Memories

[A better life]

«Eppure sei rimasto sempre te stesso.» Bucky accarezzò dolcemente il ciuffo morbido posato sulla fronte di Steve. Non erano più biondi, quei capelli, bensì grigi e lucenti.

Il volto anziano di Steve si smosse tutto per via di un tenero sorriso: «Speravo di non diventare troppo brutto per te.»

«Oh no» Bucky si mise seduto sul letto disfatto in cui era stato sdraiato poco prima al fianco di Steve «non sei affatto brutto, che stronzate vai dicendo?»

«Ormai sono troppo vecchio per riprenderti sulle brutte parole.» Steve continuò a sorridere, voltando il capo sul cuscino.

«Non provare a fare scherzi, idiota.» intimidì Bucky.

«Buck non morirei mica di proposito per far dispetto a te!»

James, che aveva rasato i lunghi capelli castani, incrociò le braccia e cambiò discorso. Odiava sentir parlare della vicina morte di Steve ormai consumato dall'età per via del suo viaggio nel tempo. «Volevo dire che i tuoi occhi non sono cambiati, sono sempre gli stessi di quando eri appena un bambino.» 

Il più vecchio, troppo stanco per mettersi a sedere come il suo compagno, allungò una mano verso il braccio di metallo freddo di Bucky, suggerendogli di ritornare vicino a lui. James recepì il messaggio e, capricciosamente, si sdraiò comodo di fianco all'anziano Steve Rogers.

«Percepisco il tuo rancore Buck. Tu sei ancora arrabbiato con me.» Steve picchiettò un dito contro la protesi bionica del compagno che emise un leggero rumore metallico.

Bucky evitò di guardarlo in viso, ancora non si era abituato a quel traumatico cambiamento. Amava di certo Steve, ed era un sollievo dolce averlo ormai con se, ma a quale prezzo? Forse il più caro di tutti. Il suo Steve era ormai all'ultima pagina del racconto della sua vita, Bucky leggeva una lettera per volta, più lentamente possibile per non arrivare alla fine troppo in fretta.

«Non sono arrabbiato con te, è solo che devo ancora abituarmi a tutto questo.» rispose a Steve con un tono di voce basso, simulando serenità. Steve roteò gli occhi porgendosi un po' a fatica su di Bucky così da riuscire a raggiungere e a stringere la mano umana del suo vecchio compagno. Ormai aveva la capacità fisica di riuscire a decifrare ogni emozione di Bucky, ed in quel momento Steve osservò soltanto amarezza e rabbia.

«So che è difficile riuscire ad accettare il nuovo me.»

«Vorrai dire il vecchio te.»

Steve sorrise: «Già, hai ragione, il nuovo vecchio me; non ti biasimo se la cosa ti ha destabilizzato.»

«Credevo che saremo stati finalmente insieme noi due, come abbiamo sempre sognato. Avevamo un'altra possibilità Steve.»

«Ma quella che mi si è presentata davanti è stata molto più importante.»

Bucky non riuscì a trattenersi una seconda volta. Fece scostare Steve dalla su spalla e si mise seduto. Gli diede le spalle per qualche secondo e poi, sospirando, si mise seduto difronte all'anziano con movimenti goffi, incrociando le gambe.

«Sai che non era necessario, a me andava bene quello che potevamo avere nonostante il nostro passato burrascoso.» gli disse Bucky. Steve diventò gradualmente serio. Si accomodò con la schiena sui cuscini e giunse le mani rugose come se stesse pregando.

«Sono tornato indietro ed ho impedito che cadessi da quel vagone in corsa. Ti ho spinto a me in modo tale che tu non ti trovassi nel posto sbagliato al momento sbagliato.»

Bucky tremò, deglutendo una pesante amarezza.

«Non hai perso il braccio e non sei finito tra le grinfie dell'hydra. Io, invece, ho compiuto la missione ascoltando la tua voce dalla radio e non sono precipitato assieme a quel dannato aereo plano. Sono tornato da te, la guerra è finita e ci siamo trovati una casa tranquilla in un quartiere residenziale.»

«Steve smettila...» Bucky abbassò il capo per non dover vedere le labbra sottili di Steve comporre tutte quelle parole. Steve si piegò in avanti prendendo il mento barbuto di Bucky con una mano e costringendolo a puntare gli occhi chiari su di se.

«No, ascoltami e ricorda.»

«Ho già ricordato abbastanza.»

Steve sorrise, nonostante le pieghe intorno agli occhi pareva comunque affascinante. Con dolcezza disse a Bucky abbandonando il suo viso: «Non è mai abbastanza, e questo lo sai bene.»

James restò muto come a concedere al vecchio e saggio Steve di continuare il suo racconto.

«Ci abbiamo messo un bel po' a ristrutturare tutto e a rendere la casa come la desideravamo, tu poi sei molto esigente.» Steve si rilassò, facendo sorridere anche Bucky.

«Non ci siamo mai sposati.» constatò in moro.

«No, non abbiamo potuto. Tentare di nascondere la nostra convivenza è stato difficile, soprattutto quando è arrivata lei.»

«Lei chi? Peggy?» domandò Bucky curioso.

«Oh no, Peggy veniva a farci visita di tanto in tanto, io intendevo Sarah, nostra figlia.»

In quel momento Bucky ebbe un sussulto. Steve non lo stava suggestionando, stava solamente rispolverando la nuova memoria mai vissuta da Bucky. L'ex soldato d'inverno si rese conto di ricordare i frammenti di un'altra vita.

«Certo, Sarah, la nostra fatina dai boccoli d'oro.» Bucky si portò una mano sul petto, sorridendo come se avesse davanti agli occhi la bambina di sei anni.

«Quando l'ho portata a casa dall'orfanotrofio non ci sembrava vero. Quel sacco di pulci di Stuart le è saltato addosso come un forsennato.»

«Era felice. Lo avevano ritrovato dopo la guerra, incredibile. Amava i bambini.» rispose Bucky avvicinandosi a Steve.

Rogers scosse il capo con tenera contentezza; «Lo hai scelto tu il suo nome, dicesti che meritava il nome di mia madre.»

«Già, e credo di aver deciso anche il nome del mocciosetto...» Bucky si sforzò a ricordare, ma era come se l'immagine del piccolo morettino di appena tre anni fosse solo un'invenzione fittizia.

«Sirio, come la stella bianca più brillante del cielo notturno.» Steve strinse le mani; nominare quel piccolo lo emozionò particolarmente.

Bucky guardò fisso senza nemmeno battere le palpebre. Gli occhi gli si seccarono, pizzicando, ma si trattenne più che poté. Aveva paura che se avesse chiuso gli occhi per un millesimo di secondo l'immagine nitida dei volti dei due bambini, di Sarah e Sirio, scomparisse senza tornare più indietro.

Rise, bagnandosi le labbra con il pianto pronto a cascare. «Li ricordo Steve, è incredibile, io mi ricordo le loro voci ed i vestitini eleganti che indossavano la domenica. Ricordo le trecce bionde di Sarah e le lentiggini sul naso di Sirio. Ricordo i loro litigi e i natali in salotto ai piedi dell'albero. Ricordo la giornata a coney island, i-io.»

Steve prese le mani di Bucky. Una stava sudando, rossa, mentre l'altra gelava tra i riflessi dorati.

«E c'eravamo noi, nella nostra casa, a baciarci senza paura di nessuno là fuori. Sarah è diventata un insegnante di lettere mentre Sirio ha seguito le orme di Peggy allo Shield.» mormorò Steve. Ignorò un dolore cronico alla schiena e si mise a sedere con il viso in avanti per star poco distante da Bucky. «Capisci adesso? Ti meritavi questi ricordi dopo quello che hai passato. Ora che li hai tutti dentro alla testa sono certo che scacceranno via ogni male che ti è stato fatto. Cambiare le cose nel passato era l'unica cosa che potessi fare per provare a rimediare.»

Bucky gli sorrise senza mostrare i denti bianchi. Aveva gli occhi pieni di lacrime a cui non seppe dare un movente ben preciso. Poggiò la fronte contro quella di Steve e chiuse gli occhi sfregando amorevolmente la punta del proprio naso con quella del compagno.

«Io ti amo, e ti ringrazio dal profondo della mia anima per quello che hai fatto. Ma ricordo anche le piccole cose belle che abbiamo fatto in questo universo. Di quando ci siamo ricongiunti a Wakanda per combattere Thanos e ti ho preso in giro per quella bellissima barba bruna che ti faceva bellissimo. Ricordo perfettamente la notte passata insieme nella mia tenda vicino al fiume dove mi hai toccato in un modo mai fatto prima. Mi sono sentito finalmente guarito e vivo grazie a quella notte. Che poi io sia diventato polvere si sa, era possibile anche se inimmaginabile, ma quando sono tornato non mi importava più nulla. Io volevo il tuo corpo ancora, come nella tenda umida.»

«Quindi adesso per te questo vecchio non vale più nulla?» chiese Steve, ferito.

«No, non intendevo questo. La carne è solo carne, non conta davvero. Quello che non concepisco, e che forse non accetterò mai, è che ti perderò prima di quanto possa immaginare. E questo mi spaventa più di qualunque altra guerra o tortura. Non voglio restare mentre tu vai via.»

Ascoltando Bucky Steve provò un forte rimpianto. James non aveva torto, ma Steve restò convinto su ciò che aveva fatto.

Accarezzò il viso di Bucky e lo guardò negli occhi in procinto di dargli un bacio che mancava da troppo tempo; «Tu sei un soldato senza paura, non devi temere nemmeno la morte. Adesso sono qui, è questo che conta. Sono con te e resisterò con tutte le mie forze per non andarmene.»

Bucky annuì sorridendo dolorosamente. Strinse le spalle di Steve e si schiarì la voce: «Abbiamo fatto davvero grandi cose tu ed io, non credi Stevie?»

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