06 :: Kay cerca di farsi valere e fallisce miseramente
Scusate per il danno psicologico e le illusioni
ヽ`、☁ヽ`𝐝𝐨𝐧'𝐭 𝐮𝐧𝐟𝐨𝐥𝐥𝐨𝐰 𝐦𝐞 ☂˚。 ლ(ಥ益ಥლ、ヽ`☽ヽ`
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Kay aveva frequentato la lezione di Buone Azioni quel giorno, in preda ai sensi di colpa. Forse l'avrebbe fatto per tutto l'anno. Tutto quello che nei giorni precedenti seguiva attentamente a Cattive Azioni ora gli sembrava incredibilmente distante. Forse perchè adesso guardava le cose da un punto di vista diverso: il punto di vista di un carnefice redento. Per qualche ragione si era aspettato un trattamento diverso dalla classe dei Sempre, ma presto o tardi si era reso conto che la sua visione era solo ed esclusivamente sua, e che il cambiamento che percepiva era solo dentro di lui. Si era seduto accanto a Dario, come sempre. Ogni tanto gli rivolgeva delle occhiate curiose. Finché non venne assalito da un dubbio giustificato. Tutto quello che aveva visto era reale? E se non lo fosse stato? Doveva verificarlo.
«Dario» sibilò, accompagnando il sussurro con un calcio alla povera scarpa del compagno di banco. Un po' restio dal distrarsi dalla lezione, il castano si chinò verso di lui.
«Sì?» chiese tranquillamente. Anche se non lo sembrava, era nervoso. Non era abituato a venir interpellato così spesso, e se doveva essere sincero, gli facevano ancora male i piedi per via della festa.
«Perché i tuoi genitori hanno scelto questo nome?» domandò, sperando di essere il più rilassato e tranquillo possibile. Doveva sembrare una domanda casuale, spontanea. La solita roba che si chiedevano i figli delle fiabe nel tempo libero. Conversazione da compagni di banco. Sorrise.
Non solo il castano fu messo estremamente a disagio dal fatto che Kay stesse sorridendo in modo così evidentemente falso, ma anche dal fatto che gli prudeva la mano. Abbassò lo sguardo, avendo cura di non farlo notare al principe delle nevi e piuttosto sembrare pensoso, come a rievocare qualche vecchia storia raccontata dai suoi genitori per spiegare il suo nome. La macchiolina azzurra prese prima una forma incerta, una sorta di ottagono, poi distinse chiaramente tre lettere: Kay.
La cosa lo fece accigliare. Se voleva avvertirlo che sarebbe venuto a parlargli, l'avrebbe dovuto fare durante la mattinata. Almeno si sarebbe preparato psicologicamente. Emise un mezzo sospiro e si voltò verso il principe delle nevi, ancora paralizzato in quel sorriso da ebete. Dario percepì lo sforzo, e decise di rispondere con la pura verità.
«L'ha deciso mia madre». Non era una bugia, ma nemmeno era la storia completa. Forse avrebbe dovuto chiederle delle motivazioni, un giorno. L'altro annuì, vagamente confuso. La voglia prudeva sempre di più. Infastidito, il castano la strofinò sui pantaloni della divisa. Kay. Che cosa voleva dire? Non poteva essere un pensiero represso, o altro. Dopo l'imbarazzante ballo della nottata precedente, l'aveva cancellato dalla sua mente. Quindi perchè quella macchiolina molesta continuava ad insistere sul suo compagno di banco?
Forse doveva prestargli più attenzione. Kay, dopo aver ottenuto quell'informazione inutile, si era di nuovo rivolto verso la lavagna. Dario gli ticchettò sulla spalla, facendolo girare verso di lui. Nel momento in cui i loro occhi si incrociarono, il castano si sentì carico di un peso che non conosceva. Non era esattamente sicuro di cosa fosse appena successo, ma la sua mente aveva recepito un unico, significativo messaggio: Kay sa tutto.
Il principe delle nevi lo guardò con aria interrogativa. Dario sorrise. «Hai una ciocca fuori posto» si limitò a dire.
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Ryuu non si era presentata a Buone Azioni. La classe non aveva proferito nemmeno una parola a riguardo. Sedendosi al suo banco di Magia Avanzata, Melody rifletteva. Era una situazione scomoda. Lei per prima non aveva saputo dire niente. Henrik era una cattiva persona, ma era pur sempre suo padre. Ricordava gli occhi brillanti dell'amica quando parlava di lui da piccola. Era il suo idolo. E aveva provato a perdonarlo, sempre. Ma non ci era riuscita. Non sapeva cosa dirle: era un'omicidio preannunciato. In fondo al cuore, tutti sapevano che il destino del re era segnato. Solo, avrebbe voluto essere riuscita a parlare alla sua migliore amica. Le parole le morivano in gola. Cosa avrebbe dovuto dire ad un'assassina? Non voleva considerarla tale, ma l'istinto era quello. Fece ticchettare la penna sul banco, immaginando di essere stata sulla scena del crimine. In realtà non avrebbe voluto esserci stata: preferiva il suo primo appuntamento poco galante e poco romantico. Sentiva ancora l'adrenalina in circolo. Forse avrebbe dovuto baciarlo. Oppure sarebbe stato troppo tutto in una giornata. Però nelle favole facevano così. Cercò di essere empatica e riflettere su come aiutare Ryuu, ma inevitabilmente la sua mente ritornava sul viso arrossato di Keiichi. Scivolò verso Jamil.
«Tu e Khal vi siete mai baciati?» sussurrò.
«Sulla bocca?» domandò il jinn, senza distogliere lo sguardo dalla lavagna.
«Sì» ribattè.
«Una volta sola, ma siamo praticamente andati a sbattere l'uno contro l'altro. Khalil bacia come se stesse gonfiando un palloncino»
«Bel primo bacio» commentò la ragazza. Non voleva che il suo fosse così, ma realisticamente non credeva che Keiichi avesse mai baciato qualcuno oltre il suo riflesso. E nemmeno lei doveva essere così esperta. Vide il compagno di banco esitare.
«Non è stato il mio primo bacio» ammise Jamil. «La prima cosa che ho baciato è stato il mio vicino di casa»
Melody era perplessa. Lei aveva aspettato secoli per trovare un ragazzo e Jamil ne aveva trovati due. Si accigliò.
«Non dirlo a Khalil» aggiunse rapidamente il jinn.
«Non lo farò». La ragazza fece spallucce. «Forse». Jamil le diede una gomitata.
Keiichi, seduto al banco davanti al loro, cercava di ascoltare la conversazione. Era piuttosto sicuro che non fosse nulla di malizioso, ma era comunque tentato. Sprofondò sotto il banco, facendosi male alla schiena per colpa dello schienale di legno. Infastidito, riemerse, mentre accanto a lui Kay faceva fluttuare la boccetta dell'inchiostro. Xiaolong percepiva la noia della classe. Ad un certo punto mise giù il libro di teoria e si voltò verso gli studenti. Quasi nessuno seguiva, quindi l'insegnante si indispettì parecchio. «Facciamo così» esclamò. «Se qualcuno mi sa dire le ultime parole che ho detto vi porto giù a fare un'esercitazione pratica. Tanto questa lezione sarebbe comunque dovuta durare un paio d'ore in più». Guardò la classe, speranzosa. Lei in primis voleva scendere a lanciare incantesimi.
Jamil alzò la mano. «Le tue ultime parole sono state "se qualcuno mi sa dire le ultime parole che ho detto vi porto giù a fare un'esercitazione pratica". Ora scendiamo, mi sto annoiando. Pure Dario si annoia. Vero, Dario?»
La dragonessa non combatté, e nemmeno il castano chiamato in causa. «Mettetevi i giacchetti» commentò solamente. Mentre scendevano le scale, Keiichi le si avvicinò. «In cosa consisterebbe quest'esercitazione pratica?» chiese.
«Duelli, ovviamente» canticchiò lei. «Non preoccuparti, non ti metto contro la tua tipa. Scommetto che preferirete combattere in un altro modo»
Il corvino si allontanò, infastidito.
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Khalil si stava dondolando appeso ad un ramo. Era divertente. Pensava di lanciarsi verso uno degli attrezzi all'esterno, ma a metà salto qualcuno lo bloccò a mezz'aria. Brice lo fece scendere con l'aiuto della magia. «Haidar, puoi fare le flessioni come tutti gli altri?» gli chiese, analizzando il suo trucco. Il principe era pronto a qualche critica sull'abbinamento dei colori, ma l'insegnante non disse niente.
«Ma le ho già fatte» spiegò, leccandosi le labbra. Non era una bugia, ma lo sembrava.
«Allora stai fermo» bofonchiò l'uomo.
«Ma è una tortura» si lamentò il principe, avvicinandosi ad un ragazzo che come lui aveva finito. Era poco più basso di lui. Gli passò un braccio attorno alle spalle. «Sai che non ti ho mai visto in questa classe?» disse, avvicinando i loro visi.
«Ho deciso oggi di venirci» rispose l'altro. Khalil lo scrutò, cercando di richiamare alla mente qualche informazione su di lui. Non si ricordava proprio niente, ma forse l'aveva visto col prefetto coniglietto qualche volta. Era strano. Era un tipo misterioso. In realtà l'altro non lo era per niente, ma era felice di essere riuscito ad ottenere un alone curioso.
«Sono Ghayth Ansari, ma puoi chiamarmi anche solo Ghayth. O Ghayth il Conquistatore. O Ghayth Magno, sono ancora indeciso»
«Credo che mi fermerò a Ghayth» ammise il principe, porgendogli la mano. Con il nome era più facile ricordare qualcosa. Una ragazza gli aveva parlato di lui, una volta.
«Tuo padre è Sinbad?» domandò, anche se conosceva la risposta.
«Così pare» ridacchiò. «L'unica cosa di cui sono certo è la madre»
Khalil sorrise. «Sono sicuro che andremo d'accordo. Avevo proprio bisogno di conoscere qualcuno di nuovo» commentò, ma Brice gli fischiò in un orecchio, dopo essere salito su una scaletta. «Ora che abbiamo finito tutti, possiamo fare qualche centinaio di giri di corsa» cinguettò, mentre il principe raccoglieva il suo timpano da terra.
«Scherzi?! Sono appena arrivati quelli di Avanzata!» strillò Rossana, avvicinandosi a loro e mettendo le mani sulle spalle del professore. Se ne rese conto ed arrossì. «Ops» commentò.
I due ragazzi si sporsero per spiare i nuovi arrivati. «I combattimenti di magia sono tremila volte più fighi di quelli di scherma» bofonchiò Ghayth, che di magia non se ne intendeva tanto.
«Possiamo rimanere a guardarli?» domandò Khalil. Voleva fare il tifo.
«Magari più in là nell'anno scolastico, quando avranno preso abbastanza confidenza con gli incantesimi. Non vorrei che qualcuno bruciasse vivo» rispose Brice, scuotendo la testa.
Il trio parve deluso, e si allontanò chiacchierando.
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Xiaolong si fermò all'improvviso. «Qui va bene» commentò, tracciando una linea rossa attorno alla zona che intendeva utilizzare. «Questo lo so fare anche io» commentò Domina, guardando le linee colorate delineare magicamente il campo. Dopo controllò il suo elenco, facendo l'appello rapidamente. Sorrise. «Come possiamo non partire dal nostro Gran Maestro?» squittì.
Kay deglutì. Non era così abituato al combattimento come credeva, soprattutto non dopo aver visto il passato dei suoi amici. Se guardava i possibili opponenti, vedeva solo i bambini spaventati che aveva incontrato la notte prima. Aveva anche la sensazione che Xiaolong potesse percepire la sua ansia e stesse giocando su quella. Con la coda dell'occhio osservava i propri compagni: sembravano tutti piuttosto eccitati dall'idea di distruggerlo a furia di incantesimi. Alla fine la dragonessa indicò Jamil.
Sulle prime il principe delle nevi tirò un sospiro di sollievo, poi vide l'espressione fin troppo felice dell'amico. «Che originalità» commentò Keiichi in sottofondo, ma il suo tono lasciava dedurre che fosse abbastanza felice della combinazione.
«Dunque, il combattimento deve rimanere nel campo. Non vi voglio vedere fuori dalla linea rossa, altrimenti sono io a subire le conseguenze. Non é un combattimento fisico, ma basato per lo più di magia. Vince chi rimane in piedi alla fine del duello» esclamò Xiaolong.
Kay si guardò attorno, poi si mise al posto indicato dall'insegnante. Il fatto é che non gli andava assolutamente di usare la sua magia. E non era così bravo come pensava ad usare altri tipi di incantesimi. «Tre, due, uno...» esclamò la dragonessa.
Jamil e Kay si guardarono.
«Via!»
Secondo il principe delle nevi, la miglior difesa era l'attacco. Scattò in avanti, posando con forza il piede a terra, generando una scarica di spuntoni di ghiaccio verso l'avversario. Jamil si gettò all'indietro per evitarli, agitando gli indici di entrambe le mani. Nervoso, il più alto indietreggio, aspettando la fiammata. Conosceva quell'incantesimo fin troppo bene: aveva cercato in tutti i modi di usarlo per liberare l'Accademia dalla maledizione inflitta da lui stesso. Quasi distratto, vide che dall'indice dell'amico era partita una misera fiammella.
«Sono un po' fuori allenamento» ammise il jinn, indietreggiando. Kay fece per muoversi in avanti, ma cadde a terra. I lacci delle sue scarpe si erano fusi insieme. Guardò l'amico, tradito. Jamil tracciò un cerchio col piede sul terreno. Simultaneamente, il principe vedeva il terreno attorno a sé frammentarsi e ricoprirsi di crepe. Da queste fuoriusciva del fumo, assumendo la forma di una parete attorno a lui, isolandolo. Rendendosi conto di essere rimasto fermo a lungo, si sfilò le scarpe. I calzini erano bagnati a contatto con la neve fresca, ma era meglio che rimanere a terra.
«Ho scoperto questo vapore da poco» esclamò Jamil, a lui poco visibile per via del muro di fumo. «Ma la parte più bella é questa». Eseguì gli stessi movimenti svolti precedentemente, questa volta coordinando quelli di entrambe le mani. Kay pensò di sollevarsi al di sopra della trappola usando del ghiaccio, ma il genio fu più veloce, puntando gli indici contro la parete di fumo e soffiando in quella direzione.
«É infiammabile!» esclamò, mentre il principe delle nevi si ritrovava tra le fiammate esplosive. Si coprì il volto con un braccio, mentre con l'altra mano creava una scala di ghiaccio dalla pendenza inaudita. Era sicuro che avrebbe retto, essendo ghiaccio eterno. Era diverso da quello degli altri: ci metteva ore a sciogliersi nonostante le temperature esagerate. Aveva la sensazione che sarebbe svenuto da lì a poco, ma strinse i pugni e tenne duro. Non avrebbe perso. Non con Jamil! Una volta superate le fiamme in altezza nonostante la ripida salita, creò uno scivolo, che percorse in piedi, con l'intenzione di arrivare addosso al jinn.
Infastidito, Jamil svanì, raggiungendo le spalle dell'avversario. Gli mise le mani bollenti sul collo, ancora a metà tra jinn e fumo. Non sembrava particolarmente preparato: doveva aver puntato tutto sul primo attacco. Quando era fallito, si era ritrovato a dover contare solo sulla potenza del chaos. Kay si agitò, lasciando che la sua magia innata facesse il suo corso: in men che non si dica, le mani dell'amico si ricoprirono di brina, che cresceva a mo' di guanto. Immediatamente Jamil le tolse dal collo dell'altro, saltando indietro e concentrandosi per far sciogliere il sottile strato di ghiaccio.
Il principe delle nevi si voltò verso di lui, puntando nuovamente sugli spuntoni. Era consapevole che come attacco fosse particolarmente lento, ma non voleva strafare e ritrovarsi nella situazione dell'anno precedente. Il jinn ci si scagliò contro, sfruttando la stessa abilità che gli consentiva di cambiare la sua forma e tangibilità e cercando di evitare che le sue mani andassero a finirci contro. Kay si stava scocciando. Jamil si fermò poco prima di arrivargli addosso, tracciando altre linee col piede.
Questa volta a sprigionarsi dal terreno fu direttamente la fiamma, avvolgendo il principe delle nevi in una spirale bollente, che si stringeva sempre più attorno a lui. Con l'altro piede, il jinn ne chiamò a sé un'altra in verso antiorario, costringendo Kay nella prigione fiammeggiante. Sopraffatto dal calore e dai colpi di scena, il principe cercò di inalare più aria pulita possibile, mentre il fumo gli si appiccicava addosso, seguendo le direttive dell'avversario.
Non voleva perdere, ma doveva riconoscere i suoi limiti, e non si sarebbe mai abbassato a farlo. In primo luogo, doveva far calare la sua temperatura. Sapeva di poterlo fare: era stata la sua strategia per l'estate all'Accademia. Cercò di rilassarsi, per quanto fosse complicato. Tra le lingue di fuoco, poteva vedere Jamil che gli teneva lo sguardo puntato addosso. Contrariamente a lui, stava cercando di far alzare la sua temperatura e sciogliere il ghiaccio sulle sue mani.
Kay voleva davvero vederlo come avversario in quel momento. Ma lo sguardo spaventato che aveva mentre cercava di liberarsi dalla brina gli ricordava quello che aveva visto nel suo sogno. Un bambino indifeso. Rischiava di commuoversi. Fortunatamente per lui, lavorare inconsciamente gli aveva permesso di arrivare alla temperatura che voleva. L'unico rischio lo conosceva. Abbassò lo sguardo: a partire dal cuore, si stava ricoprendo anche lui di brina. Saltò attraverso le fiamme, verso Jamil. Colto alla sprovvista, l'altro fece per lanciare un incantesimo con le mani, che essendo congelate non risposero ai comandi.
Kay, che sentiva di star congelando fin troppo velocemente, capì di aver solo un'occasione di vincere. Abbracciò Jamil con violenza, stringendolo il più vicino a sé possibile. Anche il corpo dell'altro si ricoprì di brina, che raggiunse velocemente i piedi, ma per entrambi non superò l'altezza delle spalle. Il principe delle nevi avvampò, ritrovandosi congelato assieme all'amico, che si limitò a guardarsi attorno.
Ci fu un breve silenzio, infine Xiaolong si grattò la testa. «Non saprei proprio come valutarvi. Non siete chiaramente in condizione di continuare a combattere, ma allo stesso tempo siete entrambi coscienti. Non saprei» commentò.
«Forse dovremmo anche dividerli» suggerì Keiichi. «Non che me ne importi» aggiunse più debolmente, mettendosi una mano sul fianco e squadrandoli.
«Giusto» esclamò la dragonessa, prendendo fiato per sciogliere il ghiaccio con una fiammata. Yona le mise una mano sulla bocca prima che potesse farlo. «Così li carbonizzerai!» strillò, nel panico.
«E cosa dovremmo fare, allora?» domandò Xiaolong.
«A me va bene il metodo più veloce. Basta che me lo togliate di dosso» piagnucolò Jamil.
«Mettiamoli vicino al camino. Così il calore passivo li farà sciogliere senza ustionarli» propose.
«Ci metteremo ore» disse Kay con tono allarmato. Per quanto amasse gli abbracci, ne aveva già abbastanza per la giornata.
«Meglio che carbonizzarvi» concluse Yona, assumendo un'espressione più rilassata. Era contento di aver evitato il pericolo per i suoi compagni.
Xiaolong abbozzò un sorrido. «Godetevi l'esperienza!» cinguettò innocentemente, mentre il principe trascinava il blocco di ghiaccio con fatica. L'insegnante guardò Arisu correre in soccorso del ragazzo, mentre i due sfidanti strepitavano insulti di vario genere.
Keiichi li fissò finché non furono fuori dalla sua visione. Dal modo in cui l'insegnante lo guardava, il corvino capì che il prossimo sarebbe stato lui. Abbassò lo sguardo. Non gli dispiaceva combattere, solo che avrebbe voluto evitare di soffocare nel fango la sua ragazza. La sua quasi ragazza. Melody. Fortunatamente la dragonessa era una di parola.
«Isterica e Anguillino, siete pronti?» domandò provocatoria, agitando la coda emozionata. «Confido che voi due non vi congeliate a vicenda»
Domina si stiracchiò, cercando di sbirciare il principe, che era ben contento di avere come sfidante una ragazza, seppur Mai. La cosa lo divertiva. Assicurandosi di non essere intravisto, passò una mano nel terreno e mise una parte di terra in bocca. Era secco per via del ghiaccio, ma confidava che lo scambio di incantesimi tra Jamil e Kay avesse infangato il campo. A questo proposito, la dragonessa si liberava dei frammenti di ghiaccio che ingombravano lo spazio con grosse fiammate emesse direttamente dalla bocca. Keiichi e l'avversaria si guardarono dritto negli occhi mentre Xiaolong controllava l'elenco della classe. Infine lo chiuse e sollevò lo sguardo.
«Pronti, partenza e via!» esclamò la dragonessa. Inaspettatamente la prima a sferrare l'attacco fu Domina, puntando il dito contro il principe e scatenando una raffica di vento improvvisa contro di lui. Era abbastanza potente da sollevare con sé piccoli ciottoli e terreno, rischiando di accecare il corvino, che fece scudo con una parete di fango. Sorpresa, la regina della notte indietreggiò, pensando quale elemento potesse neutralizzare quella massa di fanghiglia. Keiichi fece cenno al terreno umido di venire da lui, facendogli cenno di prendere le sembianze di una creatura umanoide. Le aveva utilizzate anche durante la Sfida delle Fiabe, ma erano più grossolane e meno rapide. Il tempo per pensare della bionda stava finendo. Imitando il Gran Maestro, decise di sfruttare la magia del ghiaccio. Il suo, a confronto, era meno solido e più grezzo, ma comunque molto funzionale. Il suo intento era limitare il fango congelando terreno e creatura, che si era lanciata verso di lei.
Facendosi uno scudo sul braccio, si oppose alla massa di fanghiglia, cercando di rimanere abbastanza lucida da incantare qualcosa di piccolo, magari qualcosa che Keiichi indossava. Era un ragazzo previdente, e non aveva messo alcuna gioielleria prima di scendere in campo, nemmeno orecchini. Toccava fare da sé. Mentre impiegava gran parte della sua forza a resistere ai colpi della creatura, si premurò di far apparire un bracciale allacciato al polso del corvino. Per quanto avesse mani libere, il principe aveva la mente concentrata sul far forza sulla regina della notte. Si occupò di far emergere dal terreno un secondo abominio, seppur con difficoltà. Il terreno stava congelando e il fango diventava pian piano un'accumulo di neve sporca. Questo secondo essere si mise alle spalle di Domina, che dava segni di cedimento. Lo scudo di ghiaccio era pieno di crepe, ma se voleva vincere doveva finire di creare il braccialetto incantato.
Spossata, roteò su sé stessa trasformando lo scudo in frantumi in una spada affilata, che tagliò a metà le due creature, che comunque si ricomposero subito dopo. Insoddisfatta, Xiaolong sbadigliò. Infastidito, Keiichi puntò entrambe le mani verso la regina, che ormai aveva ultimato la costruzione del braccialetto. In quel momento il principe se ne accorse, e cercò di rimuoverlo. L'effetto che Domina aveva deciso di dare alla sua creazione era soporifero, perciò il ragazzo si sentì immediatamente le palpebre pesanti. Fortunatamente per lui, Domina non si era resa conto di averlo tarato per un umano, e lui lo era solo per metà. Anche l'insegnante doveva essersene resa conto, perché lo guardò. «Anguillino, ma non sei un drago?» domandò con aria innocente. Colta alla sprovvista, la regina della notte aumentò la dose del veleno. Keiichi lasciò perdere il fango, lasciando che si accumulasse a terra. Domina caricò verso di lui, approfittando del fatto che fosse stordito.
Il principe si rifiutava di perdere. Non aveva mai avuto bisogno dei suoi poteri draconici perché generalmente gli sfidanti erano sempre abbastanza stupidi da lasciarsi battere facilmente. Non aveva mai incontrato qualcuno di abbastanza brillante da tenergli testa, quindi poteva aver bisogno di usare la parte del tutto paterna dei suoi poteri. Costretto alla forza fisica, saltò addosso alla regina prima che questa potesse colpirlo con la spada, lanciandola via. Domina, sotto di lui, cercò di liberarsene, ma non dovette fare fatica, perchè anche Keiichi non voleva toccarla. Quando si rimise in piedi non diede il tempo alla sfidante di rialzarsi, piazzandole un piede sul petto. Tuttavia si sentiva parecchio sbilanciato. Confuso, cercò di guardarsi alle spalle, mentre Domina gli piantava un pugnale nella caviglia, approfittando della confusione. Il corvino non ebbe nemmeno la capacità di urlare, troppo preso dalla coda che gli era apparsa. Saltò comunque all'indietro, senza darle il tempo di rimuovere l'arma. Guardandosi le braccia mentre la fanciulla strisciava via e si rialzava, notò delle squame partire dalle dita e arrampicarsi fino a metà braccio. Doveva avere anche delle corna, giudicando da come gli pesava la testa. Oppure era semplicemente stanco. A quel punto era doveroso vincere l'incontro. Anche la bionda era parecchio provata, ma decise di incantare qualcos'altro. Osservò i lacci degli stivali dello sfidante, cercando di non far capire cosa osservava.
Saltò all'indietro. Al contrario dei combattenti precedenti, non decise di fonderli insieme, ma di fare in modo che si slacciassero e si sfilassero dai buchi, risalendo il corpo di Keiichi e puntando al collo. Accorgendosene, il corvino li tagliò con gli artigli, ma nel frattempo Domina decise di assestargli il colpo finale facendo sollevare un'incredibile folata di vento, abbastanza forte da fargli perdere l'equilibrio e farlo cadere a terra. Keiichi cercò di rialzarsi, ma spossato dalla sua nuova forma e dal braccialetto ancora attivo, fece fatica. Domina, ormai vittoriosa, camminò fino a raggiungerlo e gli mise il tacco sulla nuca, schiacciandogli la faccia nel fango e decretando la sua vittoria. Anche lei sfinita, attese che Xiaolong le accertasse di aver battuto il principe.
«Wow!» esclamò lei, dandole il cinque. L'ultimo gesto forse non era stato sportivo o corretto, ma alla dragonessa non poteva fregare di meno. Melody si premurò di trascinare Keiichi privo di sensi fuori dal campo, aiutata da Yona, appena ritornato. Lo stesero a faccia in su, mentre lentamente tornava umano. La ragazza gli passò un fazzoletto sul viso, finendo per fare peggio.
«Si riprenderà?» domandò al compagno.
«Dal danno morale non credo» rispose allegramente il principe.
Domina si mise a sedere sulla panchina, distrutta ma soddisfatta. Non le piaceva aver avuto così tanto filo da torcere, ad essere sincera.
«Bassoooootta» canticchiò l'insegnante. «Tu e Rossetta dovreste combattere adesso. Per favore, non perdere tempo dietro Anguillino. Ha bisogno di un make-over, ma da secoli» blaterò, aspettando che Miranda e Melody si mettessero in posizione. «Pronte...via!» esclamò.
La più bassa tirò fuori il piffero dalla tasca. Non era l'originale, dato che quello regalato da suo padre era misteriosamente sparito. Si mise immediatamente a suonare, pensando a chi chiamare in suo aiuto. Nel frattempo la rossa strofinò le mani tra loro, generando una fiammata che colpì la più bassa in pieno. Stordita, smise di intonare la melodia, ma quei pochi attimi di musica erano bastati a richiamare uno stormo di vespe e calabroni. Un po'scioccata dal genere di creature che si erano presentate, diede loro ordine di colpire l'avversaria. La rossa si coprì con uno scudo di fiamme, gettandosi nella direzione della più bassa. Nel panico, Melody corse via, cercando di non perdere fiato nel suonare e muoversi. Forse non era il momento di osare, ma decise di provare qualcosa di nuovo.
La melodia che suonava non era destinata ad alcun animale, ma a Miranda. Sperò vivamente che funzionasse. Lo scudo della ragazza si spense, e vespe e api, non più sotto controllo, si dispersero. Sulla difensiva, la più bassa avanzò per controllare che la rossa fosse veramente ipnotizzata. Decisamente era confusa, ed agitava le mani a casaccio. Quelli non erano i movimenti per un'incantesimo di fuoco. Ancora dubbiosa, la ragazza riprese a suonare, cercando di stabilire completo dominio sull'avversaria. In quel momento la strega si mise in piedi e Melody si girò, inorridita. Un grosso rovo rampicante le si era avvolto alla vita, sbattendola sul terreno. Cercò di liberarsi, ma aveva paura di ferirsi con le spine. La pianta fece leva ancora una volta, facendole dare una testata piuttosto forte. Il piffero era a terra. Poteva provare ad intonare la frequenza che richiamava gli animali, ma non era affatto intonata. In quel momento le sembrava più importante non procurarsi un trauma cranico, quindi cacciò un urlo, sperando di aver chiamato in suo aiuto qualcosa di utile. Un lombrico fece capolino dal terreno. Miranda mosse ancora le mani e lo carbonizzò, approfittandone per mettere definitivamente k.o. Melody. La pifferaia fu piuttosto felice che l'incontro fosse finito, nonostante avesse perso clamorosamente. Xiaolong guardò Dario tremolare, e decise di concludere la lezione della giornata.
«Congratulazioni, Rossetta e Isterica, siete veramente forti. Mi chiedo come sarebbe un team composto da voi due. Oh, magari la prossima volta potremmo fare un torneo a coppie» esclamò la dragonessa. Le due si squadrarono, guardandosi male. A Miranda tremolò perfino il naso.
«Mi sembra di capire che non vi stiate simpatiche» dedusse l'insegnante, confidando che le avrebbe comunque messe nella stessa squadra. Si sarebbe divertita un sacco. Scodinzolò, azzoppando Yona dietro di lei, che trascinava la barella di Melody.
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Ryuu sospirò. Aveva smesso di guardarsi le mani, perchè ogni volta che lo faceva le vedeva sporche di sangue. Non poteva credere di essere la stessa persona che non troppo tempo prima cantava per gli animali del bosco, che accorrevano alle sue melodie. La cosa gli spezzava il cuore, ma forse aveva ragione suo padre. Era il momento di crescere, giusto? Era diventata grande, era diventata qualcuno di terribilmente simile ad Henrik. Non era giusto. Kay era stato la sua rovina. Il primo amore non si dimentica mai, giusto? E allora perchè era stato così doloroso ed aveva iniziato quella catena di eventi terribilmente tragica? Ah, se solo avesse potuto riavvolgere gli eventi e non tirare quella maledetta rosa. Il suo primo ricordo del principe delle nevi era così amabile e dolce. Sapeva di zucchero. In quel momento non sapeva ancora come sarebbe andata a finire. Era così dolce. La cosa che la struggeva era che se Kay avesse aspettato solo un giorno, un misero giorno, sarebbe stato invitato al Ballo delle Nevi senza dover causare quella tragedia. Ma certe cose sono semplicemente destinate ad andare in modi contorti.
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«Arisu, mi auguro che tu non voglia mangiare il pezzo di torta che hai in mano» esclamò Jamil, ancora congelato davanti al camino. L'oni guardava una fetta di torta al cioccolato che aveva trovato in camera. Kay, che aveva avuto la brillante idea di saltare la colazione per non vomitare durante l'ora di Magia Avanzata (l'odore delle pozioni gli faceva venire la nausea), non poteva che guardare con aria disperata il dolce. Erano passate tre ore, e il ghiaccio aveva iniziato a dare segni di cedimento da poco.
«L'ho trovato io, quindi me lo mangio io. Qui davanti a voi» rise malvagiamente, ingoiandola tutta in un boccone ed andandosene con un'espressione soddisfatta. Jamil aggrottò la fronte. «Questa non è una buona giornata»commentò, irritato. Kay poteva capire il suo punto di vista, specialmente perché dopo tutte quelle ore al gelo l'amico sarebbe stato almeno una settimana con la febbre.
«Posso farti una domanda?» chiese.
«Sì. Beh, non posso impedirtelo. Cosa dovrei fare, scappare?»
«Avevi i capelli ricci?» domandò il principe delle nevi. «Da piccolo, intendo»
Preso alla sprovvista, il jinn ci riflettè parecchio. «Credo di sì» ammise infine.
Questo voleva dire che tutto quello che aveva visto era vero. «Perchè ti interessa?». Jamil lo guardò, sospettoso.
«Così» ribattè Kay. Avrebbe voluto fare spallucce, ma erano ancora congelate. Yona entrò nella stanza, trascinando Keiichi e Melody. «Come state?» chiese gentilmente, mentre metteva il principe su una sedia vicina al camino e lasciava che la ragazza si sedesse accanto a lui.
«Secondo te?» sbottò il principe delle nevi. Yona andò via con le lacrime agli occhi.
«Com'è andata?» domandò il jinn, sbirciando gli amici.
«Abbiamo perso entrambi» rispose seccata Melody. «Io con Miranda e lui con Domina»
«Ah, sfigati!» li prese in giro l'azzurro.
«Almeno non sono bloccata in un blocco di ghiaccio con...». Si coprì la bocca come se dovesse vomitare.
«Hey!». Kay non fu molto felice del commento.
Khalil entrò di gran carriera nella stanza. «Per tutti i tappeti volanti, panzerotto, mi ero preoccupato tantissimo! Non ti ho visto durante il pranzo ed ero in crisi, specialmente perché questa sera dobbiamo uscire insieme per la prima volta, ma poi Xiaolong mi ha detto che eri solo congelato assieme a Kay...perchè sei congelato così vicino a Kay?»
«Spacchettiamo una cosa per volta. Mi hai appena chiamato panzerotto?» domandò Jamil. «Comunque siamo congelati insieme perché voglio che sia il padre dei miei figli»
«Certo, non è adorabile?» cinguettò il castano. «Stai scherzando? Comunque perché proprio tu e Ka-»
«Ho capito! Non lo so, chiedilo a lui!»
«Khalil, trovo oltraggioso tutto ciò. Di certo non andrei dal tuo fidanzato, per due motivi. Uno è perchè è il tuo, due è perchè Jamil è brutto»
«Ah, meno male». Il castano tirò un sospiro di sollievo. «Per un attimo pensavo...»
Melody stappò un pennarello. «Khal, ma oggi non riesci a finire le tue frasi?» chiese, avvicinandosi con aria minacciosa al principe delle nevi.
«Aspettate solo che mi sciolga» piagnucolò lui, mentre la ragazza gli disegnava dei bei baffi.
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Ryuu, rinchiusa nella sua camera, ascoltava il suono ripetitivo del martello di Kazuha. Non aveva idea di cosa stesse costruendo la principessa, e nemmeno le importava, ma avrebbe davvero voluto rimanere da sola. Non poteva certo sfrattarla come aveva fatto Kay con i suoi compagni di stanza precedentemente. Non era così cattiva. Ogni tanto cacciava la testa fuori dalle coperte, per controllare cosa la ragazza stesse combinando. Adesso disponeva i giornaletti della scuola sul pavimento, per proteggerlo da qualcosa. Le stava venendo mal di testa.
«Puoi smetterla?» gemette esasperata. Il suono che proveniva dalle sue labbra era debole, irreale. Le sembrava di essere l'ombra di sè stessa. E pensare che due anni prima era allegra come un passerotto, intenta a cantare canzoni natalizie mentre addobbava la sua camera ed i suoi amici.
«No» rispose la ragazza, acidamente.
«Mi sembra che questa sia anche la mia camera. Voi fate rumore quando io cerco di fare il mio pisolino pomeridiano, io faccio rumore quando cercate di dormire»
A Ryuu tremò la palpebra. «Sei proprio fiera di essere una stronzetta, vero?» domandò, mettendosi a sedere. «Vero? La consideri la tua più grande qualità, non è così?»
Kazuha la guardò confusa. «Ma che ti frega?»domandò, sulle spine. Forse aveva stuzzicato troppo qualcuno che, tutto sommato, aveva ucciso suo padre in un attacco di rabbia. Era vero, il suo lieto fine non era sorrisi, potere dell'amicizia e arcobaleni, ma le sarebbe stato abbastanza gradito rimanere in vita.
«Chi è? Papino o mammina che non ti vuole bene?». Ryuu l'afferrò per il colletto. «Smettila di comportarti come se avessi il diritto di trattare male tutti solo perchè qualcosina nella tua famiglia non va bene. Smettila di essere un'ingrata»
«Cosa ne sai tu di cosa non va nella mia famiglia?» strillò la principessa.
Era vero, agli occhi esterni doveva sembrare una principessina viziata. Ma suo padre era troppo pretenzioso. Kazuha voleva il diritto di essere imperfetta.
«E cosa ne sai tu di come stia io? Smettila di rispondere male a prescindere a chiunque. Hai capito?». Lo sguardo vuoto di Ryuu fu abbastanza per convincerla ad andar via. Prese qualcosa in mano senza prestare troppa cura a cosa afferrava, e uscì. Non era spaventata, o almeno lo credeva, ma credeva che fosse il caso di mollare gli ormeggi. Attaccò l'orecchio alla porta. La rossa stava prendendo a calci la sua creazione. Spaccava ogni singola parte sotto il tacchetto della scarpa. Amareggiata, la principessa pensò che fosse un comportamento tipico del suo, di padre. Prendersela con le cose che non capiva.
Ryuu si reinfilò sotto le coperte, finalmente in silenzio.
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Shinju era sotto sequestro. Bunny l'aveva braccata per parlare di quanto magnifico fosse un ragazzo passato due secondi prima. La principessa del mare aveva avuto l'onore di parlargli perché, andandoci a sbattere contro, Ghayth le aveva dato una testata. Quindi, secondo il suo modesto parere, non era proprio l'uomo dei sogni, sebbene come ragazza avesse uno standard abbastanza basso.
«È meraviglioso» cinguettò il coniglio. «Pensi che mi noterà, un giorno?»
«Non siete tipo amici?» chiese la bionda, pettinandosi aggressivamente con una conchiglia.
«Migliori amici. Ma preferirei amanti. Mi sono confessato diciannove volte, ma non capisce»
«Capisco» commentò la povera ragazza. Era contenta di essere notata da qualcuno, specialmente tre volte di fila, ma si stava stressando. La festa non era andata come sperava. Era rimasta attaccata alla parete come una patella tutto il tempo. Forse un modo per andarsene c'era. «Guarda, eccolo là!» esclamò, indicando un punto vuoto e sprintando via.
Investì Lorina. La rossa si alzò, si spazzolò il vestito e impallidì. «Oh no! Perché sono comparsa di nuovo? Chi é che si fa male?» sospirò. «Oh, magari Melody e Keiichi vanno di nuovo ad un appuntamento!» si rallegrò. Come sempre, la figlia di Alice si sbagliava.
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Forse avrebbe dovuto cercare Thomas. Kay, una volta essersi scongelato e cancellato i baffi e i simboli osceni che gli avevano disegnato in faccia, si era messo alla ricerca del ragazzino. Era andato a sbattere contro qualcuno. La sua altezza era un problema, all'Accademia. Era ironico, perché andava sempre a finire nei guai con persone basse. Abbassò lo sguardo.
«Ada!» esclamò.
«Ma chi sei?» chiese la ragazza confusa. Stava iniziando ad essere scocciante.
«Kay. Hai visto Thomas?» domandò lui, seppur scocciato.
«Un bambino bassino, con i ricci, i capelli castani, gli occhi castani, che sembra essere il tuo opposto in tutto, quello venuto all'Accademia con noi?»
«Esatto!» esclamò Kay.
«Non lo conosco»
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A tavola da sola, Kazuha strofinò il piede a terra. Anche se non voleva mostrarlo, aveva il cuore a pezzi. Quell'idea le era sembrata geniale, ed ora ci avrebbe messo secoli a ritrovare le cose necessarie. Qualcuno le si avvicinò in punta di piedi, silenzioso come un gatto. Iulian le mise le braccia attorno alle spalle, con la stessa eleganza di un cigno.
«Ti ho visto che tifavi per me. Grazie per il sostegno, cara» esclamò con tono smielato. La principessa storse il naso. «Ew, non toccarmi»
«Ti vedo acida» commentò il corvino, accomodandosi accanto a lei. "
«Il mio nome è Iulian» si presentò, ignorando l'aria schifata della ragazza.
«Perchè pensi che io voglia conoscerti?» domandò lei, sbattendo le ciglia in modo innocente.
«Perchè non c'è nessuno che non voglia conoscermi» ribattè il ballerino altrettanto innocentemente, sorridendo in modo fastidioso.
Xiaolong si precipitò al loro tavolo con la furia di un tornado. «Ciao Brontolona!» esclamò, guardando male il cigno nero, che si controllava le unghie con nonchalance. «Questo ragazzo ti sta dando fastidio?» chiese. Approfittando della situazione, la ragazza decise di sbarazzarsi della dragonessa fastidiosa. «No, assolutamente. É il mio migliore amico. Non è vero, Iulian?» commentò, con un sorrisetto falso.
«Ma certo» ribattè lui, stando al gioco. Era divertente. Colpita, la dragonessa si mise a sedere di fronte a loro. «Fate come se non ci fossi, allora» disse, facendo per dare un morso al suo panino al pistacchio. Prima che potesse farlo, però, una ragazza lanciò un urlo disperato. Tutta la mensa le rivolse uno sguardo.
La bocca di Saffi sanguinava, e la ragazza cercava disperatamente di sputare frammenti di vetro che le avevano tagliato lingua e gola. Ansimava, cercando di respirare, di lenire il dolore lancinante, di non piangere. Era anche peggio di quando si era ritrovata per la prima volta con delle gambe al posto della coda. Solo che questa volta non era un dolore fantasma. La poverina si ritrovò a vomitare grumi di sangue e pane. Xiaolong spezzò il suo panino. Acuminati frammenti di vetro sbucavano da ogni parte. Anche Iulian e Kazuha fecero lo stesso. Sembrava davvero che il cuoco si fosse dato da fare. Saffi non era l'unica colpita, ma era stata l'unica a non perdere i sensi ma ad urlare. Una ragazza era stesa a terra ed aveva l'aria di qualcuno che non si sarebbe ripreso.
Jamil si sentì tutti gli occhi puntati addosso. Impallidì. Non aveva messo lui del vetro nel pane. Perchè avrebbe dovuto farlo? Un ragazzo gli si scaraventò contro. Il jinn, spaventato, sollevò le mani, come per attestare la sua innocenza. «Non sono stato io» biascicò.
«Sei tu il cuoco» ringhiò questo. «Era la mia ragazza, cazzo!»
Xiaolong si avvicinò. «Jamil, ma ti sei bevuto il cervello?» ringhiò.
«Non sono stato io!» ripetè il jinn, meccanico. Non sapeva che altro dire. Non aveva prove per essere scagionato. Kay lo guardò, un misto tra lo spaventato e l'impietosito. Non sapeva abbastanza del suo migliore amico per capire se si trattasse di qualcosa che avrebbe fatto. Che cosa triste. Lui e Melody si scambiarono occhiate non intimidatorie per la prima volta dopo mesi. Il Gran Maestro sentiva di togliersi un gran peso dalle spalle, ma allo stesso tempo non era una buona cosa. Dario, in cucina assieme a Jamil, era sicuro che fosse innocente. Poteva sentire la sua preoccupazione, il suo panico. Ma anche lui non poteva provare che non fosse colpevole.
Nova, nell'ombra, fece rigirare tra le dita un frammento dei gingilli di vetro. Era stata una fatica trovarne così tanti. Sempre meno che romperli senza ferirsi e mischiarli all'impasto in frammenti abbastanza piccoli da non essere visibili. Lui e Domina si guardarono. La fanciulla non aveva intenzione di denunciarlo, anzi. Poteva essere la perfetta occasione per divertirsi un po'e recuperare le vecchie abitudini che aveva perso venendo all'Accademia. Si avvicinò al ragazzo che minacciava il jinn e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Questo annuì, leggermente più calmo. Si arrampicò sul bancone. «Mandiamolo alle sale del malessere!» strillò, e la folla esultò.
Melody scivolò accanto a Kay. «Esistono ancora le sale del malessere?» domandò, preoccupata.
«Non proprio. Sarebbero delle segrete, ma i Mai adorano torturarsi, quindi deduco ci siano attrezzi di tortura» le rispose. Non era una bella prospettiva per Jamil.
«Ma quali sali del malessere» si intromise Khalil. «Ci sono un milione di Mai rancorosi qui dentro e pensate che un Sempre voglia uccidervi? Perchè credete di essere così speciali?»
Qualche ragazza annuì, concordando con lui. Non poteva avere che ragione, no? I Mai, però, euforici di avere un nuova vittima, erano ormai partiti per la loro strada. Il jinn si era nascosto nella fessura tra muro e credenza, mentre qualcuno prendeva la lampada e la sbatacchiava, ammaccandola tutta. Kay si mise in mezzo, spalancando le braccia, ma gli passarono da sopra.
Domina guardò ragazzi e ragazze combattere per una causa che nemmeno li riguardava, solo per darle qualcosa con cui ammazzare il tempo. Non c'era sentimento più glorioso. Alla fine qualcuno riuscì a tirar fuori Jamil dal suo rifugio, tenendolo per le spalle. In quel momento l'azzurro avrebbe davvero voluto che il fatto che fosse allergico al ferro non fosse noto ovunque. Dario si schiarì la voce, avvalendosi del fatto che fosse abbastanza potente da farsi sentire.
«Non lasciatevi prendere dalla foga, non avete le prove che sia stato lui. Sono sicuro che sia innocente»
Qualcuno rise. «Detto dalla fata turchina! Sai che ci frega!»
Nonostante i suoi amici si stessero battendo per lui al meglio delle loro forze, il jinn si ritrovò ben presto sbattuto nelle segrete. L'unica con lui era Domina, che però aveva un'aria così sicura di sè che per il ragazzo era impossibile anche solo immaginare di attaccarla e scappare. Guardò con i lucciconi agli occhi la lampada. La bionda gliela strappò di mano, poi gli sorrise.
«Hanno mandato me a torturarti!» cinguettò. «Ma non preoccuparti, non sono cattiva come gli altri. L'ho fatto per te! Ho l'aria cattiva?»chiese con tono smielato.
«Mi sembra di no» piagnucolò Jamil. «Posso riavere la mia lampada?» chiese.
La regina della notte se la rigirò tra le mani, senza però passargliela. «Oh, immagino che per voi jinn sia molto importante. Specialmente per la tua famiglia! Come si sta all'interno?»
Nonostante la ragazza lo stesse sfottendo, il più alto cercò di rimettere le mani sulla sua cosa più preziosa.
«Ti ho fatto una domanda. Rispondimi, o mi arrabbio e non sarò più gentile come ti avevo promesso» sbottò la bionda.
«Come vuoi che si stia? É una lampada, mica uno chalet» le rispose. Si stava innervosendo anche lui.
«Bene. Molto bene» ribattè secca la regina della notte. Non l'avrebbe squartato solamente perchè le cose morte non urlavano. Lo spinse dietro le sbarre, chiudendo rapidamente la porta dietro di lei. Jamil ci si gettò contro, ma l'intera struttura era in ferro. Fece passare il braccio tra le sbarre, a costo di un'ustione. Voleva riprendersi la sua lampada. Anche se era ammaccata.
«Vuoi questa?» chiese Domina con tono canzonatorio, dondolandola ad un passo dalle sue dita. Era così vicino, ma non sarebbe mai riuscito a prenderla. La ragazza fece apparire una corda appesa al soffitto, continuando a maneggiare l'oggetto. «Tra l'altro, io odio le lampade. Sai, producono luce, ed io sono la regina della notte e del buio» commentò, appendendola alla corda. Per quanto Jamil si sforzasse di afferrarla, la corda era poco più lontana da dove arrivassero le sue mani.
«Te la lascio qui, puoi prenderla, se vuoi» commentò, prendendo tra le mani una candela. Amava incantare piccoli oggetti. La mise proprio sotto la lampada.
Il jinn strinse i denti. Domina accese la candela, abbassandosi. «L'ho incantata. É una candela che non si scioglie!» esclamò soddisfatta. «In questo modo la fiamma rimarrà sempre alta. Non posso frustarti, anche se vorrei. Nemmeno usare i miei pugnali, quindi dovrai accontentarti di questo. Ma secondo me a lungo andare ti piacerà» commentò.
Jamil gemette. La sensazione di essere bruciato vivo non era proprio una delle sue grandi passioni. Cadde in ginocchio, piagnucolando e implorando di smetterla. La lampada aveva un alone nerastro sopra, adesso. Domina passò una mano attraverso le sbarre e gli accarezzò il viso. «Non prendertela con me, ma con Nova. E ti do il permesso di dire a tutti che sono una crudele strega». Si incamminò verso l'uscita. «Tanto non ti crederà nessuno. Ma tu comportati da bravo ragazzo e verrò a liberarti, se ho qualche buco nell'agenda»
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Thisbe e C.C. si stavano godendo la solita passeggiatina serale. Secondo la bionda stimolava l'appetito, e la faceva specialmente in previsione dei piatti vegetariani di Yona dell'indomani, visto che Jamil aveva provato ad ucciderli tutti. Accarezzò la testa dell'animale domestico, ancora distrutto dal rifiuto di Kazuha. Improvvisamente sentì un singhiozzio conosciuto. «Thomas?» esclamò, correndo verso l'origine del suono. Il bambino era a terra, sotto un albero, che piangeva disperatamente. La bionda si accucciò accanto a lui e lo strinse.
«Che succede?» domandò, preoccupata. Il bambino rivolse lo sguardo in alto. Emma, appollaiata su uno dei rami, gli fece cenno di stare in silenzio. La sua missione era proteggere il Gran Maestro, e credeva fermamente nel suo obiettivo. Tuttavia, era giunta alla conclusione che il bambino non avesse intenzioni malvagie e desiderasse solamente essere considerato il fratellino di gente delle favole. Questo non toglieva che la sua esistenza doveva rimanere segreta. Che razza di spia sarebbe stata se fosse stata allo scoperto? Thisbe, pensando che il bimbo stesse solamente cercando di trattenere le lacrime, non si curò di controllare. Ed era un peccato, perchè molti dei suoi crucci sarebbero spariti se si fosse resa conto che la sua migliore amica era proprio lì.
«Mi sono fatto male» mentì. Non era abituato a bugie di quella portata, quindi la voce gli tremolava parecchio. Sperò che la bionda non riconoscesse la menzogna. C.C. gli si accomodò in testa, molto contenta di covare qualcosa.
«Oh, accipigna» commentò la lettrice, prendendolo in braccio con un po' di fatica. Certe cose non cambiavano mai. «Ora ti porto da Yona. Sono sicura che ti farà stare megl...ah, accidenti. Oggi cucina, quindi probabilmente non sarà in infermeria» mormorò. Doveva esserci qualcun'altro in grado di curare o almeno saper fasciare ferite, nonostante non vedesse nessun taglio o scorticatura. Suppose che Thomas si fosse in gran parte spaventato, forse cadendo dall'albero. Per confermare la sua idea si girò per controllare se qualche ramo si fosse spezzato. Intravide un movimento rapido, ma nessun ramo rotto. Non ci fece caso e si allontanò, mentre Emma guardava entrambi andar via, in silenzio.
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