KLARIZA
A metà viaggio Bucky si fermò in una stazione di servizio: doveva fare rifornimento di benzina e voleva anche prendere qualcosa da mangiare per lui, per Charlotte e per Klazira.
Appena il giovane uomo chiuse la portiera e si allontanò in direzione del minimarket, Klariza appoggiò una mano sulla spalla sinistra di Charlie, invitandola a voltarsi.
"Dammi la mano destra"
"Cosa?"
"Dammi la mano destra. Adesso. Prima che lui torni".
La giovane obbedì piuttosto confusa: allungò la mano in direzione della sconosciuta e quest'ultima la prese, stringendola con forza, per qualche istante apparve una luce rossa e la più piccola sentì un brivido caldo, strano, attraversarle tutto il corpo; si staccò sussultando, come se avesse preso una scossa.
"Che cosa hai fatto?"
"Ti ho guarita"
"Come?"
"Ricordi quando eravate nel vialetto di casa mia? Quando ci siamo strette la mano? Attraverso un semplice tocco io posso sentire ogni cosa di una persona. Posso percepire i suoi pensieri, se lo voglio, o semplicemente la sua salute fisica. Eri quasi al limite, lo sapevi? Se non ti avessi curata non saresti arrivata viva a New York. È stato un bel gesto sacrificare i tuoi poteri per salvare l'uomo che ami. Davvero. Voi due siete una bellissima coppia. Se te lo stai chiedendo, hai riacquistato i tuoi poteri".
Charlie era semplicemente senza fiato, rivolse all'insù il palmo delle proprie mani e si concentrò: poco dopo apparve dell'energia azzurra, simile a quella generata dall'altra giovane.
"Io... Io non... Non so che cosa dire..."
"Riprenderai peso lentamente, in modo che gli altri non notino un cambiamento troppo repertino dato che, da quello che ho capito, lo hai tenuto nascosto a tutti. Però ti do un consiglio, dovresti dire a Bucky che sei incinta"
"Hai sentito anche questo?"
"Te l'ho detto, posso sentire tutto quello che voglio... E questa è solo una piccola parte di tutto quello che riesco a fare, Charlotte".
La discussione tra le due ragazze venne interrotta dall'arrivo di Bucky, che aveva portato con sé delle bibite gassate, dei panini e delle patatine.
"Ho trovato questo. Spero possa andare bene lo stesso, purtroppo non c'era molto dentro al minimarket, ma in un paio di ore dovremo essere a casa".
Poche ore più tardi Bucky stava parcheggiando la macchina dentro il garage della Villa; Klariza prese la borsa da ginnastica, uscì dall'abitacolo ed osservò l'edificio e l'ampio giardino che si estendevano davanti ai suoi occhi scuri, dalle sfumature dorate, come quelli di un predatore.
"Questo posto è magnifico"
"Adesso ti faremo conoscere gli altri della squadra e poi ti spiegheremo meglio perché abbiamo bisogno del tuo aiuto. Ovviamente avrai una stanza tua e del tempo per decidere"
"Si, lo capisco" rispose lei, stringendo la presa sulla borsa; varcò la soglia d'ingresso dell'abitazione e notò subito tre persone nel salotto, che le rivolsero degli sguardi curiosi: due giovani uomini ed una donna bionda; i tratti del suo viso le ricordarono una persona che aveva conosciuto tempo prima e calcolò che poteva esserne la nipote, ma non aveva prove certe.
"Dove siete stati?" domandò subito Sharon, arrabbiata "e lei chi è? Non avete risposto a nessuno dei nostri messaggi e delle nostre chiamate"
"Calmatevi! Adesso vi spiegheremo ogni cosa" rispose l'ex Soldato D'Inverno, invitò l'amica a fare un passo avanti e poi la presentò "lei è Klariza ed è..."
"La figlia di Teschio Rosso" completò la ragazza, con un sorriso appena accennato, togliendosi subito dalle spalle quel peso; come aveva previsto gli altri reagirono con espressioni stupefatte e sconcertate da quella rivelazione "mi hanno sottoposta a diversi esperimenti che mi hanno portato ad avere dei poteri e questo aspetto perennemente giovane"
"Io e Klariza abbiamo passato molto tempo come prigionieri dell'Hydra e..."
"Ma lei è la figlia di Teschio Rosso" lo bloccò Sam, già profondamente diffidente: aveva iniziato da poco ad accettare Bucky, l'arrivo improvviso di quella sconosciuta non lo faceva sentire tranquillo.
"Dovrò pagare per sempre le colpe di mio padre? Io tengo a Bucky, mi ha salvato la vita e mi ha permesso di scappare. Ho un debito nei suoi confronti e voglio aiutarlo. M'importa solo di questo, non di quello che voi pensate di me. Che cosa devo fare? Che cosa sta succedendo?".
Il giovane uomo si lasciò scappare un sorriso, le disse di sedersi in una poltrona e poi le raccontò in poche parole quello che stava accadendo: di come lo S.H.I.E.L.D non esistesse più e di come loro erano gli unici che potevano fermare tutto prima che fosse troppo tardi.
"Se non riusciamo a fermare l'Hydra sarà tutto perduto, Klariza, tu sei l'unica abbastanza forte da permetterci di avere qualche speranza. Non so che cosa vorrà fare adesso Maria, molto probabilmente dovrà occuparsi delle vittime e della Base da ricostruire da qualche parte, sempre se quella sia la sua intenzione, ma noi non possiamo restare a guardare"
"Chi è a capo dell'Hydra?" chiese semplicemente la giovane, sapeva che non era più Pierce perché l'uomo era rimasto ucciso cinque anni prima.
"Non credo che tu lo conosca. Si chiama Brock Rumlow. Era un Agente che si è rivelato essere un traditore. È lui a capo dell'Hydra".
La figlia di Teschio Rosso deglutì a vuoto, facendo fatica a controllarsi, andò subito a stringere la medaglietta militare.
Se lo conosceva?
Oh, si, lo conosceva.
Eccome.
Chiuse per un momento gli occhi, per una sola frazione di secondo, poi ritornò calma e parlò con voce ferma.
"Quindi il piano sarebbe di catturare quest'uomo prima che possa uccidere altre persone?"
"Prima che uccida tutti noi. Non possiamo catturarlo, dobbiamo ucciderlo. Dobbiamo essere sicuri che l'Hydra sia estirpata definitivamente, che non possa risorgere un'altra volta e se interveniamo il prima possibile..."
"Ho capito tutto. Posso avere la notte per pensarci meglio?"
"Certo, però ti prego di darci una risposta entro domani mattina, non abbiamo molto tempo a nostra disposizione"
"Domani mattina, per la colazione, avrai la mia risposta"
"Perfetto. Lui ti accompagnerà nella tua stanza" disse Barnes, indicando Zemo, che per tutto il tempo era stato in silenzio ad osservare la nuova arrivata; non disse una sola parola e le fece cenno di seguirlo al piano superiore.
A metà scala un pezzo della tela della borsa si strappò, a causa dell'usura del tempo e del peso del contenuto; Zemo si chinò subito per aiutare la ragazza a raccogliere il contenuto e prese in mano un foglio che era sfuggito dall'agenda: era il bozzetto di un ritratto che Klariza aveva fatto poco tempo prima.
Helmut l'osservò con notevole curiosità, fino a quando non gli venne strappato dalle mani con poca gentilezza.
"Grazie. Potrei vedere la mia camera?".
"Quindi quella ragazza sarebbe il tuo grande piano?" domandò Sam, alzandosi dal divano, pronto ad affrontare Bucky.
"Tu non hai idea di quello che è in grado di fare"
"Mi basta sapere che è la figlia..."
"Tu non la conosci come la conosco io. Non le interessa portare avanti quello che ha iniziato il padre. Tu che cosa penseresti di un uomo che non ha esitato a sottoporti a degli esperimenti di laboratorio? Lei potrebbe essere la nostra unica salvezza, Sam, ma se ti senti così forte ed invincibile allora vai, affronta Rumlow e vinci. Che cosa aspetti?"
"Non sono uno stupido, Bucky, ma non l'ho vista così convinta"
"Accetterà. Ha solo bisogno di una notte per riflettere meglio, d'accordo?"
"Io mi fido di Bucky" intervenne Charlie, tormentandosi le mani "e se lui dice che dobbiamo fidarci da Klariza allora io gli credo".
Klariza non era più uscita dalla sua camera da letto, era rimasta l'intero giorno a riflettere in silenzio e poi aveva ripreso la lettura di Cime Tempestose, ma si era fermata quando una frase l'aveva colpita con la stessa durezza di una pugnalata, quasi fosse un'ironia del destino, ed ora continuava a ripeterla ad occhi chiusi, a bassa voce.
"Io lo amo più di me stessa, Ellen... Lo amo più di me stessa, Ellen; e lo so da questo: tutte le sere io prego di potergli sopravvivere, perché preferirei essere infelice io, piuttosto che saperlo infelice. È la prova che l'amo più di me stessa... La prova che l'amo più di me stessa... L'amo...".
Lasciò cadere il libro sul materasso e si coprì il volto con le mani.
La verità era che in ventitré anni era riuscita a dimenticare tutto, o meglio, a superarlo.
Aveva superato suo padre, le verità nascoste, l'Hydra, la Siberia, lo S.H.I.E.L.D, Peggy Carter, Nick Fury ed Alexander Pierce.
Ma non aveva dimenticato lui, non era riuscita a superarlo.
Di lui ricordava ogni singola parola, ogni singolo respiro ed ogni singolo sguardo: il modo in cui si passava la mano destra tra i capelli neri, il modo in cui si accendeva una sigaretta e aspirava la prima boccata, il modo sicuro, arrogante, con cui si era presentato, di chi sa di avere tutte le ragazze ai propri piedi.
Lei non gli aveva mai dato corda, lo aveva sempre sopportato scuotendo la testa, a volte respingendolo fisicamente, dandogli dei spintoni, una volta usando addirittura i propri poteri.
Poi c'era stata la missione a cui entrambi avevano partecipato.
Ricordava benissimo ogni cosa, ogni, singola, cosa.
Lui era stato avventato, arrogante, non aveva ascoltato gli ordini ricevuti ed uno dei terroristi gli aveva impiantato una pallottola in fronte, spaccandogli la scatola cranica ed il cervello.
Ogni, singola, cosa.
Klariza lo aveva visto cadere a terra, come una bambola di pezza, agitarsi negli ultimi spasmi muscolari e poi rimanere perfettamente immobile; lo aveva raggiunto, aveva guardato il suo volto e poi aveva trasgredito agli ordini ricevuti a sua volta: lo aveva riportato in vita usando il potere di cui era dotata, perché aveva capito che senza di lui non poteva continuare a respirare.
Poi, però, se ne era andata e gli aveva fatto credere di essere stata uccisa.
Era stato doloroso, ma necessario.
Zemo entrò nella stanza con un piatto in una mano ed una lattina nell'altra.
"Ti ho portato una fetta di pizza, immagino sarai affamata"
"Grazie, la mangerò tra poco"
"Senti..." iniziò il giovane uomo, sedendosi a sua volta sul materasso "io non ti conosco e non ti voglio giudicare dato che, se Barnes ha ragione, sei davvero la nostra unica speranza. Ma voglio darti un consiglio. Io ho trascorso mesi con Rumlow prima di passare dalla parte dei 'buoni'. Io non so quale uomo hai conosciuto, ma non credo che esista ancora. Rifletti attentamente. Ti auguro un buon riposo, Klariza o qualunque sia il tuo vero nome".
La ragazza l'osservò con il sopracciglio destro sollevato, scuotendo poi la lunga chioma.
Consumò in silenzio la cena e poi tornò a rigirarsi tra le mani la medaglietta militare; da un lato c'era un piccolo pulsante: se veniva schiacciato attivava un sistema di localizzazione, rintracciabile solo dalla persona che indossava l'altra medaglietta.
Si vestì in fretta e si lasciò cadere dalla finestra aperta; atterrò senza procurarsi alcuna frattura o ferita e scavalcò l'alto cancello con agilità.
Arrivò nel centro di New York, che in quel momento non era affollato come nelle ore di punta.
Guardò ancora un momento il piccolo monile e poi schiacciò il pulsante.
Rumlow sentì un suono debole ma acuto allo stesso tempo, non capì da dove provenisse fino a quando non abbassò lo sguardo; si tolse la catenina che portava al collo ed osservò, confuso, il pallino rosso che aveva preso a lampeggiare con insistenza.
Non credeva che dopo tutto quel tempo il dispositivo funzionasse ancora e se lampeggiava significava che qualcuno aveva trovato l'altra medaglietta.
Uscì dalla stanza e bloccò uno dei suoi uomini.
"Questo è un dispositivo di localizzazione. Segui il segnale e portami la persona che lo ha attivato. Adesso".
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