03 :: Party Rock Anthem

Inizialmente era un capitolo pienissimo di angst. Ma proprio tanto. Poi ho deciso di affrontare una delle mie più grandi difficoltà: descrivere la danza.

Premetto che HO FALLITO MISERAMENTE quindi abbassate le aspettative a meno due. Non sto nemmeno scherzando.

Quindi anziché una festa stile Euphoria, vi beccate qualsiasi cosa sia questo capitolo.

Ho anche disegnato Thomas ft Kay e Jamil

Divertitevi? E buon comple Anemoia E ANCHE ALEXANDRA io e lei twins fr fr (forza roma)

Raga scs mi viene da ridere perché PER FINIRE UNA PARTE CI HO MESSO DUE ANNI

Scusate sempre gli errori

"Nonna nonna"
"Scusa amore devo scrivere la terza parte di Anemoia"

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La giornata di Kay era iniziata nel peggiore dei modi. Di prima mattina aveva pestato uno scorpione, e aveva passato un buon quarto d'ora a scrostarlo dalla suola dello stivale. Era peggiorata quando Jamil era venuto da lui chiedendogli se avesse visto il suo scorpione domestico. Dopo averlo liquidato, aveva deciso di frequentare Cattive Azioni. Sarebbe stato più produttivo che ascoltare quella di Buone Azioni, visto l'omicidio compiuto poco prima. Si mise a sedere con aria annoiata. Non lo era veramente, per lui lo studio era importante. Solo che partire male con la giornata significava passarla tutta di malumore. In più l'idea che qualcuno avesse diffuso la voce della festa organizzata da lui era tutt'altro che tranquillizzante.

Non era stupido. Era il momento perfetto per attaccare il potere. Odiava essere incapace ed inesperto come Gran Maestro. E se qualcuno aveva intenzione di instaurare una rivoluzione, l'avrebbe fatto. Saffron percepiva le sue preoccupazioni, ed aveva un piano perfetto per tranquillizzarlo...e tranquillizzare sé stessa. Si prese la testa tra le mani, con aria disperata. Odiava il suo lavoro.

Keiichi, d'altro canto, era fresco come una rosa. Aveva deciso di adattare una nuova, fantastica mentalità. Ignorare chiunque gli causasse fastidi. La sua camera era paragonabile ad una piaga. Kay era pur sempre una persona degna di rispetto, ma doveva ammettere di non essere particolarmente fanatico di come aveva congelato la scuola. Dunque, per la prima volta dalla ripresa dalle lezioni, si mise ad ascoltare le parole dell'insegnante, prendendo appunti, diligente. Riprendere il controllo del suo studio era un ottimo passo per riprendere il controllo di sé stesso e dei suoi sentimenti. Più rilassato del solito, sottolineo le informazioni importanti. Metà dello studio si fa in classe!

Anche se una parte del suo cervello chiedeva insistentemente risposte: sarebbe andato alla festa? Normalmente avrebbe risposto di sì senza esitare, approfittando dell'occasione per sfoggiare uno dei suoi abiti migliori e mostrare di essere anche una persona interessante. Modestamente, si considerava la persona più carismatica che potesse partecipare ad un ballo illegale. Però ci sarebbe stata sicuramente della musica, ed il solo pensiero lo faceva rabbrividire. Ed era piuttosto sicuro che a suonare sarebbe stata Melody. Il che aveva senso: era la figlia del pifferaio magico. Non aveva paragoni con altri musicisti. Doveva riconoscerlo. Tuttavia, la musica gli ricordava quella che era la sua matrigna. E non la amava, affatto.

Anche Nova stava riflettendo sul ballo. Sarebbe andato? Probabilmente sì, ma solo dopo essersi vendicato del "fenicottero pompato". Odiava spendere soldi per i propri tornaconti, ma era sicuro che se gli avesse aperto la gola Kay gli avrebbe fatto male. Non ne valeva la pena. Si massaggiò le tempie, e si mise ad ascoltare il bla bla bla di Scarlet. Era perfettamente cosciente che i Mai si vendicavano. Gli sembrava che la scuola imbottisse gli studenti di informazioni completamente inutili. Strofinò il piede a terra, rivolgendo uno sguardo a Domina. Quella ragazza aveva qualcosa di strano. Come se quell'aria da svampita nascondesse altro. Anzi, doveva correggersi: non era un'aria da svampita, era un'aria da ragazza innocente. Come se la peggior cosa che la fanciulla avesse mai fatto fosse pestare un fiore. Era falsa. Ne era certo. Piuttosto trovava Miranda veramente svampita. Davanti a lui, continuava a chinarsi per raccogliere il pennino. La trovava irritante. Lui era un perfezionista, e lei un'imbranata. Sembrava avere la testa tra le nuvole per la maggior parte del tempo. Come Arisu, d'altronde. L'oni approfittava delle prime ore per recuperare il sonno perduto, e se era sveglia controbatteva Scarlet, cercando di imporre la sua visione (giusta) delle cose, o strofinando i capelli di Harriet, seduta davanti a lei.

Nova odiava tutto.

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Khalil aveva deciso di prendersi un'ora sabbatica, piuttosto che correre verso la lezione di educazione fisica. Aveva bisogno di ritoccare il suo outfit per la serata e scegliere come acconciarsi i capelli. E poi doveva fare altre cose molto importanti, come cambiare maglioncino a Kaa. Si diresse verso la camera con aria da criminale. Decidere di prendersi una pausa non era illegale, ma si sentiva come se lo fosse. Fece spallucce. Se le prendeva sempre, dicendo di dover andare in bagno. Aprì la porta della camera. Kay era seduto sul letto, impegnato a pettinarsi prima di Magia Avanzata.

Si guardarono. «Khalil» esclamò il principe delle nevi. «Devo dirti un segreto, ma promettimi di non dirlo a nessuno. E con nessuno intendo Jamil»
«Oh nooo» ribatté il castano, posandosi un braccio sulla fronte. «Non posso credere che tu ti sia innamorato di me! Però d'altronde lo capisco, sono super affascinante e seducente. Non preoccuparti, non dirò nulla a Jamil, ma sappi che possiamo essere solo amici. La lealtà é la cosa più sexy di un uomo»
L'altro lo fissò. «Ho ucciso il suo animale domestico»

Il più alto quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Si mise a sedere. Avrebbe davvero voluto dire di essere dispiaciuto — ed in parte lo era davvero — ma Samir amava pizzicargli il naso mentre dormiva. Ed essendo velenoso, Khalil si risvegliava sembrando un pesce blob. Non era particolarmente piacevole.
«Sembra davvero che tutti gli animali domestici di Jamil facciano una brutta fine, huh?» commentò, tamponandosi le lacrime.
«Eh sì. Mi ha raccontato di Bambi»
«Povera bestiola. Jamil l'ha trattato sempre bene, ma Saffron gliel'ha fatto liberare»
«E poi abbiamo sentito lo sparo. Lo so, c'ero». Kay ripensò anche alla frase del cacciatore.

«Cazzo, madre e figlio!». Per lui era stata una bella giornata, Jamil aveva passato il pomeriggio a piangere.

«Comunque meglio di Nemeo» aggiunse debolmente Khalil.
«Quello sicuramente». La solfa era la stessa.
«Però quel cacciatore é stato particolarmente crudele...com'è che ha urlato di chiamarsi? Ercole? Comunque non avrebbe dovuto farci una pelliccia. E soprattutto non avrebbe dovuto passare vicino alla scuola quando Jamil era fuori»
Il principe delle nevi ponderò la risposta. «Dovremmo...trovargli un nuovo animale domestico?» chiese. Non era sicuro di voler condannare un'altra bestiola a morte certa.
«Magari una che ha un guscio. Tipo una tartaruga! E poi sono lentissime, vuoi mettere? Anche volendo non potrebbe mai perderle di vista» esclamò entusiasta Khalil.
«Oppure una lumaca. Ora che ci penso Jamil usa la lampada come un guscio. Heh». Kay abbozzò un sorriso. «È vero che gli animali somigliano al loro padrone»

Istintivamente Khalil rivolse uno sguardo a Kaa. Il serpente gli fece vedere la lingua.
«Anche tu» commentò Kay.
«Davvero?» esclamò sorpreso il castano. In realtà sapeva di avere qualcosa di magnetico come i serpenti, ma si aspettava qualcosa di ipnotico, sensuale, non di venir comparato al proprio animale domestico che metteva il broncio quando non veniva imboccato.
«Credo siano gli occhi, perché hai la pupilla non proprio tonda...più che altro direi che anche i tuoi canini affilati fanno la loro parte»
«Aspetta». Il principe si impose di non andare nel panico. «Hai detto affilati?»

Quando si erano risvegliati dal sonno di ghiaccio, Khalil aveva notato con piacere che tutte le caratteristiche da vampiro che erano rimaste dopo Vanagloria erano sparite. Saffron aveva spiegato a tutti loro che la sua presenza in quanto figlia del sole garantiva uno stato di benessere temporaneo. Ma non aveva assolutamente pensato che si riferisse anche a questo. Voleva dire che anche Harriet stava nuovamente male? Gli occhi del castano si riempirono di lacrime e corse in bagno.

Kay lo guardò male. «Ciao, eh» commentò, ma la frase cadde nel vuoto.

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«Bene, devo dire che i vostri test non erano così male come pensavo...» esclamò Xiaolong, soddisfatta. Inutile dire che i buoni risultati dei suoi studenti erano un'ottima ragione per incrementare il suo ego. Mentre sfilava per i banchi, distribuendo i foglietti, guardava le reazioni degli alunni. La maggior parte non sembrava sorpresa.

Kay sollevò il suo foglietto. «"Mica male"?» commentò ad alta voce, cercando di scollare l'adesivo che la dragonessa aveva prontamente incollato sulla valutazione. Nervoso, il principe finì per separare i due pezzi di carta con la punta del pennino, cercando di non rovinare nessuno dei due. Una volta completata la difficile operazione, tirò un sospiro di sollievo. Nemmeno un test a sorpresa era riuscito a rovinare la sua media perfetta. Osservò la valutazione massima con sguardo serio, segretamente fiero di sé stesso.
Jamil spostò la sedia accanto a lui. «Quanto hai preso?» domandò, non così a bassa voce come pensava.
«Perché non ti fai i fatti tuoi?» ribatté il più alto, cercando di scollarselo di dosso.
«Fammi solo vedere cosa hai risposto alla prima domanda, almeno».

Il genio cercò di sfilargli il foglio di mano, ma Xiaolong tossì dietro di lui. «Io mi preoccuperei di più del tuo test, Lampadina» esclamò, appiccicandogli la verifica in fronte. Jamil se la scollò guardandola male. Questa volta l'adesivo non copriva la valutazione. L'azzurro si gettò all'indietro sulla sedia, passandosi la mano sulla fronte.
«Quanto hai preso?» chiese Kay, cercando di guardare il voto.
«Perché non ti fai i fatti tuoi?» gli fece il verso, poi gli mise il foglio in faccia, piuttosto fiero. «Settanta» esclamò soddisfatto.
«Quindi il voto più basso di tutta la classe» commentò il principe delle nevi.

Il jinn lo guardò male, poi abbassò le orecchie e si spostò con la sedia. Per far vedere che non ci era rimasto male si mise a scollare l'adesivo dalla verifica. Il suo diceva: "ottimo lavoro ragazzo". Lo appiccicò sull'occhio di Kay.

Melody nel frattempo spiava i risultati altrui. Anche lei non era stata tra le migliori, ma aveva preso ottanta. E considerando che la sua risposta alla prima domanda era stata una caricatura di Xiaolong, non poteva che esserne felice. Forse era più larga di voti di quanto pensasse. E aveva decisamente una grande passione per gli adesivi. Tutti gli altri alunni si aggiravano tra il novanta e il cento. Sembrava proprio che si sarebbe dovuta mettere a studiare davvero! Durante il primo anno non aveva aperto libro nemmeno per dieci minuti, ma i test erano così banali che riusciva sempre a prendere un bel voto. Ma adesso bisognava mettersi con la testa sui libri. Sospirò. Domina aveva preso cento. Si perse un secondo a guardarla: avrebbe davvero tanto voluto essere lei. Anche la regina non era particolarmente alta, ma su di lei l'essere bassa non era un difetto, ma una virtù. Tutto quello che poteva essere considerato un lato negativo, su si lei diventava un qualcosa di particolare e carismatico.

Eppure Melody non si era mai sentita così! Era sempre stata uno dei ragazzi. Forse era quello il problema. Sospirò. Magari poteva comprare un paio di tacchi più alti. E chiedere a Khalil di truccarla e di insegnarle a farlo. E magari avrebbe dovuto tagliarsi i capelli. E comprare qualche vestito nuovo. Scosse la testa. Ma che stava pensando? Bastava una ragazza sicura di sé per farle crollare ogni concetto di autostima? Lei era pur sempre una in gamba o no? Lo sperava.

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Fata Morgana accavallò le gambe, seduta dietro la sua solita scrivania. Accarezzò il fogliame di Pissy, mentre leggeva un articolo del giornalino della scuola. Quando gli alunni fecero il loro ingresso nell'aula, non alzò nemmeno lo sguardo. «Quindi festino, questa sera?» domandò, chiudendo il giornaletto.
Lorina ridacchió imbarazzata. «Cosa intende?» chiese.
«Non fate i finti tonti. So tutto»
«Sì, e lei non é invitata. Rovinerebbe il divertimento di molto» commentò acido Nova. «Cercheremo di farla fuori prima delle nove» aggiunse.

Ryuu gli pestò il piede e sorrise.
«Non mi aspettavo niente di diverso da voi piccole bestie. Mi auguro solo che non ci sia Xiaolong a quella festa, perché tecnicamente è un insegnante». La donna si stiracchiò, aspettando che si mettessero ai propri posti. Questa volta il principe di cuori evito accuratamente Lorina, preferendo accomodarsi accanto ad Auryn.

Il biondo pensava di andare alla festa, ma avrebbe accuratamente evitato i balli. Era una buona occasione per farsi riconoscere per qualcosa. I contatti sociali sono fondamentali per arrivare al proprio obiettivo. E poi sembrava un momento fantastico per tutta l'accademia: un surrogato del Ballo delle Nevi, questa volta per tutti. Sia Mai che Sempre. Non poteva negare di essere emozionato, ma si sarebbe preparato per il ballo con l'intenzione di non sembrare un principe, ma uno scappato di casa.

Perfino Lorina aveva la testa altrove. Perfino non é forse azzeccato, ma anche lei pensava alla festa. Sarebbe stata molto divertente, lo sapeva già. Non era sicura che potesse essere a prova di ragazzi come Kay, visto l'andazzo del Torneo dei Talenti. Magari questa volta non avrebbe congelato l'umanità ma avrebbe semplicemente deciso di contare fino a cento.

Ryuu pensava all'abito. Magari avrebbe dovuto cambiare colore del vestito, visto che stava mettendo abiti della stessa tonalità di rosso da ormai troppo tempo. Magari qualcosa che spezzasse il rosso pastello, tipo il bordeaux...e che trucco avrebbe dovuto mettere? Se fosse riuscita a trovarne qualcuno che si abbinasse al nuovo abito. Posò la testa sul banco. Quella lezione era davvero noiosa.

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Finalmente le ore di lezioni erano finite. Khalil era riuscito a salvarsi dal tenere la divisa tutto il giorno promettendo di aiutare in cucina. Aveva passato troppo tempo in bagno ad analizzare i minimi dettagli che erano cambiati in sé stesso, e piangere disperatamente. Aveva anche provato a limarsi i canini, senza successo. Quindi adesso era seduto in cucina a pelare patate con aria mogia.
«Spero di non puzzare a fine turno» commentò, aguzzando lo sguardo per non farsi sfuggire il coltellino.
«Hanno inventato una cosa fantastica chiamata doccia» ribatté Jamil, controllando che la sfortuna di Khalil in cucina non compromettesse le sue patatine fritte. Per il momento, non sembravano nemmeno così male. Il castano non rispose e finì per tirarsi su le maniche. «Non potevo lavare i piatti?» domandò.
«Non credo tu voglia lavare quattrocento piatti a mano» ribatté il genio, mentre versava dell'olio in una padella. «C'è qualcosa che non va?» chiese poi cautamente.
«Sto pelando patate, sto morendo di caldo, rischio di arrivare alla festa con i capelli unti e...». Non continuò la frase. Non sapeva se voleva rendere partecipe il genio delle sue preoccupazioni.

«Allora ti aiuto a pelare le patate. Così poi vai a lavarti i capelli» rispose l'altro mettendosi a sedere e prendendo un altro coltellino.
«Grazie» rispose debolmente il castano.
«Sicuro che siano solo le patate il problema?» Khalil non rispose, così l'azzurro gli rivolse un'occhiata preoccupata, mentre manovrava l'arma. Distratto dagli occhi lucidi del fidanzato, si fece sfuggire il coltellino di mano.
«Ahia!» esclamò, guardando il taglio sul dito. «Meno male che non é andato in profondità. Khal, ti dispiace passarmi un fazzoletto?»

Khalil non sentiva nulla di tutto questo. Sentiva solo il cuore che gli batteva forte — troppo forte — e riusciva a concentrarsi solo sul sangue. Non ci era voluto molto a capire che quello che pensava, quello che sentiva, era sbagliato. Non poteva semplicemente bere sangue, anche se ne aveva voglia. Non era giusto! Perché, per una volta nella vita, non poteva semplicemente farsi i fatti suoi e non curiosare dove non doveva? Era stato proprio un idiota.

«Khalil?»

Il principe deglutì, scuotendo la testa. «Scusami, ero solo...» disse debolmente. «Solo distratto. Ecco i fazzoletti». Jamil si fasciò il dito in silenzio, mentre il castano guardava altrove, cercando di non concentrarsi sul taglio.
«Quanto male ti fanno i canini?» domandò il genio con nonchalance, sapendo che il ragazzo avrebbe abboccato.
«Un sacco! Non voglio essere un vam...hey, io non volevo dirti quale fosse il mio problema» gemette frustrato Khalil.
«Troppo tardi. Se hai sete, dovresti bere»
«Ma non posso! Non é etico!»
«Khalil, sai quante cose non etiche esistono al mondo?!».

Il principe abbassò lo sguardo. «Non voglio e basta» piagnucolò. «Mi sentirei in colpa!»
Il genio alzò gli occhi al cielo. «Allora cerchiamo una soluzione»
«Ti voglio bene» rispose Khalil, gettandogli le braccia al collo.
«Anche io ti voglio bene». Jamil gli diede un bacio sulla fronte. «Però vatti a lavare i capelli che sono unti davvero»

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Xiaolong stava mordicchiando un panino al pistacchio (non aveva idea esistessero, però era felice della loro esistenza), quando vide apparire davanti a lei la fantomatica ragazza del giorno prima. «Heyyy, Brontolona» la chiamò, agitando la mano. «Ci vieni alla festa di stasera?» le strillò dietro. Kazuha fece spallucce, avvicinandosi a lei.
«Non mi piace essere disturbata» le disse con sguardo serio, convinta di poter convincere la dragonessa a lasciarla in pace.
«É un piacere anche per me. Xiaolong» esclamò porgendole la mano.
La principessa arricciò il naso e andò via.
«Quindi ci vediamo stasera?»

Arisu la fissava da lontano, con Thomas sotto il braccio. Si avvicinò di gran carriera. «Xiaoshort. Tu che sei la tizia che dovrebbe mettere K.O. gli insegnanti per questa sera» iniziò, supportata dal bambino, che strinse i pugni.
«K.O.! K.O.!» rincarò la dose il piccoletto. La dragonessa si voltò dall'altra parte, disgustata dal moccioso. Ma insomma, non era un'Accademia per ragazzini adolescenti? Perché c'erano così tanti bambini?!
«Devi trovare un modo per infilare anche Tolomeo» concluse, sollevando Thomas a mo' di trofeo.
«Io mi chiamo Thomas» commentò il bambino, ma venne ignorato.
«Sognatelo, Unicorna» ribatté la dragonessa, incrociando le braccia sul petto e squadrandola.
«E invece lo farai» rispose l'oni.
«Ma davvero? E perché mai?»
«Perché lo dico io». Arisu si mise in posizione da combattimento.
«Greve» commentò Xiaolong, alzandosi.

Proprio mentre cercavano di incornarsi a vicenda, Harriet ne approfitto per sgattaiolare dietro di loro, sperando che l'oni non la vedesse, ed usando Rossana come scudo. La lilla era piuttosto contenta di essere riuscita a scamparsela, ma Thomas la indicò. «Unicorna, c'è la tua fidanzata!» esclamò, saltando in piedi.
A Xiaolong cascarono le braccia. «Gnocca é la tua fidanzata?» piagnucolò. Non poteva credere che quella ragazza si fosse fidanzata con una cuozza come Arisu.
«Te pare, é quel pasticcino dietro di lei» esclamò il demone, spingendola via dalla sua strada. «Grazie Taddeo»
«È Thomas»

Con una scivolata elegante, si presentò davanti alla povera Harriet, che capito l'andazzo della cosa, aveva cercato di scappare. «Mia cara» esclamò, baciandole la mano. Mentre la ragazza cercava di tirarla via, Arisu si rimise in piedi e la trascinò con sé. «Ci vieni al ballo di stasera?» chiese, con voce suadente e arrotolando una ciocca di capelli sul dito.
«Non credo» rispose la lilla, cercando una via di uscita con lo sguardo. «Ho mal di denti»
«Ma davvero? Anche io!» esclamò l'oni.
«Mi...mi dispiace?»

A quel punto la lilla aveva intenzione di dissanguare Arisu. Non solo stava evitando contatti umani da tutto il giorno, aveva anche un mal di denti terribile. Tutti i denti che qualcuno le aveva fatto saltare erano ricresciuti nel giro di un'ora, con tanto di fantomatici e affilatissimi nuovi canini. Era contenta di non dover portare di nuovo la dentiera, ma avrebbe voluto davvero evitare di bere sangue di nuovo. Solo che più ci pensava più le veniva voglia. Doveva esserci un rimedio. E poi, a pensarci, anche Khalil doveva essere nelle stesse condizioni. Magari più lievi.

C'erano anche dei lati positivi. Aveva più forza ed era più veloce (purtroppo non abbastanza da seminare Arisu), ma finivano là. Certo per lei erano utili, per il principe praticamente no.
«Quindi ci vediamo alla festa?» insisté la più alta. «Ti passo a prendere»
«Se proprio devi» piagnucolò Harriet, che non sapeva dire no.

Nel frattempo, Xiaolong si era avvicinata a Rossana, con aria sospetta. «Siamo rimaste sole, pare» esclamò con nonchalance, cercando di mettere un braccio attorno alle spalle della più alta. Si sollevò un po' in aria, cercando di rimettersi con l'altezza in pari. La castana aveva qualcosa di nascosto che cercava di mantenere celato, ma si sorprese che la dragonessa sapesse levitare.
«Woah! É davvero fantastico!» esclamò, guardando lo spazio tra il pavimento e i suoi piedi.
«Sì, sì, modestamente» squittì lusingata Xiaolong, mettendosi a testa in giù.

La piratessa inclinò il capo, cercando di vederla dritta. «Lo faccio quando devo pensare. Così il sangue va alla testa» spiegò, con aria soddisfatta. Proprio in quel momento la cosa nascosta di Rossana spiccò il volo. Non fece molta strada, perché la ragazza la riacchiappò con un salto.
«Maledetti schifosi» si lamentò Smith, un pappagallo spelacchiato e strabico.
«Smith» lo riprese Rossana.
«Vaffanculo»
«No. Smettila, siamo in pubblico, non sulla nave di mamma»
«Puttana». Xiaolong cadde a terra, ridendo. Si mise una mano sulla pancia. «Non posso crederci!» esclamò, tamponandosi le lacrime.
«O la finisci, o ti spenno e diventi la mia cena» lo minacciò la piratessa, sollevandolo per un piede. Il pappagallo cercò di volare via, confuso.
«Ma che creaturina bellissima» esclamò la dragonessa, accarezzandogli la testa.

Smith la guardò male. «Intossicati»
«Questa notte la passi in gattabuia»
«Mhm, nduja» esclamò il pappagallo, che era un po' sordo.

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Mentre la sera calava, una carrozza sbandava per la strada, cercando di arrivare all'Accademia tutta intera. I due viaggiatori, abituati agli scossoni, non sembravano infastiditi, mentre il neonato che portava la signora tra le braccia sembrava non apprezzare. Cornelia lo coccolava oppure lo cullava, cercando di incentivare il sonno. Il pargolo la fissava, resistente a tutti i suoi tentativi. Se non altro non piangeva. A Ciro piaceva stare zitto.

«Grazie per esserci venuto a prendere» esclamò la donna, lanciando il bambino nella culla.
«Figurati. Sono sicuro che a Maria farà piacere vederti...e anche vedere il bambino» ribatté Rembrandt, cercando di tagliare la conversazione. Il suo volantino sui cavalli era improvvisamente diventato molto interessante.
«Secondo te gli piacerà?» domandò, guardando il neonato. Ciro ringhiò.
«Considerandolo, mi aspettavo peggio. È carino. Sono sicuro che sarà un bel ragazzo»
La corvina si posò una mano sul petto. «Lo spero davvero. Non vorrei deludere le sue aspettative»

Il principe chiuse il volantino, mentre la carrozza prendeva una curva alla velocità della luce. La culletta scivolò da una parte all'altra. «Questa curva mi é familiare» proclamò fiero, assottigliando lo sguardo.
«Dici che siamo arrivati?» domandò Cornelia, sporgendosi dalla finestra.

L'Accademia si stagliava di fronte a loro, enorme e maestosa. «Non sembra molto accogliente» commentò lei, stringendosi nel mantello. «Scommetto che quel povero ragazzo non sa che fare»
«Magari, e dico magari, avrebbe dovuto ragionare un po' prima di congelare tutto e tutti. Ma in realtà concordo con te. Pensa cos'ha fatto per un anno, intrappolato in qualcosa che lui stesso aveva creato»
«Magari con qualche carciofino si riprende»

Poi rimasero in silenzio, perché i riflessi del ghiaccio erano stupendi da vedere. La donna si fece piccola piccola. Le guglie del palazzo erano affilatissime. Non pianificava di caderci, ma erano comunque spaventose. Per non parlare dell'altezza complessiva dell'edificio. Da lontano si poteva vedere che l'occhio della tempesta di neve che ormai flagellava la Selva Infinita, era posizionato proprio sulla scuola.

La carrozza si arrestò. Cornelia saltò giù, afferrando Ciro per un braccio. Rembrandt si prese il suo tempo, godendosi qualche attimo di silenzio.

Un ragazzetto con l'aria da idiota era appostato poco vicino alla carrozza. I capelli castani erano arruffati, gli occhi simili a bottoni e aveva un corpo snello ma minuto. Si mise in punta di piedi, cercando di spiare quando Cornelia sarebbe scesa. Quando la vide corse verso lei, agitando le braccia. «Omg» esclamò, facendole qualche giro attorno, per assicurarsi che fosse reale. Le mise una mano sulla fronte. Si pentì ricordandosi di quanto la frangetta della moglie fosse oleosa. La ritirò e se la pulì sul grembiule con nonchalance.

«Elois, abella!» esclamò, abbracciandola.
«Vittorio!» rispose lei, sbaciucchiandolo.

Ryuu tossì, dietro di loro. «Non potreste chiamarvi con i vostri nomi normali? Mi sento a disagio» commentò, mentre Rembrandt si versava della tequila in un bicchierino.
«Aspe, devo fare una cosa importante» rispose la corvina, tirando fuori Ciro dalla tasca.
«Ma che c'hai portato er pane?» domandò lui.
Cornelia rise. «È tuo figlio, a rimbecillito!»
«Ma che davero» esclamò Maria Callas. «Omg. Sincero m'ero npochetto dimenticato che eri incinta ma omg»
Lo prese in braccio. Il bambino lo esaminò con aria sufficiente.
«Ciao patato» esclamò il padre, stringendolo a sé. Poi scoppiò a piangere.
«Maria io te vojo bene ma si può sapere perché cazzo piagni»
«Ao ma posso esprimere la mia felicità o no»

Ciro fissò Ryuu. Il rosso annuì, comprensivo.

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Alla fine, la sera era arrivata veramente. L'agitazione e l'emozione avevano preso il sopravvento all'Accademia, e c'era chi si stava preparando da ore. Domina, ad esempio. Seduta davanti al suo specchietto, arricciava i capelli con calma. L'aveva fatto anche la mattina, ma desiderava fermamente che rimanessero perfetti anche durante la festa. Quindi li ritoccava in silenzio religioso, scegliendo anche la sfumatura di ombretto da applicare. Raramente si truccava, perché non ne aveva bisogno, ma era comunque un'occasione fuori dal comune, quindi avrebbe potuto approfittare della sua palette.

Osservando il proprio riflesso allo specchio, segretamente sbirciava anche le compagne di stanza. Trovava adorabile lo sforzo che faceva Alexandra per sembrare perfetta. Si conoscevano da poco, molto poco, ma la regina della notte aveva preso il passatempo di osservare i tentativi della rosa. La ballerina si truccava poco e metteva solamente vestiti che la sfinavano. Perfino ad una festa andava vestita di nero. Era patetico: non sapeva se fosse semplicemente perfezionista o qualcuno l'avesse indotta a girare così, ma se aveva così poca volontà da farsi condizionare in questo modo, non valeva niente.

Melody si stava legando i capelli. Domina era più interessata a lei: l'abito che la musicista si era infilata era pieno di toppe colorate, e in generale esplodeva di colori. Anche la molletta che aveva aggiunto, nel tentativo di rimediare un'aria carina, era piuttosto eccentrica. Sebbene fossero soffocate dal resto delle decorazioni, ai margini della gonna c'erano ricamate delle note musicali. Un'aggiunta carina, andava ammesso. Infine si mise una sorta di paraorecchie curioso.

Saltò giù dal letto, distratta. Afferrò una borsa piena di scartoffie, e fece un cenno di saluto, uscendo. Saffi rotolò giù dal letto. «Hey, ma cos'è tutta quella robaccia che ha?» domandò, mettendosi in piedi, scocciata.
«Credo si tratti dei suoi spartiti. Voglio dire, é una musicista, ha senso che suoni» commentò Alexandra, allacciandosi un paio di scarpe da ginnastica. «Credo che Ryuu canti, quindi forse lei lavora solo sulle basi. Cielo, che mal di testa»
«Se non ti fossi ubriacata fradicia col tuo tipo ieri sera non saresti in queste condizioni» ribatté la sirena, scuotendo la testa.
«È il mio migliore amico. Io ho una tipa» rispose secca la rosa, mettendosi in piedi.
«Domina Asteria, quanto ti manca?» aggiunse.

La bionda ripose il pennellino che aveva usato per applicare l'ombretto. Si assicurò che non sporcasse il tavolino, poi si voltò verso le altre. «Oh, non molto» cinguettò. Saffi fece spallucce. «Io vado. Ciao Do'» commentò beffarda, sgusciando fuori dalla porta lasciata aperta.
«Se vuoi ti aspetto». Alexandra scosse la testa, chiudendo la porta. «Quelle due sono selvagge»
«Non più degli altri»

Una buona strategia per sembrare una brava persona era non parlare male alle spalle degli altri. Era sicura che questo gesto facesse la differenza. Sorrise dolcemente.

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«Sei un'insegnante, quindi non puoi venire»
Xiaolong spalancò la bocca. «Ma Anguillino, io non sono solo la vostra insegnante, io sono la vostra compagna di stanza, io sono la vostra coinquilina, la vostra amica»
Keiichi posò la matita rossa sul lavandino, cercando di non inumidirla.
«Assolutamente no. Mi dispiace». Il corvino si passò la spazzola tra i capelli, aguzzando lo sguardo e cercando di cogliere il proprio riflesso offuscato dal vapore. Xiaolong decise che si sarebbe comunque intromessa, quindi cambiò argomento, con l'intento di indispettirlo.
«Quindi anche tu sei mezzo drago?» domandò, agitando la coda, colpendolo ripetutamente sulle gambe.
«Così pare» rispose lui, con un controllo esemplare. In realtà avrebbe davvero voluto prenderla a legnate sui denti, ma i pantaloni che indossava limitavano i movimenti e non aveva intenzione di strappare della seta solo per qualcuno come Xiaolong.
«Da parte di padre o madre?» continuò lei, questa volta girandogli attorno.
«Padre» ribatté Keiichi, ripensando con disgusto alla propria famiglia. Tutti i principi che gli aveva insegnato suo padre erano gli stessi che lui, il grande drago Gozuryu, suo padre e il suo mondo, era venuto a mancare, innamorandosi di Beinzaten.

«Non vedo alcun paio di corna» lo sfottè lei.
«Mio padre non aveva le corna, ma cinque teste» ribatté Keiichi. «Sai, di solito i draghi più evoluti non le hanno»
«Calmo, parli con una semidea». Xiaolong si passò la lingua sui denti. «Solo per ricordatelo»
«Se tuo padre fosse una divinità importante, qualcuno che ha fatto qualcosa, ti darei ragione»
Il corvino girò i tacchi e andò via, lasciando Xiaolong a bocca asciutta. Per quanto stimasse il padre, non poteva certo dire che fosse stato particolarmente influente nella favola in cui aveva partecipato. Inchiodata dalla verità e di malumore, decise di andare a infastidire Khalil.

Il principe non aveva un'aria particolarmente felice, ma si stava comunque preparando. Dopotutto erano in molti quelli che partecipavano solo per la sua presenza: era la rinomata anima della festa. La dragonessa si sedette accanto a lui, ed iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli castani.
«Senti un po', Bambolo, ricordami un po' chi sono i tuoi genitori» commentò, mordendosi la lingua.
«Aladino e Jasmine» ribatté lui, schiaffeggiandole la mano che toccava la chioma.
«Oh! Loro!» esclamò, aspettando qualche secondo e pregustandosi la reazione. «Chi?»
Khalil si voltò verso di lei, infastidito. «Quelli della lampada magica. Come fai a non conoscerli? La favola si chiama Aladino e la lampada magica»

L'insegnante si mise in piedi, posando l'indice sulle labbra. «No, non mi vengono in mente»
Al castano tremò la palpebra. «Ma devono venirti in mente!» strillò, oltremodo oltraggiato. Xiaolong se la rise: nulla era più divertente della reazione isterica del compagno. Avrebbe sperato in quella di Keiichi, ma il corvino aveva deciso di essere maturo quella sera.
«Mi sfuggono proprio, sai?» aggiunse, mettendosi a sedere sul proprio letto. «Che peccato»
«Mhm» mugugnò Khalil. «Non importa. Tanto sono comunque più ricchi di quanto tu possa esserlo nel corso di tutta la tua vita»

La dragonessa balzò in piedi. «Hey! Guarda che sono ricchi solo perché hanno trovato una lampada magica!»
«Visto che li conosci, allora?» ribatté il principe, ritornando sul suo trucco.
Xiaolong si avvicinò a Kay.
«Credo tu ti sia umiliata abbastanza questa sera» commentò il principe delle nevi, prima che lei potesse aprire bocca.

«Va bene. Allora andrò da qualcun altro» esclamò, a quel punto piuttosto nervosa. Uscì sbattendo la porta. Potevano stare al gioco ma avevano deciso di dare fastidio, ed ora qualcun altro si sarebbe sorbito la sua cattiveria.

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Dario se ne stava sulle sue, in biblioteca. Mentre svolgeva diligentemente i compiti, non poteva fare a meno che pensare alla sua solitudine. Era vero, non si aspettava che Alexandra e Jamil venissero a cercarlo ringraziandolo profusamente. Però aveva comunque un sapore sgradevole in bocca. Erano timidi, pigri, solitari o semplicemente avevano colto l'opportunità di un ragazzo volenteroso e buono? Forse troppo buono. I compiti li aveva finiti, ed ora non aveva nient'altro con cui ammazzare il tempo. Tirò fuori la pipa.

Immediatamente qualcuno si diresse verso di lui. Dalla camminata decisa e il rumore dei tacchetti, il castano non poteva che rendersi conto di avere dinnanzi il principe delle nevi. Kay si sedette al suo tavolino con violenza. Non era di buon umore, ma d'altronde chi lo era in quella scuola? «Ciao. Non mi sono presentato. Il mio nome é Kay. Ma credo tu mi conosca. Si scrive con la y, non con la i. Sono il principe delle nevi»
Dario si guardò attorno, per un'attimo convinto che parlasse con qualcun altro. Alienato, gli tese la mano.
«Dario. Mezzo fata madrina? Dario con la i, non con la y» ribatté, sulla stessa linea d'onda del gran maestro. Sperò che non si sentisse preso in giro. Kay parve soddisfatto e gli strinse la mano. Il castano si aspettava che fosse freddo, solo non così tanto. La sfilò lentamente.

«Io ti devo dire...per avermi fatto sedere accanto a te» mugugnò il più basso, guardando il pavimento.
«Scusa?». Dario credette genuinamente di non aver sentito.
«Grazie. Ti devo dire grazie» buttò fuori alla fine.
«Non c'è di che» rispose dolcemente il castano.
«Come mai sei venuto qui? Ti serve qualcosa?» aggiunse cautamente.
«Nulla» bofonchiò l'altro, strofinando il piede a terra (qualche residuo di scorpione era rimasto).

Thomas corse verso di loro. «Trovati! Oh, ciao fato! Ciao Kay» li salutò, sollevandosi facendo forza sulle mani aggrappate al tavolino.
«Fato?» domandò Dario, arrossendo leggermente.
«Le fate femmine si chiamano fate, quindi un fato maschio si chiama fato»
«Puoi chiamarmi Dario» lo incalzò gentilmente il castano.
«No» rispose Thomas, poi saltò con tutte le sue forze sul piede di Kay.

Il principe delle nevi lo guardò male, e il bambino, colpevole, si mise a gironzolare tra i libri. «È adorabile» commentò il più alto.
Kay abbassò la voce. «È una piaga!»

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Jamil era arrotolato nel piumone, abbastanza preso dal libro fluttuante davanti a lui. Stava giusto arrivando al punto in cui Khalian baciava James, ma qualcuno aprì la porta. Rivolse a Xiaolong un'occhiataccia, poi si seppellì meglio nel materasso.
«Ciao Lampaclima, come butta? Perché giochi a fare il sushi?» esclamò entusiasta, gettandosi sul letto. Il jinn cercò di trattenersi dall'esalare l'ultimo respiro, visto che la dragonessa non era leggera e gli era atterrata sulle costole.
«Mi sto riposando» ribatté lui, dopo qualche minuto tra la vita e la morte.
«Capisco, una dura giornata passata a fare niente!» lo sfotté, pizzicandogli il naso.

Jamil le fece cadere il libro in testa. «Ahia!»
«Così impari. E poi stavo giusto arrivando alla parte interessante»
«Cosa leggi?»
«Non sono affaracci tuoi». Sgusciò via dalle coperte e prese il libro prima che potesse farlo Xiaolong.
«Sappi che troverò il titolo di quella roba prima o poi. Ma sono venuta qui a chiederti se sei un mezzosangue o sei tutto genio»
L'azzurro la esaminò dall'alto verso il basso. «Mia madre era una jinna»
«Oh! Avrei detto un'umana, perché sai, non si vede tanto che tu sia un jinn»
Innervosito, l'azzurro si guardò le unghie. «In primo luogo, da umani e jinn nascono umani. In secondo luogo, cosa vuoi che faccia? Che mi scriva sulla fronte che sono un genio?! E poi si vede. Di solito quando una persona ha il mio colorito vuol dire che ha un disturbo circolatorio o respiratorio»

La dragonessa lo fissò. «Mi stai dicendo che sei cianotico di natura?» domandò scioccata. «Pensavo avessi le dita blu per il freddo»
«E invece é tutto naturale. Ora smamma». Jamil si rimise sotto le coperte.
«Certo che Khalil deve essere proprio, sai, morto di contatti per stare con te. Senza offesa»
«Nessun'offesa» ribatté il genio. «Salutami la tua ragazza»

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Shinju si stava dirigendo alla festa. Perché in teoria era stata invitata. Cioè, Khalil non era stato esattamente esplicito in quell'ambito, ma da quello che aveva intuito era un party aperto a tutti. Mentre si avviava, posò lo sguardo su un ragazzo dall'aspetto candido ma molto indispettito. «Una festa abusiva! Una festa abusiva!» squittì agitando le braccia in modo teatrale. Scarlet annuì, genuinamente coinvolta. «Non posso credere che si getteranno addosso tutta quell'acqua e quei succhi di frutta e...» commentò, appiccicando una rosa sul naso del povero Bunny.

«Tienila sempre in un posto visibile. Grazie»
«Va bene. Spero non sia un simbolo di qualche gang. Non sei mica una gangster, vero?»
La strega se la rise. «Forse...». Fece spallucce con aria maliziosa, ed il coniglio la guardò male. «Spero tanto che ci sia Ghayth alla festa» sospirò infine, un po' a bassa voce.
«Pensavo non volessi andare a quella festa abusiva» rispose Scarlet, guardandolo appuntarsi la spilla con la rosa minuziosamente.
«Oh, infatti. Spero solo che Ghayth si diverta, senza innamorarsi o fidanzarsi o limonarsi qualcuno»
«Greve» commentò la rossa, poi adocchiò Shinju. «Ti sei persa?»

La principessa si fece avanti timidamente. «Non ho idea di dove sia la festa, ma non sembrate grandi fan...» mormorò.
«Non lo sembriamo ma lo siamo!» commentò con una grossa risata l'insegnante. «Saremo là in prima linea, veeeeeero Bunny?»
Il coniglio si guardò attorno. «Mi sta venendo un infarto»
Shinju si protese verso di lui, ma la rossa la spinse via e le avvolse un braccio attorno alle spalle.

«Oh, vedrai, sarà super divertente!»

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La festa era iniziata alla grande. Studenti di tutte le età erano stati convinti ad infilarsi nel party più favoloso della storia delle favole. Le ragazze, appartate, ridacchiavano indicando principi con camicette non abbottonate, e sperando di venir notate. I ragazzi cercavano di conquistarle flettendo i muscoli. Mentre Sempre e Mai si fondevano in un'unica massa, Kay si appiattiva contro il muro evitando qualsiasi persona di sua conoscenza: pressappoco l'intera accademia. Far addormentare Thomas era stato difficile: gli aveva cantato una ninna nanna (non era andata bene), letto una favola (aveva definito sua madre una fighetta) e infine l'aveva minacciato di morte. Il bimbo aveva subito chiuso gli occhi.

Sul palchetto, Ryuu si esibiva nelle canzoni più strappalacrime che conosceva, e il principe sapeva quello che voleva fare. Voleva che la folla simpatizzasse con lui! Ma come si permetteva? Perché facevano sembrare tutto colpa sua? Nelle luci colorate, tutto gli sembrava come quando congelato. Gli mancava quell'anno di solitudine, in cui la sua unica compagnia erano i riflessi delle statue.

Khalil era appartato nell'angolino, con aria disperata. Kay lo raggiunse e tirò un sospiro di sollievo. «È stato difficile arrivare fin qui» esclamò, ma il principe sembrava distratto. Infastidito dall'essere ignorato, il gran maestro gli sventolò la mano in faccia. «Buongiorno?» commentò seccato.
Il castano lo guardò. «Scusa Kay, è che ho un mal di denti che mi impedisce di pensare, in pratica» commentò debolmente.
Il principe delle nevi deglutì. «Che genere di mal di denti?»
Khalil ponderò la risposta. «Normale». Voleva bene a Kay, ma non voleva che tutti sapessero che aveva un paio di canini destinati a bucare carne in bocca.

Sul palco, il vestito bordeaux di Ryuu si muoveva con lui in un vortice magnetico. La sua voce ipnotica, mescolata alla musica di Melody, costringeva tutti ad alzarsi e ballare, volenti o non volenti. Keiichi, arrivato con elegante ritardo, si tappò le orecchie. Odiava la musica. La odiava con tutto il suo cuore. Ed il fatto che alcune ragazze lo copiassero o fingessero di non apprezzare le note, quando attimi prima danzavano, lo innervosiva.

Sebbene facesse del suo meglio per lasciarla fuori, quella cercava di entrare nel suo cervello. Era sicuro che quella ragazzina stesse usando i suoi poteri magici. Lo sorprendeva: non li usava per proteggersi ma per divertimento. Forse era una scelta di vita interessante, infine. Non trovava modo di divertirsi con il fango a meno che non diventasse parte integrante di Peppa Pig. Senza rendersene conto, aveva tolto le mani dalle orecchie ed aveva iniziato a danzare.

In breve l'attenzione si era catalizzata su un ragazzo in particolare, che piroettava al centro della sala. I capelli corvini, legati in una coda alla bell'e meglio, cercavano di sfuggire all'acconciatura ad ogni occasione, ma questo aggiungeva solamente fascino alla sua figura. Certo la cosa che attirava di più l'attenzione era una gamba di legno piuttosto rozza, che non permetteva movimenti particolarmente dolci, ma in qualche modo il ballerino compensava. Un gruppo non indifferente lo incitava a continuare nelle sue piroette, e quando alla fine si fermò, si inchinò con un ghigno.

Alexandra si sporse per vedere chi fosse questo magnifico ballerino, solo per aggrottare la fronte, infastidita. Venne immediatamente notata dall'altro, che, tra gli applausi e le incitazioni, si avvicinò a lei. La folla si divise, lasciando spazio a i due conoscenti.

Melody schioccò le dita, lasciando che la musica proseguisse da sé, e perdendo il potere incantatore che aveva acquistato. Anche Ryuu abbassò la voce, e si sporse per vedere quello che succedeva giù.

«Ma guarda un po' chi c'è» esordì il corvino, inchinandosi dinnanzi alla principessa con aria beffarda.
«Mi sorprende che tu sia stato ammesso all'Accademia» commentò aspra Alexandra.
«Potrei dire lo stesso di te, carissima». Iulian si passò una mano tra i capelli.
«Vedo che hai finalmente imparato a fare le piroette» ridacchiò la rosa, senza un briciolo di felicità.

A quel punto la folla bisbigliava. Kay si avvicinò, mettendo una mano sulla spalla di Jamil ed abbassandosi alla sua altezza. «Chi é quel tipo?» domandò, rivolgendogli uno sguardo curioso.
«Credo sia tipo la papera nera o qualcosa del genere. É la nemesi di Alexandra per eutanasia»
«Intendi per antonomasia?»
«Sta zitto e guarda un po'»

Alexandra e Iulian si lanciavano sguardi di sfida, incapaci di proferire parola. Infine il cigno nero si esibì in un sorriso sghembo. «Bene bene, visto che la mia carissima principessa cigno é qui, proporrei una gara di ballo tra noi, in onore dei vecchi tempi» disse piano, guardando Kay.
«Perché lo dici come se avessi mai vinto?» commentò la rosa, giocando con una ciocca di capelli. Iulian la fulminò con lo sguardo.

«Sono sicuro che il Gran Maestro sarà un ottimo giudice» ridacchiò, posando lo sguardo sul principe delle nevi. La folla concordò, e Kay desiderò sparire.
«Te l'ho detto che c'era l'inghippo» sibilò Jamil tra le labbra.
«Taci» mormorò, poi si schiarì la voce. «Va bene» esclamò, e la gente lo guardò comunque male.

Iulian si mise una mano sul fianco, squadrando l'avversaria dall'alto verso il basso. «Concorderete tutti che non sarebbe giusto far ballare Alexandra con quelle scarpe...si farebbe solo male!» commentò ad alta voce. Tutti concordarono.
«Sarò generoso e ti farò ballare quello che vorrai»
«Perfetto» commentò lei, sorridendogli. «Se permetti, inizio io. Melody, droppa il beat»

La musicista non se lo fece ripetere due volte, e Alexandra si gettò a terra, con un'incredibile mossa di break dance. Seguita da altre mosse di break dance. Mentre si dimenava come se posseduta dal demone più vicino, Iulian fece cenno alla musicista di cambiare stile, costringendo la rosa a fermarsi e far ballare lui. Il corvino si passò le mani tra i capelli, scendendo lentamente, e muovendosi a scatti.

Io, narrastorie, non sono capace di descrivere la danza. È per questo che nelle favole sta scritto solo che ballavano fino a mezzanotte. Perché non sono capace.

Alexandra richiamò nuovamente l'attenzione della musicista, mentre Ryuu scendeva dal palco e si infilava tra i suoi amici. Questa volta la rosa ci mise più energia, avanzando verso il corvino con forza, spingendolo verso la folla. Mentre si esibiva in capriole e ruote, le persone estasiate continuavano ad urlare il suo nome, chiaramente dalla parte della principessa cigno.

Iulian, preoccupato di perdere la sfida e la sua popolarità come ballerino, guardò Melody, che a quel punto faceva un po' fatica a star dietro a tutti. La ragazza annuì, abbassando la musica per Alexandra e alzando il volume per quella del corvino. Avere della magia collegata alla musica non era male, alle feste, ma richiedeva un sacco di sforzo.

Interrotta nuovamente, la rosa si fece da parte, mentre il cigno nero iniziava un atto di mimo danzando, abbassandosi sempre di più, per poi rialzarsi improvvisamente con degli scatti ammirevoli. Doveva avere dei bei muscoli nella gamba. E considerando la gamba di legno, tutto quello che faceva veniva moltiplicato dal pubblico in urla di ammirazione.

Alla fine Melody abbassò la musica per entrambi gli avversari. Le luci si diressero tutte su Kay. Il principe delle nevi era genuinamente indeciso. Kazuha, nell'angolo, spiava Iulian.
«Io tifo per lui» commentò a bassa voce. «Mi sta più simpatico di quell'altra. Si vede che lui ha dovuto lavorare per ottenere quello che ha»
«Quindi ti sei fatta viva, brontolona» commentò Xiaolong, apparendo dal nulla accanto a lei.
«Tanto non sarei riuscita comunque a dormire con tutto questo chiasso» borbottò secca.
«Eh, lascia che qualcuno si diverta ogni tanto»
«Mi sembra che la brontolona oggi sia tu»

Kay si schiarì la voce. «Ed infine, credo che il vincitore della gara di ballo sia...».
Alexandra e Iulian si guardarono e poi guardarono il giudice con gli occhi spalancati e pieni di aspettative.
«Io» concluse il principe delle nevi.

La folla ammutolì. Melody, invece, che aveva capito l'andazzo della cosa, alzò il volume della musica alle stelle, mentre il ragazzo afferrava con forza Dario e lo trascinava con lui in un ballo estremamente classico. Ryuu spalancò la bocca e si avvicinò a Khalil, scuotendolo. «Chi diamine é quello?» commentò, scioccato.
«Il nome é Dario, la camera 666, sua madre é la fata turchina, non gli piace il latte e ha una voglia che cambia forma. Però non so se sia la sua nuova fiamma» ribatté rapidamente il castano.

Nel frattempo Alexandra non sembrava averla presa male, incoraggiando il povero Dario, un po' imbarazzato e imbranato. Era una fortuna che Kay lo stesse trascinando, perché altrimenti non avrebbe saputo che fare. Certo, aveva la sensazione che a fine danza gli sarebbero cadute le dita delle mani per quanto l'altro gliele stesse stringendo. Anche la temperatura glaciale del corpo del Gran Maestro non aiutava, specialmente se supportata dagli sguardi della folla. Tutto sommato, nessuno se l'era presa troppo. Ormai erano abituati all' eccentricità e all'egocentrismo di Kay. 

Dopo qualche minuto d'imbarazzo, Xiaolong spinse via i ballerini, prendendo il posto al centro del cerchio, muovendosi come un robot e agitando la coda a ritmo. Rispetto a tutti i ballerini precedenti, la folla era meno estasiata per via delle mosse poco eleganti della dragonessa, che comunque era lì per divertirsi. Rossana era l'unica che la incoraggiava a darci dentro, mentre Kazuha se ne stava in silenzio nel suo angolino, battendo il piede a ritmo quando nessuno poteva vederla.

Piuttosto seccato che la dragonessa stesse prendendo il ruolo di anima della festa, Khalil si intromise nel cerchio, esibendosi nelle mosse di danza del ventre in cui si era esercitato di più e costringendo la povera ballerina a rientrare tra la folla, mentre quest'ultima urlava esagitata incoraggiamenti di tutti i tipi. Ryuu diede un pizzicotto a Jamil solo per non farlo urlare troppo.

Ma visto che la parata dell'egocentrismo non era finita, anche Ryuu si gettò in mezzo, cacciando brutalmente il castano e copiando le mosse che ricordava aver visto fare ai suoi genitori ai balli a palazzo. L'unica ad incoraggiarlo dei suoi amici era Melody, perché gli altri erano offesi per essere stati spodestati o per essere stati pizzicati. La musicista scese dal palco, infilandosi con lui e agitandosi come una scalmanata.

Jamil li spinse via entrambi, esibendosi anche lui in qualche mossa di break dance prima di essere lanciato via da Aella, che si mosse un po' casualmente, giusto per divertirsi a sfregio del jinn. Ma anche lei venne spodestata da Thisbe, che trascinava con sé Ada in un girotondo.

Keiichi abbozzò un sorrisetto. Se ignorava la musica non era nemmeno male. Non voleva gettarsi in mezzo ai Sempre per ballare. In realtà avrebbe potuto, ma avrebbe dovuto spruzzare una dose di disinfettante non indifferente. Proprio mentre Lorina ballava una tipica danza irlandese, vide la musicista del suo cuore, cioè- la musicista, sgattaiolare sul palco. La seguì silenziosamente.

Melody aveva visto con la coda dell'occhio degli animali arrampicarsi sulla console. Li inseguì e ne afferrò uno con forza. Esaminò lo scoiattolo con la felpetta rossa, aguzzando lo sguardo. «Che genere di bestia sei?» domandò, mentre i due fratelli pregavano che venisse rilasciato.
«Hey hey, il nome é Adalvino! Quelli lì sono i miei fratelli Simone e Teodoro. Ora sarebbe carino se stringessi meno la presa perché...sai, non respiro»
La ragazza lo posò sulla console, sempre insospettita.
«Ecco sì Adalvino si lascia prendere la zampa spesso quando sente la musica» spiegò quello che la giovane identificò come Teodoro.
«Eccerto! Amo il drip! Comunque è una festa che spacca, amica. Quindi mi chiedevo se potevamo esibirci. Sai, vorremmo farci pubblicità»

Melody sbatté le ciglia. «Va bene» commentò dopo un minuto di silenzio. Keiichi, dietro di lei, era piuttosto sbigottito. Qualcuno gli aveva drogato il succo? La ragazza fece per scendere dal palco e lasciare lo spazio ai chipmunks, ma andò a sbattergli contro.

Il corvino arrossì e si fece indietro, mettendosi i capelli dietro l'orecchio. La ragazza decise di cogliere l'occasione, spingendolo contro la parete più vicina. «Domani sera alle sette, vengo a prenderti io» disse convinta, non lasciandogli nemmeno il tempo di ragionare. Keiichi non era nemmeno sicuro di voler rifiutare. Forse la musica non era così male come credeva.

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«Kay, ho fatto un incubo!» strillò Thomas, mettendosi a sedere sul letto di scatto. Si guardò attorno: non c'era nessuno. Strinse il cuscino, con gli occhi lucidi. «Kay? Oh, la festa» mugugnò, per non farsi sentire da eventuali aggressori. Si avvolse nelle lenzuola, poi pensò che accendendo la luce si sarebbe tranquillizzato. Si avvicinò alla lampada e la strofinò. Una fiammella blu illuminò la camera. Kaa lo guardò incuriosita. Il bambino le si avvicino e le accarezzò la testa. Il serpente glielo lasciò fare, naturalmente abituata alle coccole e alle attenzioni. Calmatosi un po', decise che non c'era nulla di cui aver paura.

Aprì gli armadi dei compagni di stanza, rovistando tra trucchi e vestiti. Aprì un tubetto di qualche crema, e cercò di mettersi un filo di eyeliner. Ricordando i passaggi che seguiva Khalil la mattina presto, quando lui ancora era nel letto, decise di usare i suoi trucchi per ricreare il look. Non soddisfatto gettò tutto sotto il tappeto e spense la luce, senza accorgersi della figura scura nell'angolo.

Una volta nel letto si rivolse verso il muro, attendendo impaziente il ritorno del principe delle nevi. Non vedeva l'ora di raccontargli tutto quel brutto sogno! Non riusciva però a chiudere gli occhi ed addormentarsi, perché sentiva uno sguardo fisso su di lui. Prima che potesse capirne l'origine, qualcuno lo stava trascinando fuori dalla camera, verso la luce notturna.

Thomas provò a cacciare un urlo, ma la figura gli tappò violentemente la bocca. Una volta giunti al balconcino, lo tirò brutalmente verso la ringhiera. «Chi sei tu?» domandò una voce femminile con tono aspro. «Una spia? Un bambino? Da dove vieni? Sei qui per attentare al nostro Gran Maestro?»
Il bimbo si fece piccolo piccolo e fece di no con la testa, indietreggiando mentre una lama gli veniva puntata alla gola.
«Niente di tutto ciò?» domandò nuovamente la voce, più gentile.
«Niente» mugugnò Thomas.

La figura nell'ombra rimosse l'arma. «Potresti star mentendo. Ma ti darò il beneficio del dubbio. E se scoprirò che hai proclamato il falso, ti ucciderò»
Il castano si guardò attorno, sperando che qualcuno si accorgesse di quello che succedeva. Ma la musica era troppo forte.
«E tu chi sei?» domandò, visto che la figura accingeva ad andarsene. Quella si fermò.

«Io non sono niente. Un tempo ero, ma ora non sono più. Quello che c'era, è morto quel giorno. Ora vivo nelle ombre e proteggo la causa della mia morte. Il mio destino é davvero corrotto...». Rimase qualche secondo in religioso silenzio, guardando il bambino confuso.

«Ti dice qualcosa il nome Emma?»

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