00 :: Il re delle nevi e la goccia di sole
A Gavaldon non smetteva di nevicare da un anno esatto. Secondo gli abitanti, era una maledizione che si erano portate dietro Ada e Thisbe. Ogni giorno migliaia di fiocchi di neve si posavano sul terreno, costringendo i cittadini a spalarla continuamente per non rimanere bloccati. Ma la vita andava avanti.
«Chissà che fanno all'Accademia» mormorò Thisbe, arrampicata su un albero. Non aveva alcuna idea di cosa fosse successo dopo di loro. Se n'erano semplicemente andate. Ed ogni giorno, quando la bionda si svegliava nel suo letto, le sembrava tutto un sogno lontano. Guardava la Selva, cercando di individuare il punto preciso dove fosse situata l'Accademia. Il suo corpo cresceva, i suoi pensieri cambiavano, e forse era il caso di lasciar andare l'illusione di una favola. La sua vita, ormai, era al villaggio. Scese dall'albero con un saltello. Si fermò qualche secondo a riprendere fiato e poi trotterellò verso casa.
Sapeva dell'esistenza di opinioni controverse su di lei. Alcuni dicevano che era una strega, altri che fosse un dono di Dio. Che fosse ritornata per rivoluzionare Gavaldon. Ma in verità, lei non era nulla di tutto ciò. Anche se sperava di esserlo. Sperava di essere diversa dagli altri, sperava di essere più che una semplice recluta sbagliata per l'Accademia dei sogni. Si avvicinò ad una bancarella. Era giorno di mercato.
Un bambino ben piazzato guardava i passanti con occhi arrossati. Ogni tanto tirava su col naso, ripulendosi con la manica della maglia. Se qualche fiocco di neve si posava sulla merce lo gettava via con una manata. «Ciao Thisbe» la salutò con voce rotta.
«Ciao!» rispose energicamente la bionda, infilandosi dietro il balcone con lui. «Sono freschi i funghi?» domandò, prendendone uno in mano ed esaminandolo.
«Sì, sì». Tirò su col naso. «È già passata tua madre oggi. Penso che faccia il risotto. L'ho vista prendere il riso»
«Buono a sapersi» commentò la lettrice, esaminando il fungo con attenzione.
«Questi sono gli ultimi. Dovrai aspettare la primavera per averne altri, sai?» aggiunse il ragazzino.
«Tanto questa neve non fa che scombussolare le stagioni»
La bionda si sedette dietro al banco, mentre il ragazzino serviva altri clienti. Addentò un biscotto al burro, graffiando gli stivaletti sul terreno. Una volta che se ne furono andati, il bambino le rivolse nuovamente l'attenzione. «Tu lo sai? Chi è stato a fare la neve, intendo»chiese esitante. «C'entra l'Accademia?»
«Ho una vaga idea che sia colpa del principe delle nevi» rispose lei sinceramente. Le sembrava l'unico che potesse combinare una cosa del genere. Gli occhi del bambino scintillarono. «Esiste un principe delle nevi?»
«Hey, mica è la scuola della fuffa!» lo riprese bonariamente la bionda, dandogli una gomitata.
«E chi altro c'era? Chi hai conosciuto? Posso sapere dei tuoi compagni di classe?» ribatté lui.
Thisbe scattò in piedi. «Sì signore! Certo che sì signore» esclamò, coprendogli gli occhi. Si avvicinò al suo orecchio. «C'era...la figlia del pifferaio magico! E quando suonava il suo piffero non c'era nessuno che potesse scamparle!» gli sibilò all'orecchio. «Ed oltre ad essere una maestra della musica, aveva anche la lingua tagliente! Mica da ridere». Il bambino rise. «Sì, ma io voglio sapere dei maschi»
«Ora ci arrivo. E poi, ti assicuro che le mie compagne di classe erano molto più interessanti»
Il ragazzino fece spallucce. «Ma io voglio essere un eroe, non una fatina»
«A proposito di fate...in classe avevamo una fatina senza ali. Che odiava i finocchi e che cercava il suo protetto. Proprio come sua madre aveva fatto con la bella addormentata»
«Aveva la bacchetta?» domandò lui.
«Eccome! E ti spruzzava di polvere magica». Thisbe gli strizzò le guance.
«E poi?»
«Poi c'era il figlio di Aladino! Altissimo, allenatissimo, ricchissimo e» abbassò la voce. «abbastanza carino»
Il bambino alzò gli occhi al cielo. «Scommetto che avevi una cotta per lui» bofonchiò.
Lei gli pizzicò il naso. «Thomas, mio caro Thomas...la sottoscritta Thisbe di Oltreforesta decisamente non ha avuto una cotta per il principe di Agrabah»
«Perché no? Hai detto che era ricco e bello. Io l'avrei sposato»
«Perché era un pervertito zuccone. E poi, avrei preferito sposare la figlia di Alice. Anche se era un po' matta. Un po' molto matta. Ed era anche più alta del principe»
Una signora si avvicinò al bancone. Mentre Thomas la serviva, Thisbe sospirò. Le mancavano davvero tanto i suoi compagni di classe. Ansioso di sapere il continuo, il ragazzino continuava a confondere gli ordini. La vecchia, scocciata, se ne andò via, promettendogli una bella bacchettata sulle mani a scuola. Lui fece spallucce. «Continua! Ed era bionda?»
«Aveva i capelli rossi. Ma mai più rossi della figlia di Peter Pan! Svolazzava ovunque e dovevamo sempre inseguire la sua ombra. Portava un sacco di allegria. Ed avrebbe adorato il tuo cagnolino»
«Lei mi sta simpatica» ammise soddisfatto il bambino. «Era forte?»
«Forte! Fortissima! Sollevava la sua fidanzata con una mano sola!»
«E chi era la sua fidanzata? Che principessa?»
«Pensa all'animale più elegante che conosci»
«I cani!»
«Non proprio. Sua madre altri non era che Odette, la principessa cigno. Ma a chi importa delle doti di sua madre, lei era una ballerina cento volte migliore! Il cigno nero della sua famiglia, se così si può dire. Forse è meglio capretto»
Thomas scoppiò a ridere. «Ma quale capretto, Thi. Si dice pecora»
«Ma noi avevamo un capretto, mica una pecora. Solo che anziché nascondersi negli orologi, il nostro si copriva le corna con un cappello»
«Come fa mia zia quando sbaglia tinta?»
«Esatto. Ma in fondo aveva un grande cuore, anche se era un po' cupo e pessimista. E aveva una benda sull'occhio! Chi conosce i suoi segreti?»
Il ragazzino balzò in piedi. «Ma Thi, basta, voglio sapere del più forte! Qualcuno che possa battermi a braccio di ferro! Oltre te»
«Vuoi davvero saperlo?» La bionda tamburellò sulla sua spalla per creare tensione. «Ebbene, in classe avevamo anche un genio che riusciva a sollevare un drago»
«Beh, ma non ci vuole niente a sollevare qualcosa che vola. Esaudiva i desideri? E viveva in una lampada? Io gli avrei chiesto di diventare ricco» — iniziò a contare sulle dita — «diventare super intelligente e di sposarmi con Carolina»
«Cavolo, Thomas, sono proprio dei bei desideri. Io avrei chiesto di avere funghi tutto l'anno»
Improvvisamente animato, il bambino si mise a ripulire il bancone dalla neve. «Pensi che sarebbe riuscito a battermi a braccio di ferro?»
«Certo che no. Il suo amico però avrebbe odiato la tua bancarella»
«Perché?» piagnucolò Thomas. «È perché tiro su col naso?»
«In parte. Ma devi essere proprio fuori di testa a chiedere al figlio della principessa sul pisello ad avvicinarsi ad una bancarella che vende verdure! Le detestava, sai?»
«Se è nato, probabilmente alla sua mamma non dispiacevano poi così tanto»
Thisbe gli pestò il piede. Per farsi perdonare il bambino le fece gli occhi dolci. «E altri principi non c'erano?»
«C'era il figlio della Bella Addormentata che dormiva una volta sì e l'altra pure. Però non era pigro, anzi! Era molto produttivo»
«Più di me?» domandò il bambino, gonfio come un tacchino.
Una donna si fece avanti a spintoni nella folla. «Thomas!» strillò, afferrandolo per un orecchio. «Che ti ho detto?! Non parlare con altre persone mentre lavori. E tu, Thi, non distrarlo. Non dovresti andare da tua madre?»
«Perché dovrei? Ci vediamo tutti i giorni, ad ogni ora del giorno» ribatté la bionda col broncio, ma si allontanò, salutando il bambino con la mano. Mentre si dirigeva verso casa decise di fare una sosta in chiesa. Forse avrebbe dovuto pregare che finisse la maledizione.
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Un anno. Ada aveva dovuto aspettare un anno. Quando era tornata a Gavaldon l'avevano accolta come una principessa, assieme a Thisbe. Le avevano onorate per aver spezzato la maledizione. Era diventato tutto un sogno, almeno per la bionda. Suo padre l'aveva guardata con occhi indemoniati per giorni. La seguiva con lo sguardo, anche se la detestava. Per la prima volta in vita sua, la strega si era ritrovata in una casa accogliente. Una vecchina si era proposta di prenderla con se. Nessuno sapeva che padre Garreth potesse avere una figlia illegittima, e non si era degnato di riconoscerla quando le avevano domandato informazioni.
Poi aveva continuato a nevicare. Per giorni. Settimane. Mesi. E Gavaldon le aveva accusate di essere streghe, di aver maledetto la città. Avevano provato a ributtarle nel bosco, nella speranza che ritrovassero la strada per la loro scuola incantata. Ma dopo qualche giro intorno, le due si erano ritrovate a Gavaldon. Non potevano scappare. E gli abitanti dovevano abituarsi alla loro presenza. Avevano provato a metterle al rogo, ma la madre di Thisbe le aveva sempre salvate dalla sentenza, a suon di quattrini e minacce. Ada era stata grata di aver un'amica così ricca ed importante a Gavaldon.
Quella mattina era rimasta nel letto più del solito. Poi Martha, l'accogliente madre adottiva, aveva bussato alla porta. Era entrata senza attendere risposta. Poi aveva avvicinato la sua sedia di legno al letto. L'aveva guardata con aria seria. «Conosci una certa Ottilie?» le aveva domandato, fissandola dritto negli occhi.
Ada aveva annuito, seccata. Odiava ricordare la scuola. La donna l'aveva guardata e l'aveva abbracciata con i lucciconi agli occhi. Senza troppe prediche la lettrice dedusse che volesse saperne di più.
«Era la mia insegnante» ammise.
«È viva e sta bene» sospirò Martha, portandosi una mano al petto. «La mia unica bambina»
Ada sollevò le sopracciglia. «Credevo avesse avuto due bambini. Un maschio e una femmina. Ho visto i loro ritratti» commentò.
«Oh! Intendevo la mia unica bambina viva. Non amava i ritratti. Non era bella. Si vergognava di sé. Voleva davvero essere come sua sorella Esperia»
Ada si rannicchiò sul letto. «E il bambino?»
Martha deglutì guardando altrove. «È più comodo se racconto tutta la storia»
C'era una volta una famiglia felice. Martha aveva appena sposato l'amore della sua vita ed aspettavano un bambino. Quando nacque, fu grande gioia per Gavaldon! Non si era mai visto un bimbo così buono e bello. Un giorno Martha lo portò al fiume per guardare i pesciolini. Si distrasse un attimo, ed il bimbo sparì dalla sua vista. Passò ore a cercarlo, ma fu ritrovato solo il suo corpicino annegato. Il marito della donna non sopportò il dolore e morì di cuore spezzato. Martha era devastata. Pregava giorno e notte di avere una ragione per cui vivere.
Ed un giorno davanti alla porta di casa trovò due bimbe. Una testolina bionda e una corvina. Una bella e una brutta. Le chiamò Esperia e Ottilie. Crebbero circondate da tutto l'amore possibile, ma ben presto in Ottilie crebbe la gelosia più pura per la sorella.
Prima che potesse anche solo ferirla, venne rapita dal Gran Maestro. Ma tornò a Gavaldon di nascosto, divenuta bellissima. Esperia era felicissima di rivederla, così come Martha. La festeggiarono a lungo, senza lasciar trapelare la notizia che una lettrice fosse tornata a casa. Esperia aveva un bambino appena nato. Suo marito era morto in un incidente al mulino. Ottilie la odiava ancora. Così, una sera, mentre Martha dormiva profondamente, prese la sua accetta e tagliò la testa ad Esperia. Voleva uccidere anche il bambino ed ogni ricordo della sorella. Ma questo scoppiò in lacrime, e temendo di venir scoperta, Ottilie lo prese e fuggì. Nessuno la vide mai più e Martha fu gettata in prigione.
Ada sbatté le ciglia. «Wow» commentò solamente. «Pensavo che la prigione di Gavaldon fosse tipo...eterna. Della serie che ci si entra e non si esce»
Martha si grattò la testa. «In parte è vero. Ma conosco qualche trucchetto per cavarmela. E laddove l'ingegno non arriva, ci pensa una figlia strega» sorrise. «Quando ha fatto visita a Gavaldon mi ha insegnato come cambiare il proprio aspetto a furia di pozioni e trucchi. E così sono evasa. Certo, non capiscono da dove salti fuori io, Martha. Ma sono abituata ad una vita da emarginata. E capisco cosa vuol dire avere una Mai fuggiasca in casa»
Ada abbozzò ad un sorriso. «Grazie per avermi accolta»
«Di nulla. Solo, cerca di non fare la fine dei miei altri bambini» rise amaramente la donna, dandole un buffetto sulla guancia. «Domani mi spiegherai perché quella benda»
La ragazza annuì, assolutamente certa che non l'avrebbe fatto.
Ed eccola lì, adesso. Davanti alla chiesa. Un anno per architettare tutto alla perfezione. Memorizzare gli orari, le persone che frequentavano la chiesa. Dove andavano, che strada facevano. Un anno per far calare la guardia a Garreth. Controllò che il pugnale fosse ben allacciato nel fodero cucito all'interno della manica. Sorrise. Fece qualche passo in avanti ed entrò in chiesa.
Suo padre era voltato di spalle. In quei giorni era sicuro che nessuno venisse alla funzione, ed era impegnato a trafugare le offerte. Ingordo. Il rumore delle monetine copriva quello dei suoi passi. Ada proseguì per la navata, quasi come una sposa. Iniziò a sfilare il pugnale dalla manica. L'uomo tirò su col naso, tirando fuori una moneta d'oro. Si voltò, improvvisamente distratto dal rumore. La figlia era dietro di lui con l'arma in mano.
«Buonasera, padre»
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Il povero Thomas stava contando gli spiccioli. Sospirò, tirando su col naso. Era stanchissimo. E gli facevano male le unghie a furia di spezzare fagiolini. Si distrasse ad osservare un fiocco di neve che si era posato su un fungo. Era così carino. Si avvicinò per guardarlo meglio. E scorse un riflesso che non aveva mai visto. Alzò lo sguardo spaventato.
Un ragazzo dai lineamenti candidi lo guardava freddamente. Il bambino deglutì. Gli occhi azzurri lo esaminavano curiosi, come se non avesse mai visto un bimbo. I lunghi capelli avevano lo stesso colore della neve, le guance pallide non erano nemmeno arrossate per via del freddo. Sorrise leggermente. Thomas lo fissò ammirato. Non aveva mai visto qualcuno di così bello e delicato.
«Sei il principe delle nevi?» domandò con voce flebile e gli occhi spalancati.
«Direi più re delle nevi» rispose fermo ma gentile il giovane.
«Scusami. Vuoi un fungo?» domandò il bimbo, nel panico. Ne afferrò uno e glielo porse.
«No, grazie per l'offerta». Kay piegò il capo. «Quanti anni hai?» domandò, sistemandosi i guanti.
«Dieci» ribatté Thomas, strofinando i piedi sul terreno. «Ma sono molto più maturo per la mia età! Thi...Thisbe lo dice sempre! Lo dicono tutti» aggiunse in fretta. Voleva disperatamente impressionare il ragazzo che aveva davanti.
«Perché?» aggiunse.
«Sto cercando due lettori. E tu sei un po' troppo piccolo per l'Accademia» commentò il principe delle nevi, socchiudendo gli occhi ma ponderando comunque la decisione.
«Oh» rispose ferito il bimbo. «Possiamo essere amici comunque?»
Kay si abbassò alla sua altezza e gli diede un buffetto sulla guancia. Quel bambino lo inteneriva. Non sapeva nulla di tutto quello che aveva fatto. Non lo odiava, anzi, lo ammirava. Com'era possibile? Gli veniva voglia di prenderlo con sé e portarlo all'Accademia. In fondo non era qualcosa di mai fatto. Sua madre stessa aveva portato un bambino con sé nel suo castello di ghiaccio. Non era così infattibile. Scosse la testa. Cosa stava facendo?
«Certamente» rispose poi. «Sai dove trovare questa Thisbe? Quanti anni ha?» domandò. Non ricordava che fosse già stata un alunna.
«Credo stesse andando a casa. E poi ha...». Fece i conti con le dita, lentamente. «diciassette anni»
Kay aggrottò la fronte. Come faceva a sapere dove viveva Thisbe? Il ragazzino avrebbe dovuto accompagnarlo. L'età era perfetta. Anche se, adesso che ci pensava, il nome era quasi familiare. Ci rifletté un po', ma non gli venne in mente nulla. Fece spallucce. «Mi accompagni?» domandò al bambino.
Thomas annuì energicamente, liberandosi dalla prigione della bancarella. Saltellò accanto al principe, rendendosi conto di quanto fosse alto. Fece per incamminarsi, ma realizzò che Kay si stava avvicinando ad una slitta di ghiaccio. Ma certo, come aveva fatto a non pensarci?! Doveva essere quella di sua madre, la regina delle nevi. Gli saltellò accanto. «Posso salire?» domandò, guardando i cavalli bianchi recalcitrare, nervoso.
«Se deve guidarmi, devi farlo per forza» sospirò il giovane, aiutandolo a salire.
Thomas si guardò attorno. Era una fortuna che fosse sera tardi: nessuno l'avrebbe fermato. Ed era estremamente deciso ad andare all'Accademia.
«Senti, ce l'hai un nome?» domandò, indicandogli la strada da seguire, mentre la slitta si sollevava in aria.
«Mi chiamo Kay» rispose esitante il principe. Forse era meglio per il bambino che non si affezionasse.
«Come il bambino della tua favola! Sei tu? Io sono Tommy, piacere. Beh, veramente il nome è Thomas. Ma non cambia tanto. Credo» squittì in tutta risposta l'altro, cercando di non tirare su col naso e porgendogli la mano. La ritrasse rapidamente nel vedere che il giovane non la prendeva. Sembrava terrorizzato dal contatto fisico. Forse — pensò Thomas — è perché ho le mani sporche. Kay si massaggiò le tempie. Doveva ricordare quello che gli aveva detto Jamil.
Sorrise, cercando di non sembrare falso. «No. Non sono io. E non ti stringo la mano perché quando sono nervoso rischio di congelare le cose. E sono nervoso perché sono molto onorato di avere la tua compagnia». Thomas sorrise soddisfatto. «Non devi preoccuparti, Kay. Anche io sono contento di essere tuo amico»
Finalmente rilassato, il principe si stese un po' meglio, lasciando andare le briglie. Non che i cavalli potessero ribellarsi, comunque. Ogni tanto Thomas si sporgeva, indicando la strada da percorrere. Dall'alto Gavaldon si rivelava per quello che era: un paese rancido pieno di persone di pessima categoria. Il bambino rimaneva in silenzio, guardando gente che conosceva rubare. Ci rimase male. «Sono contento che ci sia tu» ammise poi. «Non volevo proprio andare da mamma stasera» commentò.
«Tua madre ha qualche problema?» domandò il principe, poggiando la guancia sul braccio, stanco. Arrivare fino a Gavaldon era stato più difficile del previsto.
«Non tanti. È solo che mi riempie di schiaffi ogni giorno. Sono sicuro che avere una regina come mamma sarebbe molto meglio»
Kay sorrise amaramente. «Non è detto»
Thomas lo ignorò. Poi strillò indicando una ragazza bionda. «Ecco Thisbe! Scendi, scendi!» strillò. Kay sospirò. «Devo trovare un posto per la slitta» spiegò, guardandosi attorno.
«Sì, ma sbrigati!» urlò.
«Stai calmo...Tommy. Non è come se scappasse»
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Thisbe aprì la porta della chiesa, ignara degli inseguitori. Ada era lì, con le mani sporche di sangue, troppo distratta per rendersi conto di una presenza indesiderata. Spostò il cadavere del padre con un calcio, poi, presa nuovamente dalla rabbia, gli ficcò il pugnale nell'occhio. Lo tirò fuori e ce lo rimise, sempre più nervosa. A quel punto la spettatrice emise un versetto di dolore. Non per sé stessa, ma per il cadavere. Ada si girò verso di lei, rantolando. «Thisbe...» biascicò guardandola.
Avevano promesso di non vedersi più da quando erano piombate nella chiesa, eppure ecco lì la sua amica, che puntualmente rovinava tutto. Se non altro non le si sarebbe avvicinata nuovamente. Voglio dire, aveva appena ucciso una persona. Il prete di Gavaldon. Non chicchessia. Invece Thisbe corse ad abbracciarla. Ora erano entrambe coperte di sangue. Fantastico.
«Cosa diamine stai facendo?» sibilò Ada, cercando di scrostarsela di dosso.
«Ti abbraccio. Mi sei mancata». Era vero. Per un anno avevano finto di non conoscersi, di non capirsi. Di non essere mai state quello che erano state. La mai quasi si commosse. No, scherzo. «E mi abbracci dopo che ho ucciso una persona? Tu sei fuori di testa. Woh, Thisbe, svegliati! È morto il prete di Gavaldon! La stessa persona che faceva le funzioni fino a questa mattina! Thisbe, la Terra ti chiama»
La bionda la fissò seria. «So che avevi una buona ragione» disse, staccandosi da lei.
«Mi fai cadere le braccia» commentò la strega. Però abbozzò un sorriso.
Kay spalancò le porte. Le due lettrici lo guardarono scioccate. Ada boccheggiò come un pesce fuor d'acqua. «Kay?» domandò.
«In persona» rispose lui, squadrandola. Poi finalmente realizzò. «Voi due! Siete le lettrici di due anni fa?!» esclamò, indicandole. «Siete più vecchie di come vi ricordavo»
«Esiste questa cosa fantastica chiamata crescita» rispose Ada.
Thisbe saltellò sul posto, esagitata. «Ma cosa ci fai qui? Pensavo che solo il Gran Maestro potesse arrivare a Gavaldon»
Il principe delle nevi si grattò la testa. «È una lunga storia. Dovete tornare all'Accademia. Mi servono due lettrici. E voi avete l'età perfetta e sapete come cavarvela!» snocciolò tutto d'un fiato.
«Oh, no no no, ciccio» rispose Ada rapidamente, avvicinandosi verso di lui con aria minacciosa. Kay fece qualche passo indietro, alzando le mani. «Ragazze...»
«Ragazze un ciufolo!» ribatté pronta la mai. «Noi viviamo qui, a Gavaldon. E non abbiamo intenzione di andare via! Vero, Thisbe?»
Thisbe era già corsa verso Kay. «Cosa dobbiamo fare per andarcene?» domandò.
Ada la fissò con l'occhio spalancato. «Thisbe! Ricorda quello che ci ha detto Hannah! Se andiamo via di qui, non torneremo mai più!»
La bionda esitò. Amava i suoi genitori. Li amava davvero. Ma suo nonno aveva ragione. Doveva inseguire i suoi sogni. E se qualcuno le aveva mandato una seconda possibilità, chi era lei per rifiutarla?
«Io vado, Ada» rispose ferma. Kay sospirò sollevato. Almeno una voleva venire con lui.
Una vecchietta tossì, guardandoli scioccata dall'ingresso della chiesa. «Oh, ecco. Ci voleva» commentò Kay. La donna guardò il cadavere sul pavimento e cacciò un urlo di dolore. «Hanno ucciso padre Garreth! Hanno ucciso padre Garreth!». Cadde in ginocchio, ululando straziata. Kay afferrò il braccio di Thisbe. «Dobbiamo andare» esclamò. La bionda puntò i piedi a terra, guardando l'afflusso di gente entrare nella chiesa, puntando ad Ada. La ragazza si guardò attorno, senza sapere dove andare.
Thisbe saltò tra le panche, verso di lei. Kay strinse i pugni, poi sospirò. Nessuno aveva detto che fare il Gran Maestro fosse un lavoro facile. Mise le mani in avanti, creando una strada di ghiaccio per la bionda. Tra le urla generali, la ragazza afferrò Ada e la trascinò con sé. «Da quando sei così forte?» le domandò la strega, dando spallate a chiunque cercasse di afferrarle.
«Ho riparato carri e slitte per tutto l'anno!»
Kay corse verso l'uscita, mentre ragazzi sporchi di fango cercavano di fermarlo, aggrappandosi al mantello, ai capelli, a tutto. «Invidiosi!» sibilò, togliendoseli di dosso. Le due ragazze erano dietro di lui. Corsero fino alla slitta. Thisbe spalancò la bocca. «Allora esiste! Che bella? È della tua mamma?» domandò tutto d'un fiato.
«Ah, diamine, sali e basta» la riprese Ada, spingendola dentro.
«Avrei voluto almeno salutare meglio Gavaldon» sospirò la bionda. Kay saltò all'interno e agitò le briglie. «Ci siete?»
«Certo» rispose Thisbe, aggrappandosi all'amica. La conosceva troppo bene per non sapere che sarebbe saltata giù. Anche se Ada non era così contraria al partire. Dorotea l'avrebbe voluta vedere felice, non a marcire nella prigione di Gavaldon.
La slitta prese il volo. Thisbe osservò il paesino diventare sempre più piccolo. Sorrise emozionata, agitando le gambe. Ada si grattò la testa. «Chissà cosa penserà tua madre» commentò.
«Mia madre è felice per me. Lo so. Le favole sono il nostro destino! Dobbiamo accettarlo»
«La vostra favola l'avete già avuta» si intromise Kay. «Ma decisamente quel posto lurido non dovrebbe essere la vostra casa»
Ada sospirò sollevata.
«A proposito, Kay, come sei riuscito a non perderti a Gavaldon?» domandò curiosa la bionda. Il paese era stato appositamente costruito in modo contorto, per sviare il Gran Maestro. Era curioso che il principe delle nevi fosse riuscito a trovarle senza bloccarsi.
«Gli ho fatto da guida!» esclamò Thomas, sbucando fuori da sotto un cumulo di coperte. I tre lo guardarono terrorizzati.
«Cosa facciamo col moccioso?» domandò Ada, indicandolo. «Siamo tre. Lo buttiamo giù?»
«Quattro» la corresse Kay. «E no. Ora vediamo cosa farci»
«Intendo lettori, babbeo» si innervosì la strega.
Thisbe prese in braccio il bambino. «Tommy! Mi sa che abbiamo combinato un pasticcio» sospirò.
Il ragazzino si intristì. «Dovete portarmi indietro? Mamma sarà arrabbiatissima»
«Non torneremo indietro, sono stanco. Piuttosto mi prendo una sfuriata di Saffron» bofonchiò Kay. Prima che Ada potesse domandare chi fosse questa donna, Thomas mise le braccia al collo della bionda.
«Perché odi Gavaldon?» le domandò quasi singhiozzando. «Ti ho sentito mentre parlavi di andare via»
«Non è che odio Gavaldon. È solo che non ci vivrei» rispose lei. Ada diede una gomitata ad entrambi e fece cenno di stare zitti. Poi toccò la spalla di Kay. «Senti, coso» domandò. «Che è successo a scuola mentre eravamo via? È da un anno che nevica a Gavaldon. E hai idea di quanta robaccia abbiamo passato per colpa tua?! Perché sono sicura che sia colpa tua»
Il principe delle nevi si grattò la testa. «È una lunga storia»
«Abbiamo tempo»
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Saffron, la nuova preside, era affacciata dal balcone. Le piaceva molto la nuova struttura dell'Accademia, decisamente più pratica rispetto a quella vecchia. Ora, anziché avere due castelli separati, era un solo, enorme edificio di ghiaccio, diviso in due parti. Una era destinata alle ragazze e una ai ragazzi. L'idea era stata di Kay, che voleva chiaramente prendere le distanze da Melody e Ryuu. Il neo Gran Maestro desiderava anche separare le classi, ma Saffron aveva fatto notare che sarebbe stato solo uno spreco. Per adesso gli studenti erano in giardino, a pranzo.
La situazione era stabile da circa due settimane. Onde evitare lamentele, la donna aveva minacciato di carbonizzare chiunque avesse da ridire. Li aveva lasciati sfogare per qualche tempo, poi aveva indotto la sua nuova legge. Rimaneva comunque un certo odio per il principe delle nevi, ed era innegabile. Ma almeno gli studenti si erano calmati. Saffron li stava studiando, cercando anche di capire se ci fossero conflitti. Ma quasi tutti ignoravano quello che era realmente successo. In quel momento stava compilando un modulo con su scritte le camere. Sorrise, felice. Chiuse per un secondo il quadernino e si godé il sole per pochi attimi, prima che la slitta di neve si schiantasse al terreno. Sospirò. Tempo delle presentazioni.
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Thisbe sbatté le ciglia. «Hai ucciso Emma?!» domandò, o meglio, strillò.
«Non io, il vecchio Gran Maestro! E poi non è morta, ma non è nemmeno viva!» rispose rapidamente il principe, cercando qualche attenuante. Mentre Ada durante la storia se la sghignazzava, l'amica lacrimava copiosamente. Thomas si era addormentato.
«Ti rendi conto di quello che hai fatto?» urlò la bionda, inerpicandosi accanto a lui. Kay riusciva a vedere la nuova Accademia. Mancava poco e sarebbe andato nelle sue stanze a frignare. Odiava le persone. Odiava che qualcuno gli ricordasse il disastro che aveva combinato. Odiava tutto.
«Certo, però, vedi. Alla maggior parte degli studenti non interessa. E poi non sono morte così tante persone! Come ti ho detto, Saffron è nata da una goccia di sole e ha sciolto il ghiaccio. Stanno tutti bene»
«Magari non gli interessa perché stanno cercando di ignorare il trauma. E stanno tutti bene tranne Emma!»
«Lo dici come se fosse una grande perdita» ribatté Kay.
Ada aggrottò la fronte. «Non sputare nel piatto in cui mangi» commentò. Thisbe passò all'azione, mettendogli le mani al collo. Mentre i due litigavano, i cavalli iniziarono a recalcitrare. La slitta perse quota. Ed in un attimo piombarono tutti nel cortile della rinnovata Accademia, sotto gli occhi della nuova preside.
Saffron scese di corsa la scalinata, dirigendosi nel giardino. «Benvenute! Benvenute!» esclamò, spalancando le braccia. «Spero che l'Accademia sia di vostro gradimento. Volete fare un tour della scuola?» domandò. Ada quasi scoppiò a ridere nel vedere la bionda così nervosa. «Perché no» esclamò, trascinando l'amica. Kay osservò depresso la sua slitta. Non era in buone condizioni. Thomas si rotolava sul prato. Fortunatamente non si era fatto nulla. Il ragazzino poi alzò la testa. «Kay, posso vederla anche io la scuola?» domandò.
Il principe delle nevi si ricordò del problema che costituiva il ragazzino. Sospirò. «Certo»
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Il cortile era meraviglioso. Le piante, finalmente curate, crescevano rigogliose. Perfino Thisbe, che stringeva i pugni, si perse ad ammirare le mille tipologie di fiori colorati che sbocciavano. Gli alberi sembravano usciti da uno dei libri di fiabe che leggevano da bambine: enormi e pieni di foglie di un verde vivo. Brice stava annaffiando un salice, con aria mogia. La bionda si avvicinò a lui. «Hey!» lo salutò, abbassandosi. Il corvino la guardò per qualche secondo, poi sorrise stanco. «Oh! Ciao, Thisbe. Sembri più grande.
Come va?» domandò in modo meccanico.
«Non benissimo, ma posso cavarmela. E tu? Sembri giù» rispose. Saffron ed Ada l'aspettavano.
«Solo questioni da adulti. Non preoccuparti. Goditi il giro. E non pestare le petunie»
La bionda annuì e si riunì alle altre due.
«Pensavo di mettere un'altalena su quei rami» disse Saffron, scostandosi i lunghi capelli dal viso. «Per far giocare Rochelle» concluse. Ada aggottò la fronte. «Chi è Rochelle?» domandò, guardando Thisbe. La bionda sembrava essere stata contagiata dalla tristezza dell'insegnante. «La figlia di una mia professoressa» rispose lei. La preside unì le mani. «Beh, a dirla tutta, non sono sicura di voler bambini qui a scuola» ammise.
Le due lettrici si guardarono. Thomas sarebbe stato un problema. Ma ormai era lì con loro. E la bionda sapeva benissimo che sua madre lo riempiva di botte a casa...ma non era sicura che una delle punizioni tipiche dell'Accademia fosse meglio.
«È per caso cambiato il regolamento?» domandò Ada, avendo cura di rovinare tutte le aiuole dove passava.
«Cambiato?» domandò la preside. «Siete già state qui?»
«È una lunga storia, ma sì» rispose Thisbe rapidamente.
«Dovete raccontarmi tutto» squittì Saffron. La bionda storse il naso. Le ricordava Hannah. Magari questa donna era davvero benintenzionata, ma anche la vecchia preside del Bene era stata così, un tempo.
«La mia domanda rimane valida» si lamentò la strega.
«Oh, ecco. Cerco di dare più indipendenza agli studenti! Ci sono pochissime classi obbligatorie, la maggior parte dei corsi è facoltativa e a scelta. Bisogna seguire le proprie attitudini! Mi sono sbarazzata di fatine, lupi e fantasmi. Meglio rimanere tra noi, no? Per molte cose la scuola è incantata. Ci pensa lei. Ma per altre lavorano gli alunni, ad esempio per il pranzo e per la cena. Anche se al momento ci penso io, dato che sono quasi tutti in Infermeria. Anche quella è autogestita. Vengo chiamata solamente per sbarazzarmi dei cadaveri o in casi davvero gravi! Ci sono studenti competenti, non preoccupatevi. Seguiamo l'esempio di Gavaldon e curiamo tutti a mano»
Le due rimasero in silenzio per qualche attimo. «Non sarebbe più pratico curare con la magia?» domandò Thisbe.
«Cara, ma scherzi? Una delle regole più importanti della magia bianca è che non ci si può curare. La magia bianca è sempre reversibile»
«Ma a chi è che verrebbe in mente di invertire qualche incantesimo di guarigione?» domandò Ada.
«A qualcuno. E poi, guarire con il proprio corpo è sempre più efficace»
«Ci fidiamo» commentò Ada. «E comunque noi due sappiamo pochissimo di magia. Cioè, io so solo che una fluisce dal nostro interno e che un'altra può essere imparata»
«Suppongo sia corretto» mugugnò Saffron. «Ma non è preciso»
«Lo dice come se mi importi della precisione, al momento» ribatté acidamente la strega.
La preside si fermò. «Il vostro tour finisce qui! Quella parte è riservata ai ragazzi...»
«Hanno qualcosa di diverso dalla nostra struttura?» domandò Thisbe. Le avrebbe dato fastidio avere dei limiti.
«No, sono perfettamente specchiate. Solamente che la loro struttura è quasi tutta viola. Quella delle ragazze è rossa»
Ora che ci facevano caso era vero. Il ghiaccio della metà destra brillava di riflessi rossi.
«Avremo delle divise?» domandò Ada. Le sarebbe piaciuto cambiarsi da quel sacco informe che aveva addosso.
«Naturalmente. Lo scorso anno scolastico è stato travagliato e il vecchio Gran Maestro vi ha permesso molte cose. Io non sono così. Le uniformi verranno indossate senza lamentele, o vi incenerirò»
Le due pensarono stesse scherzando, ma Saffron raccolse un fiore e lo strinse tra le mani. Ne cadde solo polvere nera. Si girò verso di loro e sorrise. «Non è nemmeno permesso cambiare camera o girare dopo il coprifuoco. Ora che siamo tutti, spiegherò meglio le regole durante le presentazioni ufficiali»
Le due ragazze si presero le mani. Era molto peggio di come sembrava.
«Fortunatamente per voi avete delle compagne di stanza! Alcuni studenti sono rimasti da soli. Con le vittime che ha causato Kay, il numero di alunni è calato drasticamente» rise soddisfatta. «Siamo dispari, ora. Credo»
Ada e Thisbe si fissarono. L'Accademia, ancora una volta, non prometteva nulla di buono.
«Cosa posso dirvi, ragazze?» iniziò Saffron. «Solo...godetevi la vostra permanenza nel mondo delle fiabe!»
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