"Come pioggia d'estate" L'isola dei desideri - (2 capitolo / 2 parte)
Starring
• Lucas J. Zumann •
• Amybeth McNulty •
L'amore eterno
tra due persone
resiste a tutto.
"Ecco, mio bellissimo passerotto. Gira! Gira" Squittí l'uomo dai capelli grigi facendo ruotare sua moglie senza smettere di ridere.
Non avevo previsto che la serata sarebbe durata di più, m'immaginavo già in pigiama a bussare alla porta della mia vicina.
L'autista mi allungò una mano e scesi, bloccandomi alla vista dell'aereo.
Ero letteralmente sconvolta all'idea di farlo, non avevo mai volato e mi mancava quest'esperienza per chiudere la serata in grande stile. Il riccio in un gesto naturale, che gli avevo visto fare tante volte nella sala, mi affiancò.
"Non dovrebbe essere più grande?"
"È il jet privato del signor Jackson."
Vidi i due anticiparci sulla scaletta e scambiare qualche parola con il comandante.
"Privato? Vuoi dire che non c'è nessuno? Come un auto." Lui rise della mia ingenuità e mi prese a braccetto per raggiungerlo. "Non sono mai salita su un aereo prima d'ora."
"Non avrei dovuto lasciarmi convincere. Scusa. Dovevo accompagnarti a casa."
"Con che scusa, dottore? Sarebbe stata una mancanza di rispetto."
Salii i gradini stando attenta a non inciampare, prima di ritrovarmi di fronte a un'ambiente di prima classe.
Le pareti erano bianche e una striscia di marrone esattamente nel mezzo.
I due proprietari erano seduti e parlavano fra di loro. I miei occhi scorrevano su tutti dettagli, quasi rischiai di inciampare sullo strascico, ma il riccio mi afferrò per un braccio guidandomi vicino al sedile dove sprofondai.
"Allacciate le cinture, signori." Ordinò l'hostess prima di congedarsi e chiudere la porta a scrigno.
Il riccio si sporse e alzò il dito per indicarmi qualcosa. "È lì dietro."
Trovarmi davanti quel viso squadrato mi fece sobbalzare e mi sporsi all'indietro. Lo ringraziai timida e l'agganciai. L'aereo iniziò la manovra e il panico prese possesso di ogni centimetro del mio corpo.
Continuavo a trarre lunghi sospiri per tranquillizzarmi, dopotutto ero alla primissima esperienza di volo. Ma da un momento all'altro avrei perso i sensi, facendo una pessima figura, non solo con il dottore ma con gli altri passeggeri.
"Amybeth cara, hai paura di volare?" Chiese la signora Melanie calma.
Era troppo chiedere al pilota di andare più veloce?
"Beh, io..."
"È così tutte le volte."
Il riccio mi anticipò brillantemente e appoggiò la mano sulla mia. Guardai prima in basso e poi in alto, notando un sorriso indugiare sulla sua bocca.
Non l'avevo programmato quando fortificai la presa fino a stritolargli le dita. Mi trasmetteva sicurezza ed era inspiegabile.
Più l'aereo si sollevava, più stringevo... e il suo sguardo confuso mi bruciò addosso ma evitai di fissarlo per concentrarmi sul respiro.
L'aereo galleggiò sulle nuvole per molte ore prima di ritrovarci a raggiungere a bordo di una barca l'isola di *Newfoundland. Un posto incantevole che avevo conosciuto la prima volta quando ero ancora un laureando. L'uomo aveva acquistato una villa sul mare e ci passava le vacanze.
"Benvenuti, signori!"
"Buongiorno, Priscilla." La salutò il mio capo, aiutando la moglie a mettere i piedi sulla terraferma.
"Buongiorno." Feci anch'io.
"Bene... il viaggio è stato molto stressante e Priscilla vi mostrerà la camera. Domani... volevo dire oggi, ci incontreremo per fare colazione insieme." Spiegò Melanie.
Mi voltai verso la ragazza al mio fianco, ma non accennò un rifiuto, e risposi: "Va bene. È un'ottima idea."
"Bene. Allora... sogni d'oro."
La moglie invece sventolò la mano e fece un occhiolino. "Buon riposo."
"Anche voi."
"Vi ringrazio." Aggiunse la rossa e li vedemmo sussurrarsi qualcosa all'orecchio mentre se ne andavano.
Entrambi restammo fermi mentre tenevo la mano sulla sua schiena.
Priscilla ci fece tornare con i piedi per terra. "Signori. Seguitemi, prego."
La presi a braccetto, ormai non mi restava che continuare la recita, e riprendemmo a camminare. I suoi occhi azzurri osservano quelle case sospese nel vuoto e costruite ai bordi delle rocce, ognuna di colore diverso.
"Le cose mi sono sfuggite dalle mani, perdonami."
"Non si preoccupi, dottore. Non mi rattristerà vedere qualcosa di così magnifico in tutta la mia vita."
Risi. "Ti è passata la sbornia?"
Ridacchiò. "L'aereo mi ha fatto bene! Magari la prossima volta potrei provare a lanciarmi con il paracadute." Scherzò su, appoggiata al mio braccio mentre raggiungevamo l'entrata della villa e i primi raggi del sole facevano capolino fra gli alberi.
"Prego." Disse la donna spalancando la porta e la rossa entrò andando verso la porta del terrazzo. "Spero che la stanza sia di vostro gradimento. I pigiami per gli ospiti li trovate sui comodini e ho preparato anche dei vestiti. Se gradite delle bevande fresche c'è un mini frigorifero. In caso... abbiate bisogno di qualcosa, mi trovate nel cortile sul retro. Chiamatemi quando volete."
"Grazie mille." Risposi infilando le mani nelle tasche del pantalone.
"Buona giornata e buon riposo."
Appena uscí lasciandoci soli, feci vagare lo sguardo per la stanza, imbarazzato come un ragazzino alle prime armi, e notai il letto a baldacchino. Svariate volte mi ero trovato con donne che bramavano di essere spogliate, ma non era quello il momento per approfittarne.
Spostai lo sguardo su di lei ferma sullo scalino.
"C'è un soltanto un letto. Sono abituato a fare le ore piccole. Vado in giardino almeno puoi riposare tranquilla."
"Non serve. Posso anche dormire sul pavimento. Starò comoda."
Si avvicinò al letto per prendere il lenzuolo e le presi il braccio dolcemente, facendole alzare la testa.
"Neanche per sogno!" Esclamai e trattenni il respiro nell'istante in cui mi scontrai con i suoi occhi azzurri. Mi schiarii la voce: "Non sono stanco. Tu dovresti riposare." Abbozzò un sorriso, che ricambiai e le diedi le spalle.
"Anche lei è stanco, dottore." Mi richiamò e mi voltai. "Non è giusto. Resti. Voglio dire... che il letto è grandissimo. Possiamo condividerlo, stando ognuno dalla propria parte."
La guardai per una manciata di secondi. E le sorrisi di rimando scrollando le spalle. "Se alla signorina questo non dispiace, non potrei mai rifiutare." Mostrò le fossette sistemando una ciocca dietro l'orecchio. "Grazie mille per questa serata."
"Non mi ringrazi. Dovrei essere io a farlo. Ho vissuto una notte magica che non dimenticherò mai. Grazie, dottore."
"Lucas!" Le ricordai fintamente arrabbiato sollevando l'indice, provocandole una risata. "Vado fuori sul balcone per prendere un po' d'aria fresca, così puoi cambiarti."
Una volta fuori controllai il cellulare ch'era in modalità offline e inviai una nota vocale su WhatsApp alla mia segretaria.
«Elva, non riuscirò a venire in ospedale fino a lunedì pomeriggio. Ritarda la caratterizzazione della signora Eva fino al tardo pomeriggio, finché non avrò parlato con il dottor Sebastian. Voglio essere presente. Dì ad Adam di fare il giro delle visite e riferirmi. E controllare tutte le cartelle cliniche al mio ritorno di tutti i miei pazienti. - feci una breve pausa sforzandomi - Non c'è altro. Buona fortuna.»
Inviai il messaggio e posai il cellulare nella tasca interna mentre un delizioso venticello mi muoveva i ricci. Poi mi staccai dalla ringhiera e mi accostai alla tenda senza guardare l'interno.
"Amybeth!" Mi convinsi a entrare e notai che si era infilata sotto le coperte, cadendo in un sonno profondo.
Tolsi la giacca sistemandola sulla sedia e misi il pigiama, sdraiandomi su un fianco con gli occhi aperti e in balia di pensieri contrastanti.
Per la prima volta stavo dormendo con una donna senza il bisogno di toccarla, ma avendo cura di non invadere il suo spazio, raggomitolato nella mia piazza.
Gli occhi mi si aprirono di colpo e mi mossi lentamente fra le coperte.
Sbattei le palpebre realizzando di trovarmi in quella suite e quando girai il collo aspettandomi di vederla accanto a me addormentata, c'era il vuoto.
Mi tirai a sedere soffocando uno sbadiglio e urlai.
"Amybeth!"
Non rispose. Probabilmente si era svegliata prima ed era uscita per fare una passeggiata oppure per acquistare dei souvenir. Sembrava una persona curiosa e amante dei posti particolari, e quell'isola aveva un che di misterioso, che stregava qualsiasi visitatore.
Scesi i gradini allegro raggiungendoli sulla terrazza dopo essermi vestito.
"Buongiorno!"
"Buongiorno!" Risposi.
"Buongiorno, caro Lucas."
"Cosa ti avevo detto, Melanie?" Disse l'uomo rivolgendosi a sua moglie.
"Buongiorno, signor Lucas." Mi salutò Priscilla passandomi davanti.
"Gli stanno proprio bene. Sono della misura giusta." Concordò la donna.
"Non abbiamo trovato altro nell'armadio di nostro figlio. Ti calzano a pennello però!"
Allargai le braccia. "Figurati. Sono perfetti... e dov'è Amybeth?" Chiesi guardando entrambi seduti al tavolo di fronte a una ricca colazione, da fare invidia alla corte reale.
"Voleva esplorare il giardino, ti sta aspettando."
Alzai un cipiglio, "E in quale direzione?"
"Verso il fondo." Spiegò lei.
"La vado a prendere."
Quel giardino era un labirinto e si rischiava di perdere l'orientamento se non si faceva attenzione. Il signor Jackson non aveva badato a spese nell'acquisto e si era aggiudicato la casa più bella situata a pochi passi dal mare.
"Cosa vuoi da bere?" Mi fermò.
"Caffè per darmi una svegliata."
Seguii le istruzioni procedendo tra cespugli, alberi e piante di ogni tipo, ma non c'era traccia di lei o dei suoi capelli rossi.
"Amybeth." Il suono degli uccelli echeggiò nell'aria. Anziché mettersi a fare l'esploratrice avrebbe potuto aspettarmi. Mi bloccai e balzai sul tronco prendendo un'altra direzione, lasciandomi guidare dal mio istinto. "Amybeth... Non mi va di giocare a nascondino. Dove sei?"
Uno strano rumore proveniente dal cespuglio di fronte catturò la mia attenzione e poi una testolina rossa balzò fuori facendomi sobbalzare per lo spavento e il cuore mi saltò nel petto.
"Buongiorno caro dottore!"
"Buongiorno, anche a te... Dora!" La presi in giro bonariamente giungendo le mani. "Perché sei scalza? Hai lasciato le scarpe in camera questa mattina."
"Infatti le ho tolte perché volevo sentire il terreno sotto i piedi. È una sensazione a cui non rinuncerei." Cercò di liberarsi dalle fronde che la stavano ostacolando e il mio occhio cadde inevitabilmente sul pantalone color prugna e le sue lunghe gambe. "Guarda, ho trovato questi. Sono pochi ma maturi."
Raccolsi i frutti di bosco dal suo palmo e li divorai con piacere. "Sono squisiti, hai ragione."
"Sì..."
"Cos'hai lì?" Indicai la borsa.
"Erbe per molti utilizzi. Ho trovato del radicchio selvatico, un po' di tarassaco... Sono utili in cucina. Ci sono molte erbe commestibili, tra cui il cardo benedetto è una pianta medicinale. Fa bene allo stomaco e all'apparato digerente."
"Oh, incredibile!"
"Si può usare con tutto. Con carne, pesce e frittura per esempio. Lo si usa dappertutto. È indispensabile."
La guardai dritto negli occhi. "Come te." Quell'affermazione le fece di colpo abbassare gli occhi mentre il sorriso le si affievoliva. "Ti adatti in qualunque posto. Ed è un pregio." Il contatto tra i nostri occhi si ruppe con lo squillo del mio cellulare e mi affrettai a rispondere. "Sì, Elva. Fissa l'appuntamento alle otto. Puoi rimandarlo di qualche ora. Non è un problema. È solo un controllo. Okay." Riattaccai rimettendolo in tasca. "Il signor Jackson e sua moglie ci aspettano, vogliamo andare?"
"Non ho avuto il coraggio di sedermi a fare colazione con loro senza di te." M'informò preoccupata. "Avrebbero potuto farmi domande sul mio lavoro o altre cose. Avrei potuto dire qualcosa di sbagliato e metterti nei pasticci."
"Sono stato io a metterti in una situazione difficile. Scusami per questo... Non mi aspettavo che le cose si sarebbero protratte così a lungo..." Ci fermammo vicino al pontile, dove la rossa infilò le scarpe. "Ma sono sicuro che te la caverai."
Mi guardò con la coda dell'occhio e rise. "Me lo auguro."
"A proposito, ho controllato il CD che mi hai dato. Non ho avuto la possibilità di parlartene ieri sera." Si girò completamente verso di me pronta a conoscere il responso. Presi un respiro, questo era uno di quei momenti che odiavo del mio lavoro: dare sentenze non piacevoli e spegnere la speranza di una persona. "Volevo aiutare la tua amica. Ma il tumore è situato in un punto pericoloso, che il bisturi non potrà raggiungere. E c'è già stata un'emorragia in passato." Scosse la testa in silenzio per confermare, chinando gli occhi verso il basso. "Non è maligno, ma è una forma molto rara e aggressiva." Poi riprese a camminare lasciandomi dietro e continuai. "È detto anche tumore vascolare. Nessun dottore potrebbe rimuoverlo. E anche se ci provasse, sicuramente ci sarebbero delle complicanze inevitabili dopo l'intervento. Potrebbe rimanere paralizzata o essere collegata ad un respiratore a vita. Ha il 5% di possibilità di successo... e l'aspettativa di vita è bassa, solo di qualche mese. Ma posso alleviare i sintomi con i farmaci e prescriverle qualcosa a base di morfina. Tutto però dipende dalla prossima emorragia. Non sappiamo quando avverrà... Potrebbe accadere domani o fra tre mesi."
"Questo gliel'avevano già detto." Farfugliò, e notai delle lacrime sul punto di scivolarle sulle guance.
"Siete arrivati giusto in tempo. Hanno appena portato caffè e tè." Disse la padrona di casa mentre raggiungevamo il tavolo, poi spostò gli occhi sulla rossa. "Questi vestiti stanno molto meglio a te che a me, Amybeth. Il colore prugna si intona bene con i tuoi splendidi occhi."
"La ringrazio."
Ci sedemmo entrambi dinanzi e l'uomo indicò la borsa.
"Visto? Ha raccolto delle erbe selvatiche!" Esultò, guardando di sbieco la moglie. "Finalmente c'è qualcuno che apprezza il mio giardino, che ne pensi amore mio?" La donna non disse niente per non urtare la sua sensibilità.
Amybeth le accarezzò con delicatezza. "Ho raccolto tante erbe prelibate. Se me lo permettete, posso cucinarle per cena." S'interruppe e mi lasciai andare contro lo schienale. "Se resteremo anche stasera."
"Certo, l'avevo previsto. Non preoccupatevi. Ho parecchie cose di cui vorrei discutere con Lucas, ma volevo approfittare di questa splendida giornata estiva." Ci lanciò un'occhiata maliziosa. "E l'isola è perfetta per due giovani innamorati. Pensavate forse che vi avrei fatti restare in camera per tutto il giorno? Ho già affittato un barca che vi porterà a fare il giro dell'isola."
Sorrisi. "Ottima idea."
Come previsto, il nostro tour per l'isola ebbe iniziò dopo aver fatto colazione.
Il capitano ci portò ad esplorare la costa e Amybeth era estasiata, di colpo le era sparito anche il malumore per la nefasta notizia riguardo all'amica, e il sorriso era tornato a farsi spazio sul viso, puntellato dalle lentiggini quando il sole lo colpiva.
Passeggiavamo per le strade, il tempo di sedersi a un tavolo e l'esplorazione riprendeva.
Mi trascinava dovunque e mi fulminava se anche solo mi azzardavo a parlare di pazienti o visite mediche. Diceva che avevo diritto al mio momento di libertà.
Si recò vicino a una bancarella e presi il cellulare in mano. Quando rialzai il viso notai che si stava specchiando con in testa un cappello di feltro.
Risi con lei standole alle spalle, le donava parecchio, ma decise di rimetterlo sul gancio. A lei interessava vederne l'effetto e poi - aggiunse - che i capelli rossi non erano in pendant con nessun colore.
Ero attaccato al cellulare e intanto l'osservavo mentre si provava un anello ad una bancarella e il suo sorriso non l'abbandonava.
Erano piccole cose a donarle la felicità. Mi avvicinai alla bancarella e acquistai quell'oggetto.
Meritava di essere al suo dito, ormai le apparteneva. Glielo porsi dicendole ch'era un regalo in memoria di questa giornata, e le sorrisi prima che la voce del mio interlocutore mi richiamasse.
"Ho bisogno di riposarmi, continua tu. Ti aspetto da qualche parte." Chiesi supplicandola con il fiato corto.
Sollevò il braccio e si girò. "Laggiù c'è un caffè, con una splendida vista."
"Dove?" Puntai il dito. "Sopra quella collina?"
"Non è lontano. Ci si arriva subito se allunghi il passo." La frustrazione culminò in una risata nevrotica. "Non possiamo perderci quello spettacolo!"
Mi fermai di nuovo.
"Già. È un bel posto per un cimitero."
"È ovvio che se cammina e parla spreca fiato. La smetta con quel cellulare e salirà come una capretta, dottore."
"Lucas!" La corressi per l'ennesima volta. "E non prendermi in giro."
"No, figurati. Non mi permetterei mai. Sto solo dicendo che dovresti staccare un po', ti farebbe bene, ecco cosa intendo..."
"Ho quattro interventi questa settimana. La situazione è nelle mie mani. Ci sono pazienti che hanno problemi cardiaci e di glicemia. È la frase pre-operatoria, è importante che vengano monitorati tutti i valori prima di sottoporli all'intervento. Per qualcuno... è questione di vita o di morte."
"Questo vale anche per te. Se perdi di vista la tua vita, come potrai salvare quella degli altri?" Mi apostrofò piuttosto seccata.
Mi fermai a riflettere sulle sue parole.
"Non scatti nessuna foto?" Chiesi poi andandole dietro.
"Guardo semplicemente."
"Non è lo stesso."
"Quando scatti una foto, perdi il momento. Si è troppo concentrati a fissare una macchina fotografica. Tutti hanno un telefono adesso. Invece di guardarsi intorno fotografano. A me piace guardare e assaporare i luoghi. Un rullino può perderli, ma il cuore li porterà dentro per sempre."
Mi affiancai a lei. "Bene. Posso scattarti una foto?" Si bloccò guardandomi, come se le avessi detto una stranezza.
Mi sorrise disponendosi di fronte.
"E va bene, scattiamola. Per te farò un'eccezione. Dove? Lì ti piace?" M'indicò un punto in basso.
"Bene, mettiti lì."
Si mise in posa con le braccia conserte vicino a un palazzo rosa, non molta sciolta e guardò dritto nell'obiettivo mentre immortalavo la foto con il mio cellulare.
C'era qualcosa in Amybeth che mi portava a credere di non aver ancora capito cosa celasse la sua anima.
"Avevi ragione. È straordinario... N'è valsa la pena." Dichiarai spostando lo sguardo sul panorama.
Puntò un dito alle mie spalle concentrandosi su altro che non fosse il mare. "La casa sulla collina è bellissima, non credi? Somiglia a un castello, come quello dei film. Ci vivrà qualcuno?"
Mi girai corrugando la fronte.
"È una casa fatiscente. Come puoi dire che ti piace?"
Spostò la mano dal mento oltraggiata. "Come? Non dire così. Basta solo sistemarla un po'. Scommetto che con piccole riparazioni tornerebbe agli antichi splendori. Vedo già il giardino pieno di fiori di mille colori diversi: viola, bianchi, arancioni..."
"E un'amaca proprio là." Aggiunsi. "Sotto quegli alberi." Incrociai il suo volto sorridente e risi, immaginando un futuro relativo. "Sarebbe perfetto, mancherebbe solo il tempo per godersela a pieno." Cominciò a giocare con la cannuccia. "Vivi con tua sorella?" Sviai il discorso osservandola di sottecchi con la tazza fra le mani.
"Sì."
Abbassai la testa nel piatto.
"E i tuoi genitori?"
"Sono morti quando ero al liceo."
"Mi dispiace molto. Devi aver sofferto senza di loro per tutti questi anni." Sussurrai.
"Oh, grazie. Beh..." Si sistemò una ciocca dietro l'orecchio. "Sono andata avanti, non potevo fermarmi."
"Tua sorella? Studia o lavora?"
"È all'ultimo anno di università. Architettura. Vuole prendere la laurea con la lode e sono sicura che con la caparbietà che ha ci riuscirà."
"Sei tu a pagarle gli studi?" Continuai.
"Si. Ha deciso di fare uno stage all'estero e se verrà accettata potrebbe vincere i soldi la specialistica. Così dovrei solo pagarle il biglietto e le spese iniziali. Sarebbe un grosso sollievo."
"Hai affrontato sfide ardue."
Sospirò. "L'incidente dei miei genitori, mi ha aperto gli occhi su tante cose."
Si fermò un attimo come se stesse rivivendo quei momenti terribili, scuotendo la testa. "Ho visto che non esistono certezze in questa vita. Nessuno può sapere cosa accadrà domani. Esiste solo il presente." Scosse la testa. "Per questo ho tentato di darle quello che avevo. All'inizio, lavoravo in una fabbrica, ma la paga era misera. Così ho iniziato a pulire due case alla volta come lavoretto part-time. Visto che il profilo economico era migliore e guadagnavo di più, ho deciso di fare quello. Sono soddisfatta di quel poco che ho. Sono una povera governante. Mia sorella Kyla invece è l'opposto."
"Cioè?"
"È ambiziosa. La sua ragione di vita è il successo che potrebbe farle il lavoro, è disposta a lasciare tutto. Come te..."
Aprii la bocca per contraddirla, ma fui costretto ad accettare che la verità era quella.
Avevo dato tutto per la medicina, ogni stilla della mia energia ogni giorno, ricavando perdite e successi, ma la mia vita era finita in fondo a tutto. Quasi non le davo la importanza che le dovevo.
Rialzò la testa, sgranando gli occhi e si coprí la bocca con le mani.
"Mi scusi, dottore. Sono stata priva di tatto. Non riesco mai a tenere la bocca chiusa. Parlo senza pensare alle conseguenz-"
"No. Il tuo ragionamento è corretto." Si coprí il volto per la vergogna. "Ti ho dato davvero quest'impressione?" Girò la faccia e appoggiò la bocca sulla sua spalla. "Me lo dicono in tanti."
La sera calò in un attimo e facemmo ritorno alla villa, dove mi offrii di preparare la cena con le erbe raccolte quella mattina.
"Devo farti i miei complimenti, Amybeth. Sei veramente un'ottima cuoca." disse il signor Jackson e sorrisi orgogliosa, scambiandomi un'occhiata con il riccio, che non mi aveva tolto gli occhi di dosso per tutta la cena.
"Per colpa tua dovrò stare a dieta per una settimana." Commentò la signora Melanie con una smorfia.
"No, devi ammettere ch'erano piatti molto salutari. È la ricchezza del nostro giardino."
"Questo è vero, caro. Amybeth tesoro, m'insegnerai un paio di ricette? Mi raccomando."
"Penso anch'io che la cena è stata deliziosa." S'intromise il riccio.
"Ne sono molto felice. Mia sorella dice che sono una maga ai fornelli."
"E non sbaglia." Sussurrò cercando di non farsi sentire. Il suo sguardo si posò su di me e le mie guance si colorarono.
"Amybeth... ricordi l'amico che ti ho presentato ieri sera? Oggi pomeriggio mi ha chiamato e vorrebbe parlarti di quel lavoro. Quando avresti tempo?" Mi girai verso di lui, come a fargli capire che la situazione stava peggiorando. "Gli ho anche detto che adesso sei qui con noi e infatti ti manda i suoi saluti. Ma pensavo che magari potresti fissargli un appuntamento appena torneremo a Dublino."
Il riccio deglutí l"ultimo boccone.
"È molto occupata."
Alzai di scatto la testa e decisi di bloccarlo, ci sarebbero state delle conseguenze e avrei pagato per quelle.
Lo guardai dritto negli occhi.
"Vi ho mentito su tutto! Non ho alcuna compagnia." Sul tavolo scese un lungo silenzio disturbato solo dal verso delle cicale. Poi spostai lo sguardo sui due basiti. "Sono una governante, pulisco case per sopravvivere." L'uomo scoppiò a ridere e la moglie lo fulminò. "La verità è che lavoro per il dottore."
Per poco la donna non si strozzò portandosi d'istinto la mano sul petto.
Quel macigno fastidioso mi scivolò dal petto e trassi un respiro. "Mi volete scusare."
"Sì, certo, prego."
Mi alzai e andai via.
Forse confessare era stato azzardato e il dottore non avrebbe avuto scampo, ma avevamo altra scelta?
No. È questa la risposta.
Entrai nella stanza sbattendo la porta, avevo bisogno di prendermi del tempo. Mi portai le mani fra i capelli e sbuffai. "Perché doveva essere tutto cosí complicato! Non doveva andare in questo modo. Sarei dovuta tornare a casa."
Qualcuno bussò leggermente e notai Lucas fare capolino dalla soglia.
Mi sentivo in colpa.
Il signor Jackson se la sarà presa moltissimo per la bugia che avevamo raccontato.
Chiuse la porta e si avvicinò.
"Dottore, mi scusi. Non so mentire, vado sempre nel panico. Pensavo di riuscire a cavarmela, ma quando ha parlato dell'appuntamento-"
Mi appoggiò un dito sulle labbra per zittirmi. "In realtà, volevo scusarmi. Non avrei dovuto coinvolgerti in questo stupido pasticcio." Poi distolse il volto con espressione triste. "Non ci si comporta così come un essere umano e soprattutto... con una donna. Avrei dovuto capire fin dall'inizio che non poteva funzionare questo piano. Non posso utilizzare qualcuno come un oggetto, e tutto perché non riesco ad affrontare situazioni scomode!" Si rimproverò facendo scorrere una mano fra i ricci fino a scendere sulla nuca. "È stata colpa mia, ti ho messo nei guai. Mi dispiace." I nostri occhi si incatenarono e il suo dolore trasudava da ogni poro. Poi si voltò. "Mi stanno preparando un'altra stanza. Riposati. Partiremo domani mattina presto."
Restai immobile a vederlo uscire con il morale a terra, ma non feci nulla per impedirglielo.
Nella mia testa risuonò un seccato e necessario: "è finita".
Eccomi qui a pubblicare la seconda parte, sono in ritardo di un giorno, scusate... ma ero un po' bloccata.
Il capitolo fa un po' sanguinare gli occhi, ma il terzo potrebbe arrecare qualche problemino.
Lucas e Amybeth hanno dormito non solo nella stessa camera (anche nel medesimo letto) *Fantasia di Lucialisa09 non potevo non nominarla, visto che è un suo desiderio proibito. Abbiamo cercato di scoprire un po' della nostra rossa e spero di aver cominciato a plasmare anche la sua di anima e di carattere.
È una ragazzina molto pura e innocente, inoltre non sa mentire, e infatti è successo un bel pasticcio.
Ci sono state tantissime scene Lucamy!
Abbiamo avuto il momento nel giardino, nell'aereo e sulla scarpata e ho adorato scriverli. Mi sa che adoro scrivere di loro. È diverso.
Vi avviso che nel prossimo capitolo:
Lucas affronterà e capirà cosa lo lega a questa strana colf, che gli ha cambiato la vita, e qualche legame potrebbe spezzarsi. Il dramma ci sarà sicuramente e preparatevi quindi a questi due capitoli molto intensi, sperando di riuscire a pubblicare il prossimo per venerdì.
Intanto attendo vostre notizie.
Se vi piace cliccate una stellina e commentate. Il penultimo capitolo è decisivo per l'intera Fanfiction.
Curiosi di scoprire cosa succederà?
Come sarà il finale? Inoltre vi anticipo che dopo questa vi aspetterà una storia romantica dal sapore tipicamente natalizio e naturalmente con i nostri mitici protagonisti.
Buona lettura,
grazie di esserci sempre.
Siete preziosi ♥️
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