Keiichi era lì vicino, ma non si fece notare. Entrò in camera subito dopo di lui. In realtà sperava di trovarci la ragazza, ma sapeva che non poteva essere così. Altrimenti avrebbe sentito le urla delle due. Scosse la testa, infastidito. Le donne e i loro capricci. Si mise a sedere sul letto di una delle quattro, onestamente non avrebbe saputo dire di chi, ma non era importante. Cercò il comodino di Domina con lo sguardo, magari per rovinarle tutti i trucchi o le diavolerie che ci teneva, ma alla fine rimase fermo.

Ad attirare la sua attenzione fu, invece, uno strano riflesso sul maglioncino appeso all'armadio di Melody. Era sicuro fosse il suo perché era terribile. Si alzò e controllò cosa fosse. «Un ago?» bofonchiò. «Che scherzo infantile»
Non sapeva come considerare Ryuu. Le era sembrata una stupida per tutto il primo anno, ma adesso oltre che stupida le sembrava irragionevolmente acida. Il che era forse un po' ipocrita, considerando che lui si era inacidito per questioni amorose nemmeno sue, ma di suo padre. Lo sfilò, seccato. L'aveva perfino messo con la parte appuntita verso l'interno. Alzò gli occhi al cielo, e fece per metterlo sul comodino di Domina, ma lo prese dal lato sbagliato e si punse il dito.

Socchiuse gli occhi, lasciandolo cadere e guardando la goccia di sangue sull'indice. Poi cadde a terra addormentato.

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«Sarebbe molto carino per me sapere perché mi seguite» strillò Kazuha, sul punto di una crisi nervosa. Si voltò verso quelle che credeva essere Thisbe e C.C., ma scoprì di avere dietro solamente Xiaolong. La dragonessa sorrise a trentadue denti.
«Ciao brontolona» la salutò, scodinzolando felicemente. «Non ti sto per niente seguendo. Sono qui solamente perché mi andava. Piuttosto, perché tu cammini davanti a me?»
La principessa ribollì di rabbia. «Lasciami stare» si lamentò, scacciandola agitando le braccia. Non fu molto efficace.
«Perché ripudi così tanto i contatti umani?» domandò l'insegnante, con aria interrogativa.
«Perché sì. Non voglio stare in una scuola in cui tutti cantano agli uccellini e fanno schifezze del genere. Odio quando la gente si illude che il lieto fine esista. Spero che ingoino tutti del vetro e muoiano» proclamò fieramente la ragazza, sperando di aver spaventato a sufficienza Xiaolong, che invece aveva le pupille dilatate.
«Anche io adoro le cose macabre. Solo...non mi sembravi esattamente deliziata quando abbiamo trovato del vetro nel pane»

Kazuha rimase in silenzio. In effetti era vero, ma cosa poteva dire? Voleva che morissero gli altri, non lei stessa. Aveva ancora molto altro da dare (sempre a sé stessa) e molto altro da fare. Più ripensava ai suoi compagni di classe più rabbrividiva. Una volta aveva deciso di andare a fare ginnastica e l'unica cosa che aveva imparato era che fossero tutti perdenti. Uno parlava dei dieci figli che avrebbe avuto con il fidanzato, l'altra aveva cercato di prenderla a cornate. Rabbrividì. Arisu era strana. Molto. Però ammirava la sua capacità di ehm, slegarsi dalla sanità mentale.

«Comunque, ti andrebbe di fare un giro sul mio dorso?» domandò la dragonessa, con l'intento di uscire dal silenzio imbarazzante ma finendo per provocarne uno anche peggiore. Fece spallucce, arrossendo.
«Se, uhm, ti va, scrivimi un piccione viaggiatore»
«Puoi proprio sognartelo» ribatté la principessa.

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Jamil, amareggiato, stava lavando i piatti. Decisamente non era la sua mansione preferita, specialmente adesso che si sentiva costretto a fare tutte le pulizie dell'Accademia. Ryuu entrò saltellando in cucina, con un sorriso a trentadue denti. Ingenuamente credeva ancora di aver trovato il modo di mettere fuori gioco Melody, e adesso mancava solo il jinn. «Jamil!» lo chiamò entusiasta, volteggiandogli attorno sbattendo le ciglia. «Devi perdonarmi. Mi sono lasciato un po' prendere la mano da tutto...ma adesso voglio fare pace. Mi dispiace averti fatto rammendare tutti quei vestiti» mormorò.
«Ah, non preoccuparti. Almeno ho fatto pratica» rispose il ragazzo.
«Ho l'idea perfetta per far pace. Voglio mostrarti una cosa!» esclamò la strega, facendogli cenno di uscire.

Lo condusse per tutti i giardini, trascinandolo in una zona isolata. Poi lo trascinò tra i rovi, facendosi strada a manate. Le piante cercavano in qualunque modo di ostacolarle la strada, mentre si dispiegavano obbedienti non appena Jamil cercava di ripararsi dalle spine. Finalmente, in un piccolo giardinetto curato, apparve in tutto il suo splendore il pozzo dei desideri.
Non era esattamente al meglio, anzi era sporco e i mattoni si stavano sgretolando. Non era nemmeno alto, doveva arrivare poco più giù della loro vita. Qualcuno aveva rubato il secchiello, ma delle rose si attorcigliavano ancora sull'archetto che lo decorava, non curanti dell'inverno.

«É stupendo!» esclamò Jamil, affascinato dall'aria incantata del luogo.
«Era il posto preferito di mia madre. Anzi, della mamma» spiegò rapidamente la rossa, sorridendogli nervosamente e fintamente. Aveva il rossetto sbavato, ma non le importava più di tanto. Tuttavia sistemò la macchia pulendosi il viso sulla manica del giacchetto. Guardò insoddisfatta la macchia rossa sul tessuto giallo.
«Perché non esprimi un desiderio? Devi solo esprimerlo affacciandoti ad esso e se udrai l'eco il desiderio diverrà realtà» propose la rossa, recuperando il sorriso perso ed avvicinandosi al pozzo.

Jamil si sporse, e per quanto Ryuu cercasse di udire sia desiderio che eventuale eco, non sentì nulla, né il ragazzo disse qualcosa al riguardo. Piuttosto si girò verso la sorellastra sorridendo. «Sono contento che tu abbia voluto fare pace con me. L'hai fatta anche con Melody e gli altri?» domandò, intrecciando le mani.
«Non ancora, ma sto pensando ad un modo per farmi perdonare. Sono stato così cattivo con tutti» mormorò, avvicinandosi rapidamente al fratello e mettendogli una mano sulla spalla. Il jinn si voltò a guardare la cornice di mattoni che decorava il pozzo. Per qualche ragione la situazione non gli sembrava innocua.
«E in realtà lo sono ancora!» squittì la rossa, mettendogli addosso anche un'altra mano e spingendolo giù.

Si portò una mano sul petto, all'altezza del cuore, deliziata dalle urla di terrore. Aspettò che si spegnessero, poi volteggiò felicemente tra gli animaletti terrorizzati.
«Oh, non guardatemi così» commentò. «L'ho fatto per il suo bene. Non era un grande fan di Biancaneve? Anche lei aveva un pozzo dei desideri»
Un coniglietto stramazzò a terra, terrificato da tanto orrore. La rossa lo raccolse e gli accarezzò la testa. «Se fossi in voi non mi preoccuperei tanto. É un Sempre, é un principe. Cosa volete che gli succeda?» canticchiò.

Se non voleva essere la sorellastra cattiva, ora lo era diventata.

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Melody entrò nella sua stanza, ancora ribollente per tutte le discussioni avute. C'era qualcosa che non andava, e la cosa era Keiichi addormentato sul pavimento. Sulle prime pensò che fosse morto, ma poi si rese conto che il suo petto si alzava e abbassava con regolarità. Arrossì e andò a guardarlo in faccia, contenta di vederlo finalmente senza la sua caratteristica fronte aggrottata o lo sguardo di chi ti giudicava. Gli scostò i capelli corvini dal viso. Poi si fece una domanda spontanea. Perché il ragazzo stava dormendo sul pavimento della sua stanza? Si guardò attorno. C'era un ago sul pavimento. Lo spostò con il piede, stando attenta a non toccarlo con le mani o con la pelle in alcun modo. Vide anche il suo maglioncino appeso all'armadio. Controllò le dita di Keiichi. Ecco la ferita. Ma chi poteva essere il cattivo che andava in giro avvelenando cattivi? E poi il fatto che fosse nella sua camera le faceva immediatamente salire un sospetto. Lo scosse, lo prese a schiaffi, provò perfino a tappargli il naso per svegliarlo, ma nessuna delle tattiche parve funzionare.

Mise il corvino sul suo letto, poi si fiondò nel corridoio alla ricerca di qualcuno. Andò a sbattere dritta contro Khalil, egualmente preoccupato.
«Hai per caso visto Jamil? Lo cerco da un paio d'ore e nessuno l'ha visto» commentò nervosamente, per poi soffermarsi sull'espressione agitata della ragazza.
«Per caso è successo qualcosa?» domandò poi, inarcando un sopracciglio. Quel giorno era particolarmente perspicace.
«Ryuu ha fatto addormentare Keiichi con un maleficio. Quello scemo si è punto il dito con un ago incantato e adesso non riesco a svegliarlo» strillò lei.
«Cosa?!» urlò lui di rimando. Si chiese se a Jamil fosse successa la stessa cosa.

Dario apparve dietro di loro. «Ho sentito le vostre urla. Che cosa succede?» chiese educatamente, anche se finì per risultare un pelino ficcanaso.
«Se avessi anche ascoltato le nostre urla lo sapresti» biascicò Melody, irritata. Non odiava Dario, anzi. Lo trovava molto simpatico, ma allo stesso tempo faceva fatica a tollerare le persone fuori dal suo cerchio stretto. «Keiichi dorme, Jamil è scomparso...e Ryuu è fuori controllo» spiegò il principe, abbassando lo sguardo sulla ragazza.
L'altro si passò una mano tra i capelli, preoccupato. «Perché ho la sensazione di aver vissuto questa situazione un milione di volte?» domandò, affranto. Gli sembrava di ripetere lo stesso momento ogni singolo capitolo.
«Non lo so!» strepitò la ragazza. Khalil le mise una mano sulla spalla.
«Perdona la domanda stupida, cara. Ma hai almeno provato a baciare Keiichi? Di solito si svegliano tutti con il bacio del vero amore» commentò.
«In realtà si svegliano tutti con la rimozione del corpo estraneo» ribattè Dario. «Provare a baciarlo è inutile»

Khalil e Melody si guardarono, e il castano si fece piccolo piccolo, consapevole dell'errore appena commesso. Aveva appena infranto i sogni di entrambi. «Se Ryuu è uscito così tanto di testa, allora sicuramente il Narrastorie avrà scritto qualcosa su di lei» disse improvvisamente, cercando di salvarsi la faccia. Il principe si rallegrò.
«Ma certo! Andiamo a controllare, magari troveremo informazioni su che tipo di maleficio ha usato. E poi ci sarà sicuramente anche qualcosa su Jamil. Sono sicuro che non sia lontano» esclamò ingenuamente, senza sapere che non avrebbe rivisto il fidanzato per parecchi anni.
«Ah, aspetta, sai come arrivare alla torre del Gran Maestro?» domandò improvvisamente la ragazza, perplessa. Non ci era mai stata e da che ricordava non aveva nessuna scala. Forse ci si arrivava volando, ma lei non era esattamente esperta di volatili.
«Certo, Kay mi ci ha portato un paio di volte. Non è così difficile arrivarci» ribatté il castano, conducendoli verso le segrete. «C'è una sottospecie di passaggio segreto. Non saprei bene spiegarvelo, ma lo vedrete»

Aprì con forza il portone. I due si guardarono perplessi, ma poi fecero spallucce. Era pur sempre Dario, ed era la persona più dolce del mondo. Khalil si affacciò.
«Siamo proprio sicuri che sia questo il posto?» chiese, ma l'unica risposta che ricevette fu il buio. Melody strillò. L'impostore li aveva chiusi dentro, senza nemmeno una luce. La ragazza illuminò il dito piuttosto seccata.
«Siamo due completi idioti» bofonchiò il castano, abbastanza imbarazzato. Era però piuttosto convinto che Jamil fosse lì da qualche parte, così sollevò la più bassa e la usò per farsi luce. Una figura apparve davanti a loro, trascinandosi a fatica. Entrambi strillarono di nuovo, terrorizzati. Ma era solo Dario, quello vero. Ormai abituato al buio, li aveva raggiunti senza fatica. Grazie al cielo il primo impulso di Melody era stato strillare e non tirargli un cazzotto, perché nel vedere quanto era agguerrita si era reso conto di non aver competizione.
«Ci sono delle luci sotto» spiegò piano, conducendoli giù per la scalinata. Khalil aggrottò la fronte.
«Hai per caso visto Jamil?» chiese nuovamente. Stava veramente iniziando a preoccuparsi.
«L'unica cosa che ho visto ultimamente sono quattro mura» commentò il castano, andandosi a sedere sul pavimento del pianerottolo. C'erano un paio di candele accese per angolo e l'atmosfera era abbastanza lugubre, ma tutto sommato poteva andare peggio. O almeno finchè Melody non vide il cadavere di Kay in un angolo.

Si fece aria e cercò di mantenere un certo contegno. Khalil svenne.
«Cosa sarebbe quella cosa?» chiese, allontanandosi un po' dal principe delle devi con un sorriso nervoso.
«Oh, beh. In realtà è sempre Kay. Sai, il giorno della cerimonia l'impostore l'ha chiuso dentro...»
«Puoi dire Ryuu» ribatté Melody, stringendo le spalle. «Lo sappiamo tutti, ormai»
«Va bene» balbettò Dario. «Beh, vedi, è rimasto bloccato qui senza via di uscita. E credo che abbia scoperto come funziona davvero l'immortalità del Gran Maestro»
«E quindi é riapparso in sottana?» ridacchiò Melody. C'era veramente poco da ridere, ma onestamente non sapeva più nemmeno a cosa aggrapparsi. Però durante la cerimonia ce l'aveva messa tutta per non ridere. La camicetta bianca di Kay lasciava intravedere la fantasia a fiocchi di neve dei suoi boxer. Si guardarono.

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La rossa si intrufolò nella torre del Gran Maestro con più facilità del previsto. La mancanza di protezioni faceva supporre che non ci fosse nulla di importante, ma Ryuu sapeva benissimo che c'era il Narrastorie, e che stava scrivendo qualcosa su di lei. Se lo sentiva nelle vene, sotto le unghie, nelle lacrime. Salì le scale furiosamente e si avventò sul pennino, gettandolo via. Questo, ben cosciente del corso delle cose, rimase sul pavimento freddo in attesa che qualcuno lo rimettesse al proprio posto.

Aveva ragione. Il libro era pieno di illustrazioni. Rimase incantato a guardarle. La prima raffigurava lei nel momento in cui aveva spinto Jamil nel pozzo. Non era sicura di aver avuto un ghigno crudele così accentuato nella realtà, ma era piuttosto sicuro che lo sguardo di terrore negli occhi del fratello fosse realistico. Più guardava il disegno, più realizzava che in realtà non le dispiaceva affatto ciò che aveva fatto, e che anzi ne era molto fiera.

Lesse l'inizio della storia.

C'era una volta un'accademia lontana lontana che ospitava due fratelli. Non erano fratelli di sangue, ma i loro genitori si erano innamorati, e i due eran divenuti famiglia. Uno era pieno di virtù, l'altro non aveva il coraggio di perdonare. Un giorno il maggiore dei due, il più crudele, si rese conto che il suo non dimenticare i torti lo tormentava. Ma anziché migliorar sé stesso, preferì accusare il fratello minore. Era così assorbito dall'idea di voler cercare un colpevole che era cattivo con tutti. Inevitabilmente tutti quanti finivano per preferire il fratello minore, e il maggiore era geloso. Nonostante si dicesse che lo faceva perché voleva bene a tutti, voleva solo farli sentire miserabili come si sentiva lui.

Così, un giorno d'inverno, chiamo a sé il fratello minore per mostrargli il pozzo dei desideri. Con un inganno lo spinse a sporgersi per esprimere un desiderio, e lo spinse giù.

La seconda illustrazione mostrava Keiichi sdraiato sul letto, addormentato in un sonno troppo profondo per essere svegliato. Di nuovo quella vampata di sentimento d'orgoglio. Era piuttosto sicura che non se ne sarebbe pentita. Del corvino le importava poco e nulla. E poi voleva ferire Melody, non lui, ma alla fine era contenta comunque del suo lavoro. Non sapeva se esser contenta di essere considerata la cattiva. Ora però doveva liberarsi di Kay. Si voltò verso il Narrastorie.

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Emma si era ritrovata a seguire di nuovo quell'imbecille del Gran Maestro.
«Sono un po' preoccupato. Sono spariti tutti e ho la vaga sensazione che qualcuno abbia messo le mani sul Narrastorie»
Alquanto seccata, la castana lo seguì fino al ponte, poi si fermò, richiamata da suoni strani. Provenivano da una stanzetta usata come cantinetta. Kay continuava a blaterare cose, andando avanti senza nemmeno accorgersi che lei si era fermata. Rimase per qualche minuto in dubbio. Doveva investigare? Un suono strozzato la convinse ad entrare. Tanto il principe delle nevi aveva dimostrato più volte di essere capace di difendersi da solo anche fin troppo bene. Aprì la porta cautamente, guardando l'interno con fatica. Naturalmente era buio. Sembrava non esserci nulla di sospetto e fece per richiudere la porta ed andar via, ma qualcuno le mise una mano sulla bocca e la spinse dentro.

Emma fece per reagire, ma con le pupille finalmente abituate all'oscurità riconobbe subito le aguzzine dalle bende sull'occhio.
«Cosa vi è saltato in testa?!» domandò a Thisbe, rialzandosi immediatamente. La bionda si mise davanti all'uscita a braccia spalancate.
«Non posso lasciarti sola. Sono sicura che seguendo Kay ti farai male. Così ho affittato Ada per tenerci al sicuro»
La Mai sbatté la palpebra, inespressiva. Onestamente non gliene poteva fregare di meno della situazione, ma se c'erano dei soldi in ballo...e poi C.C. le faceva le fusa. Il che, doveva dire, era un po'inquietante dato che era una papera e non un gatto. Ma era meno sorprendente di altro.

«Thi, ne abbiamo già parlato. Lo devo a Saffron» si lamentò, scattando in piedi con l'intenzione di uscire fuori e cercare Kay. Ada le si parò davanti, bloccandola con una testata che la mise quasi k.o. Quella ragazza aveva una forza sovrumana, ed era abbastanza spaventata.
«Mi dispiace, ma qui comandiamo. Questo è il regno delle streghe di Oltreforesta»
La castana sospirò. In realtà non le dispiaceva rimanere con le sue amiche, solo che aveva paura delle conseguenze. Cosa sarebbe successo se Saffron si fosse arrabbiata?
Ada fece i grattini a C.C. con uno sguardo che voleva dire solo una cosa: mettiti in mezzo e te ne tiro un'altra.
«Avete almeno qualcosa da fare?» si lamentò bonariamente.
«Ada ci leggerà la sua rivisitazione di Raperonzolo»

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Kay spalancò la porta, accorgendosi in quel momento di essere solo, e vide Ryuu con il Narrastorie tra le mani. Completamente assorbito dall'oggetto, lo guardava con le pupille dilatate e lo rigirava tra le dita.
«Cosa stai facendo?!» strillò il principe delle nevi, svegliandolo dall'incanto.
Improvvisamente il ragazzo dimenticò tutte le ragioni per cui era lì. Non sapeva nemmeno perché aveva preso il pennino tra le mani. Si era un po' ritrovato lì, senza sapere come ci era arrivato.
«Lo distruggo» ribatté semplicemente.

Se la vita di Kay era legata al pennino, allora distruggerlo voleva dire distruggere anche lui, no? Il ragionamento non faceva una piega. Sebbene razionalmente sapeva che non fosse possibile, il principe delle nevi impallidì leggermente e si avvicinò al rosso con passo spedito. Glielo strappò di mano, e Ryuu non fece nulla per impedirlo, come se non sapesse più fare niente. Guardò il più alto metterlo furiosamente sotto la campana di vetro.

«Posso sapere cosa diamine ti passa per la testa?! Perché hai cercato di prendere il mio posto durante la cerimonia?!» biascicò, afferrando il rosso per il colletto. Questo sbatté le ciglia senza cambiare espressione. Kay mollò la presa e fece qualche passo indietro.
«Sei inquietante» commentò, seriamente turbato. La mancanza di espressività di Ryuu diventava sempre più disturbante giorno dopo giorno. Gli sembrava davvero che fosse rimasto solo il corpo del ragazzo che conosceva. Anche se non voleva ammetterlo, era tutta colpa sua.

«Sei come mio padre» mormorò l'altro, inclinando il capo.
«Cosa?» ribatté Kay, seriamente confuso. Non trovava davvero il nesso tra lui ed Henrik.
«Cercate sempre di forzarmi in un ruolo che io non voglio. Credi che io voglia davvero essere re di quella topaia che é il mio regno? Che voglia davvero essere ricordato come strega? Che sia felice di essere considerato un mostro da tutta l'Accademia?!» strillò improvvisamente il rosso, mettendosi una mano tra i capelli. Il modo in cui aveva ripreso in un colpo tutta l'espressività facciale era terrificante. Il Narrastorie aveva un ascendente non indifferente sulle persone, ma Kay non poteva capirlo.

«Ero solo un ragazzino che aveva bisogno di aiuto, ma tu hai deciso che dovevo essere il tuo biglietto per il tuo Lieto Fine! Staccati da quel sogno infantile! Sei il cattivo, e lo sono anche io»
«Anche io avevo bisogno di aiuto!» strillò Kay. Odiava il modo in cui l'altro si rivolgeva al bambino che non aveva nemmeno un nome proprio. Non ne aveva il diritto, non era giusto. Aveva cercato di integrarsi nella società e non ci era riuscito. Poteva anche essere il cattivo della storia, ma le prese in giro lo ferivano lo stesso. «E pensa un po', non sei nemmeno l'unico ad averne bisogno! Tutti in questa scuola hanno bisogno di una mano! Guardati attorno» continuò, avanzando minacciosamente verso Ryuu.

Non era nemmeno sicuro che le parole andassero messe in quella sequenza. Forse stava sbagliando la grammatica, o la sintassi della frase. Non era una discussione, era un gridarsi addosso per vedere chi cedeva per primo.
«Vuoi fare così tanto la vittima che nemmeno ti rendi conto che nessuno ti ha mai criticato. Sei un privilegiato» ribatté Ryuu. «Sei un privilegiato perché dopo aver distrutto la scuola hai anche ricevuto il premio»
«Chiami l'essere Gran Maestro un premio?!»

Il principe delle nevi digrignò i denti. Ryuu non sapeva quanto fosse stressante vivere con la consapevolezza di essere immortale. Vedere tutti i propri amici morire, il mondo decadere, e prendersi la responsabilità di un equilibrio instabile.
«Lo dici come se qualcuno ti avesse mai criticato per come svolgi il tuo lavoro»
«Tu non mi hai criticato! Nessuno mi ha mai detto in faccia le cose come stavano. Come pretendete che migliori se non mi dite niente? Le "critiche" che mi rivolgete sono semplicemente pettegolezzi»
«Oh, ma tu sai benissimo cosa c'è che non va. Prendi così tanto le difese del povero Kay di quattordici anni che pensava che il mondo fosse suo che ti sei coperto gli occhi! Non vuoi accettare di essere un ipocrita egoista!»
«Io ipocrita?! Io non ho mai detto che sarei stato il tuo principe azzurro e che ti avrei salvato dal pantano in cui ti sei messo da solo. Sei tu che hai voluto credere fino all'ultimo che il mio ruolo fosse quello del tuo eroe!»

Ryuu strinse i pugni,conficcando le unghie nel palmo ormai sanguinante. «Sto sbagliando?» mormorò infine Kay, con un tono quasi canzonatorio.
«Sei solamente un egoista. Io non ti avrei mai fatto questo. Non l'avrei mai fatto al mio migliore amico» singhiozzò in fine il rosso. Era tutto così sbagliato, ma in cuor suo credeva di avere ragione. Si asciugò le lacrime.
«Ma tu non eri il mio migliore amico! Mi sei servito solo per il Ballo delle Nevi!» strepitò esasperato il principe.
«E ci sei andato? Dimmelo, Kay. Ci sei andato?»

Il Gran Maestro rimase in silenzio. Non ci era andato. Il suo piano si era concluso con l'intera Accademia distrutta. Forse era inutile recitare il ruolo dello stratega infallibile, perché non lo era. Guardò Ryuu negli occhi. Era da tanto che non lo facevano. Nemmeno quando si erano baciati si erano mai visti realmente. E adesso che incrociavano i loro sguardi realizzavano di essersi davvero fraintesi. Nessuno dei due era quello che voleva essere, ma continuava imperterrito a voler far parte dello spettacolino teatrale. Nessuno dei due era quello che l'altro si aspettava che fosse, ed era deludente.

Per tutta la vita Kay aveva aspettato il suo principe azzurro. Ed era scontato che arrivasse. Non era come se le favole non esistessero, sua madre era la regina delle nevi! Aveva fatto i compiti per bene, controllando che non ci fossero errori. Aveva letto i libri che doveva, per non rimanere ignorante. Si era sempre vestito elegante nel caso arrivassero ospiti. Si era esercitato a parlare in pubblico. Aveva fatto tutto quello che doveva. Ma uno dei problemi della vita é che si può fare tutto giusto e il tuo lieto fine può comunque andare storto. Era una sensazione acida in bocca, il sapore della delusione. La cosa che lo sorprendeva di più é che si aspettava qualcosa di diverso da Ryuu.

Era la prima persona che aveva suscitato in lui qualcosa. Non era sicuro di cosa fosse. Forse speranza. No, riusciva ad inquadrarla. Quando l'aveva colpito con la rosa, nonostante avesse preso l'occhio, aveva pensato che fosse giunto il suo momento. Era arrivato il principe azzurro. E Ryuu doveva aver pensato la stessa cosa. Anche lui aveva fatto tutto quello che doveva. Ma la sua vita non aveva preso una piega inaspettata senza alcuna ragione. C'era un colpevole. Ed era Kay.
«Un giorno. Dovevi aspettare solo un giorno, Kay» mormorò Ryuu, e l'altro sentì il mondo cadergli addosso. Abbassò lo sguardo, umiliato.

Il rosso infilò la mano nella tasca, approfittando della distrazione dell'altro. Ne tirò fuori il coltello da cucina che ormai lo accompagnava da parecchio. Digrignando i denti e facendo di tutto per non fare rumore, lo puntò verso la gola del principe delle nevi, che si era preso il viso tra le mani e singhiozzava. Come sempre. Scattò in avanti, ma si rese conto che i suoi piedi erano saldi a terra. Abbassò lo sguardo, cercando di capire cosa fosse successo. Le sue gambe si stavano ricoprendo di brina a partire dal basso.

«Cosa hai fatto?!» strillò, lasciando cadere l'arma, impaurito.
«N-niente!» ribatté il Gran Maestro, facendo un passo indietro. Era sicuro di non aver usato la sua magia, ma allora perché stava succedendo di nuovo quello che era successo due anni prima?
«Bugiardo!». Ryuu alzò il mento, spaventato dall'idea di congelare per la terza volta. «Hai fatto qualcosa!» singhiozzò.
«No, io! Non ho fatto nulla!» esclamò il principe, avvicinandosi a lui, timoroso. Il rosso lo tirò a sé, passando la brina anche al più alto.
«Ti amo solo quando sto morendo» sibilò infine, abbassando lo sguardo. Anche Kay stava congelando, ormai. Era tutto vano, ma andava tutto bene.

Nessuno avrebbe più toccato il Narrastorie e nessun altro oltre loro si sarebbe fatto male. Se non altro adesso Dario poteva vivere in pace, senza aver paura di venir aggredito dall'uno o dall'altro. Nessun impostore avrebbe più tormentato gli studenti. L'Accademia non era distrutta. Solo, era un po' triste quella situazione. Gli sarebbe mancato mangiare il gelato e sentire il cervello congelarsi, o macchiarsi la mano d'inchiostro scrivendo. Anche bere il latte la mattina e abbracciare i peluche strapazzati. Immaginava che la vita fosse davvero fatta di piccole cose, in fondo. Anche perché se si sforzava, non ricordava nessun momento "importante". Forse non sono quelli a definirti come persona. Forse sono quelli invisibili a chiarire cosa sei veramente. Sospirò. Cosa poteva fare? Gli prese la mano.

Alla fine erano scappati entrambi, in un modo o nell'altro.

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Qualcuno bussò alla porta. «Era ora!» strillò Khalil, arrampicandosi su per le scale. «Apri!» aggiunse, guardando attraverso la serratura nella speranza di vedere Jamil.
«Ci sto provando, zietto, ma pesa tantissimo!» si lamentò Thomas, cercando di tirare a sé il portone. Dario ci si mise contro di spalle, facendo forza con il suo corpo. Khalil e Melody spinsero di fronte e finalmente riuscirono ad aprire la porta e uscire dalle segrete. Caddero tutti e tre sul pavimento, esausti.

«Come state?» domandò preoccupato.
«Potrebbe andare meglio» commentò Khalil, massaggiandosi la testa.
«Almeno voi state bene. Kay é scomparso e non lo trovo più! Ho cercato Jamil e non l'ho trovato. Ho perfino controllato nel forno» singhiozzò disperato il bambino.
«É tutta colpa di Ryuu!» strillò Melody, rimettendosi in piedi. «Appena lo trovo gli spezzo le gambe» gemette poco convinta.
«A questo proposito» mormorò Thomas, andando a prendere un ritratto che aveva posato sul pavimento.

I tre lo guardarono perplessi. Era decisamente un ritratto della rossa, circondata da fiori. Tanti fiori. E piangeva. Avvicinandoci l'orecchio potevano udirne i singhiozzi.
«Ecco Ryuu» proclamò debolmente, passando la cornice a Dario. Era piuttosto pesante.
«Cosa...come?» domandò la ragazza, genuinamente confusa.
«Non lo so. L'impostore avrà usato qualche magia. Scusate se non sono stato molto coraggioso, ma quando li ho visti combattere sono scappato» spiegò rapidamente, strusciando i piedi a terra.
«Aspetta. Aspetta. Se Ryuu non é l'impostore, allora...»

Si guardarono.

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Per prima apparse una crepa sul ghiaccio, poi questo si sgretolò come un bicchiere di vetro lanciato contro ad un muro. Ryuu si staccò dalla presa di Kay abbastanza schifata, cercando un modo di sfilare la mano da quella del principe delle nevi. Infastidita da tutta quella farsa, scosse la testa e riprese le sue vere sembianze.
«Ah, sono così contenta che Ryuu abbia lasciato il suo diario così allo scoperto, mi ha permesso di essere così realistica. Immagino che qualcuno si sia perfino commosso» mormorò, avvicinandosi soddisfatta al Narrastorie congelato. Passò delicatamente la mano sulla superficie della campana di vetro, pronta a sollevarla. Ma non appena lo fece, sentì il rumore della formazione di una crepa. Si voltò verso il principe delle nevi. Eccola là. Aggrottò la fronte.
«Questo può essere un problema» mormorò. Poi fece spallucce. «Ti tirerò fuori con il mio tempo. Tornerò a prenderti più tardi, non é certo così grave» commentò infine, passando dolcemente la mano sulla superficie del ghiaccio. Chiuse gli occhi e baciò la campana di vetro, perfettamente consapevole di essere osservata. Dopo aver imbastito questo spettacolino guardò Domina dritta negli occhi.
«Cosa c'è? Vuoi che baci anche te così?» domandò portandosi un dito sulle labbra con fare interrogativo. La bionda boccheggiò, seriamente indecisa su cosa dire. Era tutto così sorprendente e non poteva negare di esserne affascinata. Si gettò tra le braccia dell'altra.

«Oh, Miranda, come ho potuto essere così cieca?»

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