BROKEN DREAM (PARTE DUE)
La giovane donna tornò a sedersi vicino all'enorme vetrata e guardò in direzione del fumo che proveniva da un punto lontano: non era preoccupata per il suo compagno perché era forte, agile ed un Re; la sua vera paura nasceva dal discorso che non era riuscita a fargli e che avevano rimandato a quando quella strana faccenda sarebbe stata risolta.
Sapeva che T'Challa l'amava, ma allo stesso tempo aveva paura che, sapendo che lei non poteva generare figli, l'avrebbe abbandonata per una con cui creare una famiglia, magari una che sarebbe stata subito ben accolta dal suo popolo; Natasha era in continua lotta con sé stessa, anche a causa della vita che aveva lasciato: aveva letteralmente voltato le spalle a Fury, dopo tutto quello che lui aveva fatto, dopo che l'aveva accolta nello S.H.I.E.L.D nonostante fosse un'Agente dell'Hydra.
Si sentiva per l'ennesima volta una traditrice, una voltafaccia, una doppiogiochista; sentiva quel ruolo ormai impresso a fondo nella pelle, quasi un marchio, un qualcosa che non l'avrebbe mai abbandonata per tutta la sua intera esistenza.
Alzò la testa di scatto: esattamente come aveva detto poco prima al suo compagno, anche se non era più allenata non aveva perso il suo istinto da spia, ed aveva appena sentito un rumore appena percepibile; il rumore che poteva appartenere ad un oggetto pesante che cadeva in un pavimento di marmo, ascoltò con più attenzione, trattenendo il respiro, ma non le giunse più alcun suono simile.
Natasha si avvicinò ad un mobile ed aprì il primo cassetto: c'era un piccolo scompartimento segreto sotto ai suoi oggetti personali e lì dentro custodiva una pistola sempre carica, insieme ad un egregio numero di munizioni, quello era un piccolo segreto che non aveva mai confessato a T'Challa; preferiva sempre avere almeno un'arma con sé, quella era un'altra delle vecchie abitudini che non era riuscita a superare.
Si posizionò davanti alla porta, con l'arma puntata ad altezza uomo, ed attese l'arrivo di un possibile aggressore.
"Nat, da quanto tempo".
La pistola le sfuggì dalle mani quando venne colta di sorpresa da una voce familiare alle proprie spalle, si voltò con gli occhi verdi spalancati e vide James a braccia incrociate, che le sorrideva in modo affabile.
Come aveva fatto ad entrare?
"Jamie" lo salutò lei, girandosi lentamente "che cosa ci fai qui? Quando sei arrivato?"
"Poco fa, ho voluto farti una sorpresa, non sei contenta? Ti vedo un po' sulla difensiva, Natasha, sono io che ti metto a disagio?"
"No, ma c'è qualcuno fuori...".
Gli occhi azzurri del ragazzo si posarono sul fumo in lontananza ed uno strano sorriso apparve sulle sue labbra, un sorriso soddisfatto ma con un qualcosa di animalesco, crudele, che non gli apparteneva.
"Ho fatto un buon lavoro, vero? Un ottimo diversivo per allontanare il tuo fidanzato il tempo necessario"
"Sei stato tu?" domandò in un soffio la giovane donna, mentre del sudore freddo le imperlava la fronte "perché lo hai fatto?"
"Perché dobbiamo parlare" rispose il più piccolo a denti stretti; l'ex spia capì ogni cosa in una frazione di secondi e si buttò sull'arma ancora abbandonata a poca distanza da sé, James la precedette e calciò la pistola lontano, e quando lei provò a colpirlo con i Morsi della Vedova le restituì il favore con uno dei bastoni che aveva in mano "sei stata tu la mia allenatrice, Nat, mi hai insegnato bene. Posso prevedere tutte le tue mosse. Come si dice? L'allievo che supera il maestro, giusto?"
"Perché?" balbettò semplicemente Romanoff, ancora intontita ed impossibilitata a muovere un solo muscolo; non riusciva a capire come il ragazzo avesse subito un cambiamento così profondo e si chiese se anche lei non avesse una parte di responsabilità.
"Perché l'Hydra vuole portare l'ordine nel mondo e l'ordine si ottiene tramite il dolore" sussurrò il nuovo Soldato D'Inverno, ripetendo le parole che Rumlow gli aveva inculcato in testa "e sai benissimo che una volta che si entra a far parte dell'Hydra non si esce, a meno che non si esala l'ultimo respiro. Ma non ti preoccupare, non è ancora arrivato il tuo momento. Dobbiamo aspettare l'arrivo del tuo uomo, sono sicuro che non vorrà perdersi questo spettacolo per nessuno motivo...".
T'Challa aveva indossato la propria armatura in vibranio prima d'inoltrarsi nella fitta giungla del Wakanda, correva come se da ciò dipendesse la sua stessa vita, ed in un certo senso era proprio così: quando suo padre era stato assassinato a Vienna, ed aveva preso il suo posto, aveva giurato di difendere la sua terra a costo del proprio sacrificio e per quanto amasse Natasha era pronto, da guerriero, a tenere fede a quel patto di sangue.
Quando arrivò nel punto esatto da cui proveniva il fumo non vide altro che verde: non c'erano uomini armati ad attenderlo né strani spostamenti, non c'era neppure un solo animale, sicuramente spaventati dal rumore improvviso.
Si guardò attorno a lungo, con tutti i sensi all'erta, nel timore di un possibile attacco a sorpresa; poi sollevò il volto celato dal casco, che ricordava il muso di una pantera, guardò il proprio palazzo e capì che quello era stato solo un diversivo e che stava accadendo qualcosa là dentro.
Natasha.
Si buttò tra gli arbusti e le liane che penzolavano come tanti serpenti verdi e, quando ritornò dentro al mastodontico edificio di marmo, ogni sua paura divenne reale: le sue guardie erano a terra, con la gola tagliata o con un buco in fronte, tutte in una pozza di sangue che creava un contrasto quasi nauseabondo con il pavimento bianco; il giovane uomo si tolse il casco e lo lasciò cadere a terra, annientato da quello spettacolo che non credeva di vedere in una giornata che era iniziata tranquilla, esattamente come tutte le altre.
Percepì un movimento improvviso alle proprie spalle, si voltò, ma prima che potesse fare qualunque cosa un oggetto metallico lo colpì in fronte e sentì una scossa arrivargli direttamente al cervello; urlò di dolore e cadde a terra, mentre perdeva conoscenza pensò che, per la prima volta, comprendeva esattamente ciò che aveva provato Bucky in settant'anni di torture.
Black Panther riprese lentamente conoscenza mentre qualcuno lo trascinava dentro una stanza per poi immobilizzargli le mani, non più provviste dei guanti con gli artigli in vibranio, dietro la schiena.
"Svegliati, altezza" gli ordinò qualcuno, dandogli un calcio sulla nuca.
Emise un secondo gemito di dolore, trattenuto a stento tra i denti, sbatté più volte le palpebre e finalmente mise a fuoco le tre persone che si trovavano davanti a sé: un uomo che non aveva mai visto prima, Natasha ed un ragazzo che, intuì a causa della forte somiglianza, doveva essere il figlio di Charlotte e Bucky.
"Natasha!" gridò, quando si rese conto delle condizioni in cui versava la compagna: il suo bel volto era tumefatto da diversi lividi e perdeva sangue dalla bocca e dal naso; lei stava per rispondere, ma James le afferrò i capelli biondi, tirandoli con forza, intimandole di stare zitta "che cosa volete farle? Prendete me al suo posto, prendete me!"
"Prendere te? E per quale motivo?" domandò Rumlow, annoiato "sono rimasto deluso dalla facilità con cui sono riuscito a batterti, che cosa ricaverei uccidendoti? Saresti ancora più patetico. Noi siamo qui per lei. Tu devi solo assistere alla sua fine, dopotutto mi sembra di aver capito che sei abituato a vedere con i tuoi occhi la fine delle persone che ami, giusto? C'è qualcosa in particolare che le devi dire prima di perderla per sempre?"
"Natasha..."
"T'Challa..." riuscì a parlare finalmente lei, senza vergognarsi delle lacrime che le scesero lungo le guance sporche di sangue incrostato; aveva capito di essere vicina alla propria fine, aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato, ma non si era mai preparata veramente per affrontarlo, c'erano molte cose che avrebbe voluto dirgli, ma non ci riuscì perché il nuovo Soldato D'Inverno le tagliò la gola con un pugnale affilato, dopo aver ricevuto ordine tramite un gesto seccato di Rumlow.
Il Re del Wakanda urlò, ma venne zittito da un'altra scossa che gli fece perdere i sensi.
Crossbones si accese una sigaretta con gesti lenti, senza alcuna fretta, s'inginocchiò davanti alla pozza di sangue che si stava velocemente formando vicino al corpo dell'ex spia russa, ancora scosso dagli spasmi, intinse l'indice destro nel liquido scarlatto e si avvicinò ad una parete, pronto a scrivere la risposta che il messaggio di Klariza meritava.
Mezz'ora più tardi, mentre erano dentro all'elicottero che li stava riportando alla Base, si voltò a guardare James e gli appoggiò la mano destra sulla spalla sinistra, quest'ultimo si voltò a guardarlo con un'espressione apprensiva.
"Sei un bravo ragazzo, James, hai fatto la cosa giusta".
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