Amybeth e Lucas #1: tutte le special scene
AMYBETH E LUCAS
special scene
La nuova stagione estiva ci porterà molte e infinite novità e voglio farvi un piccolo regalino: i primissimi screzi dei nostri beniamini... in quasi tutte le storie finora scritte.
Quanto li amate..?
Quanta chimica c'è che per poco non buca lo schermo?
Qui 'gatta ci cova'.
Lucas non me la conta giusta.
1. 𝘔𝘙 𝘞𝘙𝘖𝘕𝘎
Amybeth
Mi serviva qualcosa per calmarmi e non pensare a cose negative. Dovevo essere positiva, niente sarebbe andato storto.
Stavo andando a lavoro, fuori splendeva un sole meraviglioso, il cielo era limpido, probabilmente il tizio del meteo aveva sbagliato i propri calcoli. Dalila mi aveva consigliato una trasmissione sul nirvana.
Magari avrebbe potuto risolvere i miei problemi. Inserita la stazione, l'abitacolo fu subito invaso dai suoni della natura.
"Iniziamo il nostro rituale spirituale con respiri profondi... Inspiriamo dal naso ed espirare dalla bocca. Respiriamo profondamente..." Sembrava funzionare, i miei nervi erano meno tesi. Dalila era un genio. "E respiriamo aria fresca." Improvvisamente lo smog di città m'irritò la gola, cominciai a tossire e fui costretta a chiudere i finestrini dell'auto. Mi lacrimavano gli occhi e mi asciugai con il dito per non rovinare il trucco. La radio continuò. "Sono prezioso, importante... Potrò aver preso delle decisioni sbagliate. Mi perdono, la mia vita è bellissima. Sono molto fortunata."
Chiusi gli occhi e sorrisi.
Ma proprio come credevo che nulla sarebbe potuto andare storto, mi sentii sballottare e colpii il poggiatesta. Spostai i capelli rossi dalla faccia e alzai lentamente gli occhi, notando del fumo uscire dal cofano anteriore e l uomo scendere dall'altra macchina. Mi lasciai andare sul sedile, ma in realtà sarei voluta sprofondare in una voragine...
Proprio una bella giornata, Amybeth!
Intanto la radio continuava a ripetere fino alla nausea quelle frasi, mentre alzavo gli occhi al cielo.
Lucas
Gironzolai nel parcheggio sotterraneo dello stabile e posai le mani sui fianchi.
"Dov'è la macchina?" Mi guardai ancora attorno, ma non c'era alcuna traccia. Uscii, recandomi direttamente dalla persona che avrebbe potuto aiutarmi, ovvero il custode. "James... James, buongiorno. Hai visto la mia auto in giro? Non la trovo più."
"Buongiorno, signor Zumann. Si riferisce al modello blu del 1971?" Chiese e annuii. "L'altra mattina, alle prime luci dell'alba, è tornato con un taxi."
"Oh, merda..." Mi grattai la nuca. "Ne sei certo?"
"Positivo, signor Zumann. Ragazza alta un 1.73, 52 chili, con una gonna in pelle, sopra un top rosa... E orecchini a forma di foglia d'oro..." spiegò facendo dei gesti.
"Puoi smetterla. Sono abbastanza convinto. Credo proprio che dovrei assumere più magnesio, B12 o altro... Questi strani vuoti di memoria sono un po' preoccupanti. Cos'è successo nel frattempo? Non ricordo granché..."
Mi rise in faccia. "Oh, beh, chi può saperlo... se non lei, signor Zumann." si accostò e mi fece un occhiolino. "Stiamo vedendo tante belle donne da queste parti e solo grazie a lei... È il mio idolo."
"Grazie, grazie..." gli diedi una pacca sulla spalla. "Allora mostrami le tue grandi doti e trovami un taxi."
"Subito, signor Zumann." Si defilò infilandosi nella sua guardiola mentre passeggiavo cercando di schiarirmi le idee. Poi la sua testa spuntò da una finestra laterale. "Non c'è nessun taxi disponibile, posso chiamarne uno e farlo arrivare qui in mezz'ora?"
"Non importa, ho cambiato idea. Dannazione... Credo che andrò a piedi. Dammi un po' di caffè. Versalo in un bicchiere di plastica così lo berrò lungo il tragitto. Hai anche dei sandwich lì?"
"Li ho mangiati, signor Zumann." rispose con un sorriso smagliante porgendomi il bicchiere. Lo salutai e lui ricambiò, urlandomi dietro che né avrebbe preparati altri domani.
Amybeth
Le mie buone intenzioni erano state distrutte, come l'auto aziendale portata via dal carroattrezzi sotto al mio naso.
Avevo provocato un incidente, rotto la macchina ed ero irrimediabilmente in ritardo. Non poteva andare peggio di così, vero? "Ma non ero stressata", quel mantra si ripeteva nel mio cervello con la frequenza di un disco fermo sullo stesso punto... La vita è meravigliosa, colorata. Il futuro ti attende, bisogna avere fiducia e molta pazienza.
Stavo oltrepassando le strisce pedonali, pensando al consiglio datomi dal mio patrigno.
Alla fine non avevo comprato un ombrello, c'era il sole, l'aria estiva mi scorreva sulla pelle come un balsamo.
D'un tratto un boato spezzò quella calma e la pioggia iniziò a cadere giù, investendomi in pieno. Imprecai e corsi via, cercando di ripararmi con la mano.
Com'era possibile?
Si trattava nuovamente di sfortuna?
Un attimo prima il sole e ora il diluvio universale? Cercai di fare l'autostop, ma quelli m'ignoravano.
Ero fradicia, nervosa e in uno spaventoso ritardo. Quando vidi un altro taxi che stava arrivando mi lanciai in strada. Afferrai la maniglia e sprofondai sul sedile, accorgendomi solo dopo di essere in compagnia.
"L'ho fermato per prima."
"Non è un problema per me."
"Ma lo è per me invece, può scendere per favore e salire nel prossimo?" gli chiesi infastidita.
"Sei tu che non sei a tuo agio... Puoi scendere." Mi sfidò e non potei neppure fulminarlo dato che i suoi occhi erano protetti dagli occhiali scuri.
"Come ti permetti! L'ho fermato io... quindi sei tu a dover scendere, non è vero, tassista?" Guardai in direzione dell'uomo che nel frattempo si era voltato verso i sedili posteriori.
"Beh, non so che dire... Vi ho visti salire nello stesso momento ed... è difficile trovare un altro taxi con questo tempaccio. Penso che dovreste cercare un compromesso." Guardai male il tassista, non osando rivolgerlo al ragazzo beatamente seduto di fianco. "Dove vi porto ragazzi?"
Sospirai. "Time Square!" e in quell'istante anche lui disse lo stesso.
Ci guardammo di rimando e posai la borsa al mio fianco. Il taxi ripartì.
L'uomo poi alzò al massimo il volume dello stereo.
"Buongiorno... buongiorno, buongiorno New York!" Aveva una voce squillante come quella di una sveglia alle sette di mattina. "Ci aspettavamo una giornata di sole e invece siamo di fronte alla pioggia."
Il riccio mi allungò una confezione di noccioline, che però rifiutai. Non avevo l'intenzione di familiarizzare con lui.
"Improvvisa, sorprendente, inaspettata come l'amore... Ed è questo l'argomento di oggi. Pensate che l'amore esista?"
Un argomento che mi faceva stare male, dopo ciò ch'era accaduto da quando avevo rotto con Christian.
"Ho letto un post l'altro giorno. Quello che pensiamo sia l'amore... sono gli ormoni che stanno aumentando nel nostro corpo. Potrebbe essere?"
"Ha ragione. Sta dicendo esattamente quel che penso da sempre." Fu il riccio a parlare interrompendo il conduttore.
"E noi pensiamo di morire per amore." aggiunse l'autista.
"Lascia perdere, amico. Sono tutte stupidaggini."
"Amico, sembra che tu abbia capito tutto sull'amore." disse sistemando lo specchietto retrovisore centrale. "Alla mia età non ho ancora capito a fondo come rendere felice una donna."
"Chi l'ha capito?" concordò il riccio, a denti stretti.
"Siamo buoni per loro se facciamo quello che ci chiedono. Ci usano e basta. Paga le bollette, comprale i regali, riempile di fiori... Porta questo e aggiusta quest'altro."
"Penso che anche tu l'abbia capito come funziona."
"Oh, davvero?" intervenni stringendo le braccia incrociate al petto. "Chi sta usando chi? Non siete in grado di buttare i calzini sporchi nel cestino o alzare la tavoletta del water. Inoltre lavoriamo a tempo pieno e oltre ciò, pulire, cucinare, lavare i piatti." Il giovane tolse gli occhiali e guardò in basso. "E se c'è un bambino poi... Non parliamo di gravidanza e parto. Piangete anche se vi fate un piccolo taglietto sul dito." Misi il broncio. "Se gli uomini partorissero al posto delle donne, la ragazza umana si estinguerebbe senza dubbio."
"Sei sposata?" chiese a bruciapelo.
Lo guardai. "No."
"Non mi meraviglio che tu sia single."
"Scusami?"
"Fammi indovinare. Sei arrabbiata e te la prendi con il mondo intero perché hai rotto con il tuo fidanzato... perché non ha voluto sposarti e pensi che ogni uomo abbia il primato di farabutto. Sbaglio, forse? Ti consiglio di adottare un gatto o qualche altro animale per eliminare la solitudine dalla tua vita. Penso che sarebbe un bene per i tuoi nervi, ti aiuterebbe a rilassarti."
"Non ho chiesto un tuo parere!" ringhiai. "E non sono sola."
"Sicuro, sicuro..."
"Questa è la mia fermata, dovrei scendere." annunciai.
"Pago io, lascia stare."
"Non serve." Lo guardai male e diedi la mancia all'uomo, esausta di sentire discorsi maschilisti fra quei due... e di sopportare la presenza del riccio. Scesi anche se pioveva ancora a dirotto, borbottando. "Idiota.. Va al diavolo!" Corsi più in fretta che potevo. "Scemo... Troglodita. Arg!"
2. 𝗔𝗠𝗔𝗡𝗧𝗜 𝗣𝗘𝗥 𝗖𝗔𝗦𝗢
- 𝗟𝗢𝗩𝗘𝗥𝗦 𝗕𝗬 𝗖𝗛𝗔𝗡𝗖𝗘
Amybeth
Entrai nel locale vedendo gentilmente accolta da un uomo in smoking. Gli sorrisi, dando una sistemata ai capelli dopo quella corsa forsennata.
Mi facevano male i piedi a causa dei tacchi a spillo ch'ero stata costretta ad indossare. Se avessi potuto scegliere avrei indossato qualcosa di sportivo, jeans e maglietta. Ero leggermente in ritardo e speravo con tutta me stessa di averlo fatto stancare. Lo speravo con tutta me stessa!
"Buonasera signorina. Ha effettuato la prenotazione?"
"Ehm..." realizzai di aver qualche problema a ricordare il nome di quel tizio, accidenti! "Lu... Lucas?"
"Ah. Lucas Zumann?" suggerì dando un'occhiata alla lista. "Il signor Zumann è appena arrivato. Venga, le faccio strada."
"Grazie..." C'inoltrammo nella sala, fra i vari tavolini e mi sentii in soggezione. Speravo di arrivare lì senza inciampare o fare brutte figure. Alcuni mi guardavano e dal mio canto pensai di avere tutta la grazia di un elefante.
"Signor Zumann, la sua ospite è appena arrivata."
"Grazie." fu la sua risposta. A quel punto, puntai lo sguardo sul giovane seduto e spalancai la bocca per la sorpresa. Era fasciato in un elegantissimo smoking, senza alcuna piega, aveva le mani poste rigidamente sul tavolo e l'espressione inscalfibile.
Mi avvicinai lentamente e si alzò, allungando la mano. "Ciao. Da quanto tempo..." La strinsi e sollevai lo sguardo, osservando la mascella liscia e la profonda massa di ricci scuri, che ad ogni movimento, gli sfioravano la fronte. Mormorai flebilmente "grazie". "Non restare in piedi, siediti."
Abbozzai un sorriso e nel sedermi, impattai contro la gamba del tavolo rischiando di scivolare, ma per fortuna mi afferrò per il braccio. Stavolta i nostri visi si ritrovarono a una misera distanza. Potei ammirare da vicino quelle sfumature verdi, rimanendo imbambolata con lieve imbarazzo.
"Tutto bene?" Annuii, con la capacità mentale andata a farsi benedire... non avevo mai fissato così tanto un ragazzo. I suoi occhi... erano una meraviglia. Riuscivo solo a pensare quello. "Siediti." Mi aiutò e poi prese posto anche lui.
Provai a ritrovare faticosamente il contegno e strofinai il lobo dell'orecchio.
"Rilassati... Oh, beh... è molto meglio di quanto avrei potuto sperare. Chi l'avrebbe mai immaginato? Davvero ha quest'aspetto?" Lo fissai ancora. "Sorridi, cerca di essere carina..." disse la vocina interiore. Ma un pensiero mi balzò in testa e drizzai la schiena. "Ma se rido troppo... penserà che sia una pazza! Però... mi piace troppo."
Speravo che fosse lo stesso per lui. Avrei voluto il potere di leggere nelle menti, invece mi dovevo limitare a sperarci.
Abbozzò un sorriso.
"Mio Dio... forse gli piaccio!"
Il cuore stava per uscirmi dal petto, inclinai la testa, continuando a giocare con il pendente e il cameriere si avvicinò, porgendo i menù.
"Bene... Ti va dello champagne?"
"Preferisco di no."
"Davvero?" Alzò il sopracciglio. "Perché?"
"Se mi conoscessi non mi faresti questa domanda..." riflettei.
"Non mi piace bere prima di mangiare." Anche se sarebbe corretto rispondere. "Non reggo l'alcool."
"Capisco... D'accordo."
"Può portarmi un cocktail a base di frutta... analcolico?" chiesi al cameriere.
"Certamente." Poi si rivolse al riccio. "Per lei signor Zumann, il solito?"
"Esatto." si limitò a dire.
Chiusi gli occhi e strinsi un po' le labbra. "Mi chiedo come gli stia il camice bianco... Dio, perché non mi sono iscritta alla facoltà di Medicina?!" Sistemò il colletto della camicia in un gesto naturale e per poco non mi si sciolsero gli occhi. "Sarebbe fantastico! È così bello... inteliggente... sensuale. Quando andrò a casa, bacerò i piedi a quella donna!"
Lucas
La ragazza mi lanciava strani sorrisetti, aveva un che di inquietante... Non era assolutamente il mio tipo. È così palese. È meno sicura di sé... Sembra diversa da come la ricordavo, un po' immatura.
"Comunque..." iniziai. "Sei cambiata rispetto a dieci anni fa."
"È stato meglio in realtà. Sono contenta che quella fase sia passata. Quell'aspetto orrendo non mi manca."
"Raccontami qualcosa di te..."
Sorrise, compiaciuta. "Okay..."
Il cameriere portò i cocktail, poi si allontanò per servire altrove, mentre lei iniziò a sorseggiare un po'.
"Così... Hai studiato a Parigi."
Mi guardò deglutendo, poi tossì rumorosamente coprendosi la bocca e piegandosi da un lato. Stava per soffocare, doveva esserle andato di traverso...
"Ti senti bene?" chiesi prendendole il braccio mentre traccannava avidamente il liquido verde. "Sei sicura?" osservai le nostre mani slegarsi, senza rendermene conto gliel'avevo strette.
"Cos'è... Ha un sapore strano..."
"Se vuoi possiamo ordinare altro." Alzai il dito per richiamare l'attenzione.
"No, non importa... è comunque gradevole."
Piegai la testa e la fissai. "Ok."
"Dov'eravamo rimasti?" chiese dopo essersi ripresa.
"Parlavamo dei tuoi studi a Parigi."
"Si potrebbe dire..."
"Si potrebbe dire?" ripetei con il sorriso sulle labbra.
Si mosse convulsamente, sventolandosi con entrambe le mani per poi gettarsi i capelli dietro la schiena.
Il cameriere fece ritorno. "Un altro?"
La rossa afferrò il suo bicchiere bruscamente e l'accostò alla bocca.
"Non l'ho ancora finito, un momento!" Sotto i nostri sguardi perplessi, lo buttò giù tutto senza prendere fiato - come gli altri due - e lo posò sul vassoio. "Me ne porti un altro." Il cameriere annuì, seppur confuso. "Okay, voglio essere sincera adesso." riprese volendo apparire più equilibrata.
"Ti ascolto..."
"Mia madre ha esagerato. È stata lei ad organizzare quest'incontro e mi ha costretto a venire in questo posto contro la mia volontà."
"Grandioso. Siamo entrambi nella stessa situazione. Sono più sollevato adesso. Non devo più sforzarmi di fingere per paura di spezzarti il cuore." Il sorriso si smorzò sul suo volto pallido. "Sei d'accordo anche tu... Non può esserci niente fra di noi." Lei annuì e non appena il cameriere si presentò con il cocktail nel prenderlo rischiò di sporcare il vestito. Gli rifilò un "mi dispiace" e bevve. "Non fraintendermi, per favore. Sei una bella ragazza, con un cuore puro... ma ecco, non mi piacciono le cose fatte in questo modo."
"Non preoccuparti... Scusami." Si asciugò la bocca con il dorso delle mani e si schiarì la voce. "Sono d'accordo."
"Ottimo."
"Quindi possiamo anche andarcene, no? Saltiamo la cena... non sarà un problema, giusto?"
"Non esagerare. Prima mangiamo qualcosa e poi andiamo via." Avevo la netta sensazione di averla delusa e tracannò un altro sorso di quella roba.
"No, no... Perché aspettare? Sarà meglio per entrambi."
"Come vuoi." Bevvi un po' di liquore e mi sporsi leggermente verso di lei. "Grazie per la tua comprensione. Quando hai detto di voler essere sincera, forse io lo sono stato un po' troppo... e ti ho ferita. Non era mia intenzione. Scusami." Alzò il pollice. "Davvero per te non è un problema?" Lei rispose no con la testa riprendendo a bere, mentre cercavo il cameriere con lo sguardo per chiedere il conto.
La vidi sventolarsi con la mano e osservare intorno l'ambiente. "Non trovi che faccia caldo qui?"
"No... io sto bene."
"Perché all'improvviso...mi sento bruciare." chiamò il cameriere e gli consegnò il bicchiere ormai vuoto. "Me ne porti un altro."
"Ma non dovevamo andarcene?"
"Uno, uno solo ancora." m'implorò indicandomi la quantità con indice e pollice. Dopo l'ennesimo cocktail, non sembrava avere molto autocontrollo. Mi passò il drink e quando lo annusai mi resi conto ch'era tutto fuorché un succo di frutta. Era ubriaca, fin troppo disinvolta continuava a dimenare le braccia per aria. "Sono così annoiata!" Urlò e le venne da ridere. "Dai, alzati, cos'è quest'aria da funerale? Andiamo!"
Appena si mise in piedi, inciampò sul gradino e cadde a terra.
Scattai in piedi. "Stai bene?"
Si rimise in piedi con una certa difficoltà e mi fece un cenno d'assenso.
"Sto bene! Molto bene!" Salutò con il palmo gli altri, che fissavano la scena divertiti. L'affiancai, afferrandola per il braccio. In quelle condizioni pietose dubito che avrebbe potuto varcare l'ingresso. Maledetto il giorno in cui ho voluto dare retta a mia madre!
"Dai, vieni con me..." La condussi lentamente verso l'uscita, tenendola saldamente accanto al mio petto, ma lei continuò a sciorinare discorsi senza filo logico e a disturbare gli altri tavoli. Mi bloccai e lei con me. "Sei venuta in auto?" Scoppiò a ridere, nascondendo la bocca dietro la borsetta. " Che domanda stupida... Non potresti mai guidare in questo stato."
Oltrepassammo le porte del locale e l'accompagnai all'esterno, facendola salire in auto. Lungo il tragitto accese lo stereo, lo alzò al massimo del volume mentre ballava e si dimenava.
La guardai divertito, consapevole che al suo risveglio si sarebbe voluta seppellire. "Dottore! Lei ha davvero una bella auto lussuosa. Posso chiederle quant'è il suo stipendio?"
"Dottore?" Lei annuì continuamente. "Quale dottore?"
"Sì, è quello che ti ho chiesto! Sei un dottore!?" mi sorrise divertita o semplicemente troppo ubriaca per controllarsi, con la testa riversa sul poggiatesta. Poi portò le mani sulla cerniera, minacciando di tirarla giù. "Uff! Perché fa tanto caldo?"
"Aspetta, ferma!"
"Apri il finestrino!" ordinò tassativa.
"Aspetta... Non fare la stupida. Non fare sciocchezze." spostai gli occhi da lei alla strada.
"Lo farò invece, sto morendo di caldo! Puoi aprire?!" sbottò furente.
Le afferrai il polso per evitare che distruggesse il cofano superiore, mentre guidavo concentrato sul rettilineo.
"Aspetta.... un minuto, ora te la apro."
"Apri! Voglio divertirmi!"
"Ok... va bene, ma calmati."
"No!" tirò fuori la lingua e continuò a colpirlo con la mano, credendo di riuscire a toglierlo. Premetti il pulsante sullo sterzo e lei sgusciò fuori con il busto e il vento fra i capelli. Spinse le braccia all'indietro e continuò a ballare. "Ho detto che voglio divertirmi!" strillò a squarciagola, finendo quasi per cadere, ma per fortuna riuscì a mantenersi. "New York sei ai miei piedi!" esclamò a gran voce. "È così divertente! Dovresti farlo anche tu! Unisciti a me!"
"Dove?"
"Quassù."
"E chi guida la macchina?"
"Non importa."
"Sbrigati e scendi."
Era troppo andata per ascoltarmi e non fare pazzie. Lei se ne fregò altamente e non mi restò che passarle la giacca per non farla raffreddare. Ma il freddo pungente non la sfiorava, il fuoco aveva preso il sopravvento.
"Dai, vieni!"
"Siediti o finirai per cadere."
"No, no. Vieni, ti prego..." Mi pregò saltellando e comportandosi come una bambina.
Dopo qualche ora di balli sfrenati in pista, ci riposammo su uno dei divanetti storditi dalla musica e dalle luci stroboscopiche che invadevano la sala della discoteca. Anch'io avevo bevuto, eccessivamente.
"Ti faccio un esempio..." mi tirò scherzosamente l'orecchio e vi avvicinò le sue labbra. "Se vorrò prendere un appuntamento te lo dirò in un orecchio... Ma chi te l'ha detto che lo voglio? Non mi serve... posso vederti anche senza appuntamento?"
"Sì, se vuoi..." commentai.
"Ti piace quella ragazza?" M'indicò qualcosa con l'indice e seguendo quella traiettoria, notai una castana. "Siete tutti uguali!" sbraitò alzandosi e barcollando. La presi per il braccio facendola sedere sul divanetto.
"Non mi piace... calmati."
"Senti... non potremmo..." Diminuì pericolosamente la distanza fra le nostre labbra e scoppiai in una fragorosa risata, stringendola nelle mie braccia. "Penso che potrebbe funzionare." Poi si divincolò dalla presa e intrecciai la mia mano alla sua.
"Aspetta ..." Mi alzai in piedi e lei mi guardò con un occhio aperto e un altro semi chiuso. "Vengo con te."
"Wow! Fantastico... Ma non guardare lì o dall'altra parte!"
Quella serata non era noiosa. A notte fonda ci rifuggiammo in un hotel. A causa della sbronza, non sapevamo neppure dove andare... La presi in braccio a mo' di sposa e iniziai a camminare nel corridoio.
"Il mondo gira... e gira ancora!" esclamò lei, gettando la testa all'indietro.
"Uscita d'emergenza?" lessi su una targhetta verde.
"Uscita d'emergenza? Devo uscire subito da qui!"
"Guarda..." Mi bloccai.
"Chi è?" domandò accerchiando le braccia attorno al mio collo.
"Mio zio..."
"Mio zio?!" ripeté ridacchiando e colpendomi con la sua borsetta.
"Zio... zio, apri!" Camminai a passo svelto trovandomi ai lati una schiera di camere.
"40? No..." dichiarò e girai verso sinistra. "Questa! 409..."
"Bene. Ho la chiave..."
"Ah, che cavaliere..." tirò fuori la carta dal taschino della giacca e mi piegai per permetterle di strisciarla nella fessura metallica. "Non riesco ad aprire..."
"È questa la carta? Oppure è quella di credito..." Un click e si spalancò. La oltrepassai e la richiusi con il piede.
Mattina seguente.
Tutto sommato mi svegliai placidamente. Ero frastornato e il mio cervello era ingarbugliato di tanti pensieri. Il cellulare vibrò sul comodino, ma non gli diedi peso, mentre spalancavo gli occhi a fatica.
Quando mi voltai leggermente realizzai la presenza di un'altra persona tra quelle lenzuola.
Sollevai la testa dal cuscino e notai il mio corpo nudo e la mano posata sul cuore, che stringeva la sua.
Una consapevolezza mi colpì come una sberla, scacciando via l'intorpidimento. Ancora confuso, le lasciai la mano e sgusciai via. Fortunatamente continuò a dormire, permettendomi di fare un veloce esame prima di decretare il misfatto. "Cosa diamine è successo?"
Infilai il pantalone e la camicia, prendendo il mio cellulare, notando che avevo silenziato le notifiche. Premetti la mano sulla fronte e mi girai verso il letto e la ragazza, con cui non avevo solo vissuto una notte folle in discoteca.
"Ciao... mamma."
"Lucas? Tu e Shannon non vi siete incontrati ieri?"
"Che vuoi dire?"
"Ha avuto un incidente ieri mentre ti stava raggiungendo. Ma quando è arrivata al locale, tu non eri lì. Ti ha anche chiamato per dirtelo, ma non hai risposto." spiegò lei e smisi di armeggiare con i bottoni.
"Mamma, sei proprio sicura?"
"Certamente, caro. Shannon è qui davanti a me e l'ha appena raccontato." rispose con il tono di una che si sente molto a disagio.
Strabuzzai gli occhi. "Un momento... Shannon è lì da te?" Mi passai una mano sulla faccia. "Mamma, dille che la chiamo più tardi, ok?" Non badai ad ascoltare la risposta e riagganciai. Fissai inebetito la giovane dai capelli ramati nel mondo dei sogni. "Se Shannon è con mia madre, chi è questa donna?" Il respiro si mozzò nella gola, avendo ormai la certezza di aver fatto qualcos'altro. "Non ci credo!" Mi arruffai i ricci e afferrai al volo la mia giacca. "Cos'hai fatto, Lucas? Sei un idiota! Cos'hai fatto?" Recuperai le scarpe e sfrecciai al piano di sotto.
Amybeth
Aprii gli occhi lentamente, sentendo le palpebre pesanti come macigni, ma un dettaglio me li fece sgranare. Sollevai la testa guardando in giro, ma non c'era nulla di familiare.
Mi tirai su e provai a pensare come fossi arrivata lì, ma la parte più raccapricciante era essere senza veli, a parte il lenzuolo. Il mio cuore iniziò a battere più forte e mi scappò un urlo assordante.
"Che ci faccio qui!? Dove sono!"
Mi alzai furibonda, con addosso il lenzuolo a mo' di veste, e guardai al piano di sotto il riccio abbottonarsi la camicia.
"Cosa ti prende? Smettila di urlare! Calmati."
"Perché sono qui? Questa è una camera... Non dovrei essere qui!"
"Non lo so." rispose.
"Tu... Sei stato tu a farmi questo!?" ringhiai.
"Finiscila di sbraitare."
"Mi hai portato qui... Che maniaco..." Arretrai dalla ringhiera e afferrai il cuscino, non riuscendo a contenere la collera. Avevo i nervi a fior di pelle e una gran voglia di strangolarlo. "Non ricordo nulla. Sei stato tu... Confessa! Sputa il rospo! O ti ucciderò."
"Dannazione..." biascicò allacciando le scarpe.
"Cosa mi hai fatto? Dimmi la verità!?" Gli scagliai addosso il secondo cuscino.
"Che cos'ho fatto, scusa? Niente!"
"Confessa tutto!" tuonai. "O giuro che ti faccio fuori a suon di cuscinate!"
"Cosa avrei dovuto fare? E se l'avessi fatto, non credi che lo ricorderei? Ecco, non ricordo nulla perché non ho fatto un bel niente con te."
"Sicuro?"
"Sono sicuro, tranquilla."
"Questo non è da me... No, sto cercando di ricordare. Ma perché siamo venuti in quest'hotel? Che follia è questa?"
Corsi giù per le scale, con la cerniera aperta, intenta a tirarla su.
"Non lo so." Alla sola visione di lui a petto scoperto, allontanai lo sguardo dai pettorali e feci una smorfia di disgusto. Si avvicinò con la camicia sbottonata. "Dimentichiamoci di ieri sera, va bene? Argomento chiuso."
"Certo."
"Bene. Eravamo entrambi d'accordo che questo io e te...." spostò l'indice da me a lui e alzai il palmo.
"No! Impossibile... Tu ed io?"
"Ecco, appunto." Stirai le pieghe e lui sistemò il suo colletto prima di guardare la porta. "È finita qui. Non ci saranno altre occasioni."
Mi avviai verso l'uscita e per poco non inciampai. No, qualsiasi cosa fosse successo... Doveva essere cancellata il prima possibile, come la sua faccia.
Amybeth... è giusto.
"Come ci siamo venuti?"
"È stata una vera follia!"
"Lo credo anch'io."
"In ogni caso..." allungai una mano e lui la strinse.
"È stato un piacere."
"Spero di non rivederti mai più." aggiunsi sorridendo falsamente.
"Addio."
"Addio." ripetei ponendo fine a quel breve dialogo, prendendo l'altra direzione per andare verso l'ascensore.
3. 𝗦𝗧𝗥𝗔𝗪𝗕𝗘𝗥𝗥𝗬 𝗦𝗖𝗘𝗡𝗧
- Profumo di Fragola
Lucas
La macchina sfrecciava come il vento e intanto scorrevo i contatti sulla rubrica. Misi in chiamata e squillò per un po', poi la linea cadde. Non voleva rispondere. Piuttosto che sbraitare e litigare, aveva scelto di ignorarmi.
Poggiai il cellulare sul sedile con noncuranza. Svoltai in una curva e spinsi sull'acceleratore. Impostai della musica. Poi il cellulare squillò sul tappetino.
Accidenti.... Non ci voleva!
Cercai di tenere d'occhio la strada e allungarmi. Tutto avvenne in una frazione di secondi. Una ragazza spuntò all'improvviso e rischiai di travolgerla. Sterzai bruscamente e le ruote raschiarono sull'asfalto caldo. Riuscii a deviare la rotta e tirai il freno a mano, fermandomi vicino ai cassonetti della spazzatura. Lei nel frattempo era rimasta a terra per lo spavento. La torta s'innalzò in alto, galleggiò un po' e poi scese in picchiata, spiacciandosi addosso alla ragazza.
Strinsi gli occhi e girai la chiave nel quadro. Il motore si spense. Scesi e controllai se ci fossero dei graffi.
"Bene... è apposto."
Niente graffi, ne ammaccature... poi guardai lei, cercava di pulirsi e mi incenerì con uno sguardo.
"Idiota! Mi stavi venendo addosso! Chi diavolo ti ha dato la patente?"
"Questo è ciò che succede se ti fermi in mezzo alla strada... Per fortuna non è successo niente alla mia macchina."
"La tua auto?" Mi raggiunse urlandomi contro. "Per poco non mi hai colpita! E pensi alla macchina! Hai della sagatura nel cervello, cretino!?"
"Sai quanto mi è costata?"
Guardò altrove. "E allora?"
"Allora... Non saresti in grado di pagare neanche la metà dei danni che hai provocato."
"Scordatelo! Non ti pagherò niente. Sei tu il colpevole."
"Senti, t'insegno una cosa... Bene. Il posto dove si deve camminare è il marciapiede, non in mezzo alla strada. Almeno, è quello che fanno le persone normali. Naturalmente..." La squadrai dall'alto verso il basso. "Se a quest'età non hai ancora imparato..."
"Che razza di persona sei?" Mi apostrofò piccata. "Invece di chiedere scusa e ammettere il tuo errore, continui a comportarti come un arrogante!"
"L'unica che dovrebbe scusarsi qui sei solo tu. Fallo e vattene. Ho fretta."
Mi guardò con disprezzo e si alzò sulle punte delle scarpe. "Guardami!" Poi il suo cellulare squillò e si allontanò, sul punto di frignare. Sbattei le braccia innervosito... E io che credevo che non potesse andare peggio... e alla fine m'imbatto in una povera pazza.
"Cosa faccio? La torta è da buttare!" Mi diressi verso l'auto ignorandola. "Cosa dirò al mio capo? Chi mi risarcirà per questo danno?"
"Il tuo danno? Era solo una torta. Non farne un dramma..."
"Non è così semplice! Era per il compleanno di un bambino. Riesci ad immaginare quanto ci sarà rimasto male? Ora suo padre starà impazzendo e rimproverando il mio capo. Sai cosa significa questo?"
Ci pensai su. "Non lo so e non m'importa. Ho già sprecato abbastanza tempo." tagliai corto e la sorpassai.
"Dove stai andando?" sbraitò mentre salivo in auto. "Non puoi andartene così! Hey! Tu! Ti farò arrestare!"
"Hai alzato un polverone per una torta che non vale nemmeno un centesimo." La stuzzicai e lei mi guardò in cagnesco con la faccia ricoperta di glassa. Frugai nella tasca e le porsi dei soldi. "Prendi." Lei però non mosse un muscolo per intascarli. "Che stai aspettando? Forza!" Ghignai. "Pensi che siano pochi e non sia stato generoso? Ne vuoi di più?"
Mi guardò con espressione malvagia, come a dire "ora me la paghi", passò di lato e agguantò il tergicristallo, piegandolo su e giù più volte. Mi catapultai fuori dalla vettura.
"Ehy! Ehy! Che stai facendo? Sei completamente pazza!?" Le afferrai un braccio riuscendo ad interromperla e i nostri occhi si scontrarono.
Si dimenò e liberò dalla mia presa, sbuffando. "Ora siamo pari."
Mi sorpassò lasciandomi basito e non mi restò che raccogliere quel tergicristallo fra le mani, purtroppo era inutilizzabile oltre che sporco. Lei si stava allontanando e digrignai i denti. "Sei una maledizione!"
***
Amybeth
Continuai a correre per raggiungere la fermata, trascinandomi dietro quel vecchio bagaglio malridotto. Per fortuna, riuscii ad arrivare in tempo e a mettermi in fila. Giunta all'aereoporto, attraversai la strada, andando verso l'entrata da cui si accendeva da una ripida rampa. Afferrai il corrimano e iniziai a salirci. Ma sfortunatamente il manico s'incastrò e fui costretta a strattonarlo con veemenza.
"Stupido bagaglio... No!"
A un certo punto, misi un piede in fallo e caddi all'indietro. Sarei impattata sull'asfalto, se qualcuno non mi avesse afferrata prontamente. Mi ritrovai aggrappata al collo di un giovane, che mi stava stringeva tenendomi attaccata al suo petto, mentre i nostri occhi si unirono. Man mano quella confusione si dissipò. Aggrottò la fronte confuso e slegai bruscamente la presa.
"Di nuovo tu!?" urlammo a vicenda fulminandoci. Mi era sembrato di essere in un incubo orrendo...
Quell'antipatico, il fautore delle mie disgrazie e del licenziamento... era di fronte a me.
"Stai attenta. Mi sei caduta addosso."
"Puoi stare certo che non succederà più." Puntai gli occhi verso il cielo, molto più interessante di quelle pagliuzze verdi. "Preferisco precipitare in un fosso di serpenti piuttosto che su di te. È una fine più dignitosa."
Mi lanciò un altro sguardo infuocato e sistemai la borsa sulla spalla, agguantando il manico. Stavo per oltrepassare l'entrata, ma lui si mise in mezzo, facendo scontrare le nostre valigie. Ci ostacolammo a vicenda, come se quella fosse una competizione. Poi ci fermammo.
"Maniaca." Sputò.
"Puzzola." risposi con lo stesso tono acido, prima di andare in direzione dello sportello.
Dopo aver fatto il biglietto, salimmo a bordo alla ricerca dei posti. Dalila mi tirò da parte e mi convinse a scattare un selfie per celebrare il momento.
Eravamo talmente impegnate a metterci in posa e sorridere che non ci curammo dei rimproveri di una signora in procinto di passare.
"Questa è la prima volta che metto piede su un aereo. Spero di non avere troppa paura... Non possiamo neanche sedere vicine. Che sfortuna..."
"Possiamo chiedere alla persona che si siederà accanto a me di cambiare posto. Chi non vorrebbe viaggiare in una lussuosa prima classe?" alluse strappandomi un sospiro. A causa di uno disguido, il mio biglietto per la classe economica era stato venduto ed io ero il possessore del biglietto per un'esclusiva prima classe.
Sistemammo gli zaini e sprofondai nel sedile, cercando di tenere a freno la paura. Ma quando credevo di aver bypassato la questione "business class", un ragazzo slanciato si presentò.
"Credo che questo sia il mio posto." Osservò il suo biglietto per controllare e poi guardò me.
"Potrei chiederti una cosa?"
"Certamente." rispose cordiale.
"No, non vogliamo chiederti nulla." intervenne la mora lanciandomi un'occhiataccia di rimprovero. "La mia amica si è seduta nel posto sbagliato. Vero, cara?"
Mi voltai. "Che fai?" mormorai.
"Che fai ancora qui?"
"Non avevamo detto che lui avrebbe dovuto cambiare posto?" Le ricordai nel caso l'avesse rimosso dalla testa.
"Questo prima di sapere che un così bel ragazzo sarebbe diventato il mio compagno di viaggio." I suoi occhi sfavillavano di malizia ed entusiasmo. Non mi restò che roteare gli occhi e arrendermi ad andare via.
"Dov'è la business class?"
"Davanti, immagino."
Mi alzai, presi lo zaino e cedetti il posto al ragazzo, che subito scivolò accanto a Dalila, e lei era già pronta ad attaccare bottone per conquistarlo.
Mi diressi verso la business class con il morale sotto le scarpe e trovai un'atmosfera diversa, meno rumorosa dove i posti si potevano contare sulla punta delle dita. Fissai il mio biglietto e mi bloccai d'impulso quando notai un uomo particolarmente familiare.
Si tolse la giacca di pelle e sistemò il bagaglio. Quando incontrai il suo volto, a tratti perplesso, m'irrigidii.
Cosa ci faceva lui sul mio volo?
"Andiamo. Stai scherzando!? Anche qui? A tremila metri mi segui?" Il suo tono impertinente mi irritò.
"Ben detto! Chi vorrebbe mai stare sullo stesso aereo con te. Sei irritante!"
"E tu infantile e piantagrane..." Girò lo sguardo per trovare una via d'uscita, poi posò le mani sui fianchi. "Non dirmi che siamo seduti vicino!" Sospirai quando mi strappò dalle mani il biglietto e lo lesse, contraendo la mascella. "Non mi siedo accanto a te. È fuori discussione!"
Si accomodò vicino all'oblò e la mia pazienza iniziò a vacillare.
"Sono io che non intendo sedermi vicino a te. Non voglio condividere il viaggio con un idiota come te. Esci, per favore."
Sorrise e si rivolse all'hostess.
"Scusi, ci sono altri posti liberi? Potrebbe spostare la signorina da un'altra parte?" Il suo tono era pieno d'odio e di cattiveria e incrociai le braccia. "Sta disturbando la mia quiete."
"Perché dovrei cambiare posto io? Cambialo tu. Fai il gentiluomo."
"Puoi stare zitta?"
"Sfortunatamente no. Presto decolleremo. Può sedersi al suo posto, per favore?" M'invitò non lasciandomi altra scelta, se non quella di accomodarmi e indirizzargli una smorfia.
Il riccio allacciò la cintura come da disposizione e io feci esattamente lo stesso. Mi aggrappai ai bracciolo per paura che la manovra di decollo mi sbalzasse fuori. L'aereo dopo qualche piccola turbolenza si stabilizzò e tornai a un respiro regolare.
Il giovane tirò indietro lo schienale e si mise a dormire, impedendomi di godere di quella vista stupefacente.
"Possiamo scambiarci il posto?"
"No." rispose con gli occhi chiusi.
Sbuffai. "Vorrei vedere il paesaggio."
"Ho detto no."
Incrociai le braccia. "Maledetto arrogante..."
Lo guardai di sottecchi mentre schiacciava il pisolino. Senza fare il minimo rumore mi sporsi delicatamente quel tanto che bastava per osservare fuori. Mentre contemplavo rapita quelle nuvole bianche e morbide, lui rialzò improvvisamente la testa e mi fece trasalire per lo spavento. Pose le mani ai lati del mio viso, impedendomi di muovermi. "Che stai facendo?" ringhiò mentre avvampavo sulle guance.
"Ti avevo detto di scambiarci il posto, ma tu non mi davi retta."
"Ok!" sbottò alla fine. "Ad una condizione però..." Annuii. "Non devi parlarmi o toccarmi fino a che non scenderemo. Va bene?"
Finsi di chiudere una zip. "Promesso."
Mi fissò per l'ultima volta, prima di alzarsi in piedi e nell'esatto momento anch'io lo feci, sbattendogli contro. Cercai di discostarmi, ma lo colpii anche con la spalla. Abbassai gli occhi per il grande imbarazzo.
"Hai infranto la promessa in due secondi. Che brava!
Mi spostai i capelli dal viso, mentre mi avvicinavo alla sua. "Quando l'avr..."
Mi puntò l'indice contro. "Ancora parli."
Pur di non dargliene soddisfazione, lasciai cadere il discorso nel vuoto sedendomi, stavolta senza altre colluttazioni. Quando le ruote toccarono terra fu un sollievo.
Lui balzò in piedi e lo seguii. Nel prendere il bagaglio urtai il suo braccio. Mi fulminò, non gradendo questo contatto intimo.
"Non ci vedremo mai più." Dichiarò.
"È quello che spero!"
Ci separammo e decisi di non lasciare che il destino combinasse un altro incontro fra di noi, poi scendemmo dall'aereo e andai alla ricerca di Dalila.
Ecco a voi un regalino... con tutti i magic moment delle varie storie che avete letto e amato di più. Quale incontro vi è piaciuto di più? E aspettatevi anche la seconda parte.
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