13. Di quando Hermione si sentì una pessima madre
«Sì».
Era bastata quella parola e ora Hermione Granger si trovava di nuovo in strada, avvolta nel proprio mantello, e percorreva una via della Londra babbana che non conosceva, una mano che stringeva con forza il manico della ventiquattrore, l'altra avvolta dal palmo caldo e le dita affusolate di Draco Malfoy.
Hermione non era sicura di aver scelto la risposta giusta, in realtà Hermione si chiedeva se avesse davvero avuto una scelta, quando tutto di quella giornata caotica sembrava averla portata ad acconsentire alla proposta di Draco Malfoy, senza pensare alle possibili conseguenze.
Il titolare di "Babbananze" la condusse in una stradina deserta e strinse maggiormente la presa intorno alle sue dita, mentre si fermava ad osservare il volto in penombra della donna, nell'espressione di Malfoy si poteva intravedere una punta d'incertezza: «Pronta?»
Hermione scrollò le spalle. Era fin troppo consapevole di avere ancora il volto rigato di lacrime e un imbarazzante e fastidioso singhiozzo, che sembrava non volerla abbandonare; sicuramente non era il tipo di donna che un uomo ricco e avvenente come Draco Malfoy avrebbe potuto trovare affascinante...
Interruppe subito quel corso di pensieri, chiedendosi da dove fosse emerso quell'improvviso desiderio di apparire diversamente da com'era in quel momento; cosa sarebbe cambiato se invece di avere il volto rigato di lacrime avesse avuto il suo miglior rossetto steso sulle labbra e le ciglia allungate dal mascara?
Perché avrebbe dovuto preferire mostrare una bugia, piuttosto che la vera se stessa, soprattutto se a guardarla c'erano gli occhi chiari e colmi di sincera preoccupazione di Draco Malfoy?
Erano giorni che fingeva, al lavoro; fingeva di essere più forte di quello che era, più concentrata, più preparata, quando in realtà era tutto merito della sua assistente, Emily Perkins, se non si era ritrovata a scoppiare a piangere nel bel mezzo di un'importante riunione o a chiudersi nel suo ufficio per autocommiserarsi, senza permettere a nessuno di entrare.
Emily Perkins l'aveva punzecchiata nei momenti giusti, consolata quando necessario e supportata senza chiedere nulla in cambio, se non rispetto.
Draco Malfoy, quella sera, sembrava disposto a fare lo stesso; sembrava disposto a stringerle la mano, ascoltarla senza giudizio e portarla in un posto sicuro, a casa sua, dove nulla avrebbe potuto ferirla...
Le voce di Hermione tremò appena, mentre una domanda sorgeva spontanea dalle sue labbra: «Stiamo per andare a Malfoy Manor?»
Fino a quel momento, ad Hermione non era neanche passato per la mente che l'imponente villa in cui era stata torturata dalla zia di Draco, Bellatrix Lestrange, quando era soltanto una ragazza, poteva essere il luogo verso cui erano diretti, il luogo che Draco Malfoy chiamava casa.
L'uomo scrollò la testa e sorrise, rassicurante: «Non abito al Manor da anni, da quando...»,
Malfoy abbassò lo sguardo, prima di proseguire, con voce piatta: «Da quando Astoria mi ha lasciato».
Il sollievo permise ad Hermione di respirare nuovamente, dopo aver trattenuto il respiro per quelle che le erano sembrate ore; poi un pizzico di compassione e pietà la spinse a stringere maggiormente la presa delle proprie dita intorno a quelle di Draco: «Sono pronta».
Malfoy sollevò lo sguardo negli occhi scuri, ancora lucidi per il pianto di Hermione e il dolore che aveva provato nel pensare al Manor e ad Astoria si estinse, sostituito da una calda sensazione all'altezza dello stomaco.
La Smaterializzazione durò qualche secondo e, quando la Ministra aprì nuovamente gli occhi, non poté fare a meno di sbarrarli leggermente, mentre osservava con attenzione l'ambiente nuovo in cui si trovava.
La casa di Malfoy non era propriamente come se l'era immaginata fino a poco prima.
Quando l'uomo le aveva assicurato che non sarebbero andati al Manor, Hermione si era comunque aspettata di essere condotta in una villa molto grande, dal mobilio antico e dalla carta da parati elegante; qualcosa insomma adeguata al discendente di due grandi famiglie di maghi Purosangue, qualcosa di adatto all'idea di Malfoy che aveva sempre avuto.
Hermione non si sarebbe potuta sbagliare di più.
Non si trovava in un salotto dall'aspetto gotico, con quadri dalle cornici elaborate e vecchi antenati con la puzza sotto al naso, pronti ad insultarla per il suo status di Mezzosangue, non c'erano né tappeti pesanti a raccogliere la polvere sul pavimento, né elfi domestici rinsecchiti dal tempo e dal troppo lavoro pronti a genuflettersi e a dare il benvenuto al padrone.
No, non c'era niente di simile.
Hermione si trovava in un appartamento in stile contemporaneo, con l'arredamento sul caldi colori del caramello e quelli accoglienti della panna.
A pochi passi dall'ingresso, si trovava un divano con penisola, dall'aspetto molto comodo e soffice, posizionato di fronte a una tv al plasma in parte smontata, accanto alla quale si potevano notare plichi di documenti e libri d'incantesimi lasciati disordinatamente aperti sul pavimento.
Alle spalle del divano c'era una cucina moderna, sui toni del grigio e del nero, munita di molti elettrodomestici che ad Hermione sembravano fuori posto in una casa di maghi.
Accanto alla cucina c'era un tavolo in legno chiaro, intorno al quale erano ordinatamente disposte sei sedie, e poco oltre si notava una porta chiusa e una scala a chiocciola che portava al piano superiore.
Una sola parola veniva in mente a Hermione per descrivere al meglio quello che vedeva di fronte a sé e la parola non era antico, aristocratico o pretenzioso; no, la parola che le veniva in mente, in quel momento, era: babbano.
«Scusa il disordine», disse Draco, indicando con un vago gesto della mano il televisore smontato e i fogli sparsi intorno ad esso: «Fai come se fossi a casa tua».
Hermione si sfilò lentamente il mantello, continuando ad osservare ogni dettaglio che al primo sguardo non aveva notato, come la Mandragora che occupava un vaso sospeso a mezz'aria accanto alla grande finestra del salotto, il quadro che raffigurava una riproduzione di "Ragazza coi guanti" di Tamara de Lempicka, una boccia per pesci vuota e una parete del salotto interamente ricoperta da una libreria colma di libri e immacolati centrini sui quali si trovavano soprammobili in argento, un elegante servizio da tè riposto in un buffet, sul quale si trovavano foto in movimento che raffiguravano Draco, suo figlio Scorpius e una giovane ragazza, che Hermione non aveva mai visto.
Mentre Hermione osservava, con le labbra socchiuse e gli occhi attenti, l'ambiente intorno a sé, Draco si diresse in cucina, dove scaldò con un incantesimo le pietanze, che si era fatto preparare per l'asporto al ristorante "Spaceship", apparecchiò con un altro incantesimo la tavola per due e recuperò una delle bottiglie di Nebbiolo d'Alba, che gli erano state regalate per il suo compleanno dal suo amico Blaise Zabini.
«Hai fame?», chiese il mago, affiancando la donna che, ancora in salotto, osservava con curiosità i titoli dei libri che affollavano la libreria, il mantello stretto in una mano, la ventiquattrore nell'altra.
Hermione si riscosse e puntò i suoi occhi colmi di stupore — le lacrime si erano asciugate ormai sulla pelle del suo viso — in quelli chiari dell'uomo, un timido sorriso sulle labbra: «Molta».
Draco ripose il mantello e la valigetta di Hermione sull'attaccapanni accanto all'ingresso, prima di prendere nuovamente la mano di Hermione — dita intrecciate, pelle contro pelle — e condurla in cucina.
Per qualche minuto mangiarono in silenzio, godendosi la consistenza e il gusto perfettamente bilanciato delle lasagne, poi Draco aprì la bottiglia di vino, servendo a se stesso e ad Hermione una generosa porzione di Nebbiolo.
«Brindiamo?», propose, sollevando il calice.
Hermione fece una piccola smorfia: «Al divorzio?», suggerì, sollevando a sua volta il calice, puntando gli occhi sul volto divertito di Draco.
«Al divorzio?», ripeté lui, scuotendo la testa, sul viso un'espressione a metà strada tra il divertito e il deluso: «Perché non brindiamo a qualcosa di più allegro?»
Hermione, con le guance leggermente arrossate, annuì: «Ad una nuova amicizia?»
A Draco piacque il suggerimento e fece scontrare i loro bicchieri a mezz'aria, prima di prendere un generoso sorso di vino, seguito a ruota da Hermione.
Appena cominciarono ad avere lo stomaco meno vuoto e il vino iniziò a fare effetto, mettendo da parte l'imbarazzo e il timore di entrambi, Hermione iniziò a parlare.
«Non sapevo avessi una figlia», disse la donna, indicando la foto in movimento appesa alla parete, dove un sorridente Draco, stringeva in un caloroso abbraccio Scorpius e una ragazza, troppo giovane per poter essere Astoria.
Un caldo sorriso apparve sul viso dell'uomo, mentre osservava a sua volta lo scatto incorniciato:
«Oh, Morgan non è mia figlia, è mia nipote».
Hermione prese un altro sorso di vino, gustandosi il ricco sapore del Nebbiolo, e rimase in attesa, certa che Draco stesse decidendo come raccontare quella che doveva essere una storia lunga e, molto probabilmente, poco piacevole.
«Morgan è uno dei motivi per cui io e Astoria ci siamo lasciati», iniziò il mago, posando la forchetta sul bordo del piatto e intrecciando le mani sotto il mento, mentre studiava le reazioni di Hermione alle sue parole: «Morgan è la prima figlia di Daphne Greengrass, sorella di Astoria, e un ricco mago Purosangue svedese, Björn Jan Nilsson. Tre anni fa Morgan è fuggita di casa e si è rifugiata al Manor per qualche giorno, i suoi genitori non riuscivano ad accettare il fatto che Morgan fosse diversa da quello che loro avevano provato a plasmare per anni, non potevano comprendere il desiderio di libertà di Morgan e la sua curiosità nei confronti del mondo babbano. Io avevo da pochi anni aperto "Babbananze" ed ero, nella famiglia, il più incline a comprendere Morgan e ad accettarla per come era, senza giudizio. Penso cha sia per questo, che Morgan ha scelto di cercare protezione al Manor, piuttosto che scomparire chissà dove. Astoria voleva che riportassimo Morgan a casa sua, anche se ciò voleva dire abbandonare un'adolescente indifesa nelle mani di due genitori troppo ciechi e arroganti per capire che quello che stavano facendo era uccidere, giorno dopo giorno, la loro unica figlia. Il rapporto tra me e Astoria era già incrinato da anni, ma quando presi le difese di Morgan e decisi di darle ospitalità fino a quando avesse voluto, qualcosa si ruppe per sempre nel nostro matrimonio».
Hermione aveva ascoltato rapita quel racconto; ulteriore prova che il mago che aveva di fronte, era molto diverso dal Draco Malfoy con cui aveva studiato per anni, ad Hogwarts.
«Come sta ora Morgan?», chiese Hermione, incapace di trattenere la propria curiosità.
«Spero bene, al momento è a Granada con Scorpius, ha concluso da poco gli studi a Beauxbatons, e aveva bisogno di svagarsi un po'».
A quelle parole Hermione socchiuse le labbra e sbatté le ciglia, sorpresa: «Granada?»
Malfoy annuì e sorrise divertito: «Sì, ha deciso all'ultimo di andare, probabilmente è per questo che non sapevi della sua presenza, posso assicurarti che è una ragazza con la testa sulle spalle e che non porterà Rose, Hugo o gli altri della comitiva sulla cattiva strada».
Hermione continuò ad osservare Malfoy per qualche secondo, quasi non riuscisse a capire quello che le stava dicendo il mago; avrebbe voluto apparire meno sorpresa in quel momento, mentre si rendeva conto di essere una pessima madre e di non conoscere nemmeno le amicizie strette di Rose e Hugo, ma, soprattutto, avrebbe voluto provare meno risentimento, mentre prendeva coscienza del fatto che i suoi figli le avevano omesso specifici dettagli della loro vacanza; come per esempio chi fosse il proprietario della casa, in cui avrebbero soggiornato gratuitamente per due settimane.
«E posso assicurarti di aver parlato con Scorpius, sono certo che faranno attenzione», disse Malfoy, sollevando lo sguardo dal piatto e, solo in quel momento, osservando il volto confuso e pallido della donna, iniziò a intuire di aver detto qualcosa di sbagliato.
«Faranno attenzione?», chiese Hermione con un filo di voce.
«Sì, beh...», Malfoy rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di capire, dall'espressione della sua ospite, cosa potesse averla turbata tanto: «I primi amori rendono, a volte, avventati e impazienti, so che non possiamo aspettarci dai nostri figli la castità per sempre, soprattutto se consideriamo il fatto che stanno insieme da anni ormai... Ma non c'è da preoccuparsi, sono certo che Scorpius e Rose staranno attenti e non ci renderanno nonni prima del tempo».
Hermione si coprì il volto con le mani, mentre rifletteva sulle parole che le erano appena state dette e su ciò che implicavano.
"Com'è potuto accadere?", si chiedeva la strega, mentre cercava di trattenere le lacrime che minacciavano di rigarle, nuovamente, il volto.
Quando era diventata tanto disattenta?
Tanto disattenta da non rendersi conto di essere sposata, da anni, con un uomo che non l'amava più.
Tanto disattenta da non rendersi conto che sua figlia le aveva nascosto, per anni, di avere un ragazzo.
«Ho detto qualcosa di sbagliato?», chiese Malfoy, dopo qualche secondo, con tono incerto, rendendosi conto dello stato in cui versava la Ministra.
«No, tranquillo, mi sono solo resa conto di essere una pessima madre, nulla di grave».
Malfoy percepì il sarcasmo nel tono di voce della donna e rimase ad osservarla con attenzione, chiedendosi da dove sorgesse una simile autocritica.
Hermione non riusciva a capacitarsene.
Nell'ultima settimana infernale aveva provato un profondo conforto nel pensare che, malgrado la separazione con Ronald, avrebbe continuato ad avere i suoi figli, a cui voleva un bene dell'anima, e che grazie a loro avrebbe superato ogni cosa.
Si sarebbero aiutati a vicenda, lei avrebbe aiutato loro ad accettare il divorzio e loro avrebbero aiutato lei, e nell'arco di qualche settimana, di qualche mese, avrebbero trovato un nuovo equilibrio e tutto si sarebbe sistemato.
Faceva male rendersi conto che sua figlia, la sua brillante e determinata figlia, aveva passato anni, secondo le parole di Draco, a tenerle nascosta la sua relazione con Scorpius Malfoy.
Hermione avrebbe capito se la figlia non si fosse confidata con Ronald, il quale non aveva mai nascosto il proprio odio nei confronti della famiglia Malfoy, ma perché aveva deciso di non dire nulla a sua madre?
«Ho palesemente detto qualcosa che ti ha turbata, ti chiedo scusa, non era mia intenzione...», le parole di Draco scemarono, coperte dai singhiozzi che ancora una volta erano sfuggiti al controllo di Hermione, mentre scoppiava a piangere.
Dopo qualche secondo d'incertezza, Draco si alzò e fece il giro del tavolo, raggiungendo la figura tremante di Hermione.
Prima che l'uomo potesse parlare e chiedere spiegazioni di quel turbamento che non riusciva a capire, Hermione si alzò in piedi e mosse alcuni passi verso l'ingresso: «Forse è... è meglio che vada, non sono di comp...compagnia questa sera», disse la donna, tra i singhiozzi, mentre si asciugava con gesti nervosi il volto.
«Mi dispiace averti turbata», ripeté Draco, appoggiando la propria mano sulla spalla della donna, stringendo appena la presa, in modo da trasmetterle la propria solidarietà.
Hermione scosse il capo: «Non è col... colpa tua», singhiozzò, prima di venire trascinata in un abbraccio.
Malfoy non avrebbe saputo dire cosa lo avesse spinto ad avvolgere le proprie braccia intorno alla figura tremante e delicata di Hermione Granger; le lacrime che le rigavano il volto? Il dolore che poteva leggere chiaramente nei suoi lineamenti? Oppure la consapevolezza di non poterla lasciare andare via da casa propria in un simile stato d'angoscia?
Non importava cosa l'avesse spinto a compiere quel gesto avventato, tutto quello che importava era il respiro caldo della donna contro il proprio collo, le lacrime che bagnavano la sua spalla e le mani di lei che si stringevano al tessuto del suo completo.
Draco iniziò a dondolare appena, quasi senza rendersene conto, e pensò all'ultima volta che aveva stretto a quel modo un altro corpo.
Era successo tre anni prima; Morgan era comparsa al Manor una notte di Luglio e, mentre Astoria era corsa a mandare un gufo a sua sorella, Draco era rimasto da solo con l'adolescente.
Morgan era scoppiata a piangere, raccontando allo zio il motivo per cui era fuggita di casa e l'aiuto che necessitava; tutto quello che Draco era riuscito a fare era stato stringere il corpo tremante e impaurito della nipote contro di sé e dirle che sarebbe andato tutto bene e che si sarebbe preso cura lui di lei.
Avrebbe potuto fare le stesse promesse alla donna che stringeva tra le braccia, ma aveva paura di risultare troppo melenso o esageratamente appassionato.
Hermione Granger era una donna forte, così come era stata una ragazza forte quando avevano frequentato Hogwarts, più di vent'anni prima, Draco Malfoy era certo di non esserle fondamentale per superare i propri ostacoli, ma questo non voleva dire che non fosse disposto a starle accanto e a supportarla, se necessario.
Continuarono a rimanere abbracciati per un tempo molto lungo, anche quando Hermione smise di piangere restarono in quella posizione, incapaci di interrompere il contatto.
Fu Hermione a spezzare per prima il silenzio: «Grazie», disse semplicemente, con la voce resa rauca e debole dal pianto.
«Stai meglio?», chiese l'uomo, senza interrompere il dolce dondolio di quell'abbraccio.
Hermione annuì: «Sì».
«Cos'ho detto di sbagliato?»
La Ministra della Magia sospirò: «Non è stata colpa tua, Rose non mi aveva detto di avere un ragazzo e di essere a Granada con lui in questo momento».
«Oh», sussurrò semplicemente Draco, adombrandosi: «Pensavo che lo sapessi».
«A quanto pare Rose e Hugo hanno ritenuto che non meritassi saperlo», disse, con un pizzico di risentimento nella voce, Hermione, incapace di sciogliere quell'abbraccio, il primo che riceveva da troppo tempo ormai.
«Vuoi parlarne?», le chiese Draco con un filo di voce, muovendo appena il volto, così da sentire il dolce pizzicore dei capelli di Hermione contro il mento.
Gli occhi di Hermione si riempirono nuovamente di lacrime e le labbra le si strinsero in una linea sottile: «Non c'è molto da dire, a quanto pare sono meno padrona della situazione di quanto pensassi».
Draco annuì lentamente, soppesando le parole della donna: «È impossibile controllare ogni aspetto della propria vita, Granger, ci sarà sempre qualcosa che sfuggirà al nostro controllo».
Hermione sospirò e un triste sorriso le comparve sulle labbra: «Non avrei mai pensato che a quarantacinque anni mi sarei ritrovata a dover ricostruire parte della mia vita».
«Io invece non avrei mai pensato di ritrovarmi a consolare Hermione Granger, l'insopportabile Grifondoro che aveva sempre la risposta pronta a ogni domanda, a due passi da un televisore babbano mezzo smontato».
Hermione scoppiò a ridere, scostando abbastanza il capo dalla spalla dell'uomo per poter incontrare gli occhi chiari di Malfoy: «Effettivamente sembra tutto molto assurdo».
Draco annuì, mentre sfiorava con il pollice la guancia ancora umida di lacrime della donna: «Davvero assurdo», ripeté, lo sguardo che scivolava dagli occhi scuri della donna alle labbra atteggiate in un sorriso stanco: «Assurdo...».
Hermione sentì una familiare stretta allo stomaco e le dita le tremarono appena, mentre notava gli occhi chiari di Draco osservare con malcelata insistenza la forma delle sue labbra.
Desiderio.
Quand'era stata l'ultima volta che Hermione aveva desiderato e si era sentita desiderata così profondamente?
Il leggero flirt di qualche sera prima al Ristorante La Laguna era niente in confronto a quello che un semplice sguardo le stava provocando.
«Forse dovrei andare», disse Hermione in un sussurro, ignorando il desiderio e il battito del proprio cuore all'altezza della gola; non era pronta ad ingarbugliare ulteriormente la sua vita e non era corretto baciare Draco Malfoy, quando il suo cuore soffriva ancora per la recente separazione con Ronald Weasley.
L'uomo sembrò riscuotersi da uno stato di trance e il suo volto si colorò di un tenue rossore, mentre prendeva le distanze dalla donna, sciogliendo l'abbraccio: «Mi dispiace», disse semplicemente Malfoy, mentre sorrideva, con una punta d'imbarazzo: «Resta, prometto di non comportarmi da completo idiota e insensibile egoista».
Gli occhi di Hermione si posarono sul volto di Draco e studiarono per qualche secondo la sua espressione, poi la donna annuì: «Io prometto di non scoppiare più a piangere».
Malfoy scosse la testa: «Puoi piangere quanto vuoi, ho letto da qualche parte che reprimere le proprie emozioni non fa bene alla salute, sia fisica che mentale», disse, muovendo i pochi passi che lo separavano dal tavolo, dove la cena incompiuta li attendeva: «Scaldo?», chiese, estraendo la bacchetta.
Hermione decise di dare a se stessa e alla serata un'altra chance e senza pensarci più di tanto, raggiunse Draco al tavolo e si sedette al proprio posto.
Con un veloce incantesimo Malfoy scaldò la cena, poi riempì nuovamente i loro calici di vino e come se nulla fosse successo, lui ed Hermione tornarono a mangiare.
Draco mantenne viva la conversazione raccontando ad Hermione di quando gli era sorta l'idea di fondare "Babbananze" e lei lo ascoltava, affascinata e incuriosita.
Tutto era iniziato otto anni prima, Scorpius aveva da poco iniziato il suo primo anno ad Hogwarts e Draco, sotto consiglio di Astoria, aveva deciso di dedicare le proprie giornate a cercare un proposito, un obiettivo, qualcosa che l'avrebbe tenuto impegnato.
Prima che Scorpius iniziasse la scuola era stato Draco a prendersi cura di lui; gli aveva insegnato a camminare e a parlare, gli aveva insegnato a scrivere e a leggere; assumendo il ruolo di padre attento e premuroso che non aveva mai creduto si adattasse a lui.
Era, in parte, stato costretto dalla circostanze ad assumere sulle proprie spalle un simile compito, dato che Astoria lavorava per Strega Moderna a tempo pieno e amava il suo lavoro, per Draco era stato facile mettere da parte le poche ambizioni che aveva e assumere un ruolo attivo nella cura e crescita di Scorpius.
Con suo figlio ad Hogwarts e le giornate monotonamente vuote, Draco aveva iniziato a riesumare le proprie antiche ambizioni, per poi rendersi conto che il Mondo Magico era cambiato nell'ultimo decennio, in cui lui era stato troppo impegnato ad essere un padre, e che lavorare al Ministero o in qualsiasi altra attività o azienda magica, era precluso a chi aveva la fedina penale sporca.
Draco Malfoy non era stato ad Azkaban, ma era comunque un ex Mangiamorte e sul suo avambraccio sinistro spiccava ancora il Marchio Nero e ciò bastava a renderlo un reietto della società.
Fortunatamente i soldi per lui non erano mai stati un problema e non aveva necessità di lavorare, così aveva iniziato a cercare un hobby, qualcosa che occupasse le sue lunghe e monotone giornate.
L'idea di scoprire qualcosa in più sul mondo babbano, che aveva sempre disprezzato e quasi temuto, era sorta quasi per caso, come una sorta di sfida personale.
Draco Malfoy aveva iniziato a farsi ordinare libri babbani dal Ghirigoro sugli argomenti più disparati; aveva letto di giardinaggio, cucina, filosofia, arte, storia, design, sociologia e tecnologia.
Ogni volta che apriva un nuovo libro Draco rimaneva affascinato da un concetto, da un modo di dire o da una nuova invenzione, che aumentavano, di volta in volta, il rispetto che provava per i babbani e le loro idee.
Iniziò a trovarsi talmente a suo agio con quel mondo, dal quale per più di trent'anni si era tenuto alla larga, da iniziare ad esplorarlo in lungo e in largo; fino a quando un giorno, mentre osservava un gruppo di ragazze babbane ridere di un video che stavano guardando sul cellulare nel bel mezzo di un parco, Draco pensò che l'invenzione del telefono cellulare fosse talmente geniale da dover essere introdotta nel Mondo Magico, così come la radio, il televisore e i videogiochi.
«Mi stai dicendo, che "Babbananze" è nato perché un ricco rampollo annoiato ha iniziato a leggere libri babbani?»
Draco sorrise e annuì, prendendo un sorso di vino: «Esatto, Granger».
Hermione scosse il capo, un sorriso piacevolmente allibito sulle labbra: «Incredibile».
Avevano finito di cenare da qualche minuto ormai e, seduti sul divano a penisola, stavano sorseggiando quello che rimaneva del Nebbiolo d'Alba.
«Non è stato facile fondare "Babbananze", ti ricordo che sono un reietto della società e che nessuno è disposto a fidarsi di me, ma il denaro rimane ancora abbastanza potente da far passare in secondo piano il Marchio Nero che ho sul braccio».
Lo sguardo di Hermione si abbassò sull'avambraccio sinistro di Malfoy e un sorriso triste le incurvò le labbra: «A volte i pregiudizi sono duri a morire».
Draco annuì: «Concordo, io ne sono la prova vivente; mi ci sono voluti più di trentacinque anni per mettere da parte i miei sciocchi pregiudizi».
Finirono ben presto il vino e quando Hermione si rese conto dell'ora tarda, Malfoy l'accompagnò alla porta, porgendole il mantello e la ventiquattrore.
Si salutarono con un timido abbraccio e sorrisi incerti, poi Hermione si smaterializzò e Draco rimase solo nel suo appartamento, con una calda sensazione di felicità all'altezza dello stomaco.
***
Buonsalve popolo di Wattpad!
Un altro sabato è arrivato (e tra qualche ora sarà anche finito) e, come promesso, sono tornata con un nuovo capitolo con Hermione e Draco come protagonisti.
Dato che la scorsa settimana vi ho lasciati a bocca asciutta, prendendo una pausa dalla scrittura, ho pensato che per farmi perdonare avrei potuto scrivere un capitolo molto più lungo del solito su Draco ed Hermione e quindi, eccoci qua!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, per chi si aspettava scene più hot, mi dispiace deludervi, ma come pensa giustamente Hermione, portare la precaria relazione con Draco su un piano fisico finirebbe solo per incasinarle inutilmente la vita e, giustamente, perferisce aspettare...
Su chi pensate che sarà il prossimo capitolo di "Amori segreti"?
Ginny e Blaise?
Harry e Ron?
La nuova generazione?
Di nuovo Draco ed Hermione?
Per chi volesse, potete trovarmi anche su Instagram, il nome dell'account è "lazysoul_efp", se invece siete interessatə a supportare il mio lavoro donandomi un simbolico caffè, potete trovare il link per la mia pagina Ko-fi nella bio!
A mercoledì!
Un bacio,
LazySoul_EFP
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