Cap. 3

La biblioteca della scuola era tranquilla e l'odore della carta –nuova e vecchia– riempiva le narici degli unici due ragazzi presenti nell'enorme stanza: Adrien e Marinette erano seduti vicini e stavano leggendo un libro a testa su Victor Hugo, ma gli occhi della corvina erano concentrati soprattutto sul ragazzo accanto a lei.

"È bellissimo anche mentre legge." pensò sospirando, guardandolo sognante.

I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo "spettacolare" di una certa bionda e la sua amica rossa, che parlavano a voce alta. Troppo alta.

«Chloé, per favore, potresti abbassare il volume della voce? Siamo in biblioteca.» sbuffò seccata la corvina, poggiando la matita sul tavolo.
«Guarda, guarda chi abbiamo qui: Marinette Dupain-Cheng.» canticchiò lei, ignorando la sua richiesta.
«Lo so come mi chiamo, non occorre che lo dici.» ribatté stando sulla difensiva.
«Chloé, per favore, potresti smettere di disturbarci? Stiamo facendo la ricerca.» s'intromise il biondo, ma le sue parole non ebbero effetto sulla ragazza.
«Oh mio dolce Adrien, mi dispiace che tu debba stare in coppia con Marinette anziché con me.» commentò l'arrogante, andando vicino al modello e giocando con una sua ciocca di capelli. «A proposito, ancora non capisco come tu non ti sia ancora messa insieme a quella nullità di Nathaniel.»
«Nathaniel non è una nullità!» esclamò arrabbiata Marinette, alzandosi di scatto e battendo la mano sul tavolo.
«Oh la là. La ragazzina che difende il suo fidanzatino, quant'è eroica.» la schernì iniziando a ridere, accompagnata da Sabrina.

Quella era la goccia che fece traboccare il vaso.

Marinette prese il suo zaino e camminò a grandi passi verso l'uscita, stringendo a sé la cartella, mentre le due continuavano a ridere ed a schernirla, ignorando la voce di Adrien che la chiamava.

Uscita dall'istituto, Tikki volò fuori dalla borsetta della sua custode, volteggiando davanti a lei.

«Marinette, devi calmarti.» esclamò preoccupata.
«Sono calma, Tikki.» sospirò, rilassandosi. «Certe volte devo trattenermi dal dare un pugno in faccia a quell'oca.» sbuffò sedendosi sulle scale, mentre il suo kwami le accarezzava la guancia.
«Non ti conviene: dopo ti ritroverai la sua faccia stampata sulla mano, vista la quantità industriale di trucco che usa.» rispose con tono schifato, facendo ridere la portatrice.

Per fortuna c'era Tikki con lei; il suo kwami e Alya erano le uniche due persone con cui si poteva confidare, senza segreti –limitatamente nel caso di Alya, ovviamente–

La ragazza si rialzò, indecisa se andare a casa a sfogarsi con una partita di "Ultimate Mecha Strike III", oppure andando a fare un giro di ricognizione sotto forma di Ladybug.

Forse la seconda opzione era più allettante.

«Tikki, trasf–»
«Marinette!»

Lo spiritello rosso si nascose sotto la giacca dell'adolescente, che si voltò con uno squittio d sorpresa, sperando che nessuno avesse visto Tikki.

«Marinette...» esclamò Adrien prendendo fiato; a quanto pare aveva corso ad uscire. «Scusa se ci ho messo un po', ma ero incollato alla sedia da Chloé. Letteralmente...» rabbrividì al ricordo della ragazza che gli teneva il braccio per non farlo alzare, mentre lui faceva di tutto per fuggire.
«Non importa. Anzi, sono io quella che deve scusarsi: non dovevo andarmene e piantarti in quel modo con Chloé.» rispose grattandosi la nuca, dispiaciuta.
Adrien portò la mano al mento, assumendo un'espressione pensierosa: «Se vuoi che ti perdoni devi accettare il mio invito a casa mia per una sessione di studio forzata.» esclamò, tendendole la mano.
«Io questa la chiamerei "tortura", ma ci sto.» ribatté stringendogliela e chiudendo, così, l'affare.







I due arrivarono a Villa Agreste e, dopo aver salutato Nathalie, salirono in camera di Adrien; appena entrati, Marinette dovette trattenere un urlo di gioia.

"Io e Adrien... Da soli... In camera sua!" pensò, prendendo dei grandi respiri per non avere uno dei suoi soliti attacchi da "ragazzina innamorata".

La corvina si guardò attorno, ammirando la stanza enorme; era già stata nella sua camera quando lei –ovvero Ladybug– e Chat Noir si erano scontrati contro Jackady e quando aveva provato a salvarlo dalle grinfie di Volpina, anche se alla fine, fortunatamente, era un'illusione.

Il suo sguardo ricadde nuovamente sul monitor acceso, con la foto della madre del biondo come sfondo: aveva la pelle chiara, i capelli biondi e due grandi occhi verdi come quelli di Adrien.

"È davvero bella." pensò fermandosi ad ammirarla.

«Lei è mia madre. In questa foto aveva diciassette anni.» spiegò il ragazzo, mettendosi accanto alla sua compagna di classe.
«È una donna bellissima. Ora capisco da chi hai preso per essere così bello.» esclamò, ma poco dopo si rese conto di ciò che disse ed iniziò a gesticolare. «Intendevo dire: tu sei bello, tua madre è bella... ma non intendo dire che tuo padre non lo è, lui ha fascino... però tua mamma è più carina e tu sei più simile a lei, che è fantastica... Ci rinuncio.» mugugnò, arrendendosi dall'aggiungere altro per provare a sistemare le cose; aveva fatto abbastanza figuracce.
Il ragazzo ridacchiò, mettendole una mano sulla spalla per tranquillizzarla: «Iniziamo a studiare, o come la chiami tu, la "tortura".»

L'adolescente lo guardò, imbarazzata, annuendo.






«Mi è venuta in mente un'idea!» esclamò Marinette raddrizzandosi sulla sedia, facendo voltare Adrien verso di lei, incuriosito.

Era da circa un quarto d'ora che stavano studiando e, fino ad ora, avevano raccolto informazioni riguardo l'opera "Notre Dame" e qualcosa sulla vita dello scrittore.

«Spara.» la incoraggiò.
«Visto che la professoressa valuta anche la fantasia nella presentazione, potremmo fare così: tu potresti interpretare Hugo che racconta la sua vita, mentre io posso preparare dei costumi dell'Ottocento, per poi interpretare, insieme a te, i personaggi delle opere che decidiamo di esporre.» spiegò entusiasta.
«Marinette, tu sei un genio!» rispose, per poi digitare sulla tastiera l'epoca in cui era vissuto l'autore, cercando gli abiti del periodo.

La ragazza copiò qualche modello di abiti maschili e abiti femminili sul quaderno che usava per disegnare ed abbozzare le idee, per poi annuire soddisfatta.

«Visto che tu hai già studiato Victor Hugo l'anno scorso, ti ricordi per caso una poesia o una citazione che ti è piaciuta particolarmente?» domandò girando la pagina per prendere appunti.
Il biondo ci pensò su. «Allora... La poesia che mi è piaciuta di più s'intitola "L'uomo e la donna"; invece di citazione mi è rimasta impressa quella che Hugo fece ad Adèle Foucher, sua moglie, e recita così: —il ragazzo si sporse verso Marinette, che arrossì violentemente.— "Quando due anime infine si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli. É questo l'amore che tu ispiri in me."»

I due si guardarono senza parole; la ragazza lasciò andare la penna, che cadde con un tonfo sordo sul quaderno, e fissò gli occhi verdi del biondo, che fece la stessa cosa.

Entrambi di persero nelle tonalità dei colori che vedevano negli occhi della persona davanti a sé: quelli color azzurro cielo di Marinette e verde smeraldo di Adrien.

«Mari.» sussurrò lui, avvicinandosi ancora di più.
«Adrien.» respirò lei, persa nel suo sguardo.

I loro visi erano parecchio vicini; a dividerli c'era solo un respiro.

La mente di entrambi gli adolescenti si offuscò e in quel momento non c'era nient'altro che loro.

I loro occhi si chiusero, volendo assaporare ogni singolo istante anche nei loro pensieri, con una sola cosa in mente: le loro labbra che, tra poco, si sarebbero incontrate.

La distanza era sempre minore, sentendo le punte delle loro bocche sfiorarsi, quasi toccarsi.

All'improvviso, la suoneria del cellulare che proveniva dalla borsa di Marinette interruppe quel magico  momento.

La ragazza, sbuffando, recuperò l'apparecchio, mentre il modello la guardò deluso, stringendo le lebbra.

«È Nathaniel...» disse fissando lo schermo.

"Ancora lui." pensò irato Adrien, trattenendo a stento un sospiro arrabbiato.

«Forse non dovrei rispondere...»
«Non ti conviene. Non vorrai che dopo continui a chiamarti.» rispose con amarezza, lasciando sorpresa l'amica, che, dopo aver chiesto scusa, rispose.

Adrien, grazie alla distanza ravvicinata, riuscì a sentire ciò che Nathaniel diceva, quindi origliò –per la seconda volta– la loro conversazione.

«Ciao Mari.»
«C-Ciao Nathaniel... Scusa, ma ora non è il momento, sto facendo la ricerca con Adrien.» spiegò lei cercando di nascondere quanto fosse arrabbiata per aver interrotto il loro momento di "studio".
«Sì, lo so, ma ti volevo chiedere se domani pomeriggio volevi uscire con me.»

"Ancora con questa storia! Ma non ha ancora capito che Marinette non è interessata a lui?" si domandò Adrien, facendo una smorfia di sufficienza davanti all'ignoranza del suo compagno di classe.

«Mi dispiace, ma domani devo aiutare i miei in pasticceria tutto il giorno.»
«E questa sera quando finisci di fare la ricerca? Magari potremmo andare a vedere un film.» propose speranzoso.
«Stasera... io... io...»

Vedendo che la ragazza si trovava in difficoltà, Adrien le afferrò il cellulare e rispose al suo posto con la prima cosa che gli venne in mente: «Mi dispiace Nathaniel, ma Marinette stasera è impegnata.»
«A-Adrien? Come "è impegnata"? Con chi?»
«Con me.» rispose con tono divertito.
«Adrien... per favore, non–» lei cercò di riprendersi il telefono, ma il biondo si allontanò, facendo scivolare la sedia da ufficio a diversi centimetri di distanza.
«Io e Marinette stiamo uscendo ormai da diversi giorni, solo che lei è troppo gentile per dirtelo. Ora, caro Nathaniel, ti pregherei di non chiamare più la mia ragazza, capito?»

"La mia ragazza..." pensò l'adolescente a bocca aperta per ciò che era appena accaduto; il modello le restituì il cellulare dopo aver chiuso la chiamata, guardandola soddisfatto.

«Adrien... Perché?»

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