Age of ultron

[The war is over]

Era passato circa un anno da quando Steve aveva appreso la notizia che il mercenario dell'Hydra chiamato Soldato D'inverno era in verità Bucky. Quel bambino che durante la sua infanzia aveva colorato i suoi pomeriggi, lo stesso ragazzo che nell'adolescenza aveva dichiarato il proprio amore segreto nei confronti del biondo, ed aveva continuato a ripeterglielo all'orecchio fino a quando quel vuoto d'aria fatto di neve lo aveva portato via.
Bucky non lo ricordava più, era solamente un fantasma la cui carne era deturpata dalle torture e l'anima persa in una dimensione indefinita e gelida.
Steve continuava a cercarlo, senza sosta, perché adesso che aveva la certezza che il suo amore era ancora vivo, l'unico pezzo sano della sua vecchia vita era ancora reale, doveva ritrovarlo ad ogni costo.
Tony e Bruce avevano creato un nuovo prototipo di intelligenza artificiale, intaccando però in un grosso e madornale errore.
La battaglia contro Ultron era agli sgoccioli, dopo aver saputo di altri due soggetti usati dall'Hydra come cavie in maniera simile a quella del Soldato D'inverno, la squadra degli Avengers aveva avuto l'occasione di scontrarsi contro di loro. Erano due gemelli, un ragazzo dall'incredibile velocità e la sorella, una manipolatrice capace di usare i suoi poteri quasi magici come difesa e attacco.
Tutti avevano avuto un assaggio di ciò di cui la Maximoff era capace, da Natasha a Thor, i vendicatori erano stati messi alla prova dai loro ricordi e dai loro timori.
Persino il capitano Rogers cascò nella sua trappola, diventando vulnerabile all'avversario ed incapace di ritornare in sé.
Si svegliò su un letto, come se tutta la sua vita fino a quel momento fosse stata solamente un sogno. La stanza era nella penombra, ma di una familiarità quasi spaventosa, come unica fonte di luce solamente un'abat-jour dalla lampadina impolverata. Poggiò la schiena contro la parete fredda e ruvida dalla carta da parati consumata, rendendosi conto che indosso aveva solamente una canotta intima bianca e dei boxer larghi. Le coperte di lana erano disfatte ai suoi piedi, e le estremità poggiavano sul parquet.
Dal buio della camera un rumore di passi si avvicinò verso la sua direzione, Steve si mise subito sulla difensiva, anche se qualcosa in quel rumore gli trasmetteva una calma innata. La luce gialla e bassa illuminò colui che si era seduto accanto a lui, con il suo stesso abbigliamento intimo. Bucky era esattamente come lo ricordava quando si era arruolato nell'esercito. Il suo fisico ben impostato e armonioso, tratto distintivo della sua giovinezza. I capelli castani erano ondulati e arruffati in un ciuffo gonfi, e la pelle del suo viso era rosea e morbida, tutta il contrario di quella che segnava la sua aspersione adesso, nei panni del Soldato D'inverno.
Con naturalezza, il moro avvolse Steve sotto braccio e lo costrinse a poggiarsi sul suo collo, ridendo dolcemente e baciandogli la testa.
Il capitano era pietrificato, un misto fra gioia e malinconia, quasi sul punto di piangere.
L'odore di Bucky sapeva di acqua di colonia, ma quel fastidioso profumo da sciupa femmine non aveva mai dato noia a Steve. Le sue mani morbide avevano sempre lo stesso tocco delicato e protettivo, e sul suo collo la pelle era diventata d'oca non appena il respiro silenzioso di Cap si era posato su di essa.
Incredulo, senza fiatare e con gli occhi spalancati, Steve iniziò a tastare in maniera allarmata il compagno, per avere la certezza che non fosse un'illusione, ripassando a memoria la forma delle sue braccia, del suo petto, delle sue gambe, ogni tratto anatomico che migliaia e migliaia di volte aveva disegnato.
Si liberò dall'abbraccio del moro, mantenendo la distanza tra i loro visi molto corta e le mani strette sugli zigomi di Bucky, massaggiandogli le guance con i pollici.
Steve aggrottò la fronte e sorrise con gli occhi lucidi, bagnandosi le labbra e cercando disperatamente qualcosa da dire, ma Bucky lo precedette, prendendogli i fianchi ed avvicinandosi di più a lui con il bacino.
«La guerra è finita. Siamo a casa Steve.»
Il biondo scosse la testa incredulo ed incapace di parlare, come se quell'allucinazione avesse il potere di trasmettergli sensazioni tanto forti, ma privandogli di parlare.
«Possiamo finalmente amarci, nessuno potrà fermarci, staremo insieme fino alla fine.» disse ancora James.
Le mani di Steve strinsero ancora più forte il viso di Bucky, prestando attenzione a non fargli male.
«Mi hanno fatto tanto male, perché tu non sei venuto a prendermi?» stavolta il sorriso dolce di Barnes si spense, e i suoi occhi diventarono rossi e gonfi di lacrime.
Steve scosse la testa, cercando disperatamente di parlare, ma era come se le parole fossero tagliate dal suo respiro. L'unica cosa che riuscì a fare fu quella di afferrare la schiena del moro e di stringerlo violentemente al suo petto, con una tale tenacia da non riuscire a farlo andar via.
Strizzò gli occhi e immerse il viso fra i suoi capelli arruffati, sentendo il corpo sussultante di Bucky sotto di lui. I sensi di colpa lo inghiottirono, come era ormai d'abitudine. Steve pensava sempre all'incidente di Bucky, dandosi la colpa, tremando di terrore ogni volta che nei suoi incubi quella scena si ripeteva costantemente.
Treno.
Impatto.
Aria gelida.
Neve.
Urla.
Caduta.
Bucky era morto.
L'unica cosa che voleva era rimanere in silenzio e basta, anche se non riuscisse a rendersi conto che in verità quella fosse solamente un'allucinazione, si abbandonò totalmente a quel momento. Era bello sentire Bucky addosso dopo tutto quel tempo, era bello sapere che fosse vivo.
Poi Wanda spense ogni cosa, e Steve rimase da solo con le sue lacrime.

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