Sull'autobus
Vi siete mai fermati, su un trasporto pubblico, per strada, in fila, a pensare alla vita di una persona incontrata per caso? Immaginarvi la storia di un essere umano soltanto dal suo aspetto, da uno sguardo, dall'impressione che quel viso vi da. Non è un esercizio facile, e sicuramente non esatto, ma trovo affascinante l'espressività di un volto silenzioso.
Il volto, per esempio, di una donna, una madre, che guarda la sua bambina che ancora si deve reggere a lei per non cadere sull'autobus: uno sguardo amorevole, di chi ha abbandonato molto per poter donare un futuro a quel esserino che le tiene la mano; forse, guardandola, rivede la sua terra natale, la famiglia che ha dovuto lasciare, il viaggio che ha dovuto affrontare e di cui ancora porta le cicatrici sulla pelle, il sapore dell'acqua salata che ha dovuto attraversare e il freddo delle notti passate senza un tetto sulla testa. La cultura con cui è cresciuta è ormai lontana, ma solo geograficamente, i vestiti che indossa ricordano ancora il sole e i colori della sua infanzia, i gioielli che ha ricevuto da sua madre li porta ancora con fierezza, e un giorno sa che li donerà a sua figlia, e la tradizione sopravviverà anche in terra straniera. Quei gioielli, che non ha mai voluto vendere, perché il dolore di perdere quel ricordo sarebbe stato più intenso di tutti i colpi e gli abusi che invece ha subito per guadagnarsi i soldi per pagarsi il posto sul gommone. Adesso lavora in un supermercato, le sue mani che una volta erano lisce, morbide, che avevano visto anelli e bracciali nel giorno del suo matrimonio, ora sono ruvide, usate dal freddo e dal sale, abituate al lavoro ma comunque delicate, non stritolano la mano della bambina ma la accarezzano dolcemente, quasi in un abbraccio. Lo zaino della bambina le ricorda il motivo di tutte le sue pene, sa che sta facendo la scelta giusta mandando sua figlia a scuola, perché impari la lingua, la cultura, le regole di questo mondo che per lei sono ancora così complesse e strane, un universo dove tutti sono incentrati su se stessi, sulla fretta di arrivare e su progetti di vita a lungo termine: lei la sua vita l'ha già donata, il suo viaggio l'ha già compiuto ed è arrivata, anche se forse più lentamente di quello che avrebbe voluto, e di progetti di vita ne ha pochi, uno solo in realtà: che la sua bambina possa averne quanti ne vuole, che lei abbia la possibilità di scegliere grazie al fatto che sua madre non ha potuto. Gli occhi sono pieni di amore paziente, non nascondono il dolore passato ma sono fiduciosi, perché quello che stanno guardando è il futuro, e il futuro ricambia con un sorriso e una risata sdentata, felicemente ignara dei sacrifici che le permettono di ridere.
Poi la coppia scende, le porte si richiudono e io continuo la mia vita, come anche quella madre e la sua bambina continueranno la loro, ignare delle emozioni e degli insegnamenti che solo uno scambio silenzioso possono dare. Non posso fare altro che sperare che il futuro le riservi il meglio, di vivere una vita piena e che forse, un giorno, anche lei potrà avere il tempo e la leggerezza di guardare una persona sull'autobus, e potersi immaginare una vita, senza la pretesa di aver ragione, ma solo per gioco, per pensare, per crescere.
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