CAPITOLO 7

10 Agosto 2022

La notte di San Lorenzo, decidemmo di andare tutti insieme a fare un tour degli ipogei nella città vecchia.

Vidi Enea continuare a scrivere e leggere messaggi, tanto che dovetti salvarlo più volte dallo scontrarsi con altra gente. Era assente ed io curiosa.

«Ma si può sapere che succede?» chiesi infastidita.

Enea mi guardò e rimise subito il cellulare in tasca. «Niente!»

Sorrisi. «Di solito sono le donne che rispondono così, però dietro quella parola c'è tutto un mondo.»

«Giuro, non c'è niente.» continuò ad asserire con veemenza.

«Delfino, sono la tua migliore amica, a me puoi dirle certe cose. Si tratta di Crudelia?» chiesi, ma lui glissò.

Continuò a guardare fisso davanti mentre camminavamo, poi la guida annunciò che avremmo visitato l'ipogeo di Palazzo Baffi e io mi illuminai aggrappandomi al suo mignolo. Angelica ed Ettore ci precedevano e quando Enea si rese conto della scala attraverso la quale saremmo scesi, mi analizzò, poi i suoi occhi caddero sui miei sandali.

La sua fronte s'increspò e io deglutii a forza.

«Giuro che domani vado a comprarti un paio di scarpe sportive.» disse passandomi davanti e allungandomi una mano.

Inspirai. «Lo sai che le uso per l'ora di educazione fisica e per la palestra, non sono mica come te. Sono così poco femminili.» replicai.

«Vuoi spezzarti l'osso del collo?» chiese con piglio acido.

«No, tanto ci sei tu.» sogghignai.

Quella scala impervia per scendere nel sotterraneo divenne la prima prova per me e i miei sandali appena comprati. Mi aggrappai alla ringhiera improvvisata con delle assi di legno, e scesi, mentre Enea mi teneva la mano. Arrivati nell'ambiente dell'ipogeo, avevamo ascoltato rapiti, l'ennesima spiegazione sulla storia di quelle mura, sulle quali, come in tutti gli altri, erano visibili le tracce di tutte le civiltà che avevano popolato Taranto. Una volta visitati gli ambienti dell'antica cisterna, passammo alla discesa a un livello ancora più profondo sbucando in un cunicolo basso e stretto. Qui ci ritrovammo a camminare su delle pedane che permettevano il passaggio sopra un rigagnolo di acqua dolce che portava al mare.

«Fai attenzione!» disse Enea stringendomi l'avambraccio e camminando davanti a me. Avanzava praticamente piegato in due su se stesso per via della sua altezza, cercando di fare luce con il suo cellulare, mentre Ettore e Angelica ci seguivano.

«Oddio, cosa mi è caduto in testa? Ettore, guardami i capelli!» squittì improvvisamente Angelica divincolandosi.

Ci voltammo tutti a guardarla e quando Ettore la tranquillizzò riprese a camminare abbarbicata sul braccio del suo fidanzato, terrorizzata dalla possibile presenza di creature varie.

Io invece ero emozionatissima e avanzavo rapita dalla suggestività di quei luoghi ameni dalla bellezza mozzafiato e, sapere di averli sempre avuti a un tiro di schioppo da noi, mi galvanizzava lasciandomi estasiata.

«Ari, guarda avanti e tieniti saldamente a me che già sei una frana.» mi rimproverò Enea.

«Non cado così facilmente. Ho sentito anche io la guida, so come muovermi.»

Quelle furono le mie ultime parole famose. Arrivati all'apertura sul mare, la passerella era terminata e dovevamo fare una piccola gimkana tra le rocce per poter saltare sul marciapiedi di cemento. Quando vidi il mare proprio al nostro livello e il sole arancione che stava tramontando regalando nuovi colori e nuove atmosfere, ebbi un sussulto di estasi. Purtroppo, questo spettacolo meraviglioso distolse la mia attenzione e le suole dei miei sandali scivolarono rovinosamente sulle rocce, prima che potessi uscire sulla piccola spiaggetta artificiale. Il mio piede fece una torsione innaturale e fu solo grazie alla prontezza di riflessi di Enea che riuscii a non finire di testa contro uno sperone.

Tutti si voltarono a guardare la mia totale maldestrezza, mentre io avvertì immediatamente una fitta lancinante che dalla caviglia mi risaliva fino al ginocchio.

«Accidenti a te, sapevi che saremmo scesi qui sotto, avresti potuto scegliere un abbigliamento più adatto, no? Devi sempre fare le sfilate di moda pure per andare a fare delle escursioni.» mi rimproverò Enea prendendomi immediatamente sulle proprie spalle.

Si voltò verso i nostri amici. «Ragazzi, la porto sopra, devo capire cosa si è fatta.» disse indispettito.

Ettore e Angelica annuirono, mentre la guida ci chiese se avessimo bisogno di aiuto, ma Enea era già partito per riportarmi in superficie, mentre io mi lagnavo per il dolore acuto.

Mi portò addosso fino a uno dei locali nella piazzetta, una sorta di bar che serve aperitivi di mare, in modo che potesse farmi sedere e verificare l'entità del danno. Tuttavia, più passavano i minuti, più avvertivo un bruciore intenso.

«Ti ci vorrà un'ingessatura lo sai, vero? Ora che devo partire.» disse con tono di rimprovero mentre mi teneva il piede tra le mani e mi fissava dal basso.

«Non devo mica partire io. Se devo mettermi il gesso lo farò e amen.»

«Sei una testona! Come faccio a stare tranquillo sapendo che non ti puoi nemmeno muovere?»

«Avanti Enea, non fare il melodrammatico. La gente si frattura ossa ogni giorno, non sarò né la prima né l'ultima. Non credo che mi ingesseranno fino all'inguine.»

«Sei indolente e superficiale. Dio solo sa come hai fatto a sopravvivere fino a ora.»

Mentre mi rimproverava, cercando di capire se la caviglia fosse realmente frattura o meno, sentivo le sue mani calde scivolare delicatamente sulla pelle e rabbrividì quando le avvertii salire verso il ginocchio. Allo stesso tempo cercavo di sopportare il dolore lancinante e mantenere un certo autocontrollo.

«Non sono morta fino a ora e non intendo farlo a breve. Ora potresti gentilmente finirla di fare il dottore e andare a chiedere se hanno del ghiaccio, piuttosto?» dissi con tono fermo, aggrappandomi allo sgabello.

Enea si rimise in piedi, poggiando il mio piede delicatamente sulla scarpa. Era diventato già enorme.

Sparì all'interno del locale e tornò dopo qualche istante con un sacchetto di ghiaccio, poi si inginocchiò nuovamente davanti a me tenendomelo sulla caviglia finché non ci raggiunsero anche gli altri. Passammo tutta la notte al pronto soccorso, seduti su delle scomodissime poltroncine, di cui alcune rotte il giorno prima durante una rissa, come ci riferì uno degli inservienti con la parlantina facile. Enea mi teneva stretta al suo petto, mentre io cercavo di dormire per anestetizzarmi dal dolore che era diventato insopportabile.

Lo vedevo mentre chattava con qualcuno, ma non avevo la forza di chiedere nulla, fu lui a spiegarmi. «Ettore voleva sapere se ti avessero già visitata. Ha detto che Angelica ti ha inviato quattro messaggi e che stava entrando in panico.»

Mugolai. «Non me ne frega un cazzo, in questo momento, veditela tu.» dissi stringendo gli occhi e aggrappandomi ancora più forte al suo braccio.

«Ok, volevo solo avvisarti che i ragazzi si stanno preoccupando e che, insomma, stavo chattando solo con Ettore.»

In uno sprazzo di lucidità sollevai la testa dal suo petto e lo fissai. «Enea, siamo al pronto soccorso, probabilmente ho una caviglia fratturata, sto sentendo un dolore assurdo, cosa vuoi che me ne freghi con chi cazzo stai chattando?» dissi caustica, ritornando poi ad affondare la testa nel suo petto.

Enea grugnì, ma io ero troppo scombussolata per dare peso a quelle sue reazioni.

«Mi dispiace di averti rovinato la serata.» borbottai mentre tenevo gli occhi chiusi per trattenere il dolore.

«Non fa niente, non è stata colpa tua. Era già nata rovinata.»

Alzai la testa per guardarlo. «Che vuoi dire?»

«Niente piccola, niente. Ora, la cosa più importante è capiamo cosa ti sei fatta.» disse accarezzandomi la testa.

«Delfino!»

«Dimmi.»

Erano giorni ormai che le parole di Angelica mi torturavano e la curiosità era diventata insopportabile. Sentivo ancora le sue mani scorrere sulla mia pelle mentre cercava di capire cosa mi fossi fatta al piede.

Cioè uno non ti accarezza il piede per capire se te lo sei fratturato, né sale fino a metà polpaccio, che c'entra? Smettila Ari, Enea è così, lo è sempre stato. Ma ora rompe le palle pure per come mi vesto. È giusto! Con tutto quello che si sente in giro, non è tranquillo se sa che te ne vai a spasso vestita in modo provocante. Smettila, lui non ti guarda proprio, ha altri pensieri, tu sei praticamente un foruncolo che gli è cresciuto sul culo e che si deve tenere a forza. Ma che cavolo! Però è davvero... No, non lo pensare nemmeno, è Enea, punto e basta.

Dopo aver fatto la radiografia, passammo dall'ortopedia e lì trovammo un dottore di turno molto giovane e anche abbastanza carino.

«Ok, signorina Valenti, hai solo una distorsione, sei stata fortunata. Una quindicina di giorni e sarai come nuova.» disse il dottore mentre mi fasciava il piede. «Continua a prendere gli antinfiammatori, mi raccomando.»

«Grazie.» dissi stringendo i denti.

«Con queste caviglie sottili è facile che possa accadere, ma dall'altra parte hai una buona elasticità dell'articolazione. Ci sono donne che ammazzerebbero per avere le tue caviglie.» dichiarò lanciandomi un'occhiata che mi fece sussultare. «E non solo quelle, temo.»

Poi si alzò in piedi e aiutò me. «Avanti, sei pronta per tornare a casa. Ci vediamo tra quindici giorni.» disse.

Buttai fuori l'aria con forza. «Grazie dottore, conterò i minuti.»

Enea si voltò di scatto verso di me e mi fulminò. «Ari!»

Il dottore scoppiò a ridere.

«Che ho detto Grizzly? Stacci tu quindici giorni con un piede così, senza poterti lavare o fare il bagno. Che palle!»

Il dottore prese la parola. «E io che mi ero illuso fosse per me!» ridacchiò.

«Dottore, non me ne voglia, ma questa situazione altera il ph del mio corpo.» dichiarai fissando Enea in tralice.

Il dottore si portò una mano alla bocca per trattenere le risate. «Ho capito benissimo, signorina Valenti. Beh, deve essere uno spasso stare con te, il tuo ragazzo è particolarmente fortunato.» disse guardando Enea.

Enea si schiarì la voce. «Infatti!» disse, facendomi uscire gli occhi fuori dalle orbite.

«Ma che cazz...» squittii.

Quella volta fu Enea a incenerirmi. «Muta, ché hai già fatto abbastanza danni per stasera. Ce la fai a mettere i sandali per uscire?»

«No, mi pare ovvio!» risposi acida.

«Perfetto, domanda pleonastica.» disse per poi sollevarmi da terra.

«Se hai la macchina qua vicino puoi usare una delle sedie a rotelle dell'ospedale, ma poi la devi riportare indietro.» aggiunse il dottore rivolgendosi a Enea.

Enea si voltò di scatto e cercò di essere un po' più gentile. «Non c'è problema, non pesa niente per me e poi sono abituato.»

«Che fai, sollevi fanciulle tutto il giorno?» chiese per allentare la tensione.

Ti prego, non scoppiare. Resta calmo.

Enea replicò con un sorriso sornione. «No, sollevo acqua per sei, otto chilometri al giorno, ma ci sono giorni che lo faccio anche due volte. Credo che un peso come Ari, sia nulla in confronto, giusto dottore

«Complimenti, suppongo si stia preparando per le olimpiadi.» chiese.

Enea si fermò nuovamente e sospirò rumorosamente. «Ci provo, ora, se non le dispiace, dottore, vorrei portare la mia ami... ehm la mia fidanzata a casa. Buonanotte e ancora grazie.»

«Dovere!»

Quando fummo fuori dall'ospedale, Enea mi fece salire in macchina e poi entrò anche lui, ma prima che mettesse in moto. «Riesci a farmi saltare i nervi anche in situazioni simili.» borbottò partendo.

«Che ho fatto?»

«Niente, niente.»

«Perché hai detto a quel dottore così gentile che ero la tua fidanzata?» chiesi.

Enea si pizzicò forte la radice del naso e strinse forte gli occhi. «Ma non ti sei resa conto che ci stava provando con te? Eri una sua paziente, che razza di professionalità è questa? Sarebbe da denuncia.»

«Enea, Enea, Enea, calmati. Non è successo niente. Ma ti pare che mi metto a fare la cretina con un tipo simile? E poi non è vero che ci stava provando con me. Andiamo, ma mi hai vista bene, cioè sono un completo disastro.»

Sospirò e si guardò il polso dove aveva l'orologio. «Che ore sono? Ah, sono appena le due e mezza e tecnicamente siamo già al giorno dopo, quindi questa ennesima stronzata la possiamo considerare del sabato, giusto?»

«Ma che stai dicendo Delfino? Oddio che sonno che ho.»

Mi guardò e sorrise. «Sei un terremoto, una spina nel fianco, un foruncolo sul culo, ma non potrei mai fare a meno di tutto questo, perché tu arrivi nella vita della gente e la incasini in un modo assurdo e...» si bloccò quando ricaddi con la testa sulla sua spalla.

«Delfino secondo te, non sarebbe abbastanza assurdo se io e te stessimo insieme?» chiesi.

Silenzio.

«Già, come immaginavo, lo trovi assurdo anche tu. Ma io sono stanca della gente che mi dice questa stronzata. Anche Angelica, sai? Lei è proprio fissata con questa cosa. A volte vorrei essere maschio, credimi. Sarebbe tutto diverso, più semplice, però poi penso che non me ne frega un cazzo di ciò che pensano gli altri, perché in fondo, ciò che è importante veramente è che io e te stiamo bene così ed è questo che fa invidia agli altri. Dio che sonno infinito, ma che mi ha messo in vena quel dottore?» dissi sbadigliando vergognosamente.

Silenzio.

Mi voltai verso Enea e lo vidi che stringeva il volante della macchina e fissava la strada fin troppo concentrato, mentre la mascella pulsava incessantemente. Ebbi un sussulto.

«Delfino?»

Mi guardò un istante e poi tornò a fissare la strada.

«Scusa Ari, ho sbagliato a dire così a quel dottore. A volte fai diventare impulsivo pure me.»

«Non ti preoccupare, comunque non era il mio tipo e non ero in vena di flirtare con nessuno.»

Ritornammo a casa e io ero sfinita.

Di colpo sollevai lo sguardo al cielo. «Non siamo neanche riusciti a vedere le stelle. O meglio, io le ho sentite più che viste, ma va bene lo stesso.»

Enea scoppiò a ridere e mentre mi sosteneva tenendomi il fianco, si mise a osservare il cielo con me. «Sai cosa significa desiderio?» mi chiese e io mi voltai verso di lui in attesa.

«No, ma so che mi illuminerai

«De-sidera. Mancanza. De è una particella negativa. Nell'antichità si pensava che quando cadevano le stelle che poi erano frammenti di meteoriti, queste proiettando quel loro bagliore, permettessero agli uomini di entrare in contatto diretto con Dio. Alcuni dicono addirittura che quelle stelle fossero messaggeri celesti inviati ad ascoltare le preghiere dell'umanità. Desiderare significa più o meno, giù dalle stelle, e noi cosa desideriamo Ari? Ciò di cui siamo privi, qualcosa che ci manca e che se potessimo ottenere ci farebbe stare meglio.»

Enea spostò lo sguardo su di me e sentii la sua presa farsi più vigorosa.

«Cosa desideri Delfino?» chiesi.

«Se te lo dicessi non si avvererebbe.» sorrise.

«Ok, ok.»

«Alla fine desiderio e amore diventano la stessa cosa. Eros o Amore che dir si voglia, significa proprio mancanza. Eros non era un dio ma un demone, un intermediario tra gli dei e gli uomini.»

«Ma che dici? Cupido era un dio, cioè lo sanno tutti.» dissi.

«Secondo Platone Eros era figlio di Poros, ricchezza, e Penìa, povertà. Questi due amanti si ritrovarono alla festa per la nascita di Afrodite, ecco perché si dice che Eros sia figlio di questa, ma era tutt'altro che dio della bellezza. Tuttavia diventa personificazione della filosofia che è continua ricerca del sapere. Così Eros è desiderio di conoscenza e l'amore è desiderare l'altro che è parte di noi, quella parte da cui siamo separati. Ari, l'amore non è possesso, il desiderio non è semplicemente qualcosa di carnale. Una mano funziona lo stesso senza l'altra, ma insieme fanno di più. Un occhio vede ugualmente senza l'altro, eppure insieme riescono a vedere il mondo in modo diverso. L'amore non è completarsi, perdere l'individualità, ma cercare l'unicità del proprio essere unità distinte e affini. Amarsi significa scoprire la follia dell'altro e invitarlo a conoscerla.»

Improvvisamente, non riuscivo a guardarlo negli occhi. «Che ne dici se entriamo, la caviglia mi fa parecchio male.»

Annuì.

Quando arrivammo al nostro pianerottolo, lo vidi preoccupato. «Vuoi che resti con te? Magari per andare in bagno. Non sarà una notte facile.» sussurrò.

«Se mio padre ti trova in casa a quest'ora ti ammazza e poi ammazza me! Già ho dovuto pregarlo di non venire in ospedale. Ora mi farà il terzo grado.» risposi zoppicando fino alla porta di casa.

Vidi Enea pensieroso. «Facciamo così, dopo che avrai discusso con tuo padre sull'accaduto e sarai finalmente in camera tua, mandami un messaggio. Magari chiudi la porta a chiave così non c'è pericolo che possa entrare.»

«Non fare il rompicoglioni. Non mi sembra il caso. Mio padre non è come i tuoi. Si accorgerebbe subito che c'è qualcuno nella mia stanza.»

«Beh, l'ultima volta non se n'è accorto.» sorrise.

«Enea, sono io che di solito vengo da te, proprio per questo motivo. Dai, non ti preoccupare, ce la farò. Domattina vado a prendere una stampella così è più facile. Ora fammi entrare, voglio addormentarmi prima che gli effetti dell'antidolorifico spariscano.»

Mi guardò corrucciato e poi si avvicinò per schioccarmi un bacio sulla fronte. «Chiamami se hai bisogno.»

Annuii e poi mi trascinai in casa.

Quando riuscii finalmente a infilarmi nel mio letto, quella notte, i dolori erano talmente forti che non presi sonno e mi maledissi per non aver chiesto a Enea di dormire con me.

A un certo punto udii un chiacchiericcio sommesso proveniente da fuori e feci per alzarmi per capire cosa stesse accadendo. Mi trascinai fino alla finestra, ma quando mi resi conto che si trattava di Enea, restai dietro la tenda ad ascoltare; subito però la caviglia tornò a torturarmi così mi allungai un poco verso il pouf e ci caddi sopra.

«Ero al pronto soccorso con Arianna, ok?» disse lui.

Poi silenzio.

«Una distorsione, per fortuna, comunque un casino perché partiamo domani e... »

Silenzio.

«No, non sono il suo badante, ma potrebbe aver bisogno d'aiuto.»

Silenzio.

«Eli, stai farneticando!»

Silenzio.

«Sei tu che non ti trovi bene con i miei amici. Ti avevo chiesto di venire con noi.»

Silenzio.

«Smettila di dire queste cose, non è così!»

Silenzio.

«Stronzate, Eli, sono solo stronzate. Se non volessi stare con te non ti avrei perdonato la sbandata con Matteo.»

Silenzio.

«Ah, quindi ora è colpa mia se scopi con un mio amico e poi mi supplichi di perdonarti?»

Silenzio.

«Ok, pensala come vuoi, non devo darti dimostrazione dei miei sentimenti in ogni momento, questo significa non avere fiducia. Forse dovremmo prenderci una pausa.»

Silenzio.

«No, non c'entra niente! Non ti permettere, devi lasciala stare!»

Silenzio.

«No, dannazione! Non è vero e tu non puoi giudicare il nostro rapporto, non ne hai il diritto.»

Ingoiai un bolo di saliva. Parlavano di me.

É colpa mia.

«Ma vai dove e con chi cazzo vuoi.»

Silenzio.

Silenzio.

Aveva terminato la chiamata.

Cercai di sollevarmi dal pouf e trascinandomi la gamba me ne ritornai a letto con il cuore diviso a metà. Una parte esultava e l'altra era preoccupata, anche se non sapevo bene per che cosa.

Udii un tonfo nel mio balcone e sobbalzai chiudendo gli occhi a forza.

Avvertii la presenza di Enea e poi la sua voce mi spezzò il respiro. «Piccola, stai dormendo?» chiese.

Non risposi e strinsi il mio Winnie.

«Meno male. Ok, ok. Sai, Ari, vorrei davvero trovare il coraggio per parlarti di questa cosa. Di solito confrontarmi con te mi ha sempre aiutato, ma non ci riesco proprio. Ari, io non so cosa mi stia accadendo, ma è terribile e fa malissimo. Mi confonde e non so che fare. Piccola, vorrei che mi dicessi che andrà tutto bene. Mi sento male. Devo andare prima che arrivi un'altra crisi. Maledizione. Per un momento vorrei che non fosse tutto così difficile, che noi...»

Le lacrime mi bagnarono le labbra, scivolando sul cuscino.

Enea, perché non puoi parlarmi. Cosa sta succedendo?

Mi ritornarono in mente le sue parole di qualche tempo prima.

«Ari, potrei non essere sempre sincero con te.»

Lo sentii allontanarsi.

Il piede mi faceva un male cane, ma lentamente, provata dagli eventi, mi addormentai davvero.

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Dite la verità, a chi piace Enea geloso? Quale sua sfumatura preferite? Io lo adoro in versione Grizzly da perfetto Cancretto che è. E credete alle affinità tra segni zodiacali? Che ne pensate di quella tra Cancro e Scorpione? Si dice che sia una miscela esplosiva. Non vorrei spoilerare ma "non è tutto oro quello che luccica".

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