Christmas Love: (Un desiderio sotto le stelle di Natale) - 1 capitolo
𝗕𝗨𝗢𝗡 𝗡𝗔𝗧𝗔𝗟𝗘
vi abbraccio virtualmente
e spero di farvi vivere a pieno
questo meraviglioso e magico
spirito natalizio.
Per il ciclo:
"𝘊𝘩𝘳𝘪𝘴𝘵𝘮𝘢𝘴 𝘓𝘰𝘷𝘦"
𝙐𝙉 𝘿𝙀𝙎𝙄𝘿𝙀𝙍𝙄𝙊
𝙎𝙊𝙏𝙏𝙊 𝙇𝙀 𝙎𝙏𝙀𝙇𝙇𝙀 𝘿𝙄 𝙉𝘼𝙏𝘼𝙇𝙀.
1 capitolo.
"Signorina Amybeth, il signor Tanaka è in attesa da Shanghai."
"Perfetto, passamelo. Chiama anche il signor Robinson a Berlino subito dopo, grazie." Aggiusta la cinghia sulla spalla e spinsi il pulsante della cuffia Bluetooth, cominciando a parlare.
"Mi dispiace, signor Dajian. Il nostro gruppo asiatico non può costruire un altro negozio 'Save now'.*" Improvvisamente il telefono mi avvisò dell'arrivo di un'altra chiamata e alzai gli occhi. "Mi scusi, resti in linea." Premetti di nuovo il pulsante e un gridolino di gioia mi risuonò nelle orecchie. "Kyla, ciao."
"Allora?" M'incalzò.
"Per... cosa?"
"Non dirmi che l'hai dimenticato?"
"Sto per portando a termine una trattativa importante con dei soci cinesi. Non te la prendere se in questo periodo ho un po' la testa fra le nuvole."
"Oh... Andiamo, tesoro. È Natale!" Esclamò iniziando a canticchiare una canzoncina con in sottofondo il rumore di pentole e padelle.
"C-Cosa stai facendo? Cos'è questo fracasso?"
"Cerco di fare i biscotti di pan di zenzero senza distruggere la cucina."
Ridacchiai immaginando la biondina coperta di farina dalla testa ai piedi mentre si cimentava a fare delle forme decenti. "Non vedo l'ora di andare alle Bahamas... a godermi un po' di sole e di mare."
"Ho chiesto a Carlos di spostarci sul volo di mercoledì pomeriggio, ovvero fra cinque giorni così passeremo la vigilia e il Natale. Ci stai?"
"Eccome! Uh, accidenti! Il forno?! Ho impostato il timer circa un'oretta fa." Urlò strappandomi una risata.
"Ora più che biscotti, troverai il carbone da mettere nella calza."
"Oh, AB... Non sono capace." Piagnucolò.
"Ti aspetto stasera."
"Okay... Magnifico. Se sopravvivo alla preparazione di questi dannati biscotti" Tagliò corto, facendomi tornare sull'altra linea. "Mi scusi, signor Dajian. La nostra azienda apprezza la sua pazienza. Discuteremo presto degli altri dettagli-" Tagliai corto per prendere una terza chiamata mentre salivo con le scale mobili posando il cellulare nella tasca. "Pronto? Signor Robinson. Grazie di aver richiamato. Ci servono subito i numeri di Berlino. Grazie e arrivederci."
Oltrepassai il corridoio che scintillava di tutte quelle decorazioni, lucine colorate e l'albero posizionato all'ingresso accerchiato da pacchettini colorati, in realtà tutti di polistirolo per dare un effetto scenico per i visitatori. Non che servisse granché all'immagine di una ditta come la nostra.
"Non credo che le daranno l'incarico internazionale." Disse al telefono continuando a bere il caffè, sollevando i piedi sul bordo della scrivania. "Come, perché? Perché prima o poi si sposerà e vorrà un bambino. Non penso che si possa gestire una famiglia e un incarico all'estero trecento giorni all'anno. Impossibile." Esclamò con fare convinto mentre bussavo leggermente al suo cubicolo e quasi cadde.
"Montaz, non cincischiare." Proseguii verso il mio ufficio con aria determinata, allargando la sciarpa rossa attorno al collo, e il giovane mi corse dietro.
"Signora McNulty!" Mi affiancò porgendomi una cartella con i file di lavoro che avevo richiesto. "Le previsioni numeriche separate dal confronto trimestrale. Ci sono anche i profitti locali per regione."
"Sei sempre così efficiente, Aymeric. Quanto tempo ho?"
Mi aprì la porta con galanteria e mi seguí vicino alla mia scrivania.
"Sono tutti in sala riunioni. Ha soltanto..." Fece una pausa guardando l'orologio sul polso e gli lanciai il cappotto che afferrò al volo. "Due minuti. Oh e sua madre ha chiamato... di nuovo, per sapere se andrà a casa per il classico cenone natalizio." Roteai gli occhi e bevvi un altro sorso. "Sta lavorando al bar, la chiamo a casa." Compose il numero e alzò la cornetta. "Lasci pure un messaggio, oppure sua madre ci rimarrà male. Sta squillando."
"Non giudicarmi male, Aymeric. Hai mai partecipato a un classico esagerato... cenone natalizio della famiglia McNulty?" L'uomo mi guardò accigliandosi. "Non credo." Mi accostò la cornetta e trassi un sospiro. Purtroppo sfuggire a quella donna era praticamente impossibile. Riusciva a raggiungerti comunque, perfino al Circolo Polare Artico, e ti avrebbe fatto sentire una figlia ingrata per il resto della vita. "𝘊𝘪𝘢𝘰 𝘮𝘢𝘮𝘮𝘢. 𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘪𝘰. 𝘚ì, 𝘷𝘦𝘳𝘳ò 𝘢 𝘤𝘢𝘴𝘢. 𝘓𝘰 𝘴𝘢𝘪, 𝘮𝘪 𝘮𝘢𝘯𝘤𝘩𝘪 𝘮𝘰𝘭𝘵𝘰, 𝘴𝘱𝘦𝘤𝘪𝘦 𝘪𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘱𝘦𝘳𝘪𝘰𝘥𝘰. 𝘊𝘪 𝘷𝘦𝘥𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘥𝘰𝘮𝘢𝘯𝘪. 𝘛𝘪 𝘷𝘰𝘨𝘭𝘪𝘰 𝘣𝘦𝘯𝘦, 𝘤𝘪𝘢𝘰..." Non aggiunsi altro - non mi piaceva essere sdolcinata - e sventolai la mano per fargli chiudere la comunicazione, uscendo dall'ufficio.
"Lei è proprio una pessima figlia!" Mi rimproverò lui, mentre sfrecciavo fuori.
"È vero. Grazie che me lo ricordi. Ti voglio bene."
Percorsi il corridoio munita del progetto che avrei presentato di lì a poco agli azionisti e di tutta la determinazione e caparbietà che occorreva per essere convincente. Dovevo a tutti i costi ottenere quella carica, avevo lavorato per così tanti mesi e mi ero impegnata, a momenti sono andati con stuzzichini e consegna d'asporto.
Quel posto l'avevo in pugno. Mi serviva solo fare un altro passo in più.
"Quello che il cliente vuole da un megastore è la convenienza. Mark Twain una volta disse: "la vita ha un unico obiettivo. Farti fare tutte quelle cose particolari che però non saresti disposto a fare." Gli uomini ridacchiarono. "Ecco perché la gente non può fare a meno della nostra attività. Quando sarà completato il megastore di Donegal sarà il più redditizio. Prevediamo che i profitti superino l'ottanta per cento entro il primo trimestre del primo anno." Conclusi e batterono le mani entusiasti.
"E il loro consiglio comunale? Crede che potremo vincere contro la loro reticenza?" Si espresse l'uomo alla mia destra, prendendo parola e interrompendo gli applausi. "Il nostro accordo doveva essere approvato un mese fa."
"Io sono di Donegal Town. Conosco quella gente. Fossi in te, non mi preoccuperei, l'accordo si firmerà. Sappi che il sindaco ha firmato una disposizione in cui acconsente a negoziare in buona fede e senza scatenare delle rappresaglie." L'uomo abbassò la testa. "Confido che verrà presa una decisione all'assemblea di domani. E io sarò lì, perché ciò che accada."
"C'è grande aspettativa su questo progetto." Continuò il direttore alzandosi e disponendosi di fronte a me con le mani nelle tasche. "Donegal sarà il nostro centesimo store. Gli investitori ci terranno gli occhi addosso."
"È già stata fissata la cerimonia della posa della prima pietra. Un mega evento trasmesso in TV. Una piccola città che ringrazia Save Now durante la tradizionale sera della Vigilia." Voltai la testa verso il tavolo e feci spallucce. "Che gli piaccia o no, lo dovranno accettare."
"Eccola qui!" Esultò il direttore indicandomi con la mano. "Il Grinch pronto a distruggere lo spirito natalizio con sogni gloriosi. Sei il mio asso nella manica, McNulty. Ci serve quel voto per andare avanti. Questa città ha bisogno che uno dei suoi le venda l'idea e quella sei proprio tu, genio." La sala applaudí e l'uomo si fece avanti, guardandomi di sottecchi con serietà. "Tutti venderebbero la propria madre per quell'incarico internazionale. Metti a segno questo, e il posto è tuo insieme a una somma..." Mi toccò lievemente il braccio e si sporse verso il mio orecchio sussurrando. "ventimila tondi tondi."
Poi si allontanò e mi voltai con espressione orgogliosa. "Lo so..."
Non sono di certo una principiante.
Uscii dall'azienda sciogliendo semplicemente i capelli, ed entrai in uno dei locali di Dublino, aspettando che le mie amiche si facessero vive per l'aperitivo in programma. Mi fermai con la borsetta sotto il braccio ed esplorai intorno, quando all'improvviso mi sentii picchiettare la spalla.
"Ehi!" Esclamò entusiasta la biondina.
"Kyla!" Mi diede due baci affettuosi sulle guance, lisciandomi i capelli fra le dita.
"Hai presente quell'amica che abbiamo tutti, che anche il giorno in cui sei più carina è sempre più bella di te?"
"È un indovinello?" Chiesi accigliandomi.
"Una specie." Sussurrò.
"Ehm, sì. Perché è... qui?" Dissi fra i denti.
"Sì, benvenuta-"
"Smettila." La bloccai, dandole una piccola gomitata. L'osservai con più attenzione mentre ci facevamo spazio fra i divanetti. "Devi fare colpo su qualcuno con questi pantaloni?"
"Oh, no. Ho messo la prima cosa che ho scovato nell'armadio."
"Uscita direttamente da Victoria Secret." La stuzzicai.
"Finalmente siete qui! Stavo per finire anche il secondo bicchiere senza di voi." Ci rimproverò la donna riccia e mi fiondai ad abbracciarla. Non era cambiata per niente, sempre un'icona di stile e perfezione.
"La colpa è sempre di questa fissata qui." Mi fulminò Kyla prendendo il drink, come una meritata ricompensa.
"Io non sono fissata."
"Sì che lo sei! Per poco non hai dimenticato la prenotazione." Mi rimbeccò e mi lasciai andare contro quel morbido schienale.
Lia si portò teatralmente la mano al petto con faccia sconvolta.
"L'hai fatto davvero?"
"Ho un progetto fra le mani importantissimo e non posso permettermi distrazioni. Quindi ho eliminato dalla testa tutte le informazioni che non lo erano, compresa la prenotazione."
"Questa vacanza era il tuo sogno." Mi fece notare Lia e l'altra l'appoggiò, scuotendo la testa.
Sorrisi.
"Allora... A noi. Alle Bahamas tra una settimana. Niente freddo, niente ridicoli pupazzi di neve... e la salsa di mirtilli mi dà ai nervi." Le due sghignazzarono mentre i nostri bicchieri si scontravano, per poi berli tutto d'un fiato. "Mia madre piangerà, già lo so. Ci tiene così tanto alle tradizioni."
"Non gliel'hai ancora detto?" Chiese Kyla girandosi nella mia direzione.
"Le ho detto... No, tipo, insomma... Non le ho... Le ho detto che tornavo a casa ma non che fosse per il Natale."
"Nessuno ti ha mai detto che sei una pessima figlia?" Domandò Lia e la fissai sbalordita. Era la seconda persona in una giornata che me lo faceva notare. "Come puoi odiare così tanto il Natale? È una festa magica, puoi baciare chi vuoi sotto il vischio e le città si illuminano praticamente"
"Ma non ho detto che non amo-" M'incenerí, invitandomi a non prenderla in giro. "Okay, sì. Lo ammetto. Credo soltanto che debba essere cancellato dal calendario. A chi importa il... 25 dicembre?"
"A tutti i bambini del mondo, per esempio." Elencò Kyla, tenendo il conto con le dita. "Ai negozi, alle famiglie. Sarebbe orribile un mondo senza."
"Sentite, io non credo che una donna possa avere tutto. Penso che si debba sempre fare una scelta e io ho fatto la mia. Ho scelto la carriera, invece che il matrimonio e i figli. Davanti a voi, vedete una donna di successo e indipendente, che si gode la libertà di passare il tempo con chi vuole."
"Parlando di chi vuole..." Annunciò la biondina facendo vagare lo sguardo per la sala e in particolar modo su un ragazzo che aveva fatto il suo ingresso e si stava recando al bancone. "Chi è quel bel ffusto, pieno di sé?"
"Lui è Louis Hynes. E' il proprietario di questo posto e abita nel mio palazzo. Siamo usciti una volta." Risposi.
"Guarda, il tizio di una notte sta venendo qui!" Esultò la riccia spiando la mia reazione con la coda dell'occhio.
"Allora com'è la vita di uno squalo della finanza?" Chiese appena fu vicino al divanetto, puntellando i palmi sul bordo.
"Feroce." Lo squadrai da capo a piedi. "E quella di uno chef a cinque stelle?"
"Gustosa." Le mie amiche ne approfittarono per svignarsel e ci lasciarono soli. Si accomodò sul bordo del divanetto e mi scrutò malizioso. "Che ne dici se usciamo insieme qualche volta? Quello che vuoi. Un film, Parigi, pattinaggio... Sai hanno già aperto la pista. Potremmo andarci."
"No... non amo pattinare." Rifiutai con una smorfia. "Preferisco avere i piedi ben piantati a terra."
"Che coincidenza." Ruotò il busto per sedersi definitivamente. "Preferisco anch'io avere i piedi ben piantati a terra, sotto di te."
Mi trascinò in una camera e ci ritrovammo provi di vestiti, fra le lenzuola, ancora ansimando per quella performance passionale.
Mi tirai più su il lenzuolo così da coprirmi il seno e commentai.
"È stato orribile."
"Orribile, sí." Mi assecondò spingendosi e intrappolando il mio corpo fra le sue braccia. "Direi di ritentare."
"Ah, ah, molto divertente."
"E poi ti preparerò la colazione domattina." Propose mentre spostavo le sue mani per mettermi seduta.
"Né abbiamo già parlato. È stato solo un rapporto occasionale."
"Dai." mi esortò, spingendomi di nuovo sul cuscino per rubarmi un altro bacio, ma lo scansai per recuperare il telefono che stava vibrando.
"Io non dormo fuori e non faccio colazione."
"Oh, andiamo... Tutti mangiano!"
"Non farmi stare in pensiero."
Lessi quel messaggio mentre il giovane mi torturava con carezze diaboliche sul braccio, pur di farmi cedere.
"Okay. Non pattini, non fai colazione. Cosa fai? Sei un essere umano?"
Gli feci un sorrisetto e risposi al cellulare, tirandomi indietro i capelli mentre lui gironzolava per la stanza a petto nudo, una visione celestiale se non fosse stato per la giornata impegnativa che avevo programmato.
"Pronto? Sì. Okay, certo, devo essere a Donegal per l'una."
Mi misi in viaggio a bordo della mia decapottabile rossa e imboccai l'incrocio che mi avrebbe condotto inevitabilmente a casa. Era da un pezzo che mancavo e mi sentivo un pesce fuor d'acqua, non più abituata ai comfort offerti da Dublino. L'aria frizzante - e terrificante - dello spirito natalizio aleggiava nell'aria gelida e nel tragitto c'erano esposti i caratteristici abeti, che la gente amava decorare. Tutto sembrava così magico e faceva a pugni con la mia convinzione che quella festa non dovesse esistere.
Per me il Natale era come criptonite. Dovevo starci alla larga tassativamente. Passai attraverso quel via vai di persone allegre, che intonavano motivetti snervanti e bambini che facevano la fila per visitare un uomo che vestita i panni di un finto Babbo Natale con la barba e puntai lo sguardo sul cellulare e poi sull'insegna del bar, gestito dalla mamma.
Trassi un sospiro. "Eccoci qui, Amybeth." Spinsi la porta riverniciata, venendo accolta da un omino vestito di rosso che intonava una raccapricciante melodia. "Carino, molto discreto. Ciao!"
Mentre stavo posando la tazzina davanti al naso di un cliente, mia madre sobbalzò letteralmente.
"Ah! Ecco la mia piccolina!" Strillò sorpassando i tavolini e battendo le mani come una bambina.
"Ciao." La salutai raggiante e si fiondò nelle mie braccia stringendomi.
"Come sono felice di vederti."
"Oh, mamma, mi stai soffocando..."
Lei smise di avvolgermi come una piovra e mi scrutò attentamente, come se stesse facendo una radiografia.
"Ma come sei magra? Quando hai mangiato l'ultima volta? Oh, mio povero tesoro. Ora ti faccio subito un bel panino con il prosciutto." Mi prese per mano, esortandomi a seguirla in quel piccolo locale messo su con quattro spiccioli.
"Veramente non mangio carne, mamma. Sono vegetariana."
"Non sarò certo io a costringerti." Rispose andando dietro il bancone. "Si gela fuori. Ti va' una bella cioccolata calda? Cosa va di moda nella grande città adesso?" Afferrò una bustina e la sventolò in aria. "Abbiamo un nuovo tè allo zenzero. Lo vuoi provare?"
"Sì, certo. Sai, mamma... Quando il nuovo megastore aprirà avrai oltre cinquanta tipi di tè fra cui scegliere."
"E che cosa dovrei farci con cinquanta tipi di tè diversi?" Domandò passandomi accanto per mettere il bollitore sul fornello.
"Non lo so. Più scelta magari..."
"Preferisco comprare dai McAllister, sennò come faccio a sapere che il figlio è diventato avvocato o che la madre di Lynne ha una nuova ricetta per la torta di mele?" Precisò trotterellando da una parte all'altra.
"Beh, su twitter." Sussurrai a capo chino e quando lo rialzai mi porse una tazza fumante. "Grazie mille."
Mi fece accomodare al tavolo per chiacchierare, mentre facevo scivolare il filtro nell'acqua osservando intanto il ferma posto con la slitta, realizzato rigorosamente a mano.
"Allora sei qui esclusivamente per questo?" Domandò con aria delusa. "Per il consiglio comunale che si riunisce più tardi."
"È una delle ragioni, sì."
"Sei venuta da sola o hai portato uno di quei legali con te? Perché posso aggiungere un posto a tavola per il cenone di Natale, se vuoi." Ironizzò.
"Hai sempre il solito senso dell'umorismo, mamma."
"Beh, tenterò di tutto pur di avere mia figlia qui." Continuai a giocare con il filo attorcigliandolo all'indice e alzai il viso. "Dovresti restare, è una ricorrenza speciale che capita una sola volta."
Sospirai. "Mamma, io..."
"Non importa. Mi daresti una mano ad attaccare questi?" Si alzò dalla sedia, che scricchiolò e appoggiò sulla tavola uno scatolone tirando fuori degli ornamenti verdi. "Ecco, dovrebbe andare lì sopra. Purtroppo con l'età che avanza non ci sono riuscita."
"Lascia stare, ci penso io." Dissi prendendoglielo dalle mani, per poi avvicinare uno sgabello e salendoci sopra. L'appoggiai sul contorno, cercando di aggiustarlo come potevo, sollevandomi perfino sulle punte.
"Tesoro, un po' più a sinistra." Istruí la donna e sbuffai.
"Così va bene?"
"Quasi. Un po' più a sinistra. No! Aspetta... a destra andrebbe meglio."
Con le mani ben salde alla cornice scorsi nella direzione che mi aveva indicato, e improvvisamente quel maledetto tacco mi sbilanciò e la sedia traballò pericolosamente.
"Tesoro, attenta!" Urlò mia madre dal basso. Cercai disperatamente un appiglio, ma i miei sforzi furono vani, così persi del tutto l'equilibrio.
Di colpo, il mio corpo anziché precipitarr a terra fu sorretto da delle braccia muscolose, comparse chissà dove. Superato lo spavento iniziale, sollevai lo sguardo sul mio "salvatore" scrutando la mascella perfettamente squadrata e risalendo lentamente verso i suoi occhi e la massa riccia e scura.
Un momento...
"Lucas!" Continuò a tenermi fra le braccia e a sorridere, dato che gli ero praticamente caduta in braccio.
"Ehi..." Mi salutò, chiudendo di colpo la bocca mentre arrossivo leggermente.
"P-Potresti anche farmi scendere."
"Già..." Concordò obbedendo e rimettendomi a terra. Ci guardammo per qualche istante sorpresi. Poi incrociò le braccia e indicò le decorazioni rimaste appese lì, per poi riportare lo sguardo sulla mia figura. "Sembri-"
"Anche tu. Sì." Abbassai gli occhi con profondo imbarazzo e lui si portò una mano sulla nuca massaggiandosela.
"Com'è Dublino?" Parlò a monosillabi.
"Folle... Affollata. Folle e affollata, certo." Gli feci un sorriso tiratissimo, e mi seguí a ruota, muovendo la testa come un gatto cinese. Presi un bel respiro e incrociai le braccia farfugliando. "Eh, sì."
Lui si scongelò di colpo dalla trance e indicò l'uscita.
"Ho dimenticato una cosa in laboratorio."
"Okay."
"È stato bello rivederti."
"Anche per me. E scusa per prima."
Mi sorrise per l'ultima e poi uscì velocemente, mentre trattenevo un sospiro dopo aver ricordato qualcosa di passato, che credevo sepolto.
"Sai, alla fine non ha funzionato tra lui e Shannon." Mi confidò mia madre affiancandomi e osservando sognante la porta.
"Oh... Che peccato." Dissi con una vocina stridula, che non l'avrebbe per niente convinta del mio totale disinteresse nei confronti di quel riccio. "Non dovevano sposarsi e avere tanti bambini? Era questo il suo piano"
"L'avrebbe mollata perfino sull'altare, ma non c'è stato bisogno di aspettare quel fatidico momento." Rise lei. "E ha trasformato la falegnameria in un negozio di armadi su misura, ha ordinazioni per un anno."
"Evviva Lucas." Stirai le pieghe della giacca e mi allontanai.
***
"Ciao! Siamo arrivati!" Esordí una voce a me fin troppo familiare dall'atrio.
"Oh, guarda chi c'è! Quanto sei invecchiata! E anche tu James." La presi in giro mentre aiutava il mio nipotino a togliere cappotto e sciarpa. "Mi sei mancato tanto." Mi chinai e gli lasciai un bacio sulla testa mentre mia sorella mi guardava con disappunto.
"Oh, ma che gentile. La mia sorellina è in vena di battute... Visto che sei finalmente a casa, la mamma smetterà di dire che non vieni mai per le feste."
"Oh, sì. Mi è venuta un'idea. Lascio tutto quello per cui ho lavorato tanto e torno nella mia cara e vecchia città natale."
"Urrà... Così l'anno prossimo, di questi tempi, potrai essere una mamma... single e divorziata, proprio come me."
"Sicuramente. È deciso." Passai un braccio attorno alle spalle e l'accompagnai nel salotto.
"Ho un'idea che vorrei sottoporre alla mia figlioletta esperta d'affari." iniziò mia madre mentre stavamo cenando, mentre tiravo fuori il telefono per rispondere ai messaggi sulla posta. "È per me e le mie coetanee che stanno vivendo la menopausa. Okay? E' l'opposto dell'hot-yoga, si fa' in una stanza con aria gelata, i ventilatori al massimo come un tifone. Io lo chiamerei 'frozen-yoga'." Mi invitò a rispondere mentre appoggiavo il bicchiere. "Gli ideatori dello zumba hanno fatto una vera fortuna. Io credo che la mia sia una bella trovata. Che ne dici?"
"Sì. AB, per favore dicci cosa ne pensi." M'interrogò Dalila bevendo un goccio di vino.
"In effetti, è interessante. Sicuramente c'è un mercato, però sono un po' curiosa. Come li brucia le calorie? Insomma l'obiettivo dell'hot-yoga è accelerare, cioè affrettare il processo."
"Scusami, l'obiettivo dello yoga è rallentare. Fare stretching e respirare." Puntualizzò.
"Si, se hai tempo di rallentare, fare stretching e respirare." Ripetei la solfa con gli occhi incollati allo schermo.
"Dammi questo coso." Mi strappò il cellulare dalle mani e sbuffai.
"Mamma... Sono grande ormai."
"C'è anche un app che non ti fa apprezzare le piccole gioie della vita?"
"Mamma, ha detto che resti per la cena di Natale." Sviò il discorso mia sorella, facendo roteare il bicchiere sotto il suo naso. "Credevo che saresti partita per le Bahamas tra meno di cinque giorni con le tue-" Le assestai un calcio da sotto il tavolo sulla gamba, guardandola male.
"Alle Bahamas?" Domandò l'altra, appoggiando con molta calma il bicchiere. "Io... pensavo che saresti rimasta per il tradizionale cenone."
"Io... beh, non mi sono accorta delle date quando ho prenotato e ora i biglietti sono pagati, perciò..."
"Beh, capisco. Sono sicura che ti divertirai con le tue amiche." Disse cercando di celare la sua tristezza. "Credevo che non andassi via per Natale." Roteai gli occhi maledendo Dalila, che come al solito non era riuscita a non metterci bocca. "Noi faremo sempre le solite cose che facciamo ogni anno, perciò..." Si bloccò posando il tovagliolo e alzandosi senza però mostrare le lacrime pronte a scivolare sul viso. "Ci divertiremo... Torno subito."
"Lo sapevo che avrebbe pianto."
"Dovevi dirle che partivi con un ragazzo. Ti avrebbe accompagnato all'aereoporto lei stessa." Suggerí Dalila scolandosi l'intero bicchiere. "A meno che tu non voglia che Lucas lo sappia. Ho sentito dire che non solo è passato, ma che ha soprattutto salvato una donzella da una tragica caduta."
"Ah, davvero?"
"Il tuo caro e vecchio amico è ancora single." Continuò. Tirai un altro calcio dritto contro la sua gamba e lei si lamentò.
"Bevi prima che te lo versi addosso. Non sempre vale il detto: "a Natale si è tutti piú buoni" Le ordinai con aria malvagia.
Lei attaccò le labbra al bordo e ridacchiò.
"Ecco il ritorno del Grinch."
***
Delle martellate risuonarono per riportare il silenzio e l'ordine nella sala.
"A questo punto, presentiamo la mozione al voto. Save Now ha fatto una generosa offerta per il sito proposto e credo saremo tutti d'accordo che..."
Ma un ragazzo si sollevò dal proprio posto e alzò la voce di un'ottava.
"Non siamo d'accordo su niente! A parte che molti di noi non vogliono che si venga costruito un megastore sotto casa."
Gran parte delle persone applaudirono per il suo intervento e la donna al mio fianco colpì di nuovo con il martello facendo un sorrisetto.
"Lascio la parola ad Amy." Mi tirò in ballo, rivolgendomi uno sguardo fiducioso.
Schiarii la voce. "È facile dimenticare che questa non è soltanto una questione economica, è emotiva. Non si tratta solo di posti di lavoro, ma anche d'identità. Questa è anche casa mia, il luogo dove ho vissuto per molto tempo e sono cresciuta. Io amo Donegal, come tutti voi. È la definizione stessa di casa per me: il mangiar bene, i negozi, lo stile di vita. È davvero qualcosa di cui andare fieri, ma costruire questo megastore non cambierà queste abitudini. La nostra filosofia è adottare l'identità delle nostre comunità."
"Allora perché ben due contee confinanti hanno rifiutato la vostra proposta?" Domandò Lucas scattando in piedi. "Ve lo dico io perché! Perché un nuovo Save now attirerà qui migliaia di persone dalle città vicine. Subito dopo lo stato progetterà un'autostrada che ci attraverserà e la nostra comunità così unita diventerà un altro sobborgo anonimo. Quei megastore vendono di tutto!" Scesi in platea, sussurrando alle persone di non credergli, mentre continuava ad aizzarli con ferocia. "Faranno prezzi più bassi dei nostri negozi e allora sapete che succederà. Ad uno ad uno tutti i nostri negozi a gestione familiare che amiamo andranno in bancarotta!"
"Tutti dovrebbero fare una scelta per il futuro, non sei d'accordo Lucas?" Dissi avanzando di più.
"Beh, non lo so, Amybeth." Ribatté venendomi incontro e bloccandosi a metà corridoio. "Non se quella scelta non è reciproca fra le parti."
"Credo che tutto si riduca a questo, se una città vuole rimanere impantanata nell'anonimato o avere l'opportunità di crescere e farsi una sua identità."
Tornò a camminare.
"E io invece penso che la crescita sia più forte dove le radici sono più profonde."
"No, se non vengono nutrite."
Feci un altro passo fino a che non furono pochi centimetri a separarci.
"Forse non vogliono esserlo."
Ci guardammo dritto negli occhi, facendo piombare la sala in un religioso silenzio, nell'attesa che il duello si consumasse mettendo mano a delle vere e proprie pistole.
"Possiamo tornare all'argomento in discussione? Propongo di votare." Si intromise la donna e dei "no" volarono da una parte all'altra, mentre i miei occhi erano puntati sul riccio. La sala si ribellò e nessuno riuscí più a riportare l'ordine. La donna batté di nuovo dei colpi di martello e prese parola.
Mi fissò per l'ultima in cagnesco, poi girò i tacchi e se ne andò.
"Una mozione è stata sottoscritta per rimandare il voto dopo la Vigilia di Natale così che tutti abbiano modo di leggere e valutare l'ultima proposta di Save Now. Appoggio la mozione." Batté di nuovo il martello. "A lunedì."
In pochi minuti, la gente si alzò e lasciò la stanza. Direi che potevo ritenermi soddisfatta: avevo vinto una battaglia.
***
"Uh, che buon profumo di caffè." Mi dissi scendendo le scale e affacciandomi nel salone. "Ciao, mamma."
"Cia, tesoro." Mi salutò con la testa all'ingiù e le gambe leggermente divaricate. "Sto facendo un po' di yoga. Vuoi unirti a me?"
Mi accigliai. "Uhm, no." Qualcuno bussò e andai ad aprire, trovandomi davanti proprio il riccio. La sua visione di mattina presto era un pugno in un occhio. "Ciao. C-Che ci fai qui?"
"Ciao anche a te." Mi sorpassò e si affacciò nel salone, salutando mia madre che continuava con le sue pose anti- stress. "Oh Megan... Dev'essere bello passare queste giornate natalizie con tua figlia."
"Oh, davvero meraviglioso... quando non è attaccata al telefono."
"Mamma!"
"Hai un secondo?" Chiese voltandosi nella mia direzione.
"Veramente no. Ho una conference call con la Germania in questo momento." Risposi facendo segno alla cuffia nell'orecchio.
"Perfetto. Ti riporto qui in pochi minuti." Annunciò afferrandomi di peso per le gambe per sollevarmi come un sacco sulle sue spalle.
"Aspetta! Che fai! Mettimi subito giù!" Urlai e scalciai, prendendolo a pugni, mentre mi conduceva verso la sua auto e aprì la portiera per mettermi sul sedile. "Lo sai che si tratta di sequestro di persona! Potrei denunciarti e credo proprio che lo farò. Prendimi almeno il cappotto, fa freddo qui." Sbatté la portiera senza troppi complimenti davanti al mi viso sbigottito e salí al lato della guida. "Tu sei un... Aiuto! Questo qui mi vuole rapire!" Lo presi ripetutamente a pugni e cercai di tirare giù almeno il finestrino.
"Ah!" Mi alzò l'indice e l'agitò davanti alla mia faccia arrossata per la rabbia. "Dietro c'è dello scotch per imballaggi."
"Va' bene, va bene... Ma dimmi almeno dove stiamo andando." Chiesi quando eravamo a qualche chilometro da Donegal ed ero abbastanza tranquilla.
"Tra poco lo vedrai."
"Odio le sorprese." Digrignai i denti.
Rise continuando a guardare la strada."Oh, lo so benissimo, Grinch."
"Non osare chiamarmi-!" Mi girai di scatto, e mi frullò in testa un'idea malvagia e anche geniale. Tolsi l'auricolare posando le mani sulle gambe. "Allora, ch'è successo tra te e Shannon? Non eravate la coppia perfetta?"
Mi guardò negli occhi e mi bastò per capire che avevo fatto centro.
Colpito e affondato.
"L'ho trovata a letto con qualcuno." Si limitò a dire.
"Oh, è dura. Specie se era la donna con cui desideravi formare una famiglia, avere dei figli..." Forse non dovevo essere così insensibile con chi stava soffrendo, così ammorbidii il tono. "Lo conoscevi?
"S. La conoscevo."
Sgranai gli occhi, mordendomi il labbro per trattenere una risata.
"Scusa, io... Ho fatto una gaffe." L'auto imboccò un cancello dall'aria antica e parcheggiò. "Okay... siamo all'angolo con il viale dei ricordi, ma qual è il punto? Perché siamo qui?" Mi fermai davanti alla sua vettura mentre lui salì uno scalino di quell'imponente casa.
"Il punto è che l'ho comprata. Adesso è mia"
Spalancai le labbra sorpresa, sollevando il viso. "Non è possibile! Questa c-casa l'avevo ereditata."
"Però tu sei partita." Replicò spalancando la porta ed entrando nell'atrio, non del tutto ristrutturato.
"Tu quindi abiti qui? Credevo che fosse finita all'asta-"
"Quando hai accettato quel posto e mi hai lasciato." Precisò con amarezza.
"Sì..." Dissi con qualche difficoltà.
"Sarebbe finita all'asta, se qualcuno non si fosse avanti e dato che ci sono affezionato l'ho rivoluta. L'ho acquistata e ho fatto arrabbiare Shannon, perché per inciso questa era la casa di proprietà della mia prima ex fidanzata... così mi ha lasciato e se n'è andata alle Maldive con una sua compagna del college."
"Sembra una bella storia d'amore." Commentai.
"Ho passato un anno a ristrutturarla e approvazione dei permessi permettendo, l'hotel verrà inaugurato l'anno prossimo." Spiegò poggiando le mani sul corrimano e iniziò a salire, fermandosi. "Attenta alla testa perché appendo delle cose al soffitto e la guida non è stata ancora fissata, Beth." Appena misi piede sullo scalino rischiai di scivolare, ma per fortuna riuscii ad evitarlo.
"Per favore, non chiamarmi Beth... né Grinch, né qualsiasi nome strampalato che ti salta in testa in questi cinque secondi." Salii di fretta e lo seguii in una camera con un letto e tante cianfrusaglie ancora da mettere a posto. "Wow, ok, sono colpita. Hai fatto tutto da solo?"
"Cosa? Demolire il vecchio, rifare le fondamenta da solo, rifinire tutto con le mie mani?" Rispose con una punta di cattiveria ben evidente.
"Non stai parlando per metafora, vero?" Mi guardai intorno e lo attaccai con lo stesso veleno. "Come lo chiamerai il... triste bed and breakfast?"
"Io ti vedo Beth." Si avvicinò squadrandomi mentre giravo lo sguardo per non incrociare il suo. "Io ti vedo dietro tutto questo, dietro al completo su misura e tutto quel trucco che ti metti solo per sembrare una che non si tocca."
"Per la cronaca, sono felice. Questo è il ritratto della felicità. Sei tu l'insoddisfatto, che non si è sposato e non ha creato una famiglia."
"Sul serio?! Sei... consumata fisicamente ed emotivamente."
"Aspetta." Sbattei le ciglia ponendo le mani sui fianchi. "Mi trovi magra?"
Lui ridacchiò con sarcasmo.
"Io penso che tu stia scappando da quello che non sai verso quello che non saprai mai, perché non puoi andare a finire in un posto che neppure esiste."
"Almeno ci provo. Prima siamo passati davanti al cimitero, molta gente di Donegal non va più lontano di lì."
"Ti è mai passato per l'anticamera del cervello che Donegal non è un posto dove sono capitati, ma dove volevano stare veramente?" Continuò l'arringa. Non gli diedi retta mentre il cellulare vibrò.
"Devo rispondere." Annunciai con un sorriso, cercando di oltrepassare la soglia.
"Che ti piaccia o no, tu sei ancora tu... E io sono ancora io. E siamo qui nel posto che una volta era nostro, esattamente come 14 anni fa." Mi fece notare cercando di ostacolarmi e ostruirmi ogni via di fuga.
"Che vuoi da me?!" Sbottai innervosita. "Ecco, hai detto bene... E'-E' stato un'eternità, cent'anni fa! Eravamo giovani, così inesperti. Non era il momento giusto per fare progetti. Congratulazioni per il lavoro ben fatto, ma adesso me me vado."
Per l'ennesima volta, bloccò l'uscita e afferrò una carta dallo scrittoio e gliela strappai dalle mani per leggerla.
"Dopo quello che ho fatto qui, i vostri avvocati mi fanno pressione... anzi no mi minacciano per farmi vendere per poi demolire l'edificio. Questa non è una semplice casa! Fa' parte di te."
"Io...io non né avevo idea che fosse così importante." Dissi guardandolo brevemente negli occhi.
"Il nostro hotel è proprio nel posto dove volete costruire quel dannato parcheggio."
"Non è il nostro hotel, ma il tuo." Lo corressi. "E so che l'offerta sarà in linea con il valore di mercato."
Mi tolse la carta dalle mani.
"E io non so se tu conosci il significato della parola valore, Beth. Forse dovresti scoprirlo. Insieme a tutte le altre cose che hai ignorato per tutti questi anni."
"Grazie per il tour. Tornerò a piedi."
Lo fissai in cagnesco, oltrepassandolo per andare al piano di sotto.
"Non lo permetterò." Mi disse.
"Ah, davvero? E che pensi di fare?" Replicai continuando a scendere.
"Beth, non... Non" tentò di dire.
"Ripeto: non chiamarmi Beth."
"Va' bene, ma ti prego, ricordati..."
"Io mi ricordo tutto! Non ho bisogno di te!" Gli urlai in risposta.
"Che la guida non è fissata!" Esclamò e all'improvviso il tappeto scivolò sotto i miei stivali.
Persi totalmente l'equilibrio e urtai delle travi di legno che mi precipitarono addosso facendomi impattare sul pavimento, e poi il buio avvolse ogni cosa.
**
Che ne pensate?
Fatemi sapere voi con un po' di scleri.
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