XXXIII. Inutile
Del tragitto da casa di Aaron a casa di Natalie non assimilo nulla, nemmeno so dire quali canzoni abbiano passato in radio. L'auto di Ben è silenziosa e mangia i tornanti a una velocità che ci permette di raggiungere il prima possibile Lara Jin evitando di schiantarci. Aaron e Ben sono in moto e ci tampinano nell'attesa di poterci sorpassare senza pericoli.
Troviamo parcheggio proprio di fronte al grande palazzo in cui abitano Natalie e Lara Jin. Percorriamo l'androne in tutta fretta e ci lanciamo verso la tromba delle scale arrancando. Tutto è buio e cupo, solo la luce della luna illumina flebilmente l'ambiente, ma non è abbastanza da renderlo meno tetro. Tuttavia, siamo diretti al portone di casa di Natalie, per cui non ci curiamo minimamente dell'aspetto sinistro dell'ingresso.
Aaron, il primo a essere piombato sul pianerottolo, seguito a ruota da Ander e le sue gambe lunghe, suona il campanello ripetutamente. Dall'interno si odono rumori di schianti e spostamenti di mobili, probabilmente Natalie sta davvero distruggendo la casa.
Quando si apre il portone appare un Greg trafelato, con i capelli brizzolati completamente spettinati e un'espressione sconvolta in viso. Non si aspettava di vederci piombare alla sua porta per cui rimane un momento spiazzato, poi si fa da parte per lasciarci entrare.
«Sono in camera» biascica solamente mentre io seguo concitata i tre ragazzi che mi precedono.
La camera di Natalie, sempre ordinata, adesso è completamente sottosopra. La scrivania è divelta e una miriade di fogli sono sparsi a terra, assieme a diversi pennelli per il trucco. Gli armadi, le cui ante sono spalancate, sono semivuoti poiché la maggior parte dei suoi abiti sono gettati alla rinfusa sul pavimento. Il letto è sfatto, la coperta giace stropicciata a terra mentre lei tiene ancora tra le mani le lenzuola nel tentativo di strapparle.
Ha gli occhi rossi e le pupille dilatate al punto da non permettere di distinguere le sue iridi azzurre; i capelli rosa, invece, sono una massa arruffata sul capo. Le nocche sono arrossate e screpolate, così differenti dalle mani curate con cui sono abituata a vedere Natalie, mentre le dita tremule stringono il candido lenzuolo tra le mani. Si lascia andare a un ringhio rabbioso quando, per l'ennesima volta, non riesce a strapparlo.
Lara Jin è di fronte a lei, le carezza delicatamente le braccia e le sussurra qualcosa che non riesco a comprendere, ma Natalie non sembra prestarle attenzione. La sua concentrazione è catalizzata su quel pezzo di stoffa che non riesce in alcun modo a rompere.
È Ander il primo a farsi coraggio e avvicinarsi a lei, le circonda la vita da dietro e la stringe a sé, facendo aderire la schiena al suo petto. Quando le posa la testa sulla spalla, Natalie emette un singulto, accartocciandosi su se stessa e lasciandosi andare alle lacrime.
Aaron le strappa il lenzuolo dalle mani per prenderle tra le sue e baciarle le nocche una per una, alimentando quel pianto che Lara Jin cerca di placare sussurrando direttamente al suo orecchio. Ben, invece, le sposta i capelli dal viso, carezzandole delicatamente la guancia.
Mi sento fuori luogo in un quadretto del genere, avverto solamente le viscere accartocciarsi e la rigidità si impossessa di me, tenendomi a debita distanza. Poi inizio a tremare senza una motivazione apparente, seguendo il ritmo dei singhiozzi di Natalie che, piangendo sommessamente, si calma.
Greg rimane sulla porta, gli occhi lucidi puntati su di loro per un tempo indefinito.
Solo quando smette di singhiozzare Ander la lascia scivolare a terra, continuando a circondarla col suo corpo e adagiando la testa sulla spalla. Adesso Natalie si asciuga da sola le lacrime, tirando su col naso e allontanando i capelli che ci sono appiccicati sul collo. Respira a fatica, in parte ancora scossa dai tremiti, e sorride mestamente alle persone che la circondano. Sorride anche a me, invitandomi con la mano a prendere posto accanto a lei, mentre deglutisce un grande groppo bloccatosi in gola.
Ha bisogno di tempo per metabolizzare ciò che è appena accaduto e la disperazione che lei stessa ha riverso sull'ambiente che la circonda, distruggendolo esattamente come deve aver sentito distrutta la sua intera esistenza.
Nessuno la sprona, nessuno si azzarda a fiatare mentre lei respira sommessamente, alla ricerca di quello stesso coraggio di cui deve essersi armata per fronteggiare sua madre. Forse teme di non averne abbastanza, ma poi cambia idea perché inizia a raccontare.
«Mia madre è venuta a casa stasera. Ha suonato al campanello e si è presentata come un'amica di vecchia data che torna a trovarti dopo tanto tempo» quasi ringhia mentre racconta ciò che è accaduto, mentre Lara Jin le carezza un braccio.
Sembra che le dita sottili e affusolate della ragazza siano in grado di calmarla, perché riprende a respirare con la stessa regolarità dei suoi movimenti.
«L'ho mandata al diavolo e le ho detto che doveva sparire dalle nostre vite, ma si è infilata in camera e ha iniziato a dirmi che non dovevo parlarle così perché è mia madre e tutte queste scemenze... Poi ha voluto ricordare i vecchi tempi» fa una pausa in cui stringe violentemente le dita di Aaron, avviticchiate intorno alle sue, «Ad esempio quando ci siamo trasferiti in questa casa e tutti e tre insieme abbiamo scelto la cameretta, la scrivania che lei e papà hanno montato per me, le lenzuola che mi ha comprato quando ormai sono cresciuta e non volevo più quelle da bambina» lancia l'ennesima occhiata carica d'odio alla stoffa abbandonata al suo fianco e chiude gli occhi per trattenere le lacrime.
Sento il sangue ribollirmi nelle vene di un sentimento nuovo, un livore mai provato prima nei confronti di una donna che nemmeno conosco, ma che ha avuto il potere di distruggere la persona che dovrebbe amare di più al mondo.
Mia madre non è stata l'emblema dell'affetto, ma sicuramente mi ha fatto avvertire la sua presenza costante in maniera diversa, talvolta persino fastidiosa per me. Tuttavia, sono consapevole che il sentimento che ci lega è impossibile da recidere, per quanto entrambe spesso tiriamo troppo la corda.
La madre di Natalie, invece, ha preferito abbandonare la sua famiglia per un motivo che non voglio nemmeno conoscere, perché mi basta osservare i frammenti dell'anima della mia amica riversi sul pavimento, schegge luccicanti a zampillarle dagli occhi, per comprendere che quel cristallo prezioso è stato reciso irrimediabilmente.
È solo livore quello che avverto scorrermi nei vasi, non c'è più traccia di sangue. Il cuore pulsa per inerzia e irrora il mio corpo di sconcerto e irrequietezza. Inutile, ecco come mi sento, perché non è possibile raccogliere tutte le schegge e i frammenti per ricostruire un cristallo intatto.
Ci si può graffiare, si sanguina nel tentativo di rimediare all'irreparabile, col solo scopo di lenire l'anima in frantumi di chi non dovrebbe mai soffrire per l'abbandono di una madre, figurarsi vederla riapparire dopo anni e scoprirla pretenziosa di riallacciare i rapporti dopo l'immenso vuoto che ha lasciato.
Benjamin le lascia qualche bacio sulla spalla, scoperta a causa della bretellina della canottiera che indossa e che è scesa e lambirle il braccio. Ha gli occhi spenti e cupi, ma non può immaginare la battaglia che si sta combattendo nella testa di Natalie. Solo lei può dire quanto sia stato difficile mettere a tacere quella parte di sé che anelava la presenza della madre, soppiantarla dalla rabbia e dall'astio verso colei che ha scelto di andarsene senza mai voltarsi indietro.
E d'un tratto mi sovviene un nuovo timore, il dubbio che Natalie non sia l'unica ad essersi riversa su questo pavimento. Dietro di lei, il capo poggiato mollemente sulla sua spalla e le mani saldamente ancorate al suo ventre, per circondarla e infonderle tutto il sostegno di cui ha bisogno, c'è Ander.
Ander, che non parla mai del padre. Ander, che solo poche ore fa ha riservato per lui parole al fiele. Ander, che è divenuto un blocco di cemento non più malleabile, sciogliendosi solamente sotto alle mie dita pallide.
Nonostante abbia il capo chino posso immaginare le sue iridi spente, quel nocciola allegro e irreverente sostituito da un colorito banale, scialbo, cupo; dubito stia piangendo, ma probabilmente ha gli occhi lucidi. Nessuno gli presta attenzione, tutti gli sguardi sono calamitati su Natalie e la posa scomposta con cui è adagiata sul pavimento, accartocciata su se stessa nel vano tentativo di potersi inghiottire.
Non oso toccarla perché non voglio lacerare quel delicato equilibrio che si è instaurato tra i suoi respiri cadenzati e le carezze amorevoli di Lara Jin, la cui mano, instancabile, continua a disegnare ghirigori sul suo braccio.
Mi avvicino invece ad Ander, un movimento impercettibile che ha la facoltà di sconquassarmi il petto. Dovrei smetterla di avvicinarmi a lui e fuggire, dovrei porre dei limiti e rispettarli io in primis, ma se si tratta di lui il mio corpo smette di agire razionalmente.
Perdo il controllo delle mie azioni, il cervello va in cortocircuito e il sistema nervoso enterico prende il sopravvento – come se fosse davvero possibile, poi, lasciarsi governare letteralmente dai sentimenti di pancia.
Quasi mi aspetto di tremare, invece la mia mano è ferma quando si solleva dalle mie cosce, su cui era mollemente adagiata, per poggiarsi sul ginocchio di Ander. Sussulta al mio tocco, inspira un grande quantitativo d'aria e volta appena il capo, quel tanto che basta per puntare i suoi occhi nei miei e farmi mozzare il respiro, ancora.
Solo Natalie coglie quel cambiamento, sentendo le braccia di Ander rilassarsi e il capo ruotare. Le basta spostare leggermente lo sguardo per captare la mia vicinanza e ricondurla a quei movimenti di Ander, ma evita di voltarsi per non attirare anche l'attenzione degli altri.
Stira le labbra in un sorriso di circostanza, estende il capo e trovarsi alla stessa altezza del ragazzo che la circonda e lasciargli un bacio sulla guancia mentre con la mano libera gli stringe il polso in un monito silenzioso.
«Io ci sono» gli sta dicendo, e dal modo in cui sorride anche lui deve aver recepito il messaggio.
Quando Natalie alza lo sguardo sull'orologio da parete le lancette segnano le undici spaccate, così la ragazza si affretta a liberarsi dalla stretta dei suoi amici e rimettersi in piedi, invitando gli altri a fare altrettanto.
«Grazie per essere venuti» esordisce, prendendosi qualche istante per osservare ognuno dei presenti negli occhi. Quando è il mio turno percepisco di nuovo quella sensazione di livore e inutilità che mi ha accompagnata da quando ho messo piede in questa stanza.
«Si sta facendo tardi, è meglio se tornate a casa» ci invita sorridendo mesta, carezzando la guancia di Ander che sembra il più restio a lasciarla sola in queste condizioni.
«Mi fermo io con lei, la aiuto a sistemare» si intromette Lara Jin, frenando sul nascere le proteste di Aaron. Nessuno vorrebbe lasciarla sola, ma forse un po' di solitudine è ciò di cui avrebbe bisogno per riprendersi del tutto dopo aver raccattato i pezzi.
«Vi do una mano» pronuncio prima di rendermene conto, tradendo quella considerazione maturata solo pochi istanti fa. È vero, Natalie ha bisogno di stare sola, ma in un ambiente che le doni la giusta tranquillità, non nel caos dell'uragano che ella stessa ha scatenato.
Benjamin è già pronto a mettere via le chiavi dell'auto, con cui stava giocherellando fino a pochi istanti prima, ma è Natalie a fermarlo.
«Ragazzi, davvero, andate... Anche voi due» si rivolge a me e Lara Jin con uno sguardo duro, ma la sua amica fidata non è per nulla intenzionata a darle ascolto.
«Io e Hilda ti aiuteremo a mettere in ordine, poi lei si può fermare a dormire da me così Ben non deve tornare a recuperarla» sancisce risoluta, inghiottendo nelle sue iridi qualunque protesta di Natalie, che si limita a sospirare.
Mentre sta per uscire dalla stanza, Ander lancia un'ultima occhiata nella mia direzione. Confesso che quel gesto ha il potere di scuotermi – d'altronde qualsiasi cosa lui faccia è in grado di regalarmi una scarica di scosse elettriche che mi rinvigorisce – ma entrambi sappiamo che non è il momento né il posto adatto per discutere.
A questo punto credo che il momento non arriverà mai, e quasi mi crogiolo di fronte a quella evidenza, prima di riprendermi del tutto. A casa di Aaron aveva tutta l'aria di voler chiudere la questione una volta per tutte, senza più possibilità di ritornare sull'argomento, e in parte gliela devo qualcosa di definito, qualcosa che non lo faccia rimanere sempre sospeso sul filo del rasoio, tra le mie parole che lo respingono e i miei gesti che lo ancorano a me
Tuttavia, lui mi sta chiedendo qualcosa a cui io stessa in primis non so rispondere, mi domanda motivazioni circa i comportamenti che ho sempre adottato, forse ignorando che non ne conosco di diversi. Come dovrei rapportarmi a una richiesta del genere? Meglio tacere.
E va bene così, perché io non ho assolutamente nulla da dirgli.
Vi avevo promesso che avrei pubblicato presto e dunque eccomi qui 🦋
Può sembrare un capitolo di passaggio ma spero di aver evidenziato il legame che c'è tra Natalie e Ander e l'amicizia che lega tutti loro ✨
Hilda convintissima che non abbiano nulla da dirsi 🙄 Meno male che Ander non la pensa allo stesso modo 🙊
Ecco cos'è successo tra Natalie e la madre, che il rapporto fosse burrascoso era già chiaro, ma stavolta lei non ce l'ha fatta a incassare e basta...
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, come al solito il prossimo arriverà venerdì 🧚🏻♀️
Luna Freya Nives
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