COLIN
Charlotte si ritrovò in una stanza poco illuminata che non aveva mai visto prima, l'ultima cosa che ricordava era il mancamento che aveva avuto per strada, di conseguenza non riusciva a capire come fosse arrivata in quel luogo sconosciuto.
Si alzò dal pavimento dal colore indefinito e si guardò intorno.
"C'è qualcuno?" domandò a voce alta, sperando in una risposta, ricevendo solo l'eco della propria voce, talmente stravolta da sembrare quella di un'altra persona; quando ormai pensava che non ci fosse più nulla da fare sentì il rumore di passi che si avvicinavano e si voltò di scatto, stringendo le mani a pugno, con il cuore che batteva con forza in gola.
Una figura celata da una divisa nera apparve dall'ombra e Charlie trattenne il respiro, riconoscendo il suo defunto migliore amico, balbettando poi il suo nome.
"È un vero piacere rivederti, Charlie. È passato davvero molto tempo dall'ultima volta"
"Oh, mio dio, Steve... Se sono qui vuol dire che... Che..."
"No, non hai ancora esalato l'ultimo respiro, ma ti manca poco. Charlotte, mi stai profondamente deludendo, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme non ti preoccupi minimamente di vendicarmi o di porre fine alle sofferenze della povera Wanda. È questo ciò che ti ho insegnato?".
La ragazza restò senza fiato, poi socchiuse gli occhi, arrivando alla stessa conclusione di Bucky quando aveva avuto anche lui lo stesso incubo.
"Tu non sei il vero Steven Rogers. Sei 'qualcosa' che ha le sue sembianze e questo è solo un brutto incubo"
"Hai ragione, il vero incubo deve ancora arrivare. Il tempo che hai a tua disposizione sta quasi per scadere, il tuo è stato un gesto eroico, ma che risultati ti ha dato? Che cosa hai ottenuto? Disprezzo, solitudine ed una fine prematura"
"Non voglio ascoltare le tue parole"
"La verità fa male, vero?".
Charlie aprì gli occhi di scatto, con il fiato ansante, si portò la mano destra alla bocca e sentì qualcosa di caldo e viscoso che si rivelò essere sangue.
"Oh... Oh..." prese a balbettare, totalmente paralizzata dal terrore, mentre le parole funeste di Steve continuavano a rimbombare nelle sue orecchie; si alzò velocemente dal letto ed aprì una porta, ritrovandosi in quello che era un bagno piccolo, ma ben curato.
Aprì il rubinetto e si lavò con cura il viso sporco di sangue: osservò il liquido viscoso mescolarsi all'acqua, diventando prima rosa e poi scomparendo del tutto; a quel punto la giovane iniziò a respirare in modo più controllato, appoggiando la fronte sul bordo in ceramica del lavandino.
Improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, venne attraversata dalla consapevolezza che si trovava in una casa completamente sconosciuta a lei; tornò in camera e si guardò attorno con gli occhi azzurri sgranati: come era arrivata in quel posto? Chi l'aveva portata lì? Dove era il padrone di casa?
Charlotte abbassò il viso per controllare che i propri vestiti fossero al loro posto e sospirò sollevata dopo aver capito che nessuno le aveva messo le mani addosso; aprì piano la porta della stanza, evitando di farla cigolare, uscendo in quello che era un corridoio decorato con diversi quadri appesi alle pareti.
Si soffermò per qualche istante a guardare le opere d'arte e poi continuò ad esplorare la casa, timorosa d'incontrare qualcuno in qualunque momento, prese in mano una statuetta di ceramica per avere un'arma con sé e proprio in quel momento sentì un rumore provenire da poco lontano; camminò con passo felpato, pregando mentalmente che le assi del pavimento non facessero rumore, arrivando vicino alla soglia della porta di un'altra stanza, che si rivelò essere la cucina.
Lì dentro non c'era nessuno, ma due padelle erano posizionate sopra altrettanti fornelli accesi: la prima conteneva una pastella per pancakes, mentre la seconda del bacon.
"Ohh!" esclamò una voce maschile, sconosciuta; lei si girò di scatto, con la statuetta ancora stretta nella mano destra: davanti ai suoi occhi c'era un giovane uomo che non aveva mai visto prima, con i capelli corvini, gli occhi azzurri ed una barba accennata sul mento e sulle guance.
"Chi sei?" domandò Charlotte, diffidente, senza avere la minima intenzione di lasciare la presa sull'oggetto che voleva scagliargli contro; se avesse avuto ancora i poteri sarebbe stato più semplice.
"Ti spiego tutto, ma metti giù quella statuetta. È il ricordo di un viaggio che ho fatto tempo fa, diciamo che non la posso trovare dietro il primo angolo in strada. Per favore. Non ho cattive intenzioni"
"Come posso esserne sicura?"
"Perché... Le occasioni non mi sono mancate, non ti pare?"
"Si..." mormorò la più piccola, abbassò lentamente la statuetta, per poi posarla sopra al tavolo; lo sconosciuto rilassò i muscoli del corpo "adesso spiegami perché mi trovo in casa tua"
"Stavo rientrando e ti ho vista nel marciapiede, sdraiata. Ho provato a scuoterti, ma non rispondevi. Non potevo lasciarti in quelle condizioni e da sola. Se qualche malintenzionato ti avesse vista, sarebbe stata una cosa spiacevole"
"Si, certo..."
"Che cosa ti è successo?"
"Ero ad una festa di compleanno ed ho bevuto troppo. È andata così..."
"Ed i tuoi amici ti hanno lasciata da sola mentre eri completamente sbronza?"
"Me ne sono andata io, loro non mi hanno vista"
"Allora è meglio se li contatti il prima possibile. Ecco, il tuo cellulare, era completamente zuppo. Vuoi dei vestiti puliti? Non mi sono permesso di toglierteli perché non avevo il tuo consenso, ma se ora vuoi indossare qualcosa di più comodo e pulito posso provare a cercare"
"Io... Ecco... Si, credo di si... Grazie..."
"Te li prendo subito"
"Grazie..." ripeté una seconda volta Charlotte, prese in mano il cellulare e lo accese subito: nel display apparvero diversi messaggi di chiamate alle quali non aveva risposto ed altrettanti messaggi da parte di Sam, di Sharon ed anche di Bucky.
"Charlotte, dove sei?"
"Perché non rispondi alle chiamate?"
"Charlotte?"
"Brava, te ne sei andata senza dare una spiegazione. Il tuo comportamento è stato molto maturo"
"Perché hai il cellulare spento?"
"Charlotte! Rispondi!"
"Cazzo, rispondi!"
"Charlotte?"
"Charlotte!"
"Bennetts, rispondi immediatamente!"
Tutti i messaggi continuavano in quel modo, ad ognuno che leggeva il suo viso perdeva colore perché già immaginava tutto quello che le avrebbero detto al suo ritorno.
Il padrone di casa ritornò con una maglietta ed un paio di pantaloni da ginnastica, di colore blu scuro.
"Ho trovato questi, dovrebbero andarti bene. Puoi andare in camera mia a cambiarti"
"Si, lo faccio subito" disse lei; andò a cambiarsi e quando fece ritorno in cucina vide due piatti che contenevano un pancake e due fette di bacon croccante: lo stesso cibo che aveva visto poco prima in padella.
"Ho preparato la colazione"
"Sei molto gentile, ma non posso rimanere qui un solo minuto in più. Devo far ritorno a casa mia, tutti si stanno chiedendo dove mi trovo"
"Lascia almeno che ti dia un passaggio"
"Non ti voglio disturbare ancora..."
"Insisto" rispose lui, con uno sguardo al quale nessuna sarebbe riuscita a resistere.
Charlie teneva le braccia incrociate e continuava a battere il piede destro sul tappetino sistemato davanti al sedile: voleva tornare alla Villa, ma allo stesso tempo non si sentiva in grado d'affrontare una discussione con il suo ex compagno.
"Ecco. È questa"
"Tu abiti in questa Villa?"
"Si, la divido con altre tre persone. Ascolta..."
"Colin"
"Ascolta, Colin, ti ringrazio tanto per quello che hai fatto. Non tutti sarebbero stati gentili come te e mi dispiace averti fatto sprecare tempo. Adesso è meglio che vada. Grazie di tutto"
"Quando potrò rivederti?" domandò Colin, prima che la ragazza potesse allontanarsi troppo "potresti darmi il tuo numero di cellulare".
Lei rimase immobile, con la mano destra ancora appoggiata alla portiera, indecisa se accontentare quella richiesta o meno, alla fine decise di dettargli a voce il numero e lo ringraziò ancora una volta; aprì il cancello della Villa ed attraversò il parco con la testa china in avanti.
Inserì le chiavi nella serratura della porta d'ingresso ed entrò senza fare rumore, guardandosi attorno: il salotto era completamente disabitato, forse erano ancora tutti a letto e c'era una possibilità, per lei, di salire al piano superiore senza essere vista; chiuse la porta e mosse un passo all'indietro, andando a sbattere contro qualcosa di duro.
Si voltò, ed incrociò lo sguardo freddo dell'ex Soldato D'Inverno.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top