NEW PROCEDURE (PARTE UNO)


"Una nuova tecnica?" ripeté James, voltandosi a guardare Zemo, con le sopracciglia corrucciate in un'espressione preoccupata: quando aveva deciso di andare da uno psichiatra credeva di dover solo parlare e sfogarsi, non certo di sottoporsi come cavia a chissà quale esperimento; l'altro intuì i suoi pensieri e gli sorrise, cercando di rilassarlo.

"Non hai nulla di cui preoccuparti, James. Hai mai sentito parlare dell'ipnosi?"

"Si"

"Ti porterò in uno stato di semi incoscienza ed allora cercheremo di trovare la fonte dei tuoi problemi, non sarà doloroso, si tratta solo di rivivere dei ricordi. Anche se saranno poco piacevoli ricorda che non possono farti del male, che saranno solo delle immagini proiettate davanti ai tuoi occhi, come guardare un film al cinema, d'accordo?"

"D'accordo, proviamoci" rispose il giovane, ma non era convinto, il suo viso aveva perso colore e continuava a rigirarsi le mani in grembo, chiedendosi se l'ipnosi avrebbe scavato così profondamente da riportarlo alle due settimane in cui era stato prigioniero dell'Hydra; una vocina nella sua testa gli sussurrò che conosceva già molto bene la risposta a quella domanda.

"Molto bene, vuoi qualcosa da bere? Magari ti rinfresca un po' la gola" Zemo si alzò dalla poltrona, voltò le spalle al giovane e prese da uno scaffale una bottiglietta di succo di frutta; prese da un altro ripiano due bicchieri e li riempì con il liquido arancione, infilò la mano destra dentro la tasca dei pantaloni e tirò fuori una confezione di sonniferi che aveva portato con sé per puro caso, senza sapere che gli sarebbero stati essenziali "ti piace quello d'arancia?"

"Si"

"Perfetto".

Gli aveva fatto quella domanda per distrarlo dal rumore provocato dalla plastica mentre prendeva tre di quelle pastiglie solubili; le lasciò cadere dentro il bicchiere a destra e lo agitò per qualche secondo, per essere sicuro che si fossero sciolte del tutto.

Lo porse al suo giovane paziente sempre con un sorriso gentile.

"Grazie" mormorò quest'ultimo, mandò giù subito mezzo contenuto perché sentiva la gola improvvisamente secca; fissò il bicchiere di vetro e poi lo svuotò del tutto, sotto lo sguardo vigile di Helmut, che pregava mentalmente affinché non sentisse un gusto strano "sono pronto. Che cosa devo fare?"

"Rilassati e chiudi gli occhi. Svuota la mente".

Obbedì come un bravo cucciolo, serrando le palpebre e rilassando i muscoli del corpo: durante i primi secondi non accadde nulla, sentiva la voce del più grande che continuava a dirgli di rilassarsi e di lasciarsi tutti i problemi alle spalle, poi un improvviso torpore gli provocò uno sbadiglio, provò a riaprire gli occhi ma ogni singolo movimento sembrava costare una enorme fatica, aveva l'impressione di non dormire da mesi ed abbandonò la testa di lato, lasciando che le braccia gli scivolassero lungo i fianchi ed il respiro diventasse più lento e regolare.

Helmut si tolse gli occhiali da vista con le lenti finte e guardò James, pensando che era stato tutto molto più semplice di quello che aveva creduto.



James distese tutte le membra indolenzite del proprio corpo, non aveva idea di quanto tempo avesse dormito ma si trovava in una stanza dalle pareti grigie, mai vista prima, che aveva come unico mobile la brandina su cui era sdraiato; si alzò lentamente, soffocando dei gemiti tra i denti, con la testa che continuava a girare.

Abbassò lo sguardo e si rese conto di non indossare più i propri vestiti ma bensì una maglietta nera ed un paio di pantaloni dello stesso colore, non portava più i guanti e questo lo spaventò più di tutto il resto; sentiva già il panico attanagliargli lo stomaco e la gola quando gli tornarono in mente le parole di Zemo.

Dove si trovava prima di svegliarsi in quella stanza?

Ma certo, era nello Studio, in procinto di provare l'ipnosi.

Evidentemente la tecnica era stata così efficace che ora aveva la sensazione di trovarsi davvero dentro ai suoi ricordi.

"Non dimenticare quello che ti ha detto" si disse a bassa voce, chiudendo gli occhi e serrando i pugni "sono solo ricordi, anche se reali. È come vedere un film al cinema, nulla di più. I film possono fare paura, ma i mostri non possono uscire dallo schermo e farti male".

Appoggiò la mano destra sulla maniglia della porta, la spinse verso il basso e la socchiuse appena: fuori c'erano un corridoio e due uomini armati che stavano montando la guardia.

Il nuovo Soldato D'Inverno corrucciò le sopracciglia scure: per tutto il tempo in cui era stato prigioniero lo avevano sempre tenuto legato ad una sedia, permettendogli raramente di alzarsi e muovere qualche passo (il tutto sotto lo sguardo attento di alcuni mercenari) non c'era mai stato un solo momento in cui lo avevano rinchiuso dentro una cella, se lo sarebbe ricordato.

Che gli avessero cancellato la memoria?

No, impossibile.

Ricordava ogni cosa.

Il ragazzo si passò le mani nei capelli lunghi, forse gli uomini di Rumlow avevano fatto irruzione nello Studio, avevano ucciso il suo psichiatra e poi lo avevano prelevato con forza; suonava tutto così terribilmente assurdo, ma non riusciva a pensare ad un'alternativa.

La cosa più importante, ora, era trovare un modo per scappare.

James si posizionò affianco alla porta della stanza, lanciò un urlo di dolore e poi rimase in silenzio, ad aspettare: sentì dei passi avvicinarsi e quando i due uomini entrarono approfittò del loro sgomento; colpì il primo con un pugno alla nuca, ed il secondo con un calcio all'altezza dello stomaco ed un pugno in faccia.

Non poteva commettere un errore, non poteva rischiare, così calò lo stivale destro prima sulla testa di uno e poi dell'altro, si chinò per prendere due pistole cariche ed uscì nel corridoio illuminato da diversi neon appesi al soffitto; si guardò attorno, valutando quale fosse la direzione migliore da prendere, imboccò la sinistra con la speranza di trovare il minor numero possibile di ostacoli, ma con la consapevolezza che avrebbero trovato ben presto i due corpi senza vita.

Capì che aveva una sola possibilità, anche se poteva ritorcersi contro.

Riuscì a trovare la stanza che stava cercando, sparò contro i due uomini seduti davanti ad un pannello di controllo e poi distrusse una centralina: subito tutta la struttura piombò nel buio più assoluto, mettendo in allarme i diversi occupanti.

Il ragazzo prese un profondo respiro e ritornò nello stesso corridoio di poco prima.

Non c'erano luci di emergenza, non lo aveva previsto ma ormai era troppo tardi, poteva solo rimettersi nelle mani della Dea Bendata.

Si mosse a ridosso della parete a sinistra, facendo attenzione a non inciampare su qualche oggetto, sentì qualcuno correre e così si sedette a terra, quasi senza respirare, per timore che lo scoprissero.

Si alzò solo quando i passi erano ormai lontani e riprese a seguire la parete, tenendo la pistola ben salda nella mano destra.

Un rumore improvviso strappò un grido a James, si tappò la bocca e rimase in silenzio, con gli occhi spalancati ed il cuore che minacciava di esplodergli nel petto; quando capì che nessuno lo aveva sentito mosse qualche passo tremante.

Ne lanciò un secondo quando un paio di braccia lo afferrarono da dietro, si divincolò con forza, colpì una gamba con un calcio e scaricò l'intero caricatore di entrambe le pistole, mirando alla cieca, in direzione dell'aggressore.

Un silenzio irreale ricoprì l'aria, insieme all'odore pungente del fumo.

"Pensavi di avermi colpito?" domandò una voce, sprezzante, a poca distanza da lui.

Il giovane capì che si trattava di Rumlow, boccheggiò e rischiò di cadere all'indietro.

Sentì qualcosa di metallico cadere, seguito da un oggetto simile e da un terzo, che provocò un suono più ovattato.

"Ho ancora una pistola con me" mentì, con voce che tremava, spostandosi ancora indietro.

"Davvero? Hai una terza pistola e non hai ancora provato a spararmi? Lo trovo strano" commentò l'uomo, si sentì un basso ronzio "voglio darti una possibilità. Giochiamola ad armi pari".

Il nuovo Soldato D'Inverno si tuffò di lato, per evitarlo, ma colpì qualcosa che gli tolse il respiro, una scrivania forse; sbatté la faccia sulle piastrelle del pavimento e quando tentò di rialzarsi, Rumlow lo colpì con un bastone che produceva delle scosse elettriche.

Urlò dal dolore ed un secondo colpo si abbatté sul fianco destro, facendogli arrivare alle narici l'odore di carne bruciata.

Il Mercenario non si fermò e continuò a picchiarlo con l'arma fino a quando gli giunse alle orecchie solo qualche debole lamento; ordinò ai suoi uomini di accendere la seconda centralina che alimentava la struttura e qualcuno obbedì subito.

I neon si illuminarono contemporaneamente e lui piegò il viso di lato, osservando in silenzio il giovane, in una pozza di sangue che si allargava sempre di più, che rantolava, ustionato in diversi punti.

"Io... Io..." continuava a mormorare, senza alcuna coerenza; il più grande s'inginocchiò, in modo che potesse sentire meglio le sue parole.

"Sai, se collaborassi sarebbe tutto più semplice"

"Fottiti" rispose James, prima che un velo nero lo trascinasse nell'incoscienza.

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