Frode diventa un piromane
Tutti i corsi di pronto soccorso concordano su un fatto: se una persona è stata vittima di un pestaggio e reduce da un colpo alla testa, la prima cosa da fare è urlargli addosso e poi stritolarla in un abbraccio così improvviso da farle nuovamente perdere l'equilibrio.
Non è così? Che qualcuno avvisasse sua sorella, perché quella era stata l'accoglienza riservatagli dopo essere stato accecato dai fari delle due auto venute a soccorrerlo. Il risultato fu una brutta caduta, la sua spalla ringraziava, e altre urla, da suo fratello.
«Smettila di fare quella faccia, eravamo giustamente preoccupati!» ulteriori urla, quello che ci voleva. Fortunatamente una infermiera gli aveva somministrato degli antidolorifici, per cui la testa non gli doleva più come quando lo avevano ritrovato. Anche il ritornato dolore alla spalla aveva iniziato a scemargli.
«Scusami, ho solo passato gran parte delle scorse ventiquattro ore incosciente e poi picchiato, ma se voi eravate preoccupati» ribatté, mentre Rix tratteneva Camula dal saltargli addosso.
«Non credo a quello che sto dicendo, ma Frode ha ragione» disse suo fratello, tornando a sistemarsi sulla sicuramente scomoda sedia di plastica accanto al lettino. Nonostante la situazione, Rix era rimasto calmo tutto il tempo. Aveva raccolto il misero ammasso di membra che era diventato dopo essere caduto una seconda volta, lo aveva caricato nella sua macchina, dicendo al suo amico di guidare con Camula, a testimonianza di quanto fosse sconvolta sua sorella per accettare passivamente di farsi quasi un'ora di macchina con il suo ex, e infine lo accompagnò per tutta la procedura di ammissione al reparto A&E del Royal London Hospital, o almeno dalla finestra il panorama gli sembrava quello di Whitechapel. Loro padre era arrivato subito dopo che lo avevano portato in quella stanza. Stava urlando e piangendo, il tutto imprecando contro il personale ospedaliero che gli impediva di entrare.
«Sono suo padre! Ne ho il diritto! Fatemi il test del DNA se non ci credete!» se Frode non fosse stato concentrato a non muovere troppo il capo per non perdere nuovamente l'equilibrio, avrebbe riso o registrato quella scena. Solo che ridere lo avrebbe portato a peggiorare le sue condizioni e il suo cellulare... Non aveva la più pallida idea di dove fosse il suo cellulare.
«Papà, smettila, lo devono sistemare e poi ci fanno entrare» aveva però sentito le proteste di suo fratello, «Sono sicuro che questa indubbiamente competente e professionale infermiera ci farà entrare appena possibile, altrimenti potrebbe sedarti, e ho già dovuto trascinare Frode di peso, non voglio ripetere il numero stanotte» forse si sarebbe dovuto offendere, ma in quel momento la morfina aveva iniziato a fare effetto e riusciva a respirare senza che l'addome lo punisse. Probabilmente si era anche addormentato.
Quando si era reso conto di essere nuovamente cosciente, i suoi fratelli erano già sistemati sulle sedie, parlando sottovoce di riscatti e assassini, mentre suo padre era appoggiato allo stipite della porta, dandogli le spalle, preso da una telefonata. Con qualcuno incredibilmente stupido, perché stava ripetendo le stesse cose per la terza volta di fila nel quarto d'ora in cui Frode aveva pian piano ripreso conoscenza.
«Io ho sempre ragione, Rix» sospirò, tornando a rivolgere l'attenzione ai suoi fratelli, «Che cosa hanno detto? Per quanto dovrò rimanere qui?».
«Il medico ha detto che ti terranno per ventiquattro ore in osservazione, prolungandole nel caso qualcosa vada storto» gli rispose Camula, stropicciandosi un occhio e spargendo il mascara, «Però hanno anche detto che per come ti hanno conciato, hai avuto una buona ripresa, e che quindi se il colpo alla testa non ha avuto ripercussioni gravi, e non le dovrebbe avere perché a quanto pare chi ti ha colpito sapeva quello che faceva, domani mattina puoi andare» concluse, con uno sbadiglio.
«Da quanto siete qui?» chiese Frode, realizzando in quel momento che fosse giorno.
«Non è importante, tu come ti senti? Credo che dovremmo chiamare qualcuno ora che sei sveglio» si alzò in piedi Rix, sgranchendosi la schiena, «Sì, dovremmo chiamare qualcuno» continuò, parlando fra sé e sé. Si passò una mano sul volto, dirigendosi verso l'uscita della stanza, avvisando loro padre con un una mano sulla spalla, indicandogli poi col pollice il lettino. Suo padre chiuse in modo frettoloso la chiamata, entrando.
«Grazie al cielo, Frode come stai?» corse l'uomo, sedendosi nel posto lasciando vacante da Rix. Suo padre era sempre stato quel genere di persona che, nonostante non si tenesse in forma, cercava di curare la sua persona e il suo aspetto quel tanto che bastava per dare l'impressione di essere ancora in grado di sostenere il peso del mondo senza bisogno di aiuto. In quel momento però, dimostrava tutti i suoi cinquantasei anni e le ore di sonno mancato, rimasto a vegliare il suo primogenito in ospedale. Non sapeva cosa lo colpisse maggiormente del suo aspetto, le occhiaie, i capelli brizzolati in disordine o la mancanza di cravatta e giacca. Forse lo aveva visto in quella condizione solo al funerale di sua madre e no, quello non era un ricordo a cui adorava pensare.
«Come mi vedi, immagino» sospirò, guardandosi la flebo sul dorso della mano, «Ma ti risponderò con più accuratezza quando l'effetto della morfina cesserà».
«Che cosa è successo?» chiese, esitante, come se si stesse preparando al peggio.
«Onestamente,» Frode fece una pausa, pensando a cosa dire, la verità era che nemmeno lui sapeva con esattezza che cosa fosse successo, anzi, non era sicuro che quello che si ricordava fosse successo e non fosse l'effetto di qualche allucinazione, «Onestamente non lo so» ammise infine, volendo rassicurarlo, ma non sapendo come. Forse era ancora in quello stato di shock che gli consentiva di rimanere calmo, trascinandolo nel panico solo in un momento successivo. O forse erano solo gli antidolorifici e la stanchezza che bloccavano una qualsiasi reazione di panico sul nascere. Perché, più pensava agli eventi del giorno precedente, e più si meravigliava di quanto fosse rimasto calmo. Nel panico, certo. Ma controllato, come se fosse stato un solito mercoledì sera e nulla di più.
Dovrà essere stata era stata l'assurdità della situazione.
«Ma non hanno... Fatto nulla di... Voglio dire, sai...».
«Papà!» intervenne Camula, scandalizzata. Se si fosse trattato di Frode o di Rix lo avrebbe anche colpito sulla nuca, ma siccome si trattava dell'uomo che l'aveva cresciuta, ricevette solo un'occhiataccia.
«Cam, tranquilla. E no, mi hanno solo... Colpito allo stomaco. E alla testa, ovviamente» si toccò la tempia, per evidenziare il concetto, accorgendosi che fosse fasciata. Forse era ancora in quello stato rimbambito, dopotutto. Un caffè lo avrebbe svegliato. Poteva assumere caffè?
«No, Frode non puoi» rispose suo padre, meno agitato. Lo aveva detto ad alta voce?
«Ovviamente questa è la tua prima preoccupazione» borbottò sua sorella, scuotendo il capo, mentre il mollettone con cui aveva raccolto i capelli scendeva sempre più in basso.
«Scusate è che... Mi sento...» cercò un termine appropriato, alzando le mani, senza però riuscire a trovare niente.
«Ovattato? Annebbiato?» propose una voce femminile, dalla porta. Voce appartenente a una donna in camice. Annuì col capo, non fidandosi di quello che avrebbe potuto dire. «È una sensazione comune, signor Rowe, non si preoccupi» affermò, avvicinandosi al letto, seguita da Rix.
«Starò così ancora per molto?» chiese, mentre la dottoressa gli alzava il capo con un tocco non delicato, ma rispetto al giorno precedente era una carezza.
«Suo fratello mi ha detto che è sveglio da vari minuti, quindi ancora non per molto» affermò, puntandogli una torcia in un occhio, «Ma lo rimpiangerà» sorrise, finendo l'esame e facendo un passo indietro.
«Avrà qualche conseguenza? A lungo termine intendo» chiese suo padre, sporgendosi in avanti, gomiti sulle ginocchia e mani intrecciate.
«Fortunatamente, relativamente parlando, ovviamente, chi lo ha colpito non ha lesionato gli organi interni, non provocando danni gravi. L'addome e la spalla le faranno male ancora per qualche giorno, ed è meglio che eviti alcolici e caffeina per una settimana» Frode grugnì, non riuscendo a trattenersi. Sarebbe stata una lunga settimana.
«Avrà bisogno di un controllo costante, quando potrà tornare a casa?» intervenne suo fratello, sorridendo alla donna.
«Sarebbe meglio» la dottoressa ricambiò il sorriso. Sul serio? Almeno al suo funerale si sarebbe trattenuto? Camula tossì, cercando di riportare l'attenzione alla situazione corrente.
«Posso occuparmene io, voi due dovete andare in ufficio e io posso tranquillamente lavorare al mio libro da casa di Frode, non è vero?» non appena sarebbe riuscito a rimettersi in piedi, gli avrebbe fatto vedere come avrebbe potuto lavorare al suo libro a casa sua, oh se gli avrebbe fatto vedere.
«Gentile da parte tua» sospirò suo padre, scettico.
«In ogni caso, per oggi rimarrà in osservazione. Dopo pranzo proveremo a farla alzare, nel caso sperimenti prima o durante sensazioni di vertigini o nausea non esiti ad avvertirci. Per qualsiasi cosa, quello è il pulsante per chiamare l'infermiere di turno» indicò un pulsante rosso sopra a un telecomando appeso alla testiera del letto, «Se non avete altre domande, tornerò fra un paio d'ore. So che eravate molto preoccupati, ma vi consiglio di andare a riposare, ora la situazione è sotto controllo, per qualsiasi cosa, sarete contattati immediatamente» si rivolse ai tre non infortunati. Camula si limitò a sbuffare in risposta, manifestando tutta la sua contrarietà. Suo padre fece per obiettare, bloccandosi, realizzando che non fosse un'idea così malvagia. Rix... Frode avrebbe voluto strangolarlo.
«Spero di rivederla al mio ritorno» salutò il medico, baciandole il dorso della mano. La donna rise, uscendo dalla stanza, mentre sua sorella fece finta di ficcarsi due dita in gola.
«Se vuoi la prossima volta mi faccio rompere una gamba, così avrai più tempo a disposizione» commentò Frode, con finta ironia. Suo fratello si limitò a roteare gli occhi.
«Tu pensa a recuperare le forze, che quando torneremo dovremo farci una bella e approfondita chiacchierata» gli rispose a tono Rix, mentre prendeva la giacca appoggiata sullo schienale di una delle due sedie.
«Una chiacchierata riguardo a cosa?» chiese Frode, emettendo subito dopo un suono di protesta. La dottoressa aveva ragione, ora che sentiva il suo corpo come liberarsi da uno stato di annebbiamento e i dolori della sera precedente tornare a farsi sentire, rimpiangeva la sensazione di prima. E aveva decisamente bisogno di un caffè. Dannazione. Cercando di non far slacciare o incastrare il filo della flebo, si massaggiò lentamente la spalla.
«Ovviamente riguardo al fatto che di prima mattina stavi parlando con Camula, poi silenzio stampa per più di dodici ore e infine ti ritroviamo in una specie di fattoria-».
«Centro di depurazione acquifero» gli suggerì Camula, vestendosi per affrontare il freddo che l'avrebbe accolta una volta fuori dall'ospedale.
«Centro di depurazione acquifero, mi scusi, a Croydon!» finì, alzando le braccia.
«Rix... Io...».
«Lo so, lo so» sospirò suo fratello, muovendo distrattamente una mano nella sua direzione, «Non sei sparito di tua volontà e ti hanno picchiato e chissà cos'altro, scusami, sono solo stanco e il peso di tutto quello che è successo mi sta crollando addosso. Ora andremo a riposarci e poi, con calma, parleremo di quello che è successo, va bene?» continuò, con tono più gentile. Frode sostenne il suo sguardo stanco, per poi annuire col capo. Suo fratello gli rivolse un piccolo sorriso, poi lo salutò sbadigliando. Sua sorella e suo padre lo seguirono a ruota, raccomandandogli di riposare e di farli chiamare per qualsiasi evenienza.
Una volta solo e senza nulla più a distrarlo o a impedirgli di pensare lucidamente, Frode si ritrovò a pensare alla serata precedente. Una parte di sé pensava si fosse trattato solo di un sogno, ma l'altra, quella meno razionale, gli diceva che tutto ciò era realmente accaduto. Eppure, era stato così strano. Non sapeva come altro descriverlo.
Prima si era svegliato in un magazzino di un centro di depurazione acquifero, poi due tipi gli facevano delle strane domande, arrivando a picchiarlo per ottenere risposte, forse anche pronti a ucciderlo, se non fosse stato per l'intervento di quel Gash, o come diavolo aveva detto di chiamarsi. Senza contare tutte quelle cose che gli aveva detto dei suoi sogni.
Frode non sapeva cosa pensare. Intanto era grato di essere ancora vivo e quasi in salute.
Come promesso, dopo un misero pranzo, provarono a farlo alzare. Solo qualche passo per non sforzarlo troppo. Per il resto, il suo pomeriggio fu occupato dalla visita di due agenti di polizia, che gli fecero domande a cui non aveva saputo dare risposta, cacciati poi malamente da una infermiera che per qualche strana ragione lo aveva preso a cuore. Anche se non aveva ceduto a portargli un caffè.
«È la sensazione di aiutare un povero cagnolino abbandonato» gli confidò Pattie, una volta assicurata che fosse ancora vivo. Aveva portato anche il piccolo Simon, cosa per la quale gli sarebbe stato grato per l'eternità.
Quando la sua segretaria dovette andare via, ormai erano passate le sette di sera, Melvyn bussò, entrando seguito da suo fratello.
Melvyn Hedley era il migliore amico di suo fratello, ex di sua sorella e una delle poche persone al mondo in grado di ammettere i suoi errori e scusarsi con sincerità. Il fatto che nessuno riuscisse a volergli male, era forse il motivo per il quale era ancora ben accetto in famiglia, anche dopo la rottura con Camula. Rottura di cui nessuno dei due aveva dato reali spiegazioni, nonostante si fosse ritrovato sua sorella in lacrime e tremante alla porta della sua camera al college alle tre del mattino. Fosse stato chiunque altro, si sarebbe trovato la faccia spaccata, ma alla fine tutti speravano che sarebbero tornati assieme, prima o poi, nonostante Camula avesse deciso di non volerlo più vedere.
Il fatto che avesse deciso di far compagnia a suo fratello e di fargli visita, non lo sorprendeva affatto. Era quel genere di brava persona. Tranne nei giochi di carte, in quelli si avrebbe trovato più pietà vendendo l'anima al diavolo che in lui.
Suo padre e Camula stavano ancora dormendo, gli disse suo fratello, spiegandogli che non aveva avuto il cuore di svegliarli. Frode si trovò d'accordo.
Contrariamente a quanto annunciato, suo fratello non gli chiese nulla riguardo al giorno prima, preferendo passare la sua visita a stuzzicare il suo amico su eventuali anticipazioni della nuova stagione di Doctor Who, mentre Melvyn gli ripeteva pazientemente che non si occupava di quella serie, che comunque il suo contratto gli impediva di lasciar traperire informazioni, e che lui più di tutti avrebbe dovuto capirlo.
Rimasero fino a quando non vennero cacciati dal personale, che gli ricordò come avvisarli nel caso avesse bisogno di aiuto e poi gli disse di riposare, spegnendo le luci.
Vedere Gash quella notte non fu una sorpresa. Ciò non voleva dire che non gli avrebbe volentieri urlato addosso per quanto riuscisse a essere irritante anche nei suoi sogni.
Si trovavano in una biblioteca, una biblioteca molto grande. Non solo il soffitto così alto che la stanza sembrava essere stata costruita per dei giganti, ma la stanza stessa sembrava non avere fine. Vedeva solo libri, scaffali e scaffali di libri.
Protese la torcia in avanti, accorgendosi che non aveva una torcia, ma era la sua stessa mano ad andare a fuoco. Mentre era intento a contemplare il suo fiammeggiante arto, un ragazzo spuntò dalle tenebre. Letteralmente, sbucò dalle ombre.
«Non sono un esperto, ma credo che maneggiare così liberamente delle fiamme in un posto pieno di legno e carta sia una cosa da non fare» osservò, sorridendogli. Lo aveva già visto in altri suoi sogni, anche se non così spesso come altri. Era alto, poco più di lui, pelle olivastra, occhi color nocciola e capelli neri. In questa versione, non aveva cicatrici visibili in volto.
«Si nota che tu non sia un esperto, Chimo» gli rispose Frode, sospirando, «Questi tomi sono forse una delle cose più indistruttibili a questo mondo» indicò attorno a sé, «Sono la materializzazione della conoscenza degli antichi, non sono semplici libri» finì la sua spiegazione, prendendo un volume dallo scaffale a lui più vicino e cercando di dargli fuoco, fallendo. Il ragazzo ridacchiò, dandogli dell'esibizionista sottovoce.
«Questa non è comunque una buona ragione per toccarli senza permesso» intervenne Gash, o una sua versione più vecchia e barbuta, strappandogli il libro di mano e riponendolo con cura al suo posto.
«Pensi anche di rincorrerci con una scopa, nel caso invadessimo la tua proprietà?» ironizzò Chimo, sistemandosi la mantella nera che indossava.
«Non siamo qui per divertimento, e nemmeno per imparare, nonostante ne avreste un disperato bisogno» li rimproverò il vecchio, rassegnato. Non sembrava felice di essere lì, probabilmente per chi avrebbero dovuto incontrare. Gli immortali non erano il tipo di persone con cui fosse piacevole parlare. A quanto pareva anche gli stessi immortali non avevano piacere di vedersi fra di loro.
«Potremmo cogliere l'occasione, c'è un'interessante sezione sulla divinazione da quella parte» indicò dietro di sé Lante, intromettendosi nella conversazione. Questa sua versione aveva i capelli corti, nessun anello in vista e una fasciatura che si intravedeva dalla scollatura dei vestiti larghi che indossava.
«Tu cosa ci fai qui?» le chiese Frode, arrabbiato. Non doveva trovarsi lì, avrebbe dovuto essere ancora a letto a riposo.
«Per prima cosa,» iniziò, alzando un dito, «Senza di me non otterrete nulla, e lo sai», alzò un secondo dito, «Non sono venuta da sola, Monn mi ha accompagnata» il "vedi come sono responsabile" era sottointeso, «E poi recupero in fretta io, sono il mostro, un motivo ci sarà».
«Se le cose si mettono male, un aiuto non lo rifiuterei» la difese Chimo, appoggiandogli una mano sulla spalla. Frode sospirò, scuotendo il capo.
«A tal proposito» riportò l'attenzione su di sé Gash, «vorranno qualcosa in cambio».
«Non possiamo semplicemente minacciarli?» chiese il moro, speranzoso.
«Puoi urlare al vento, esso non ti risponderà».
«Un semplice no sarebbe stato sufficiente, sai, vecchiaccio» borbottò Chimo, guardandosi attorno per controllare che non fossero ancora soli.
«Vedi qualcosa?» gli chiese Lante, assottigliando lo sguardo. Le iridi cambiarono colore, diventando di un rosso sanguigno, mentre modificava impercettibilmente la sua postura, tenendosi pronta a scattare in caso di bisogno.
«No, ma non avverto la loro presenza» le rispose, continuando però a ispezionare i loro dintorni.
«Sarebbe più utile potergli leggere la mente, almeno sapremmo come comportarci» osservò Frode, sentendo l'ansia salirgli. Non aveva mai amato le trattative, in particolare se si trovava nella parte in svantaggio.
«Oh, se solo avessimo qualcuno in grado di poter vedere il futuro» commentò Gash, guardandolo fisso negli occhi, con disapprovazione.
«Non è così immediata come cosa» si difese Frode, incrociando le braccia al petto, assicurandosi che il fuoco rimanesse localizzato sulla sua mano.
«Non lo sai fare?» insinuò Lante, alzando un sopracciglio. Uno strano suono lamentoso fu l'unica risposta che si degnò di darle.
«Un veggente che non è in grado di vedere il futuro è un veggente scarso» lo stuzzicò il vecchio, scuotendo il capo. Il "incompetenti" lo avrebbero potuto sentire a miglia di distanza.
«Al posto di riversare la tua disapprovazione verso il mondo su di noi, potresti, che ne so, darci un consiglio, in fondo sono tuoi simili, più o meno» venne in suo soccorso Chimo, cessando d'interessarsi all'eventuale arrivo degli immortali.
«Saprete le cose a tempo debito».
«Un giorno di questi lo ammazzo» sussurrò il moro.
«È immortale, ma capisco la sensazione» ridacchiò Lante, pensando a suo padre o ai suoi fratelli. O tutti e tre.
Furono interrotti da un rumore di passi. Numerosi passi.
Subito Chimo si posizionò dietro a Lante, la quale pose una mano sull'avambraccio di Frode, annuendogli una volta ottenuta la sua attenzione. L'avrebbero affrontata assieme.
O forse no. Pensò Frode, aprendo gli occhi.
Lo aveva sognato. Aveva sognato quel Gash. Che diavolo voleva dire?
Un pensiero improvviso lo colse. Si sedette sul letto, alzandosi la parte superiore del pigiama in modo da mostrare l'addome. Nessun livido. Si tolse completamente la maglietta, osservandosi la spalla. Stessa storia.
Si portò una mano sulla bocca. Il giorno prima c'erano. Aveva controllato lui stesso, per assicurarsi di non essersi sognato il tutto. Eppure, in quel momento, non c'era più traccia. Nemmeno quell'alone giallastro che seguiva il viola. Cosa gli avevano detto i medici? Che stava avendo una buona ripresa?
Si tastò nuovamente la spalla e lo stomaco. Non sentiva nemmeno più dolore. La testa invece era ancora fasciata. E tastando sentiva ancora la ferita alla tempia.
«Io ti ho salvato e alleviato momentaneamente gli effetti dei colpi peggiori».
«Farei qualcosa anche per la testa, ma temo di fare più danni che altro».
«Sei una creatura della magia, Frode».
Non poteva essere. Si sdraiò nuovamente, i palmi sugli occhi mentre scuoteva il capo. Non poteva essere.
Alzò una mano, ponendola parallela al suo viso. Se si tratta veramente di magia, ora tu prenderai fuoco.
Quando nulla accadde, sbuffò una risata. Per favore, la magia non esiste. Era solo stanco, provato e traumatizzato. Quel Gash era solo un pazzo che si credeva il giustiziere della notte. Nulla di più.
Con un sospiro divertito, si girò su un fianco per addormentarsi, quando il rilevatore di fumo nella sua stanza iniziò a suonare. Si alzò di scatto vedendo le coperte in fiamme.
Non ebbe il tempo di elaborare un pensiero sensato, che un infermiere entrò urlando, seguito da altri due muniti di estintore e coperte.
Il dottore di turno non fu entusiasta di visitarlo, mentre i pompieri ispezionavano la sua stanza in cerca di qualcosa che avesse potuto dare inizio all'incendio, seppur contenuto.
Una volta decretato che non avesse avuto danni causati dalle fiamme e che nella stanza non fossero presenti oggetti o materiali che avessero potuto causare l'evento, Frode li convinse ad archiviare l'accaduto, sostenendo che non avrebbe fatto causa all'ospedale, non essendoci stati danni alla sua persona o al materiale ospedaliero, eccetto la sfortunata coperta.
Al mattino successivo, sua sorella non fu esattamente dello stesso parere, ma la notizia che potesse tornare a casa la distrasse il tempo necessario per uscire dall'ospedale senza commenti sul fatto.
Rix si stabilì a casa sua, alternando le notti fra il divano e il suo letto.
«Ci stanno almeno tre persone là sopra, condividi un po' fratellone, che la settimana prossima ho un photoshoot per un'intervista e non posso certamente avere una brutta postura per il mal di schiena» si giustificò suo fratello, appropriandosi anche delle coperte.
Per il resto, la vita continuò senza ulteriori eventi rilevanti, eccetto il fatto che non si dovesse più alzare per andare in ufficio. E il fatto che continuasse a sognare quel Gash. E che potesse creare del fuoco dal nulla.
Ma almeno su quest'ultimo aspetto, era riuscito a stabilire una qualche sorta di equilibrio. Dopo l'incidente in ospedale, aveva deciso di affrontare la situazione in modo razionale e con criterio scientifico. Per prima cosa, aveva individuato un ambiente in cui poteva sperimentare senza il rischio di dare fuoco all'appartamento; ovvero la vasca da bagno. Una volta accertato che le fiamme si spegnessero con l'acqua, iniziò a cercare di capire come funzionasse quella sua nuova capacità. Concentrarsi era inutile, anzi, spesso riusciva a creare fiamme proprio quando si rilassava dopo numerose prove. In tutti i suoi tentativi però, non riusciva a controllare con esattezza quale parte del suo corpo prendesse fuoco, né come non farlo espandere, a differenza del suo sogno. Con disapprovazione, e un certo sollievo, non arrivò mai ai livelli della torcia umana. Quello non avrebbe saputo come spiegarlo.
Un secondo punto su cui cercò di lavorare, questa volta in cucina, fu quello di darsi fuoco. Elaborare il concetto a parole non è il massimo, penso appuntandolo sul quadernino su cui annotava tutti i suoi progressi... O mancanza di tali. Imparò però, a discapito di non così numerosi tentativi, che le fiamme dei fornelli e degli accendini lo danneggiavano. Spiegare a suo fratello che non erano effetti secondari della botta in testa, ma solo un incidente, fu un'impresa di cui non era sicuro di aver avuto successo.
Poteva forse biasimarlo? A ruoli invertiti, lo avrebbe portato d'urgenza a far vedere. Forse sarebbe dovuto andare d'urgenza a farsi vedere, magari assicurandosi che non fossero allucinazioni. Nonostante quello che continuava a ripetere la dottoressa, nei suoi controlli giornalieri, ovvero che stesse recuperando bene e velocemente, si sentiva come se qualcosa nella sua testa fosse mutato.
Non era in grado di descrivere a parole la situazione, ma da quando aveva avuto quel sogno nella biblioteca, e aveva poi tentato per la prima volta di ripetere quello che faceva nei suoi sogni, era come se vedesse il mondo sotto una luce diversa. Come se tutto avesse all'improvviso acquisito un senso.
Come se qualcosa nella sua testa finalmente si fosse connesso nel modo giusto, una sorta di epifania, ma la sensazione era diversa. Non c'era stato un lungo percorso o una realizzazione improvvisa, si sentiva come all'interno di un continuum. Come una lunga storia che continuava da chissà quanto tempo.
Come se lui avesse sempre potuto creare il fuoco, era solo tanto che non provava. Come non andare in bicicletta dopo anni. Lo sai fare, ma devi rimetterti in pratica per tornare come un tempo. Hai le memorie fisiche, ma devi convincere il tuo corpo a collaborare.
Lo stesso per i suoi sogni. Solo che quelli non avevano mai smesso.
Forse una visita da qualcuno bravo avrebbe dovuto farla, nonostante lo avrebbero rinchiuso a vita.
Sapeva cosa avrebbe dovuto fare, o meglio, sapeva a chi avrebbe dovuto rivolgersi per delle risposte. Ma non aveva la minima idea di come contattarlo.
Le situazioni che proponevano i suoi sogni non offrivano alcun aiuto, anzi, lo confondevano maggiormente. Sembrava in qualche modo una figura centrale, eppure non lo aveva mai sognato prima del loro incontro. In realtà, non aveva mai sognato nessuno che fosse stato fisicamente presente nella sua vita. Eccetto sua madre, ma quello... Quello non era stato un sogno facile.
Era stato poco dopo l'incidente. Perché sua madre morì in seguito a un incidente stradale. Eppure, per settimane nei suoi sogni l'aveva vista morire in ben altro modo. Erano anni che non ci pensava, ma il fuoco e quel Gash... Si aggrappò con forza al lavandino, cercando di trattenere i conati al ricordo dell'odore di carne bruciata e delle urla. Un respiro profondo, come gli avevano insegnato da piccolo.
Quando fu sicuro che non sarebbe caduto non appena mollato il suo sostegno, guardò negli occhi il suo riflesso. Che stesse impazzendo o meno, di una cosa era certo. Voleva delle risposte e le avrebbe avuto. Avesse dovuto cercare il suo misterioso salvatore fino in Antartide.
Con una nuova convinzione e forza, aprì la porta del bagno, centrando in pieno suo fratello.
«Che diavolo Frode!» gli urlò, tenendosi il naso e porgendogli il cellulare, «Tieni, è per te» gli spiegò bruscamente, afferrandolo per la maglietta e trascinandolo di peso fuori dal bagno, per poi entrare e chiudersi la porta alle sue spalle. Si sarebbe scusato più tardi.
Si avvicinò il cellulare all'orecchio, pronto a salutare suo padre o Camula, dovendosi ancora ricomprare un cellulare, quando le parole gli morirono in gola.
«Ehi, sono Gash».
Ciambella198 parla a vanvera (il quale è invece intendo ad ammirare i giochi pirotecnici di quel malcapitato che ha la sfiga di essere il protagonista):
Buonsalve damisseri e megelle, quest'oggi vi propongo il terzo capitolo
O, parlando come mangio, ho finalmente ultimato il quarto ed in buona coscienza mi sento di pubblicare questo, corretto e modificato un po' di volte.
Come al solito, se notate errori non esitate a farmelo notare. Per critiche, dubbi e commenti sapete dove trovarmi.
Se leggete di notte, staccate che domani avrete sicuramente qualcosa di importante e il sonno è fondamentale, anche se siete in quarantena. Mi raccomando, cercate di non perdere i ritmi giornalieri. Che anche se è facile cedere alla pigrizia, la routine è la vostra migliore amica.
Se avete bisogno o vi sentite giù, per ogni regione ci sono i numeri di emergenza o sostegno anche psicologico, non esitate a farvi sentire se ne avete bisogno, mi raccomando.
Spero che i miei pochi ma preziosi lettori stiano bene e in salute.
Vi saluto,
come al solito l'header scartato qui sotto (e di questo capisco il perché)
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