CAPITOLO 6

Giugno 2022

Che hai?» chiese Enea vedendomi piombare nella sua stanza alle nove di sera.

Ero appena rientrata a casa dopo la visita dal ginecologo e avevo solo voglia di piangere e restare abbracciata a lui per tutta la notte. Tutti quegli anni a ripetermi che anche le altre ragazzine della mia età avevano i miei stessi problemi o magari altri più gravi; a cercare di tamponare gli effetti di quel ciclo ballerino e degli sbalzi ormonali e poi i dolori, all'improvviso. Dovevo operarmi e togliere quella cisti che non sarebbe stata né la prima né l'ultima probabilmente e poi iniziare una massiccia cura ormonale per sedare gli effetti della sindrome da ovaio policistico. Ero sconvolta e anche se lì, in quello studio medico, avevo fatto finta di niente, leggere la pietà negli occhi di mia zia Aida dopo aver chiesto al dottore se avrei avuto problemi ad avere dei figli, fu la stoccata peggiore.

«Non ho voglia di parlarne. Posso restare con te?»

Posò il libro di Ragioneria sul comodino e spalancò le braccia. «Invece credo che dovresti buttarla fuori. Hai litigato di nuovo con tuo padre?» chiese.

Gattonai sul suo letto e lo zittii portandogli le dita alle labbra. «Non ho voglia di parlarne!» dissi. «Voglio solo restare qua, con te.»

«Ok, ok.» disse stringendomi.

Poi mi venne un dubbio e saltai. «Oh, scusami, forse dovevi vederti con... Insomma con lei

Enea scosse il capo e mi strinse più forte. «Ma ti pare che lascerei la mia amica in queste condizioni per uscire con la mia ragazza?» disse ironico.

Sorrisi e mi tuffai letteralmente addosso a lui, raggomitolandomi tra le sue braccia.

«Grazie Delfino!»

«Sei proprio una ragazzina, lo sai?»

Sollevai il capo e lo fissai. «Ti odio quando mi chiami così!»

Lui sogghignò. «Non la sopporti proprio Eli, vero?»

Mi rigirai insofferente dandogli le spalle. «Non è così. È solo che non la vedo adatta a te. Cioè, capisco che a furia di vedervi tutti i giorni tra università e piscina, uno alla fine ci prova pure a costruire un rapporto più intimo, visto che avete tante affinità, ma mica per forza uno deve essere compatibile.»

«Ok, mi pare giusto. Ma perché queste cose non me le dici guardandomi in faccia?» chiese.

Il cuore mi arrivò in gola, accantonai per un attimo i miei problemi e assecondai l'orgoglio. Sedetti a gambe incrociate fissandolo dritto negli occhi. «Mettiamola in questi termini. Io e te, ci vediamo praticamente sempre, dormiamo insieme, ci raccontiamo ogni cosa, anche la più sconcia, mica stiamo insieme, ma soprattutto, non sentiamo proprio la necessità di qualcosa di più, vero?»

Enea si irrigidì di colpo e interruppe il contatto visivo con me. «Beh, sì, effettivamente, potresti avere ragione. A stento riesco a sopportare la versione amica di te, figuriamoci altro.»

«Potrei? Cristo Enea, che significa?» sbottai afferrandogli la mascella e girandolo a forza in modo che tornasse a guardarmi.

Sollevò le mani in segno di resa. «Ok, ho capito che vuoi dire, però ora sono qui, non sono con la mia ragazza, quindi che importa? Ma tu non stavi male per qualcosa?»

I miei occhi lo scrutavano, mentre lui fuggiva. Ricaddi sdraiata e mi rannicchiai sotto le lenzuola. Enea si sdraiò accanto a me e mi abbracciò forte. «Perché non mi parli?» mi sussurrò dolcemente in un orecchio.

Mugolai, aggrappandomi alle sue braccia.

«Ari, non mi piace questa cosa. Ti ho mandato almeno venti messaggi stasera e tu non ne hai letto nemmeno uno. Che è successo?» chiese.

«Ti prego, Enea, stringimi e basta.» replicai mentre le lacrime iniziavano a scendere.

Lui non fece altre domande, mi strinse più forte e ci addormentammo. Non so quanto tempo passò, ricordo solo che Enea dovette svegliarmi con forza. Quando riaprii gli occhi era notte e io ero stremata e fradicia di sudore e lui mi fissava preoccupato.

«Ari, come ti senti?» chiese con la voce spezzata e rauca.

Cercai di mettermi seduta, ma avevo le vertigini. «Che è successo?» dissi portandomi una mano alla testa.

«Non lo so, forse ti sta salendo la febbre, ma hai iniziato a dimenarti, tirandomi calci e pugni. Ho dovuto svegliarti, perché temevo svegliassi anche i miei.

«Oh Dio, mi dispiace, io non so cosa stessi sognando.»

Mi posò una mano sulla fronte. «Ok, non scotti, per fortuna. Vuoi dell'acqua?» chiese scendendo dal letto.

«Sì, grazie. Ma che ore sono?»

«L'una quasi.»

Mi lasciò sola nella stanza insieme ai miei demoni. Ero appena ricaduta esausta come se avessi corso una maratona, quando ritornò con un'intera bottiglia d'acqua.

«Dai, bevi direttamente questa, con tutto quello che hai sudato, ne hai bisogno.» disse sedendosi accanto a me.

Lo guardai afferrando la bottiglia. «Ma quello è sudore tuo o mio?» chiesi quasi divertita.

Enea si guardò la maglia completamente bagnata. «Mio, mio, sei un termosifone.»

«Quindi è colpa mia se hai sudato?»

Si spazientì. «In un certo senso.»

Continuai a tracannare acqua svuotando più di un litro in un solo sorso. Enea mi strappò la bottiglia dalle mani e la posò sul suo comodino. «Ora basta bere o ti sveglierai tra mezz'ora perché devi pisciare, vedi di dormire tranquilla, ok?» ordinò.

«Ma io non ho più sonno!»

Enea roteò gli occhi esasperato. «Dio Santo!»

Mi misi nuovamente con le gambe incrociate a fissarlo. «Che fai quando non riesci a dormire?»

Sbuffò. «Gioco!»

«Come?»

Si strofinò gli occhi con i palmi delle mani, sbadigliando senza ritegno. «Ma che ne so, Assassin's Creed, GTA, o roba simile.»

«Che schifo! Io odio giocare ai videogames, lo sai che quella roba brucia il cervello?»

Scoppiò a ridere. «Tu sei tutta pazza!»

«Ci tengo alla tua salute!»

«Ok, allora se ci tieni, dormi!»

Sbuffai. «Ti ho detto che non ci riesco. Che ore sono?»

Enea sollevò mollemente il braccio e vide nuovamente l'orario sul suo smartwatch. «L'una e dieci! Ti prego Ari, dormi, domani ho un esame.»

«Non è che ho l'interruttore. Non puoi mica dire dormi e io, zac, dormo!»

«Ok, maledizione, siamo in una situazione di stallo. Devi dormire e subito!» disse mettendosi seduto. Nel suo sguardo vidi qualcosa che mi mise soggezione.

«Che vuoi fare, darmi un colpo di mazza in testa, drogarmi o cosa?»

«Sarebbe una buona idea, tuttavia ti voglio troppo bene. Sdraiati!»

«Perché?» chiesi preoccupata.

«Ma devi fare per forza tutte queste cazzo di domande?»

«Sì, perché uno che ha sonno ed è costretto a restare sveglio per cause di forza maggiore, potrebbe diventare aggressivo.»

«Hai paura di me ora?»

«Non dico questo, ma sì, un po' sì. Hai gli occhi iniettati di sangue. Mi domando se tu voglia strangolarmi o cosa?»

«Allora, se vuoi restare qui, devi fare quello che dico io, altrimenti, quella è la finestra, puoi ritornare nella tua stanza a passare una nottata insonne.» tuonò ancora.

«Ok, ok. Mi sdraio e sto buona. Che devo fare?» dissi sdraiandomi.

Enea spense la luce e si sistemò nuovamente sotto le lenzuola accanto a me. «Ora chiudi gli occhi e non ti muovere.»

Saltai su un fianco e lo guardai spaventata. «Ma porca miseria, Enea, se me lo dici così, mi prende l'ansia.»

«Vuoi chiudere quella cazzo di bocca?» ringhiò.

Mi rannicchiai lentamente e lui mi strinse al suo petto e mi sentii subito rilassata, ma non riuscivo comunque a dormire. Allora lui iniziò ad accarezzarmi le braccia e sentivo le sue labbra sulla nuca.

«Enea.» gemetti.

«Zitta e dormi.»

«Ok.»

Era così dolce che mi rigirai per guardarlo in faccia. Come mi fui sistemata, lui mi spostò i capelli dal viso e mi fissò.

«Quando avevo la febbre, da piccolo, spesso mi schizzava oltre i quaranta e qualche volta ho avuto delle convulsioni, quindi mia madre restava sdraiata accanto a me e mi stringeva tutta la notte, accarezzandomi e cantando delle canzoni per farmi rilassare.»

«È molto dolce come cosa.» esalai.

«When you try your best but you don't succeed/When you get what you want but not what you need/When you feel so tired but you can't sleep/Stuck in reverse/And the tears come streaming down your face/When you lose something you can't replace/When you love someone but it goes to waste/Could it be worse?» iniziò a cantare sottovoce e io chiusi gli occhi lasciandomi cullare.

«Ari!»

Gemetti mentre scivolavo in un sonno profondo.

«Se solo imparassi a leggere il silenzio del mio cuore. Ora dormi piccola!» sospirò dandomi un altro bacio sulla fronte.

Quando mi svegliai, la mattina dopo, mi sentivo strana e animata da una vitalità tutta nuova. Sollevai il mento verso di lui e lo vidi immobile che fissava il soffitto, con le braccia dietro la testa.

«Da quanto sei sveglio?» chiesi stiracchiandomi.

«Da un po'.» rispose laconico.

Mi rigirai e lo cinsi con la mia gamba, ma lui si irrigidì e quasi mi cacciò. «Per favore potresti tornare a casa tua, adesso?» disse afferrandomi la gamba e spostandomela con forza.

Restai un istante perplessa. «Ma che ti prende?» chiesi mettendomi a sedere.

«Niente. Sono contento che tu sia riuscita a dormire.» disse algido.

Sorrisi ripensando a quella notte. «Merito del tuo antistress. Sai, hai una voce bellissima. Sei un ragazzo pieno di risorse, Delfino.»

Arrossì continuando a fissare il soffitto. Aveva lo sguardo duro. «Ok, grazie. Ora potresti andartene, dovrei prepararmi.»

«Me ne vado anche perché devo rientrare nella mia stanza prima che mio padre se ne accorga. Comunque sei strano.»

«Vuoi andartene da questa fottuta stanza, per favore?» tuonò mettendosi seduto e fulminandomi con gli occhi.

Ebbi un sussulto, poi, indignata da quel suo comportamento, calciai via il lenzuolo e saltai in piedi.

«Merda, che casino!» disse alle mie spalle.

Mi guardai un momento intorno. «Non so dove ho messo il cellulare, forse è sul tuo comodi...» dissi voltandomi verso di lui.

Enea sembrò intercettare il mio movimento e si abbracciò al suo cuscino. «È sulla scrivania, maledizione, vattene!»

«Che cazzo di modi, però, Enea!» borbottai.

Mi rigirai per uscire dalla finestra e sentii solo la porta del bagno sbattere forte alle mie spalle, così presi il cellulare me ne ritornai a casa. Tuttavia per il resto della giornata, Enea non rispose a nessun mio messaggio o chiamata.

Quella mattina, io e Angelica, avevamo deciso di andare al mare, ma poco prima di uscire da casa, mio padre mi chiamò nel suo studio.

Mi apparve subito preoccupato per qualcosa, così lo seguii.

«Ari, siediti.»

Anche se con riluttanza, feci come mi aveva ordinato. «Che succede?» chiesi.

Mi hanno appena chiamato dalla clinica, pare si sia liberato un posto per la fine di questa settimana e quindi... »

Inspirai con violenza. «Ok, perfetto. Prima lo facciamo meglio è!» dissi determinata saltando in piedi.

Mio padre sollevò lo sguardo e incurvò gli angoli della bocca, poi si alzò e venne verso di me. «Bene, è così che ti voglio, bambina. Forte e determinata.» si sciolse in un abbraccio lasciandomi senza parole.

«Papà, voglio che venga zia Aida con me.»

Si schiarì la voce. «Ok, come desideri. Lo avevo immaginato.»

«Posso andare o c'è altro?» chiesi staccandomi da lui.

«Sì, domattina devi trovarti a Bari alle sette e trenta per la preospedalizzazione. Solo che dovrò accompagnarti io perché la zia non riesce a liberarsi.»

«Ok, non c'è problema. Altro?»

«No, vai pure e divertiti tesoro.»

Ma prima di attraversare la porta del suo studio mi fermai. «Papà!» lo richiamai ma senza voltarmi nuovamente.

«Dimmi.»

«Non voglio la pietà di nessuno, men che meno la tua. Mi opererò e starò bene, non ti preoccupare.» dichiarai.

«D'accordo tesoro, d'accordo.» disse con la voce spezzata.

Uscii di casa come una furia e arrivando vicina al portone vidi Enea che rientrava mano nella mano con Crudelia.

Restai un momento bloccata e lui, nel vedermi, si irrigidì al punto che lasciò la presa della ragazza.

«Ciao!» disse per primo.

Mi sforzai di restare tranquilla. «Com'è andato l'esame?» chiesi.

Fu Elisabetta a parlare mentre lui mi fissava. «Abbiamo preso entrambi trenta e lode. Enea è stato formidabile, vero amore?» disse la strega strofinandosi al suo braccio.

Mi sforzai di sorridere. «Benissimo, complimenti a entrambi. Suppongo sia un evento da festeggiare, giusto Enea?» chiesi acida, tornando a guardare il mio amico.

«È solo un esame!» proferì lui guardando per terra.

Elisabetta saltò. «Ma che dici? È uno dei più tosti e nessuno riesce a superarlo a prima botta. Poi mi avevi promesso che saremmo andati al cinema stasera!» si lagnò.

Enea sollevò di scatto la testa e i suoi occhi si incastrarono nei miei per un istante, prima di passare a Elisabetta «Mi è scoppiato un forte mal di testa, anzi guarda, ora che saliamo da me, prendo un antinfiammatorio e mi metto a letto, se non ti dispiace.» disse.

«E io che dovrei fare mentre dormi?» borbottò.

«Non lo so, parla con mia madre, fai ciò che vuoi, anzi chiedo a mio padre di accompagnarti a casa.»

«Ma come, ora mi molli proprio? Guarda che non si fa così.» borbottò lei.

«Non è colpa mia se non mi sento bene.» disse superandomi ed entrando nell'androne del palazzo. «Che devi fare allora?» chiese ad Elisabetta mentre si dirigeva verso l'ascensore.

Vidi la ragazza farsi livida di rabbia e il suo sguardo saettante passare da Enea a me. «Me ne torno a casa con l'autobus. Chiamami quando sarai resuscitato.» disse togliendo il disturbo.

Quel teatro aveva consumato l'ultima briciola del mio autocontrollo per quella giornata. Mi voltai di scatto e guardai Enea che se ne stava immobile alle mie spalle.

«Che hai da guardare?» chiese.

«Sei patetico!» sputai.

«Che?» squittì caricando verso di me.

«Ciò che ho detto. Anzi, sei anche un gran bastardo.»

«Ah, perfetto, devi aggiungere altro?»

«Aspetta che se mi impegno trovo altri epiteti. Hai lasciato quella poveretta come un kleenex usato. Ma ti sembra il modo? E poi, non fingere di avere mal di testa ed esci le palle. Queste scuse sono da femminucce. Vergognati!» dissi per poi voltarmi e uscire dal portone.

Di colpo mi sentii afferrare per un polso e trascinare indietro. «Che vuoi ora?» chiesi roteando gli occhi esasperata. Eravamo vicinissimi, ma io ero più che determinata a sostenere quello sguardo. Enea sbuffò, strizzò forte gli occhi e indietreggiò infilandosi le mani in tasca.

«Beh, il gatto ti ha mangiato la lingua? Non sono Elisabetta, a me non la dai a bere, ti conosco fin troppo bene, Delfino!»

Lui tornò alla riscossa, lo avevo colpito su un nervo scoperto. «Allora siamo in due a nascondere le cose.»

Touchée

Abbassai gli occhi. «Io, io non sto nascondendo niente.»

Che stupida, gli ho lanciato un assist senza rendermene conto. No, nessun altro deve sapere, non voglio che si preoccupi anche lui, già è difficile gestire mio padre.

Ricacciai indietro le lacrime. «Quando ti sentirai pronto a parlare, chiamami.» dissi girando i tacchi.

«Dove vai?» chiese.

«Al mare con Angelica.»

«Come?» insistette.

Sospirai e mi bloccai di nuovo. «Con l'autobus, non abbiamo mica la macchina, testa di quiz!»

«Non mi piace che andiate in giro con i mezzi pubblici. Poi guarda come ti sei vestita, ti manca solo un cartello appeso al collo con la scritta prego accomodatevi

Ok, questo vuole morire oggi.

Mi calò la tapparella e caricai verso di lui furente. «Che cazzo stai dicendo? Non posso mica andare al mare con il saio.»

«No, ma potresti andarci vestita meglio.»

«Cristo, Enea, da quando sei diventato mio padre? Porto un pantaloncino e un top, che dovevo mettermi per farti stare tranquillo?»

Mi guardò e restò un istante muto. «Niente!»

Scoppiai a ridere. «Che? Cioè fammi capire, così non vado bene ma dovrei andare nuda? Tu stai male, sul serio. Sarà colpa del fantomatico mal di testa.»

Scrollò la testa confuso. «Non volevo dire questo, intendevo che hai ragione tu.»

«Delfino, ho sempre ragione io! Posso andare ora che ho avuto la tua benedizione?»

«No!»

«Oh Gesù! Che altro c'è ora?»

Si schiarì la voce e sembrò quasi soffocarsi con la sua stessa saliva. «Volevo dire che se aspetti due minuti vi ci porto io al mare.»

«Ma non avevi mal di testa?»

«Nì, cioè mi verrebbe più forte sapendovi da sole sull'autobus.»

«Non lo so Delfino. Devo chiamare Angelica e chiederglielo, sai, la madre è un po' fissata con 'ste cose, infatti ogni volta che si deve vedere con Ettore è un mezzo casino anche se si è presentato a casa.»

«Ok, allora mentre mi cambio, tu la chiami.» disse prendendomi la mano e trascinandomi nuovamente verso l'ascensore.

Mi staccai da lui con forza. «Posso restare giù, non mi va di salire.»

«Mi sentirei più tranquillo se non aspettassi giù, vestita così, d'accordo?» dichiarò.

«Ma che è sta cosa che ti è venuta adesso? Prima mi cacci dalla tua stanza in malo modo e poi fai tutto il premuroso. Io a te non ti capisco proprio. Stai mestruando?» chiesi spazientita.

Sospirò. «Ok, scusa per stamattina!»

Gli passai davanti entrando nell'ascensore. «Idiota!»

«Perfetto, me lo merito!» disse abbassando la testa e seguendomi.

«E se qualcuno dovesse vederti sulla spiaggia con noi?» chiesi tenendo le braccia incrociate al petto.

«Che?» chiese. Sembrava assente.

«Ma che hai?»

«Assolutamente niente. Comunque non me ne frega niente, non avevo voglia di stare con lei, punto e basta.»

Mi indignai al punto che lo chiusi in un angolo. Anche se era grande e grosso, non mi faceva paura se dovevo rimproverarlo. Mi portai le mani ai fianchi e strinsi le labbra, inchiodandolo con il mio sguardo saettante. «Ma almeno ti rendi conto che stai andando contro a tutti i principi che ti ha insegnato Ludovica? È la tua ragazza, si tratta di morale, non puoi semplicemente assecondare i tuoi capricci. Le devi rispetto.»

Sollevò appena lo sguardo e scorsi, attraverso la cascata di ricci, i suoi occhi furbi e poi sulla sua bocca si dipinse un sorriso sornione. «Morale, dici?» si staccò improvvisamente dalla parete dell'ascensore e si avvicinò a me facendomi retrocedere. «Qua si tratta di ben altro e comunque non deve essere un tuo problema.» continuò avvicinandosi di più al mio viso.

Il cuore mi fece un triplo salto mortale nel petto. Chiusi la bocca e abbassai lo sguardo, mentre Enea ritornò ad appoggiarsi alla parete, incrociando le braccia al petto e fissando il vuoto.

«Cos'è, solidarietà femminile?» sbottò.

«Chiamala come vuoi. Ma non trovo giusto il tuo comportamento nei confronti di Elisabetta.»

Alzai appena gli occhi e lo vidi che era tornato a piegare gli angoli del suo libro.

«Devo andare al bagno!» dichiarai.

«Quindi? Ci vai quando arriviamo.»

Divenni insofferente. «Ma sei sicuro di non aver sbagliato piano?» chiesi.

Enea guardò la bottoniera. «No, guarda, ho selezionato il quarto. Abbi un po' di pazienza, lo sai che è vecchio.»

Sentivo il cuore galopparmi nel petto e il respiro farsi corto, affannoso. «Mi manca l'aria. Ti prego fa qualcosa.» annaspai.

«Che devo fare? Cerca di calmarti.» disse avvicinandosi nuovamente a me.

Mi aggrappai alle pareti dell'ascensore per non cadere. «Non ci riesco. Maledizione!»

Enea fece per abbracciarmi. «Vattene. Lasciami respirare.» urlai.

Lui si ritrasse e per fortuna le porte si aprirono permettendomi di schizzare fuori.

«Ma dove stai andando, casa mia è da questa parte.» disse Enea.

Senza voltarmi, infilai le chiavi nella serratura con non poca difficoltà e diedi una spinta alla porta. «Me ne torno a casa, non vado da nessuna parte. Ora avviso anche Angelica. Ci sentiamo, forse.» dissi annaspando.

Sentii le gambe improvvisamente incapaci di sostenere il mio peso e, strisciando contro le pareti, mi trascinai fino alla mia stanza.

«Ari?» udii la voce di mio padre.

Mi sforzai di parlare con un tono più alto. «Sì, papi non vado da nessuna parte, non mi sento bene.» risposi gettandomi poi sul letto.

In un attimo lo vidi comparire sull'uscio della mia stanza.

«Che succede tesoro?» chiese allarmato.

Scossi il capo. «Niente, tranquillo, ora passa, ho preferito non andarmene sotto il sole fino a stasera. Forse devo avere il ciclo.» spiegai con un filo di voce tenendomi il petto, nella speranza di rallentare i battiti.

Mio padre si avvicinò al mio letto e si sedette accanto a me. «Sicuro che è tutto sotto controllo?»

Inspirai. «Sì, ma ora vorrei starmene un po' tranquilla.»

«Ok, io sono di là se hai bisogno.» disse sollevandosi.

«Grazie.»

Sparì e io ripresi a respirare regolarmente. Non appena mi sentii meglio andai in bagno per controllare che si trattasse effettivamente del mio ciclo, ma niente. Avevo ancora il braccio sinistro che mi formicolava come le labbra, ma nel complesso avevo ripreso il controllo del mio corpo. Mi sedetti nuovamente sul letto e poi ricaddi all'indietro.

Devo avvisare Angy.

Mi spogliai e mi misi una maglietta senza maniche comoda, legai i capelli a chignon e uscii sul balcone scalza. Il caldo era mitigato dal vento di tramontana di quei giorni, così mi misi sulla mia sdraio e chiamai Angelica per avvisarla.

Appena ebbi terminato di parlare con la mia amica, cercai di chiudere gli occhi e attivai la mia playlist su Spotify, ma partì Fix you dei Coldplay facendomi spalancare gli occhi.

Merda.

Cercai di cambiare canzone, ma il cellulare pareva essersi bloccato così, mentre i Coldplay continuavano a cantare, la mia mente mi riportò alla sera prima e la voce di Chris Martin si mescolò con quella di Enea. Il cuore riprese a picchiarmi forte nel petto e questo mi fece saltare in piedi. Al limite dell'esasperazione, mi strappai gli auricolari dalle orecchie e gettai il cellulare incandescente sulla sdraio.

«Maledizione! Ma che è?» urlai.

«Cosa?»

Saltai per lo spavento, poi alzai gli occhi e vidi Enea che se ne stava affacciato al balcone e mi fissava divertito.

«Da quanto stai là?» chiesi soffiando l'aria con forza.

«Abbastanza. Volevo sapere come stessi, visto che non rispondi ai miei messaggi. Ero preoccupato.»

Ripresi il cellulare, ma scottava. «Accidenti, si è bloccato, non so che gli è preso.»

In un attimo scavalcò la ringhiera e fu nel mio balcone. Indossava solo un paio di shorts della Nike e il mio sguardo si bloccò sui suoi addominali. Enea mi sfilò il cellulare dalle mani e iniziò a premere tasti.

Poi sollevò lo sguardo sogghignando. «Stavi ascoltando Fix you?» chiese.

Le anguille tornarono ad agitarsi nella mia pancia. «Già, cioè era quella canzone, ma io, insomma, volevo andare avanti e ascoltare magari altro. Non so cosa, in verità, ma qualsiasi altra cosa sarebbe andata bene, credo.» cercai di spiegare in modo confuso.

Enea mi restituì il cellulare. «Tieni. Si è riavviato. Probabilmente era un problema di surriscaldamento della batteria.» spiegò scandendo quella parola con un ghigno mefistofelico dipinto sulle labbra.

Gli sfilai il telefono dalle mani cercando di ricompormi. «Ok, grazie! Quindi era per quello che bruciava così tanto.» annaspai sventolandomi energicamente con le mani. «Ok, perfetto. Puoi andare ora.» dissi per poi mettermi a cercare i miei occhiali da sole.

«Che hai Ari? Mi sembri, non so, in affanno o sbaglio?»

«Maledetti, dove accidenti sono andati a finire.» dissi per poi raddrizzarmi. «Come scusa?» chiesi.

«Dicevo che mi sembri in affanno.» ripeté.

«No, è che sto cercando i miei occhiali e poi ho terribilmente caldo e non riesco a ragionare.» risposi senza pensare, gettandomi poi a carponi sul pavimento per guardare sotto la sdraio.

«Ah, capisco. Quindi sei, come posso dire, accaldata come il tuo cellulare, giusto?»

«Sì, sì è esatto! Ma dove cazzo stanno, li avevo fino a due secondi fa.»

«Sono questi per caso?» disse allungandomi i miei occhiali.

«Oh, dannazione, sì, sono loro. E grazie per la seconda volta!» dissi sfilandoglieli dalle mani e rimettendomi in piedi.

«Certo che ce li avevi davanti e niente, sei sicura di non essere anche miope?»

«No, non sono miope, sono solo disattenta.»

«Oh, sì lo so benissimo. Allora diciamo che sei disattenta e confusa.»

«Beh, ciao, puoi tornare dalla tua parte.» dissi infilandomi gli occhiali e, dopo essermi rimessa gli auricolari nelle orecchie, mi sdraiai nuovamente chiudendo gli occhi.

Un istante dopo non sentii più alcun suono proveniente dal mio cellulare, ma solo quelli della strada. «Ma che?» squittii riaprendo gli occhi e mettendomi seduta.

Enea se ne stava a cavalcioni sulla sdraio, ai miei piedi, con i miei auricolari tra le dita. «Non mi hai detto come ti senti. Odio quando non mi rispondi. È una mancanza di rispetto, non trovi?»

Grugnii. «Accidenti a te, vuoi farmi saltare i nervi oggi?» dissi piegandomi in avanti per cercare di riprendermi gli auricolari dalle sue mani, ma le sue dannate braccia erano più lunghe delle mie e lui le teneva tese per aria agitandole, allora mi sollevai sulle ginocchia e mi allungai fino alle sue mani.

Quando riuscii ad afferrare i miei auricolari, esultai soddisfatta. «Eccoli, idiota! Che c'è, non fai più il coglione vero?»

Il suo improvviso silenzio mi insospettii, così abbassai lo sguardo.

Cazzo!

«Uh, scusami Delfino, ma tu stavi facendo il cretino, cioè non volevo. Perché sei così? Passi dal mood Grizzly a quello pagliaccio in un attimo. Insomma devi avere qualche problema di personalità.»

Enea mi mise le mani ai fianchi e mi riportò seduta davanti a lui.

Era paonazzo.

«Ti rendi conto di quanto sei stupido, vero?» chiesi.

«Già!» disse sollevandosi di colpo pronto a tornarsene nel suo balcone.

«Delfino!» lo richiamai.

Non si voltò. «Cosa?»

«Ora sei modalità Grizzly?» chiesi.

Sollevò le spalle.

«Ma che vuoi da me ora? Tu fai l'idiota e io che devo fare? Cioè volevi la mia attenzione, potevi solo richiamarmi. No, devi fare lo scemo. Non te la sarai mica presa, in fondo, benché imbarazzante, non ero mica nuda, giusto? E poi, recito tue testuali parole, sono come una sorella per te!»

Si voltò di scatto verso di me facendomi una smorfia. «Non sono cretino che me la prendo perché mi sono ritrovato le tue tette in faccia mentre cercavi di riprenderti gli auricolari.»

Mi portai una mano al petto in modo teatrale. «Grazie a Dio. Mi mancava solo questa oggi. Comunque evita di fare certe cose. Cioè non siamo più ragazzini ed è imbarazzante.»

«Messaggio ricevuto. Ci sentiamo dopo.» disse prima di scomparire.

Già, non siamo più ragazzini.

Quella stessa sera andai da Angelica perché dovevamo uscire a farci qualche vasca in centro. Ad un tratto, mentre ci stavamo preparando per uscire in centro lei mi richiamò dal bagno che era vicino alla sua stanza. «Ari, hai bisogno di qualche trucco?» chiese.

«No, ho tutto.» urlai dalla sua stanza.

Quando ritornò restò sorpresa nel vedermi. «Tesoro, ma sei uno schianto! Farai girare tutti. Uffa, ti odio!» disse infine trascinandosi fino al suo armadio.

«Ma che stai dicendo? Non ho messo niente di speciale. Poi vuoi mettere me che sono alta uno e ho tanta voglia di crescere e te che sei una spilungona? Andiamo, non hai proprio nulla da invidiarmi.» dissi mentre finivo di mettere il gloss sulle labbra.

Angelica restò appesa alle maniglie delle ante, fiacca. «Ari, tu hai una visione distorta del tuo corpo. Sei uno spettacolo. Hai uno stuolo di ragazzi che fanno la bava alla bocca per poter uscire con te e tu neanche te ne accorgi, o meglio, quando te ne accorgi, fai la stronza e cerchi di farti odiare. Sembra che dopo Marco, tu non abbia più voglia di stare con qualcuno.»

«Esatto. Non ho voglia e non vedo tutta questa fila come dici tu. Gli unici che ho notato, di sfuggita, ovviamente, erano idioti, che ci dovevo fare, scusa?»

«Allora perché ti sistemi così?»

«Perché voglio piacere a me stessa, perché mi fa stare bene...»

«... perché speri che Enea si accorga che oltre la migliore amica si nasconde una donna dalle mille risorse?» alluse.

Posai il gloss sulla sua scrivania e mi voltai di scatto per fulminarla. «Hai stancato con questa storia, sei peggio di mio padre. Guarda, mi è passata anche la voglia di uscire. Quasi quasi me ne torno a casa.»

Angelica mi afferrò la mano. «Eddai, non te la prendere, scherzavo. Però, sarebbe molto romantico se lui si innamorasse di te, tipo quei film che si vedono su Prime video o Netflix: erano migliori amici ma poi sono diventati amanti focosi e vissero felici e contenti.»

«Tu stai fuori!»

Angelica si gettò di pancia sul suo letto e si mise a fissarmi con l'aria di chi ha iniziato i viaggi di fantasia. «Però non puoi negare che quel primo bacio non ti abbia scosso almeno un po', giusto?»

Sentii il cuore saltarmi nel petto. «È stato come baciare il poster del proprio cantante preferito. Tutto qui, niente emozioni, niente fuochi d'artificio. Per lui poi è stato incesto, figurati un po' che emozione.»

Si rigirò a pancia in su, stringendo il suo cuscino tra le braccia. «Mah, sarà che io sono una a cui piace fantasticare, ma lo vedo come ti guarda quando state insieme e credo si sia accorto che la piccola Arianna è diventata una super figa.»

Mi schiarii la voce. «Sei pronta?»

Angelica sospirò. «Già! Andiamo va. Comunque il nostro amico è davvero tanta roba!»

La puntai. «Ma pensa a Ettore!» dissi infastidita.

«Certo che ci penso e anche tanto. Ettore è... il mio mondo! È la mia persona. Sai Ari, io mi sento pronta.» confessò mettendosi seduta.

Sentii gli occhi bruciarmi. «Angy!»

Lei sorrise. «È tanto che ci penso e credo che Ettore sia il mio per sempre

«Io penso che ci voglia coraggio.» sibilai cacciando i miei trucchi nella borsa.

«Che vuoi dire?»

«Che ci vuole coraggio ad amare così tanto qualcuno al punto da decidere di donarsi a lui o lei. Avanti, per gli uomini è tutto naturale, ma a noi genera sempre tutta una serie di implicazioni non sono sentimentali.» Lasciai la borsa e caddi seduta sul letto accanto a lei. «Io vorrei che la mia prima volta fosse con la persona che stimo, che mi rispetta, che ama di me ogni sfumatura. Ho già fatto un errore di valutazione con Marco, contravvenendo al mio principio.» dichiarai.

Angelica scoppiò a ridere e io la fissai in tralice. «Che cazzo hai da ridere, scusa?»

«Niente, niente. Ari, parli di stima, principi, ma sei seria?»

«Sì! Non voglio che la mia prima volta si riduca a una mera questione di sesso. Io voglio sentirmi amata, protetta, voglio sentirmi a casa e vorrei che quella persona provasse la stessa sensazione.»

«Ari, stai fantasticando più di me, mi sembra.» dichiarò scendendo dal letto per vestirsi.

«No, credo che esista al mondo una persona in grado di darmi queste certezze, devo solo trovarla.» affermai fissando il vuoto.

«Sono fermamente convinta che l'unica persona in grado di darti le certezze di cui parli abiti sul tuo stesso pianerottolo!» disse sogghignando.

«Se non si trattasse di Enea, sarebbe perfetto! Ma no! Voglio che lui resti il mio porto sicuro quando gli altri mi deluderanno.»

«Cioè ma stiamo parlando di Enea, Ari. Le ragazze a scuola nostra vogliono diventare mie amiche solo perché lo conosco, ti rendi conto?» confessò.

Mi voltai verso di lei. «Da me non viene nessuna, perché?» chiesi delusa.

«Avanti Ari, tu sei tu, nessuna ragazza con un minimo di buon senso si avvicinerebbe a te per arrivare a Enea.»

«Perché?» squittii.

Angelica sbuffò. «Accidenti! Perché tutte pensano che tu e lui... beh, insomma, capiscimi.»

«No, scusa, ma mi rifiuto di capire. È ridicolo, sono davvero esasperata da questa cosa. Se fossi un ragazzo sarebbe la stessa cosa? Cioè direbbero che Enea è gay a questo punto, giusto?»

Angelica sollevò le spalle. «Non so che dirti, ma convieni con me che il tuo atteggiamento di totale avversione verso il genere maschile e la sua totale abnegazione nei tuoi confronti sono un po', come dire, sus

«Non ci credo.» balzai in piedi sconvolta.

«Ari, scusami, ma dovevi saperlo!»

«Devo trovarmi un ragazzo! Aspetta! Perché? Cioè Enea sta con Crudelia, perché mi devo immolare per una causa che non mi riguarda.»

«Beh, sì, effettivamente, potresti aver ragione.»

«Ok, questione risolta e poi non me ne frega proprio niente.»

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Eccomi ritornata con una parte molto, come dire, intima. Spero di essere riuscita a generare in voi le stesse emozioni che ha fatto provare a me mentre la scrivevo. Aspetto come sempre i vostri commenti che, torno a ripetere, sono per me molto importanti, visto che si tratta di una bozza.

Grazie a tutti voi per l'attenzione e stay tuned.

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