Una fiammella ostinata al vento

Solo Gash poteva essere in grado di trasformare qualcosa come un giro in moto al tramonto avvinghiato a Monn in un'esperienza angosciante.

«Entriamo?» gli chiese il suo autista, appena fermata la moto davanti all'edificio in corrispondenza delle coordinate dello scambio.

«Abbiamo altra scelta?» chiese, più a se stesso che all'altro. Controllò il cellulare un'ultima volta, leggendo gli ultimi messaggi di Rix e Cam, il primo raccontava di come avesse convinto Melvyn ad accompagnarlo, inventandosi che si trattasse di "un ritrovo di giocatori di Dungeons and Dragons che avevano preso le cose troppo sul serio", mentre la seconda lo informava del suo imminente arrivo.

«Fai strada» si riprese il casco Monn, avviandosi invece per primo verso la struttura. Dall'esterno sembrava una normale casa dell'aria residenziale del quartiere di Romford. Forse solo più isolata dal resto. L'intonaco esterno stava assumendo tonalità violacee, a causa delle ultime luci del giorno, e gli scuri delle finestre erano tutti chiusi, completando l'atmosfera di casa vuota. I brividi della sua schiena non sembravano essere d'accordo con l'ultima affermazione.

«Aspetta, prima che... Ci addentriamo, forse è meglio che tu sappia una cosa» lo fermò. Stava rischiando la sua vita per loro, l'onestà era il minimo. Monn lo guardò confuso, ma non fece un altro passo verso la casa. «La profezia che vogliono, non la conosco. Nel senso, la conoscevo, ma...».

«Ma al momento non la ricordi» concluse per lui la sua guardia del corpo, inspirando rumorosamente dal naso. Sporse le labbra, per poi domandare: «Posso sperare in un piccolo piano alternativo per riprenderci Gash?».

Frode si passò una mano sul collo a disagio. Come se non fosse sufficiente il dover affrontare qualcuno in grado di controllare i propri avversari, stava andando incontro a eventi a lui completamente nuovi e sconosciuti. Si sentiva sprovvisto di punti di riferimento, alla stregua di un esploratore equipaggiato di una Tabula Rogeriana. I confini e gli spazi vagamente familiari e riconoscibili, ma non abbastanza da aiutarlo a direzionarsi.

Da una parte l'arrivo dell'irlandese era una fonte di preoccupazione non secondaria, come fenomeno a sé stante, ma il motivo della sua insonnia, della sua nuova e ancor peggiore insonnia, consisteva nel non essere in grado di ritrovarsi. Aveva speso giorni e notti cercando di trovare qualcosa nelle sue memorie scritte, non fidandosi dell'accuratezza dei suoi ricordi, eppure in nessuno di essi il copione sembrava mutare. Il conto alla rovescia era iniziato, non era solo una sua paranoia, eppure, forse per la prima volta, la storia aveva preso una piega diversa.

I maghi di sangue erano una minaccia infida, un avversario silenzioso e pericoloso. La loro abilità di manipolare a loro piacimento le abilità di chiunque possedesse la magia e la loro resistenza fisica sovrumana, gli avevano permesso in passato di mantenere il loro mondo in una pace cristallizzata, punendo chiunque osasse smuovere quel precario equilibrio. In cima al castello di carte si trovava la sacerdotessa, il cui solo nome era in grado di placare e intimidire il più violento dei ribelli.

Solo l'avverarsi di una profezia, opera del lavoro combinato di immortali e alcuni maghi di sangue stessi, aveva permesso la fine del suo controllo, eliminandola e portando con sé l'inizio di una guerra intestina per il comando, permettendo al resto del mondo di alzare finalmente la testa.

«Tu sei nato per assicurare una successione a un regno, io per uccidere qualcuno e trasformare l'ordine in caos».

E ora, in netta inferiorità numerica e senza Lante, Frode avrebbe dovuto affrontarli. Poteva solo sperare in Rix. Non che avrebbe potuto realmente aiutarli, fisicamente parlando, tuttavia la sua abilità nel trovare vie d'uscita da situazioni impossibili era seconda solo a quella del loro zio paterno, conosciuto alle feste per raccontare sempre il solito aneddoto di come fosse riuscito a negoziare la sua libertà, dopo essere stato catturato da un gruppo di terroristi. La loro identità ancora ignota, la sua famiglia non era conosciuta per avere delle storie complete o con un finale. La sua situazione corrente ne era la prova, dopotutto.

«Penso che mio fratello abbia in mente qualcosa, non sono sicuro che sarà efficace» ammise, guardando la strada vuota oltre loro. Non era sicuro che coinvolgere Melvyn fosse stata una buona idea, dubitava che la scelta di Rix fosse dipesa principalmente dal loro legame di amicizia, rispetto al fatto che una persona sprovvista di magia sarebbe stata meno facilmente individuabile dai maghi di sangue, in grado di percepirne la presenza a miglia di distanza.

«Senza offesa per tuo fratello, ma anche io ho qualche dubbio» inspirò rumorosamente Monn, scuotendo il capo, «In sintesi, siamo senza speranze, risorse e piano d'azione... Ho passato di peggio, andiamo» si attivò improvvisamente, facendogli cenno con due dita di seguirlo. Domandandosi per l'ultima volta se Gash ne valesse davvero la pena, scrisse agli altri della sua decisione di entrare e poi si diresse verso la sua imminente fine.

La porta si aprì ancora prima che potessero bussare o suonare il campanello, rivelando un corridoio spoglio e un piccolo salotto a destra, con mobilio coperto da lenzuola chiare. La privazione di qualsiasi fonte di luce regalava all'ambiente un gioco di colori freddi e scuri. Un tocco impersonale a una casa abbandonata. Monn annusò l'aria, portando il suo sguardo verso le scale alla loro sinistra. Come se lo avesse evocato, un rumore di passi spezzò il silenzio. Il motivo per il quale avessero concesso loro la cortesia di annunciarsi gli sfuggiva. Ciò che però lo mise sull'attenti fu la crescente sensazione di staticità nell'aria, come se una tempesta dovesse scoppiare da un momento all'altro.

«Siete in anticipo» li salutò una figura, avendo cura di rimanere nel triangolo di oscurità fitta che regalava la parete laterale alle scale. Gli abiti scuri che indossava contribuivano solo al celare la sua identità. La voce era familiare, un timbro poco profondo, con vocali tirate e musicali, in un ritmo leggero, canzonatorio.

«Abbiamo interrotto il tè?» si informò innocentemente Monn, alzando quattro dita dietro la schiena. Due persone dovevano essere rimaste al piano superiore, sperando che il terzo fosse Gash.

«Niente arciere oggi? O forse avete finalmente smesso di nascondervi dietro ad altri» si informò, scendendo un gradino e rivelando una figura non particolarmente alta, maschile e dai lineamenti definiti. Il volto era coperto quasi interamente da una bendatura, aperta solo in corrispondenza degli occhi e della bocca. Frode collegò finalmente la voce: era lo stesso che li aveva inseguiti quella notte al Raptor, il sopravvissuto dei due.

«Se voi giocate sporco, perché non dovremmo farlo anche noi?» rispose Monn per lui.

L'altro li ignorò, per passare la mano su una parete, facendo sbattere la porta alle loro spalle. Un leggero soffio gli fece notare dei sottili fili appena sopra la sua testa. Degni dei migliori prestigiatori. Non sapeva se essere rincuorato del fatto che dovessero ricorrere a trucchi, o chiedersi quanti altri ne avessero in serbo. E quanto letali.

«Dov'è l'immortale?» domandò quindi, raddrizzando la sua postura. Non voleva dargli la soddisfazione di mostrarsi spaventato.

Il loro interlocutore piegò il capo di lato, incrociando le braccia al petto.

«Gli inganni sono l'arma dei deboli e dei codardi. Potete accusarci di molte cose, ma non di queste» li gelò, «Il vostro amico è al piano di sopra, come promesso. I miei fratelli ve lo consegneranno non appena avremo avuto quanto pattuito» iniziò a voltarsi, per tornare da dove era venuto.

«Nulla ci garantisce che, una volta usciti di qui, voi ci lascerete andare» osservò Monn, spostandosi lentamente a destra, come se volesse coprire la visuale dell'altro su Frode. Apprezzava il sentimento, ma non aveva bisogno di altri per combattere le sue battaglie.

Il bendato interruppe la sua ritirata verso il piano superiore. Li guardò di profilo.

«Quènes, non è nei nostri scopi ostacolare il vostro operato» soffiò, con un tono stanco. Forse la prima emozione che aveva lasciato trasparire.

«Avete dei modi strani di dimostrarlo» rifletté Frode, poco convinto delle parole dell'altro. Non aveva un solo ricordo di loro in cui non avesse dovuto lottare per la sua vita. Forse uno, ma era un'eccezione di cui non avrebbe voluto parlare affatto.

«Dubito che voi altri possiate realmente comprendere il nostro operato» replicò l'altro, come in automatico. Strano, era sicuro che i maghi di sangue non si sentissero in dovere di dare spiegazioni a nessuno. Nemmeno a loro stessi, il più delle volte.

«Vero, ricordami in cosa consiste esattamente? Sono indeciso tra il termine tortura e violazione dei diritti umani, non che a voi importino quelli» gli rispose Monn, acido. Che Grace lo avesse messo in guardia anche da loro? O era una conoscenza di prima persona?

«Non è nemmeno colpa loro, in fondo. Insomma, se l'unico scopo della tua esistenza è mantenere l'equilibrio a qualsiasi costo, anche io svilupperei una certa vena sadica nel farlo» gli tornarono in mente le parole di Chimo, attutite dal braccio su cui aveva appoggiato il capo per riposarsi. Scacciò l'immagine dalla sua mente, non era il momento di distrarsi.

«Solo se mi ricorderai perché dovrei dare spiegazioni a voi-» si interruppe improvvisamente, spostando prima il capo verso l'alto, per direzionarlo prontamente alla sua destra e cambiare nuovamente angolazione. Sembrava stesse inseguendo una mosca fastidiosa. Dopo pochi attimi, si ricompose, dedicando loro la sua completa attenzione. E furia, a giudicare dall'improvviso bagliore rossastro dei suoi occhi. «Astarìa» sibilò. Bastardi, fu l'ultimo pensiero coerente che Frode riuscì a formulare, prima di sprofondare.

Ogni parte del suo corpo sembrò attivarsi improvvisamente, fiamme in espansione sulla sua pelle, tagli e ferite continue. Un fischio assordante annebbiò i suoi sensi, mani alla ricerca di appigli inesistenti. Fino a che una forza lo tirò verso l'alto, un contrasto netto di separazione e dolore ancora dominante nel suo corpo. Un limbo senza via di scampo.

Una flebile luce davanti a sé. Sempre più lontana. Cercò di afferrarla, ma essa sfuggiva, sfuggente come l'acqua di una sorgente. La sua forma ancor più mutevole e indefinita, mentre correva immobile e disperato nel riprenderla. Le forze sembravano però abbandonarlo. Tutto gridava, tutto implorava pietà. 

Quando un oggetto lo colpì su un fianco, sbilanciando la sua precaria sospensione. Nell'attimo di tregua catturò finalmente le scintille luminose, mentre si sgretolavano nella sua presa, cadendo in una cascata di fogliame secco.

Il riprendere fiato fu uno shock, portandolo a tossire sul pavimento scuro, mentre la sensazione di tatto tornava nel suo corpo, percependo la solidità e freddezza della superficie a lui sottostante.

Riaprì gli occhi mentre attorno a lui rami e vegetazione scorrevano in un mare verdastro, in un continuo di morte e rigenerazione. Sentì, sopra il fischiare delle sue orecchie, le imprecazioni di Cam, dietro di lui, intenta a muovere le braccia in movimenti fluidi. La porta distrutta, permettendo alla luce della luna di penetrare nella stanza.

Guardò nella direzione opposta, dove il mago di sangue era intento a evitare la maggior parte dei viticci, saltando per la stanza. Il mobilio ribaltato, i lenzuoli sfatti, come la bendatura sul suo volto, che ora permetteva di intravedere una cicatrice fresca che gli deturpava il naso e la mascella contratta. Tutt'attorno resti di foglie e rami in decomposizione, mentre i nuovi germogli sembravano seccarsi sotto il suo sguardo. Improvvisamente, l'intera scena si bloccò, mentre si voltava di scatto verso le scale. Frode seguì il suo sguardo, notando una figura animale, Monn, che si arrampicava sugli scalini. Un movimento della mano del mago e il licantropo venne scaraventato sul pavimento.

Uno scricchiolio proveniente dal piano superiore diede appena il tempo a Frode di lanciarsi verso Monn, riuscendo a rotolare via, prima che una massa informe di arti umani e macerie crollasse. Il suo corpo protestò rumorosamente dopo la sua impresa, ma si costrinse a ignorarlo per alzare il capo e assicurarsi che dietro la lenta arresa della polvere bianca alla forza di gravità sua sorella fosse in salvo.

«Cam!» si fece strada una voce proveniente dal buco nel soffitto. La testa di Rix emerse per un attimo, prima di essere scaraventata all'indietro. Al suo posto si lanciò una donna esile, di cui risaltarono in una scia chiara solo i capelli color grano.

Prima che chiunque potesse reagire, colpì Cam con un calcio in pieno petto, lanciandola fuori dell'edificio. Si voltò poi verso il suo compare.

«Isquès, nária ter!» urlò, correndo fuori dalla porta. Muoviti, è urgente! Il bendato gli rivolse un ultimo sguardo sprezzante, poi si precipitò a seguirla, zoppicando appena.

Frode si concesse due secondi di numero, mentre un rumore di auto riecheggiava della strada. Con un grugnito e non poca difficoltà, si alzò, non riuscendo però a mantenere una vera e propria posizione eretta, ricurvo in avanti e appoggiato alla parete per sostenersi. Altri passi dalle scale.

«Cazzo...» sussurrò, voltandosi, certo di trovare la sua morte, o altra sofferenza. Chi vide fu invece Melvyn, con un'espressione scioccata e confusa.

«Questo non mi sembra D'n'D» affermò, facendo scorrere il suo sguardo sulla sua figura. Frode emise una risata strozzata, più per l'assurdità della situazione che per altro, e fece un passo sbilenco nella sua direzione.

«Non credo di avere il tempo di spiegare...» ansimò, «Ma ora prendi Rix, Gash e l'uomo quasi nudo qui presente e vattene» prese fiato, ringraziando che il colpo ricevuto avesse revertito la trasformazione di Monn. Un lupo non avrebbe saputo come giustificarlo. Strusciandosi sul muro, raggiunse l'uscita, senza aspettare una vera risposta dall'altro.

Cam era seduta sul prato esterno, piante e fiori che le si muovevano attorno, più arrabbiata che ferita. Una pessima idea si fece strada nella sua mente, guardando l'orizzonte verso l'unica strada che i due potevano aver preso.

«Melvyn, a ripensarci, mi lanceresti le chiavi della moto che il ragazzo ha in tasca?» sua sorella alzò un sopracciglio.

«Non sapevo sapessi guidare una moto» ribatté, scostando le piante più assillanti. Nel frattempo, l'altro gli porse quanto chiesto, per poi tornare all'interno della casa. Frode si diresse verso il mezzo di Monn, chiedendogli mentalmente perdono, con Cam al seguito.

«Guida te, dobbiamo raggiungere quei due e in fretta» le porse il casco. Non passò nemmeno una frazione di secondo, prima che lei annuisse e montò sulla moto. Una pessima, pessima idea.

Continuò a ripetersi quel pensiero come un mantra, mentre avvinghiato al cappotto rosso di sua sorella sentiva il vento sferzare sulla sua visiera. Rimanere in equilibrio, senza pesare troppo sull'altra, stava richiedendo tutte le sue forze. Ma non poteva permettersi di perdere coscienza, non in quel momento. Una volta imboccata la strada principale, erano riusciti a individuare l'auto dei due, inseguendola in mezzo al traffico notturno londinese. Non era sicuro di che direzione stessero prendendo, le aree residenziali sembrano fondersi sotto al suo sguardo, mentre le luci bianche e rosse poco aiutavano a identificare i cartelli stradali, o se i due sapessero di essere seguiti. Qualsiasi cosa avesse richiesto la loro attenzione così urgentemente, tanto da abbandonare in quel modo tutto, non poteva essere una buona notizia. Che fosse una trappola?

Una brusca frenata riportò forzatamente la sua attenzione ai suoi muscoli imploranti. Solo sua sorella poteva rispettare i semafori durante un inseguimento. Al suo gemito strozzato di protesta, gli sussurrò un debole "scusa", seguito da un trillo. Si guardarono un momento negli occhi, per poi abbassare lo sguardo verso la tasca della ragazza. Senza pensarci troppo, Frode afferrò il cellulare e rispose.

«Chi è?» gracchiò, sporgendosi maggiormente in avanti quanto ripartirono.

«Frode? Sei con Cam?» chiese suo padre, con un certo grado di confusione nella voce.

«Papà! Sì, non le rubo il cellulare da... Non credo di averle mai rubato il cellulare in realtà» sussultò alla stupidità della sua risposta, «Non che non mi faccia piacere sentirti, solo che- Cazzo!» quasi perse la presa, rischiando nuovamente la vita, a una svolta particolarmente brusca, «Intendo, siamo leggermente impegnati» concluse, riconoscendo improvvisamente la zona in cui si trovavano.

«Nulla di importante in realtà, volevo solo sentire come stava Cam. Prima mi sembrava molto agitata e sai che il tuo vecchio si preoccupa...».

Cam accelerò, riuscendo quasi a raggiungere il loro obiettivo, solo per perderlo nuovamente a una curva. Le fece segno di proseguire dritto, sapeva come recuperarli all'incrocio successivo.

«Papà, scusami, davvero, ma devo chiudere. E... Ti voglio bene, okay? Qualsiasi cosa succeda, ti voglio bene» chiuse la chiamata, mentre il rumore delle acque del Tamigi e del traffico distante venivano man mano coperte da suoni ben meno quotidiani.

«Questo sì che non lo metterà in allarme» lo rimproverò l'altra. Avevano perso di vista la macchina a causa delle numerose stradine imboccate, forse per seminarli o forse parte dell'itinerario originale.

Col molo di Woolwich in vista, finalmente capirono l'urgenza dei maghi di sangue. L'auto dei loro amici era stata parcheggiata in fretta, con le portiere lasciate aperte. I due visibili mentre correvano in soccorso degli altri. Cam ignorò bellamente le norme stradali, percorrendo la struttura. Un corpo in caduta libera la costrinse però a fermarsi. Senza pensarci due volte, Frode scese e corse verso l'attracco del traghetto, dove una figura nell'ombra si stava dedicando a umiliare qualsiasi tipo di addestramento i maghi di sangue avevano seguito. Qualcuno di loro piuttosto robusto riuscì finalmente ad atterrarla, solo per ricevere un calcio sul mento e sbilanciarsi in acqua. Anche il tentativo dei due nuovi arrivati di usare le loro abilità diaboliche di controllo degli altri, o almeno Frode dedusse fosse quello l'intento, dai gesti ampi e in tensione, risultò fallace, quando un malcapitato gli venne malamente scaraventato da forze invisibili contro.

L'ultimo gesto costò al loro alleato, il nemico dei loro nemici, una coltellata alla schiena, dalla quale si riprese assestando una potente gomitata al responsabile. Un solo altro mago di sangue era rimasto in piedi, a distanza, braccia lungo il corpo, piegato in avanti, pronto ad agire. L'avvicinarsi di Frode fermò lo scontro imminente, e il veggente si ritrovò esaminato da due paia di pozzi profondi. Uno dei quali conosceva fin troppo bene.

Era ferita, alcuni tagli sul volto e un prominente livido sulla spalla scoperta. I capelli nel più completo disordine, alcuni raccolti in una coda allentata, altri liberi da qualsiasi costrizione, che seguivano il vento. Il respiro irregolare, regalando strane nuvole di vapore al cielo notturno. Sembrava reggersi in piedi solo per mera forza di volontà, rispecchiando perfettamente come lui si sentisse in quel momento, ma la tensione del corpo e la durezza dei lineamenti contratti significavano una cosa sola. Era viva.

«Lante?».

Al suo nome, sporse in avanti il petto, aggrottando le sopracciglia. Fece scorrere lo sguardo sulla sua figura, con una chiara confusione sul suo volto. Si rivolse poi nuovamente al suo avversario, intento a studiare la situazione a sua volta. Dei rumori alle sue spalle attirarono poi la loro attenzione, mentre Cam correva per raggiungerli seguita dai fari di una nuova auto.

Un respiro spezzato, un'occhiata alle acque dietro di sé, la sua attenzione nuovamente alla scena che aveva davanti. Frode capì subito le sue intenzioni. I suoi piedi si mossero ancor prima di aver riflettuto sulla situazione.

«No aspetta!» le urlò.

Un "si fotta" trasportato dal vento fu l'ultima cosa che sentì, prima di vedere la sua figura saltare dal molo e non riemergere dal fiume. Scrutò il liquido scuro, nella speranza che qualcosa riemergesse. Forse se avesse scavalcato al ringhiera, sarebbe riuscito a controllare meglio. Non riusciva a credere che fosse scomparsa nuovamente sotto i suoi occhi, non questa volta. Si aggrappò al tubo di metallo, arcuando una gamba per superarlo.

Non si accorse di quanto precario fosse il suo equilibrio, fino a che suo fratello non lo abbracciò violentemente da dietro, per poi scagliarsi sul cemento della strada.

«E con questa, oggi è la seconda volta che ti salvo il culo» sbottò, facendo collidere il capo al pavimento. Chiuse gli occhi, regalando un'espressione provata al suo volto, più pallido del solito. Lo avrebbe attribuito all'illuminazione notturna, ma il rossore attorno agli occhi suggeriva un'altra spiegazione.

«Quella era Lante» sussurrò, ancora incredulo. Così vicina, così tangibile, eppure era riuscito a farla sfuggire. Viva, però. Non l'aveva persa, era ancora viva.

«Le persone normali ringraziano» sbuffò suo fratello, scrollandoselo di dosso. La resa meno calda di quanto avrebbe forse voluto, lasciando che il tono cedesse alla sua stanchezza.

«State bene?» urlò loro sorella, probabilmente correndogli incontro.

«Non mi dire che fare, ragazzino!» altre urla lontane, o forse a pochi piedi di distanza, ma smorzate dal vento, si unirono al rumore di passi di Cam.

«Chi ha lasciato libero Gash?» si lagnò Rix, in un mezzo singhiozzo, mentre si portava le mani al volto.

«Io sono Gashl'gwar!» continuò l'immortale, inveendo contro un povero Melvyn, ancora più confuso dell'ultima volta con cui ci aveva interagito.

Suo fratello imprecò, non curandosi di non essere sentito, per poi dirigersi verso la scena.

«Non mi potete trattare così! Io merito rispetto!».

«Va bene, sua altezza, ora entri in macchina però» intervenne, con lo stesso tono che un adulto avrebbe usato verso un bambino che protestava per non mangiare la verdura propinatagli di turno.

«Un tempo ero re! Re! Una posizione che tu non hai mai ricoperto e mai ricoprirai!» proseguì Gash, trascinando le parole peggio di un ubriaco.

Si sentì un gemito di protesta, accompagnato da molti sbuffi e tonfi, seguiti dallo sbattere di una portiera. Poi Camula entrò nella sua visuale.

«Grazie, per oggi» la guardò dal basso. Non sembrava aver riportato lesioni, tuttavia la stanchezza traspariva anche da lei. Era stata una serata pesante. Non era sicuro di come, ma i suoi fratelli lo avevano davvero salvato quel giorno. Se lo sarebbe dovuto far raccontare, anche se prima avrebbe dovuto trovare le energie e la volontà di alzarsi.

«Stai bene?» Cam si accucciò al suo fianco, accarezzandogli una guancia delicatamente. Seguì il gesto con la testa. La sua mano era fredda e morbida, un netto contrasto con i fantasmi di abrasioni che ancora scorrevano sulla sua pelle.

«Vivrò. Gli altri?» si informò, avendo di fatto abbandonato gli altri alla casa. Non si era nemmeno informato di come stessero Monn e l'immortale, prima di correre via. Rix avrebbe recuperato, conosceva suo fratello e finché avesse possedeva ancora le energie per lamentarsi, non aveva subito danni seri.

«Non sono sicura di come se la siano cavata con i maghi di sangue, ma sono ancora in un pezzo solo... Monn si riprenderà. Mi spiace non essere riuscita a fare di più» lo aiutò a mettersi in una posizione seduta, sfregandogli cautamente la schiena una volta riuscito nell'impresa.

«Sei stata fenomenale» le confessò, facendo ciondolare la testa in un'angolazione adatta a guardarla negli occhi. Lo era stata davvero.

«Se non fosse stato per questo» gli sorrise tristemente, indicando ciò che li circondava, «Dubito che ce la saremmo realmente cavata» ammise. Sollevò un braccio, interrompendo subito il movimento, per chiudere le dita in un debole pugno e alzarsi da terra.

Frode fece per seguirla, quando qualcosa di piccolo e chiaro catturò la sua attenzione. Sua sorella era intenta a monitorare Rix, per cui si sporse verso di esso, notando un piccolo tesserino argentato.

«Insomma, Gash dice che la mia magia è difficile anche per loro da controllare, ma... Non sono realmente sicura di cosa significhi» continuò l'altra, a un volume tale da permettere solo a lui di sentirla.

Prese la targhetta, notando una foto di una giovane ed espressiva Lante, poco abituata a farsi scattare foto tessera. Sembrava un cartellino con cui timbrare l'ingresso.

«Frode? Mi stai ascoltando?».

«Certo...» le rispose distrattamente.

Violante Vivas. Meunier Patisserie.

Infilò velocemente l'oggetto in tasca, senza farsi notare, e poi si alzò lentamente per raggiungere gli altri.







Ciambella198 parla a vanvera (gettatosi anche lui nel Tamigi nella speranza di ignorarla):

Buonsalve siori e siore, ancora non ci credo di essere riuscita a scrivere questo capitolo. 

Non è stata tanto la difficoltà degli avvenimenti di per sè, che avevo anche abbastanza chiari, ma il renderli e scegliere cosa tagliare e cosa includere. Questo perchè l'ottavo capitolo è importante sotto molti aspetti. Non vi dirò quali, in quanto alcuni sarebbero spoiler, altri sono ovvi e altri ancora... Saranno informazioni utili che ci serviranno più in là.

Spero vi sia piaciuto, al solito, sapete dove trovarmi per qualsiasi cosa. Nel prossimo capitolo, piccolo spoiler, cambieremo punto di vista. 

Se state leggendo di notte, chiudete Wattpad e andate a dormire. 

Alla prossima! Spero di non metterci altri mesi per aggiornare...

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