ON THE ROAD (SECONDA PARTE)
Quando la polizia era arrivata a Bucarest, Bucky era riuscito a prendere solo lo zaino che aveva riempito con ritagli di giornale; aveva dimenticato nell'appartamento l'agenda su cui appuntava ogni ricordo: non lo faceva arrabbiare il fatto di aver perso l'unico oggetto in grado di fargli tornare la memoria, era irritato perché aveva perso per sempre la cartolina di Steve che aveva rubato al Museo, a Washington.
Sapeva molto bene che poteva tornare in qualunque momento al Museo per prenderne un'altra di simile, ma qualcosa nella sua testa gli diceva che non sarebbe stato lo stesso; ed ora che Steve non c'era più, ed era solo ossa dentro una bara, sarebbe stato solo insopportabile.
Prima di scappare dalla Villa, il giovane uomo aveva preso un piccolo quadernetto, ed una penna, per ricominciare da capo il lungo lavoro di due anni: rimaneva tutto il giorno dentro la propria camera a scrivere e sforzarsi a ricordare qualunque cosa o particolare; a volte provava anche a disegnare qualche volto, in modo che, in caso di necessità, il ricordo sarebbe stato ancora più vivido.
Sapeva che avrebbe dovuto disegnare anche il volto di Charlie, ma per il momento non voleva farlo: era ancora troppo doloroso ricordare i bei momenti trascorsi insieme ed il modo in cui era finita la loro storia.
Era ancora impegnato a scrivere quando sentì qualcuno bussare, ripose subito il quadernetto sotto il cuscino e domandò chi fosse; quando rispose una voce femminile indossò i guanti ed andò ad aprire la porta, ritrovandosi faccia a faccia con la ragazza della reception.
"Si?" domandò "che cosa posso fare per te?"
"Ecco, finora non è mai uscito dalla camera per mangiare, così ho pensato di portarle del cibo"
"Non ho fame, vorrei rimanere solo"
"In verità sono qui anche per altro" insistette lei, impedendo a Barnes di chiudere la porta "ieri mi sono dimenticata di chiederle i documenti"
"Oh, certo, scendo subito a portarti tutto quello che ti serve"
"D'accordo, grazie".
Non appena la porta si chiuse, il giovane uomo corse a riempire velocemente il proprio zaino e poi si avvicinò all'unica finestra presente nella stanza, l'aprì e guardò verso il basso: si trovava al quarto piano, l'altezza era piuttosto vertiginosa ma doveva tentare lo stesso di lanciarsi.
Lasciò cadere nel vuoto lo zaino e poi salì sul cornicione, si lasciò cadere a sua volta quasi subito, prima che qualcuno potesse vederlo e credere ad un tentativo di suicidio; la caduta si rivelò più dolorosa del previsto e l'ex Soldato D'Inverno avvertì uno scricchiolio sinistro provenire dalle gambe, insieme alla testa che continuava a pulsare.
Riuscì ad alzarsi a fatica e raggiunse la macchina, salì al posto di guida e partì senza più guardare dietro di sé, ritrovandosi ben presto lontano da quel posto; tirò un sospiro di sollievo e si fermò sul ciglio della strada per controllare le proprie condizioni: aveva completamente dimenticato che, non possedendo documenti, non poteva soggiornare in posti come alberghi od appartamenti, ma la stanchezza della notte precedente aveva preso il sopravvento sul suo buonsenso.
Tastò con cura le gambe, accertandosi che le ferite non fossero così gravi come erano sembrate in un primo momento, ma lo stesso non si poteva dire del braccio destro che, una volta terminato l'effetto dell'adrenalina, era quasi impossibile da muovere; si sfilò piano la giacca, sollevò la manica destra della maglietta e spalancò gli occhi vedendo una protuberanza nella pelle, che era l'osso fuoriuscito dal suo posto.
Non poteva andare in ospedale, così non gli rimase altro che sistemarsi il braccio da solo: strappò un lembo di stoffa dalla maglietta, lo morse con forza ed appoggiò la mano sinistra sulla parte lesa, trattenne il respiro e poi tirò con tutta la forza che aveva in corpo.
Si udì uno scricchiolio inquietante seguito da un urlo soffocato dello stesso giovane uomo, quando smise di gridare e mordere la stoffa si ritrovò a riprendere fiato, con la fronte completamente impregnata di sudore; deglutì a vuoto e testò la mobilità del braccio prima di riprendere a guidare.
Dopo un paio di chilometri si ritrovò a riflettere sul fatto che la macchina portava solo a spendere soldi che potevano essergli utili in qualcos'altro: anche se ne aveva una buona quantità, per esigenze come la benzina avrebbero potuto finire molto prima, di conseguenza non era una buona idea continuare a spostarsi in quel modo; l'attenzione dell'ex Soldato D'Inverno venne catturata da una vettura parcheggiata sul ciglio della strada.
Si fermò subito per domandare se andasse tutto bene.
"No, non va tutto bene. La macchina si è fermata e non vuole ripartire"
"Avete provato a chiamare qualcuno?"
"Non c'è campo in questa zona".
Bucky guardò un momento l'uomo, poi spostò lo sguardo sulla donna che era seduta nei sedili posteriori del mezzo, insieme a due bambini.
"Potete prendere la mia macchina, a me non serve. Il serbatoio è pieno".
Lo sconosciuto sgranò gli occhi, incredulo di avere sentito parole simili.
"Ma... Non possiamo farlo"
"In questo momento ne avete bisogno più voi. E poi, ho voglia di fare una passeggiata"
"Ma..."
"Insisto. Avete dei bambini. Prendete la mia macchina" Barnes diede le chiavi in mano all'uomo e si voltò, incamminandosi, ma la donna lo bloccò, afferrandolo per la manica destra della giacca.
"Come possiamo sdebitarci?"
"Consigliatemi uno Stato molto lontano. Ho bisogno di cambiare aria"
"Dovresti provare la California, allora, però è troppo lontana per essere raggiunta a piedi"
"Ho molto tempo a mia disposizione" rispose lui, con un mezzo sorriso, si sistemò lo zaino sulla schiena e scomparve in poco tempo dalla vista dei quattro.
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