Orfeo ed Euridice

Mago, terapeuta, guida religiosa, poeta, musico, dispensatore di oracoli, teologo... il figlio di Eagro, Orfeo dall'aurea lira.

Alla musica dolce di Orfeo, cessava il fragore rapido del torrente, e l'acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino, perdeva il suo impeto... Le selve inerti si movevano conducendo sugli alberi gli uccelli; o se qualcuno di questi volava, commuovendosi nell'ascoltare il dolce canto, perdeva le forze e cadeva ... Le Driadi, uscendo dalle loro querce, si affrettavano verso il cantore, e perfino le belve accorrevano dalle loro tane al melodioso canto. 

(...) Tra l'alta erba la fanciulla non vide orrido serpe che del candido piè morte le impresse.

Né la regale sposa, né colui che governa l'abisso opposero rifiuto all'infelice che li pregava e richiamarono Euridice. Costei che si trovava tra le ombre dei morti da poco tempo, si avanzò, camminando a passo lento per causa della ferita. Il tracio Orfeo la riebbe, a patto che non si voltasse indietro a guardarla prima di essere uscito dalla valle infernale. 

E già ritornando sui propri passi era scampato a tutti i pericoli, ed Euridice, restituita, giungeva al mondo dei vivi seguendo dietro e infatti questo obbligo aveva imposto Proserpina, quando un'improvvisa follia colse l'incauto innamorato, perdonabile in verità, se i Mani sapessero perdonare: si fermò e la sua Euridice, ormai proprio vicino alla luce, smemorato, e vinto nell'animo si volse a guardare. Allora ogni fatica sprecata, e infranti i patti dello spietato tiranno, e tre volte si udì un fragore nelle paludi Averne. 

Dallo sguardo immediatamente, come fumo dissolto nella brezza leggera, fuggì dall'altra parte, né lui, che invano cercava di abbracciare le ombre e molte cose voleva dire, vide più, né il doganiere dell'Orco permise più che egli attraversasse la palude che li separava.

Ed Ella, morendo per la seconda volta, non si lamentò; e di che cosa avrebbe infatti dovuto lagnarsi se non d'essere troppo amata? Porse al marito l'estremo addio, che Orfeo a stento riuscì ad afferrare, e ripiombò di nuovo nel luogo donde s'era mossa.

...anche allora, mentre il capo di Orfeo, spiccato dal collo bianco come marmo, veniva travolto dai flutti, "Euridice!" ripeteva la voce da sola; e la sua lingua già fredda: "Ah, misera Euridice!" chiamava con la voce spirante; e lungo le sponde del fiume l'eco ripeteva "Euridice".

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La sua dolce mano diventa via via più calda, più viva, mentre si avvicinano sempre di più alla luce. Non è sicuro della saldezza della propria - tremante com'è dall'emozione -, ma poco gli importa. Sta per riavere la sua ragione di vita, la musa che guida le sue dita sulla lira per creare melodie concrete, che accarezzano gli animi e sciolgono le menti più dure. La sua musica ha sempre avuto quel qualcosa in più, ma solo con l'entrata della fanciulla nella sua vita aveva preso definitivamente forma, donando e trasmettendo ciò che lui stesso provava grazie a Lei.

- Euridice. -

Il suo nome, persino pronunciato nella sua mente, suona soave, maneggiabile solo con guanti della seta più preziosa. Un sorriso gli fa capolino sulle labbra, tanto abituate a produrre poche parole. Dopo la sua morte aveva viaggiato a lungo, forse per tenere la mente impegnata, forse per cercare qualcosa - qualsiasi cosa - che potesse renderlo consistente, autentico come solo lei poteva fare. Le sue dita si stringono inconsapevolmente attorno a quelle di lei. Ripensa alle notti passate insonni, quando i pensieri si avvicinavano, come iene che lentamente si accertano che attorno alla carcassa dell'animale non vi siano pericoli e si preparano ad attaccare forsennate per prendere ciò che possono.

- Euridice. -

La sua voce poco riecheggia tra le pareti in pietra. Sente che anche lei di rimando stringe con le esili dita - in quanto il suo debole ed ancora intangibile corpo non le permetta di metterci troppa forza. Ripensa alla prima volta che ha posato gli occhi su di lei, così fiera nelle sue vesti pregiate. Ricorda di averle donato il suo sorriso più sincero e che lei non aveva esitato a ricambiare. In quel momento si era sentito come posseduto dalle stesse Menadi, piene di frenesia estatica: il suo corpo non aveva più contenuto sangue ma luce, una luce calda ma non scottante che aveva fatto battere il suo cuore con il doppio della velocità, come se l'intero corteo dionisiaco stesse danzando nelle sue viscere. Il suo sguardo, le sue occhiate, le sue rosee labbra erano come cibo divino per il suo cuore, il quale di conseguenza pompava qualcosa di diverso dal sangue, inondando il suo corpo di flebili scosse di energia.

E' lei la mia fonte di luce.

Aveva pensato. E da allora nella sua testa c'era stato spazio solo per il suo sorriso, la sua voce gentile, i suoi occhi intelligenti che lo rinvigorivano ad ogni sguardo. Il suo corpo seguiva ogni sua mossa e mai era stato meglio se non quando era con lei.

La sua Euridice.

Il suo sorriso si spegne lentamente mentre dentro di lui fa capolino un pensiero, un'idea mandata forse da un'entità malvagia che si nutre degli errori umani come Crono si nutriva dei suoi stessi figli, un mostro spregevole geloso della loro felicità.

Sente nascere nella sua anima la necessità, il bisogno compulsivo di vederla. La deve vedere anche solo per un millesimo di secondo. Deve incontrare i suoi occhi per scambiarsi a vicenda i messaggi silenziosi che caratterizzavano la loro intimità. Deve dirle che l'ama, deve farle sapere che è determinato a salvarla, a donarle la sua vita, se necessario.

Socchiude gli occhi alla vista della luce del mondo dei vivi in lontananza, abituato com'è alle tenebre dell'oltretomba. Sente di nuovo le dita di lei, più calde, più sicure accanto alle proprie, accarezzargli il palmo, forse per incoraggiarlo, per dirgli che manca poco, pochi passi, pochi secondi e finalmente sarebbero stati di nuovo insieme, di nuovo vivi. Poiché se lei aveva perso il suo corpo, finendo nell'Ade, lui aveva perso di rimando la sua vitalità, costretto a vivere in un mondo che si è lasciato sfuggire l'unica cosa che potesse curarlo.

Avrebbe voluto aspettare quei pochi istanti, essere paziente, tenere gli occhi sulla luce del giorno che un timido sole mattutino emanava sul verde circostante. Sente un lontano cinguettio, forse lo stesso stormo che aveva seguito la sua melodia fino a lì. 

Sciaguratamente in ogni essere umano c'è qualcosa che lo frena dall'avere tutto ciò che vorrebbe, un semplice errore, una deviazione dalla strada verso la perfezione, una decisione che stona con la musica della felicità. È forse questo che lo distingue dagli Dei, l'imperfezione dei desideri che mai si potranno avverare. Il suo volto si gira - come guidato da una perfida mano invisibile - , dando la nuca al sole terrestre e donando il suo sguardo al sole del suo cuore.  

Un attimo sfuggente, un'immagine sfocata. 

La sua sposa viene presa da spire invisibili e viene trascinata di nuovo tra le braccia della morte. La luce dei suoi occhi è interrotta dall'oscurità, non avendo luogo su cui posarsi, essendo il buio più profondo dell'universo.

- Posatevi su di me, donatemi tutto ciò che avete, vi darò tutto, tutto. - Allunga le mani, correndo per la seconda volta verso il luogo dove risiedono le anime senza corpo, il recente ricordo di Euridice già sbiadito nella sua mente. - Mi offrirò di morire per voi, mi butterò nel baratro più spaventoso, volerò verso il Sole e brucerò per lui, ma vi prego, non scappate da me. - Inciampa ripetutamente sui suoi stessi piedi, ma tutte le volte si alza sempre con più foga, le lacrime segnano sulla roccia il suo percorso, lasciando una striscia scura, quasi fossero pezzi della sua anima che pian piano lo abbandonano.

- Occhi, illuminatemi di nuovo, datemi la forza per vivere, o temo che morirò a causa del vostro non brillare più. -

Si tiene il petto con le mani gelide come la pietra che lo circonda, forse per evitare che il suo cuore muoia di dolore, forse per aprirsi il torace e toglierselo direttamente.

- Labbra, oh labbra, donatemi il nettare a cui fate diligentemente la guardia, poiché morirò di fame senza di esso. - I suoi occhi ormai perdono anche l'ultima traccia di lucidità nel sentire il vecchio traghettatore negargli il passaggio. La sua lira è ancora appesa al suo cinturino, eppure le sue braccia non hanno la forza per prenderla, le sue dita non sono più in grado di muovere le corde. 

- Cos'è questo nulla nel mio cuore? - Non avendo più forze nemmeno per reggersi in piedi, cade sulle ginocchia, come se stesse aspettando che un boia cali la scure sul suo collo.

- Non sento più niente. - Porta le mani ai capelli, biondi boccoli che la sua amata amava tanto accarezzare con le sue gentili dita affusolate.

- Oppure niente è più così importante da essere sentito. - Gli occhi spalancati osservano il freddo terreno, senza però vedere niente. Le sue pupille sono piccoli puntini in un lago azzurro, che però, con l'assenza di un fiume a nutrirlo, è diventato una cupa palude maleodorante.

- Perché ciò che i miei timpani - che hanno sentito le sue dolci ed eleganti risate -, le mie pupille - che hanno contemplato ciò che c'è di più bello in una donna -, la mia lingua - che ha assaporato l'ambrosia del suo corpo -, le mie dita - con le quali ho accarezzato i suoi lunghi boccoli color quercia - bramano è ormai sepolto tra le braccia dell'evanescenza, e mai potrà più tornare da me. - Apre le mani callose, i segni delle rigide corde della lira, che mai gli avevano procurato dolore, iniziano a bruciare.

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Ehilà,

questo sarebbe una specie di lancio di questa storia per vedere un po' come va.

Ho sempre trovato questo mito particolarmente attuale; la forza di volontà che c'è nell'essere umano, quella che lo guida nelle azioni che sente il bisogno di compiere, ha un argine ben delimitato da qualcosa di più potente, forse l'egocentrismo - non si può negare che sia un'evidente caratteristica dell'umanità - oppure la debolezza - che letteralmente gli fa dubitare di voler davvero fare ciò che sta facendo semplicemente per convincerlo a non compierla. 

Lo so, i miei pensieri sono difficili da interpretare.

Detto questo, vi chiedo una stellina di apprezzamento se vi è piaciuta questa one-shot ⋆


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