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                            Julien

Ogni mattina mi sveglio prima che il sole sorga.
Non è una scelta, è più una necessità.
Il piccolo caffè dove lavoro è sempre tranquillo alle prime luci del giorno ed è il momento perfetto per preparare tutto con calma: macchine del caffè pronte, tazzine ordinate e la musica jazz che suona in sottofondo.
Mi piace così.

Oggi, però, non riesco a concentrarmi.
C’è qualcosa che mi disturba.
O meglio, qualcuno.
Chiara, l’italiana che ho incontrato per strada stamattina.
C'è qualcosa in lei che mi ha colpito.
Forse è il suo modo di sorridere mentre cercava disperatamente di sembrare a suo agio, o forse è il fatto che sembrava… persa.
E non solo per le strade di Parigi.

"Julien! Sei con la testa tra le nuvole, come sempre!"
È Marc, il proprietario del caffè e il mio capo.
Mi sta guardando con aria severa da dietro il bancone, ma ha quel suo sorriso ironico che lo fa sembrare più un amico che un capo.

"Scusa, stavo pensando…"

"Stavi pensando a quella ragazza, vero?" Mi guarda con uno sguardo furbo, mentre mescola lentamente il caffè in un bicchiere.

"Che ragazza?" Provo a fare il vago, ma Marc non è stupido.

"La ragazza italiana.
L'ho vista quando sei tornato dentro dopo aver parlato con lei.
Avevi quell'aria... saputella." Ride sotto i baffi.

"Non è niente, solo una ragazza che cercava una strada.
Mi ha chiesto indicazioni, tutto qui."

"Ah, certo, certo.
Solo indicazioni.
Non è che l'hai invitata qui per un cappuccino, vero?" La sua risata questa volta è più sonora.

Mi giro e fingo di sistemare qualcosa dietro il bancone.
"Magari sì.
Ma non è venuta.
Avrà avuto da fare."

Marc si avvicina e mi dà una pacca sulla spalla.
"Ragazzo, devi imparare a giocartela meglio.
Parigi è piena di belle ragazze, ma una che ha bisogno di un cappuccino italiano? Quella è rara."
Mi fa l'occhiolino e poi si allontana per servire un cliente.

Scrollo le spalle e continuo a lavorare.
In fondo, ha ragione.
Forse non dovrei pensarci troppo.
Sono mesi che sogno di aprire la mia caffetteria qui a Parigi, qualcosa che unisca il gusto autentico italiano con lo stile parigino.
Marc mi ha insegnato tanto, ma un giorno voglio avere il mio locale.
Voglio che la gente venga per il caffè, certo, ma anche per l’atmosfera, per sentirsi come a casa. Ed è proprio di questo che stavo parlando a Chiara quando ci siamo incontrati.
Chissà se tornerà davvero.

"Julien, mi fai un espresso veloce?" Una cliente abituale, Sophie, si avvicina al bancone con il suo solito sorriso.

"Subito!" Rispondo mentre inizio a prepararlo.
Il caffè è la mia passione e c’è qualcosa di quasi meditativo nel prepararlo.
Il rumore della macchina, l’aroma che si diffonde, il piccolo rito di versare il liquido scuro nella tazzina.

Mentre servo Sophie, la porta del caffè si apre ed entra una raffica d'aria fredda insieme a una figura che riconosco subito.
Chiara.
Eccola lì, con il suo cappotto elegante, un po’ troppo leggero per la giornata di oggi e quei capelli scuri che le cadono sulle spalle.

"Ciao!" La mia voce suona più entusiasta di quanto avessi previsto.

Lei mi guarda sorpresa, come se non si aspettasse che me ne ricordassi.
"Ciao… scusa se non sono passata prima, ho avuto una mattinata un po’... caotica."

"Non preoccuparti, è Parigi.
Fa sempre questo effetto ai nuovi arrivati."
Le faccio un cenno verso un tavolo libero.
"Se hai ancora voglia di un cappuccino, il mio invito è sempre valido."

Sorride, questa volta con meno esitazione.
"Sì, grazie.
Ne ho davvero bisogno."

Preparo il cappuccino con cura.
Aggiungo la schiuma perfetta e, per una volta, disegno un piccolo cuore sulla superficie.
Non lo faccio spesso, ma sento che oggi è il giorno giusto per un gesto del genere.

Quando glielo porto al tavolo, lei mi guarda sorpresa.
"Un cuore?"

Alzo le spalle.
"Un tocco d'arte.
Parigi è la città dell'amore, no?"

Lei ride, e per la prima volta la vedo rilassata.
"Sì, credo di sì.
Anche se non mi sento proprio in un film romantico.
Sono arrivata qui per lavorare nella moda e... beh, diciamo che il mio primo incontro con la mia capa non è stato esattamente da sogno."

Mi siedo al tavolo con lei, curioso.
"La moda a Parigi è una bestia complicata, eh? Lavori per una grande maison?"

"Maison de la Mode.
Il nome ti dice qualcosa?"

Fischio piano.
"Madeleine Duval, giusto? Ho sentito storie su di lei.
Non proprio la persona più facile da gestire."

Chiara annuisce con un sospiro.
"Esatto.
Oggi mi ha dato il benvenuto con un bel rimprovero."

"Parigi sa essere dura.
Ma scommetto che te la caverai.
Hai l'aria di una che non molla facilmente."

Lei mi guarda per un attimo, poi sorride. "Speriamo.
Per ora, sto cercando solo di non perdere la strada ogni giorno."

Rido.
"Ti capisco.
Anche io, quando sono arrivato, mi perdevo sempre.
Ma dopo un po', Parigi comincia a parlarti.
Devi solo dare tempo alla città.
E magari prendere qualche caffè nel frattempo."

Lei prende un sorso di cappuccino e i suoi occhi si illuminano.
"Questo è perfetto.
Sa di casa."

"Sono felice che ti piaccia.
È il mio obiettivo, far sentire le persone a casa, anche in una città che può sembrare così... lontana."

Chiara mi guarda per un momento, come se stesse valutando qualcosa.
Poi annuisce lentamente.
"Grazie, Julien.
Penso proprio che tornerò."

"Sono sempre qui, con cappuccini pronti."

Ci salutiamo mentre esce dal caffè e la osservo mentre sparisce tra la folla parigina.
Non so cosa succederà, ma c'è qualcosa in lei che mi dice che questo non sarà l'ultimo cappuccino che condividiamo.

E per la prima volta da quando sono qui, sento che forse anch'io ho trovato qualcosa che vale la pena aspettare.


Vorrei ringraziare CristinaGelsomini per l'aiuto.

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