ASSHOLE


"Dove sei stata?" domandò subito lui, usando un tono tagliente; Charlotte rimase per qualche istante a bocca aperta, passandosi le chiavi da una mano all'altra: non si aspettava di trovare Bucky già pronto a farle la solita ramanzina.

"Sono uscita un momento a prendere una boccata d'aria"

"Abbiamo provato a chiamarti tutta la notte dopo che sei sparita dal locale. Quando siamo tornati a casa ho controllato la tua camera e tu non c'eri"

"Sono rientrata più tardi"

"Sono rimasto sempre sveglio"

"Oh, si, immagino che tu ed Elisa abbiate trascorso una notte molto movimentata"

"In realtà l'ho accompagnata a casa presto perché oggi doveva lavorare. Allora, vuoi dirmi dove sei stata tutta la notte? Hai fatto preoccupare Sam e Sharon" il giovane uomo guardò il modo in cui era vestita, accorgendosi che teneva in mano gli abiti della notte precedente "di chi sono quella maglietta e quei pantaloni che indossi?"

"Ha forse importanza?"

"Si che ha importanza. Non puoi sparire senza dare spiegazioni e ritornare con addosso degli indumenti palesemente maschili"

"Tu lo hai fatto per quattro mesi. Credo che non sia una tragedia se io l'ho fatto per una sera" ribatté la più piccola, salì al piano di sopra ed entrò nella propria camera da letto; si cambiò velocemente e poi ritornò nel salotto.

Trovò Bucky intento a guardare qualcosa fuori da una delle finestre.

"Chi era quel ragazzo?"

"Quale ragazzo?"

"Quello alla guida della macchina che è appena ripartita"

"Non lo so, ed in ogni caso ti ripeto: non sono affari che ti riguardano. Mi dispiace di avere rovinato la festa a Sharon, quando si alzerà le chiederò subito scusa per il mio comportamento. Adesso vorrei fare colazione se non ti dispiace"

"Se non ti dispiace... Io non ho finito di parlare con te"

"Ma io si" rispose Charlie, scostò il braccio dell'ex compagno ed andò in cucina per prepararsi qualcosa di caldo.

Stava sorseggiando una cioccolata quando apparve Sam: quest'ultimo si appoggiò allo stipite della porta ed incrociò le braccia all'altezza del petto, rivolgendo all'amica domande simili a quelle di Bucky.

"Ti rendi conto che non puoi fare così?"

"Non è stata colpa mia"

"Allora dimmi come sono andate le cose. Ti ho sentita litigare con lui. Le vostre voci arrivavano fino al piano di sopra, a quanto pare non riuscite proprio ad essere discreti"

"Ieri sera avevo bisogno di una boccata d'aria e quando sono uscita ho incontrato un ragazzo. Ho passato da lui tutto il resto della notte e poco fa mi ha riaccompagnata qui" spiegò lei, omettendo la parte del malore.

"Oh, certo, ma era proprio necessario farlo ieri?"

"Tu eri con Sharon, Bucky era con Elisa. Io ero completamente sola. Sono sicura che avete impiegato ore ad accorgervi della mia assenza"

"Per tua informazione lui l'ha notato immediatamente"

"Pensi che m'importi qualcosa di questo? La nostra storia è finita da un pezzo, lo continua a ripetere per primo... Di conseguenza, io sono libera di farmi una vita, esattamente come sta facendo lui"

"Hai raccontato qualcosa a quel ragazzo?"

"Di noi? No, assolutamente no! Non sono una ragazzina stupida! Vuoi qualcosa per colazione? Hai un livido sulla guancia?"

"No, non ho fame" rispose Falcon, evitando di fare lo stesso con la seconda domanda, uscì dalla cucina ed andò nell'ala della Villa occupata dalla palestra e dalla piscina; trovò l'ex Soldato D'Inverno seduto sul bordo di quell'ultima, che aveva appena terminato di fare numerose vasche: indossava un costume da bagno nero, con una striscia rossa sul fianco destro, ed i lunghi capelli si erano incollati in parte sul viso ed in parte sulla nuca.

"Se vuoi usare la piscina io ho finito"

"No, voglio parlare con te".

Il più grande sollevò il sopracciglio sinistro, in quella che era un'espressione incredula.

"Tu vuoi davvero parlare con me? Per fare cosa? Farmi pesare ancora una volta tutto quello che ho fatto negli ultimi settant'anni? Perché oggi non sono proprio dell'umore adatto per iniziare una discussione"

"No, non voglio fare nulla di simile. Voglio solo parlare. Perché prima hai reagito in quel modo?"

"Ti stai riferendo a Charlotte?" chiese Bucky, guardando la superficie trasparente dell'acqua "come avrei dovuto reagire? Non può avere simili comportamenti dato che fa parte di una squadra, non può abbandonarci ed andare a casa del primo sconosciuto che incontra per strada"

"Però anche tu lo hai fatto"

"Oh, si tratta di una faccenda completamente diversa"

"Sicuro? Sicuro che il problema non sia un altro? Tu stai bene con quella ragazza?"

"Elisa? Certo che sto bene con lei... Che razza di domande fai?"

"Nulla, era solo una domanda...".

Sam si allontanò, consapevole che non avrebbe ottenuto altro dall'ex Soldato D'Inverno, ma venne richiamato quasi subito per sentirsi dire, per la seconda volta, la stessa domanda.

"Perché hai un livido?"

"Non è nulla d'importante"

"Davvero? Eppure mi sembrava che ieri sera non l'avessi. Anzi. Se non sbaglio ti è comparso dopo la tua fuga con Sharon..."

"E va bene... Ho provato a baciare Sharon e non le è piaciuto. Mi ha colpito ed è tornata al tavolo. Non mi ha più parlato"

"Ohh... Ma davvero?" commentò in modo sarcastico Barnes, con un sorrisetto "adesso penserà che hai organizzato la festa solo per andare a letto con lei"

"Così non sei d'aiuto!"

"Ti sei preso gioco di me per tutto questo tempo... Pensavi davvero che sarei stato gentile e comprensivo con te?".



Trascorsero due giorni e Charlotte notò con sollievo di non perdere più sangue dal naso o dalla bocca, ma allo stesso tempo non si sentiva tranquilla: sapeva che era solo questione di tempo prima che qualcosa di nuovo si presentasse.

Prese in mano il cellulare e chiamò James, ottenendo risposta dopo appena qualche squillo.

"Mamma, da quanto non ti sento!"

"Come stai, Jamie?"

"Tutto bene..."

"Sicuro? Rhodey mi ha detto quello che è successo. Che gli hai rivolto delle parole poco gentili e poi hai picchiato Nicholaj. Perché non mi hai detto che vai da uno psichiatra? Sono tua madre. Dovrei sapere certe cose, non credi?"

"Io non ho fatto nulla. Sono stato provocato ed ho attaccato di conseguenza. Rhodey non è un mio famigliare, non può ordinarmi che cosa devo fare o cosa non devo fare. E per quanto riguarda la faccenda dello psichiatra... Avevo solo bisogno di parlare con qualcuno, non c'è altro"

"Potevi parlarne con me... Potevi farlo con tuo padre... Lui può aiutarti ancora di più dato che ha avuto un'esperienza simile alla tua. James, per favore, non tenermi nascoste queste cose! Ti sento distante in quest'ultimo periodo! Perché?"

"Mamma, devo andare. Scusami" il ragazzo non le lasciò il tempo di poterlo fermare, così Charlie si lasciò scappare un verso seccato, perché adesso anche James la stava facendo impazzire: era pronta a dargli una mano in qualunque modo ma, esattamente come il padre, era sempre schivo e sfuggente.

"Assomiglia sempre di più a suo padre..." mormorò scuotendo la testa, uscì per un momento dal salotto, lasciando il cellulare appoggiato sopra al divano: questo iniziò a squillare con insistenza, ma la ragazza non lo sentì, perché era troppo lontana, così rispose Bucky, che stava passando di lì in quel momento.

"Pronto?"

"Charlotte?"

"Ti sembra che abbia una voce femminile? Chi sei? Che vuoi?"

"Sono Colin, ho accompagnato Charlie a casa qualche sera fa... Tu chi sei? Con chi sto parlando?"

"Io sono il padre di suo figlio" rispose il giovane uomo; sentì un peso improvviso sulle spalle che per poco non gli fece perdere l'equilibrio, mentre due mani gli afferravano con forza i capelli lunghi.

"Lascialo! Lascia il mio telefono! Dammelo, Bucky! Dammelo! Adesso!"

"Smettila!" ringhiò lui, a denti stretti, l'afferrò e provò a liberarsene, ma la ragazza non accennava a voler allentare la presa sui capelli, anzi, gli aveva passato le gambe attorno ai fianchi.

"Dammelo! Sei solo uno stronzo!"

"Lasciami andare! Giuro che se non lo fai ti lancio contro una parete".

Charlotte riuscì finalmente a riprendere possesso dell'apparecchio tecnologico e cambiò subito stanza, in modo da parlare tranquillamente.

"Pronto?".

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