OLD LOVERS, OLD WOUNDS (PARTE UNO)


Klariza attese in silenzio, tentando di placcare la tempesta che minacciava di scatenarsi dentro di sé, i suoi occhi scuri si posarono su una grossa macchina nera che aveva parcheggiato a poca distanza: scesero quattro uomini vestiti con abiti normali, ma capì subito che si trattava di mercenari che stavano cercando la persona che aveva attivato il localizzatore.

"Sono io la ragazza che state cercando" disse prima che uno di loro potesse parlare, mostrò la targhetta militare come prova concreta e quelli, dopo la confusione iniziale, le intimarono di entrare nella vettura: quando le portiere si chiusero le legarono i polsi con delle corde e le bendarono gli occhi con un panno nero, che le impediva di vedere qualunque cosa; decisero di non stordirla con un teaser perché si stava dimostrando stranamente collaborativa.

"E se fosse una trappola?" domandò l'uomo che era seduto alla sua destra.

"Il Capo ha detto che dobbiamo portarla da lui, non ci tengo a ritrovarmi con la gola tagliata" rispose quello che era seduto nel posto del conducente, azionando il motore della macchina.

Il grosso mezzo si fermò dopo diverso tempo; Klariza venne spintonata fuori dall'abitacolo senza la minima gentilezza e le tolsero la benda solo all'interno di quella che sembrava, ai suoi occhi, una vera e propria Base organizzata nei minimi particolari.

Mentre attraversavano un corridoio la giovane vide un ragazzo, vestito di nero, appoggiato ad una parete, che la osservò con curiosità: notò la sua forte somiglianza con Bucky e capì che si trattava di suo figlio James.

Uno dei mercenari bussò più volte ad una porta di metallo; quando ottenne risposta da una voce roca, il cuore della ragazza prese a battere con più forza, senza però intaccare la sua freddezza esteriore: dietro quella semplice porta c'era l'uomo che in ventitré anni non aveva mai smesso di amare e che non credeva avrebbe mai più rivisto.

Lo sentì discutere brevemente con il suo sottoposto.

"Portala subito qui dentro" lo sentì ordinare, in tono autoritario; prese un profondo respiro e poi si sentì strattonare per un braccio e trascinare all'interno della piccola stanza, simile ad una cella.



Rumlow le dava le spalle ed indossava ancora la sua divisa e l'elmo a visiera: voleva incutere timore alla persona che aveva azionato il localizzatore prima di torturarla per farsi raccontare tutta la verità, prima di tutto dove avesse trovato quel piccolo dispositivo.

Quando si voltò si lasciò scappare un lungo suono strozzato ed appoggiò la mano destra sulla parete che gli sorgeva affianco, o sarebbe crollato a terra, tanto era rimasto sconvolto da ciò che i suoi occhi avevano appena visto; emise una seconda volta quello stesso verso, simile ad un conato, tanto che i suoi sottoposti si agitarono visibilmente.

"Capo... Si sente bene?".

Nella stanza arrivò anche James, che si precipitò dall'uomo con uno sguardo preoccupato e riconobbe subito i sintomi.

"Stai avendo un attacco di panico. Dovresti toglierti il casco per respirare meglio"

"Io non sto avendo nessun attacco di panico. Uscite subito da qui. Lasciatemi solo con lei. Adesso. Non fatemelo ripetere una seconda volta".

Il nuovo Soldato D'Inverno scrutò Klariza e poi abbandonò la stanza in compagnia dei mercenari.

Tra le quattro mura calò un silenzio talmente opprimente da essere quasi tangibile con le mani; la giovane si morse il labbro inferiore e poi tornò a fissare Rumlow.

"Il ragazzo ha ragione, se stai avendo un attacco di panico quel casco non ti sarà di alcun aiuto, anzi..."

"Stai zitta" ringhiò Crossbones, minaccioso "tu non puoi essere reale. Non puoi esserlo. sono sicuro che è colpa di quella strega. Sta giocando con la mia mente"

"Sono reale"

"Ti hanno uccisa ventitré anni fa ed io ho visto il tuo cadavere. Ti ho tenuta tra le mie braccia fino a quando non hai smesso di respirare ed ero al tuo funerale. Ho visto la bara che veniva chiusa e calata nella fossa"

"Si, ma adesso sono qui" ripeté lei una seconda volta; il più grande riuscì finalmente a calmarsi, riprendendo il controllo del proprio corpo, si avvicinò a Klariza e le appoggiò le mani, celate da guanti neri, sulle guance, scorrendole lentamente lungo il viso ed il collo, indugiando poi sulle ciocche scure dei lunghi capelli.

La figlia di Teschio Rosso chiuse gli occhi, godendosi quel tocco, gli buttò le braccia attorno alle spalle in un abbraccio che venne subito ricambiato con tanta forza da toglierle quasi il fiato; quando si staccò, però, lo sguardo dell'uomo era duro e freddo.

"Perché mi hai mentito?"

"Era necessario"

"Per quale motivo?"

"Perché io volevo ricominciare una nuova vita lontano dallo S.H.I.E.L.D e dall'Hydra. Se mi fossi allontanata, Pierce sarebbe riuscito a trovarmi prima o poi. Non volevo scappare per sempre. Ma se avessero trovato il mio cadavere..."

"E per rendere il tutto più reale e credibile hai pensato di tenermi nascosta ogni cosa" commentò con amarezza Rumlow, voltandole le spalle "adesso capisco perché mi guardavi in quel modo quella notte. Mi stavi già dando il tuo addio"

"Brock, cerca di capire! Non l'ho fatto per scaricarti! L'ho fatto per proteggerti! Se Pierce avesse avuto anche il minimo sospetto, sarebbe venuto subito da te per spingerti a parlare. Avrebbe potuto anche torturarti. Ho dovuto tenerti tutto nascosto perché la tua reazione doveva essere naturale"

"Tu non hai idea di quanto abbia sofferto"

"Anche io ho sofferto" rispose la ragazza, si avvicinò all'uomo e gli appoggiò una mano sul braccio sinistro "ho sofferto tanto ed ancora continuo a soffrire. Non ti ho dimenticato per un solo momento in questi ventitré anni. Ci ho provato e ci sono riuscita con tutto il resto, ma con te ho fallito e credo che sia stato meglio così. Ho riempito un'intera agenda con i nostri ricordi e conservo ancora le foto di noi due..."

"Sei venuta qui solo per dirmi questo, Klariza? Per rimembrare i vecchi tempi?"

"No, in verità sono qui perché un amico ha chiesto il mio aiuto"

"Lasciami indovinare. Un amico con il braccio sinistro in vibranio?".

"Che cosa stai facendo?" domandò la più piccola, incrociando le braccia sotto al seno "ti rendi conto che questa è tutta una follia? Non si limiteranno ad arrestarti, vogliono ucciderti"

"Non ci riusciranno mai"

"Come fai ad esserne così sicuro? Anche Pierce peccava di presunzione e guarda che fine ha fatto: una pallottola nel petto e tutto il suo lavoro sfumato... Vuoi fare la sua stessa fine, Brock?"

"Questa volta è diverso, Klariza, non c'è nessun Capitan America che mi può fermare. Non ci sono Avengers e non c'è nessun S.H.I.E.L.D... C'è solo un gruppo di persone disperate che non sanno cosa fare. Comunque mi fa piacere sapere che ti sei informata con cura..."

"Smettila di fare lo stronzo e togliti quel casco, voglio vederti in faccia"

"Ohh... Allora non ti sei informata in modo così accurato come pensavo"

"Che vuoi dire?"

"Io non sono più il ragazzo di un tempo e non sto parlando solo di una questione di età".

Crossbones si tolse finalmente il casco a visiera e Klariza si ritrovò davanti il volto sfigurato di un uomo che aveva superato da poco i cinquant'anni: l'occhio sinistro era per metà chiuso e l'orecchio era quasi del tutto inesistente; il lato destro, invece, preservava in gran parte la bellezza di un tempo, nonostante le diverse cicatrici sulla guancia e sul mento.

"Che cosa ti è successo?" gli domandò dopo una lunga pausa, ancora incredula.

"Cinque anni fa mi è crollato addosso un pezzo di un edificio, mentre tre anni fa ho azionato un congegno esplosivo che avevo nella cintura. Le cicatrici si estendono su tutto il corpo, ma a parte questo sto bene".

La giovane rimase in silenzio una seconda volta, si avvicinò a Rumlow e gli appoggiò le mani sulle guance: dai palmi si sprigionò dell'energia rossa che avvolse il mercenario per qualche secondo, lasciandolo poi perplesso e confuso.

"Ti ho guarito. Ti puoi guardare ad uno specchio se non mi credi" gli disse la sua ex compagnia, facendo apparire un piccolo specchio dalla cornice argentata: lui vi lanciò un'occhiata diffidente che mutò subito quando vide riflessa la persona che era stato un tempo, prima che l'Helicarrier gli facesse crollare addosso gli ultimi piani di uno degli edifici dello S.H.I.E.L.D.

"Comunque questo non cambia nulla tra noi due. Faresti meglio ad andartene prima che cambi idea"

"Sei davvero così ottuso da non capire che io l'ho fatto per te? Che ti amo così tanto che volevo solo proteggerti?"

"Allora rispondi a questa domanda: se il tuo amico non te lo avesse mai chiesto, saresti venuta a cercarmi prima o poi?"

"Probabilmente si"

"Stai mentendo"

"E tu? Hai avuto altre donne?"

"E questo cosa c'entra? Stai seriamente mettendo a dura prova la mia pazienza, Klariza. Esci subito da questa stanza".

La più piccola non provò più ad insistere: lo capiva, forse lei per prima avrebbe avuto una reazione simile se fosse stata al suo posto, sperava solo che un giorno avrebbe capito tutto quello che aveva fatto e perché lo aveva fatto.

Aprì la porta metallica, ma una mano andò a richiuderla con forza; si voltò di scatto e vide il volto di Rumlow a pochissimi centimetri di distanza dal suo, tanto che poteva sentire il suo respiro uscire dalle labbra socchiuse.

"Brock..."

"Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare via così proprio adesso che ti ho ritrovata?" domandò in un sussurro, con una strana luce negli occhi e la bocca piegata in un ghigno "no, Klariza, adesso voglio recuperare in una notte tutti gli anni che ci sono stati portati via".

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