La cura
Quando finalmente Nate chiude la chiamata, io sono già pronta a fargli un breve interrogatorio.
Mi schiarisco la gola, cercando di ignorare il battito irregolare del mio cuore. È un invito?
Agito il bigliettino davanti al suo naso come una bandiera: «Cos'è questo?».
Nate inclina la testa e mi scruta con quella disinvoltura che odio: «Un post-it».
Mi viene voglia di urlare.
Forte.
«Mi stai chiedendo un appuntamento usando un post-it? Davvero?»
«Non lo definirei proprio un appuntamento»
«Allora cos'è? Una trappola?».
Lui ridacchia. «È solo una cena di beneficenza. Due persone che si presentano insieme. Niente di più».
Mi stringo nelle spalle, cercando di mantenere un'aria distaccata, ma la mia voce tradisce un filo di nervosismo. «Non esco con i miei clienti».
Lui solleva un sopracciglio. «Io non sono un tuo cliente»
«Sì che lo sei», ribatto.
«Tecnicamente no, Liv», si sporge leggermente in avanti ed io indietreggio con il busto.
«Olivia»
«Olivia», corregge con un sorrisetto che sa di sfida.
«Tecnicamente sì», torno a ribadire. «Stiamo organizzando insieme un matrimonio»
«E ci tengo a ricordarti che non si tratta del mio».
Sbuffo. «Ho già dei piani, comunque»
«Quali piani?».
Dannazione. Era troppo sperare che non chiedesse. «Piani importanti», improvviso, agitando le mani.
Nate mi fissa con quel suo sguardo ipnotico, e io sento il pavimento diventare improvvisamente instabile. Cerco di mantenere la calma, ma la sua espressione sorniona mi fa salire il sangue al cervello.
«Capisco», scrolla le spalle. «Sei impegnata. Suppongo che non ci sia nulla che possa convincerti a venire»
«Nulla»
«Neanche un'estrazione di fine serata con in palio un viaggio alle Maldive, immagino»
«Non ho tempo per le Maldive», comincio a pentirmi di quello che ho detto.
«E dunque non ti importerà sapere che l'evento è stato organizzato da Miley Richard», lancia questa bomba con disinvoltura, alzandosi per recarsi in soggiorno. Lo seguo come un gattino affamato.
«Miley Richard?», ripeto, sconvolta. Non può essere.
«In persona»
«L'organizzatrice di eventi dei vip più in voga negli ultimi dieci anni?»
«Esatto. È un peccato che tu non voglia venire a dare un'occhiata al suo lavoro. Sarebbe stato formativo, non trovi?», ghigna malefico. È un bastardo.
Ecco. L'ho detto.
Lo penso sul serio.
È un odioso uomo malefico.
«Beh, stavo pensando che forse io...»
«Tu?», sorride. Sa bene cosa sto per dire.
Lo odio.
Lo odiooooo.
«Potrei rimandare i miei impegni», sibilo a denti stretti. «E venire alla cena con te»
«Olivia Harper sta per caso cambiando idea?» chiede, il tono compiaciuto di chi sa di avere appena vinto una battaglia. Voglio tirargli qualcosa addosso.
Inspiro profondamente, contando fino a cinque. «Lo faccio solo per Miley», puntualizzo, sollevando un dito per sottolineare il punto. «Non per te. E questo non è un appuntamento. Mettiamolo subito in chiaro».
Lui annuisce serio, ma il suo sguardo è traditore. Si sta divertendo un mondo. Farabutto.
«Per Miley, ovvio», ripete, alzando le mani in segno di resa ma con quel sorriso divertito che mi fa salire il sangue al cervello.
Lo fulmino con lo sguardo. «Sono seria».
Si passa una mano tra i capelli con un'aria di innocenza che non gli si addice affatto: «Anch'io. Ti ho invitata solo perché sapevo che avresti adorato partecipare ad un evento di Miley».
Non so se essere offesa o lusingata, davvero.
«Ah, quindi ora mi conosci così bene?» incalzo, con un tono velenoso.
Nate si avvicina di nuovo, invadendo il mio spazio personale con una nonchalance irritante. «Non è così difficile, Olivia», dice lentamente, abbassando la voce di una tacca. «Ti piace il controllo. Vuoi vedere tutto, imparare da tutto. E non sopporti l'idea che qualcuno possa fare meglio di te».
Sbatto le palpebre, sorpresa dalla precisione con cui mi legge. «Che presuntuoso», mormoro, ma la mia voce è meno ferma di quanto vorrei.
Lui sorride appena. «Non è un difetto, Olivia. Ai miei occhi ti rende solo più affascinante».
Imploro le mie guance di rimanere calme e non cambiare colore, ma le sento surriscaldarsi in modo imbarazzante. Mi viene voglia di uscire dalla stanza e rimanere lontana da lui per almeno qualche ora.
«Torniamo a lavoro», è l'unica cosa che riesco a dire. «C'è ancora molto da sistemare».
Lancio un'occhiata a Simon, ancora affondato tra i cuscini come una balena spiaggiata. Vorrei svegliarlo a gomitate e ricordargli che stiamo lavorando per sua nipote, ma sospiro e torno alle mie decorazioni. Evito di parlare con Nate per il resto del tempo fino a quando... Crollo sul divano. Accidenti. Non so come sia successo. Davvero. Un attimo prima ero sveglia e quello dopo stavo vagando nel mondo dei sogni. L'ultimo ricordo che ho è Nate che sta sistemando le decorazioni con precisione.
Quando mi sveglio, la luce del mattino filtra timidamente dalle tende. Mi stiracchio e mi guardo intorno. Simon è sparito. Anche Nate si è volatilizzato. Gli scatoloni sono vuoti, le decorazioni completate e sistemate con cura, perfino il caos sul tavolo è sparito. È come se la fatina dell'ordine fosse passata durante la notte.
Mi stiracchio e mi avvio come uno zombie verso la cucina. Un post-it attaccato al frigo mi sveglia come un secchio d'acqua gelata.
"Passo a prenderti alle otto.
-N."
Stringo il bigliettino tra le dita, colta da una lotta interna tra l'irritazione e uno stupido sorriso che non vuole saperne di andare via.
La mia giornata scorre a ritmo serrato, come sempre.
Tra telefonate con fornitori che sembrano allergici alla puntualità, future spose che vogliono cambiare il colore dei centrotavola per la quinta volta, e un'interminabile riunione per discutere di una torta nuziale a cinque piani, il tempo vola. Alle sei in punto, sono a casa e davanti al mio armadio, soppesando ogni opzione con una concentrazione maniacale. «Non è un appuntamento», mi ripeto, lanciando un tubino nero sul letto. «Non deve sembrare che mi sia sforzata troppo».
Dopo aver scartato una dozzina di opzioni, opto per un abito lungo di seta color borgogna, elegante ma non troppo vistoso. È senza spalline, con una scollatura a cuore che sottolinea la figura senza esagerare. Abbino un paio di décolleté dello stesso colore e orecchini minimalisti. Un tocco di rossetto rosso, capelli raccolti in uno chignon morbido, e voilà. Professionale, impeccabile, e... okay, forse un po' più carina del solito.
Alle otto, una berlina nera si ferma davanti al mio portone. Nate è in piedi davanti al veicolo, fasciato da uno smoking perfettamente tagliato. I capelli scuri, ancora leggermente umidi, emanano un profumo fresco, come se fosse appena uscito dalla doccia. Mi accoglie con un lungo sguardo che riesce a farmi sentire al centro dell'attenzione senza che lui dica una parola. Il mio stomaco decide di fare una capriola.
«Non male, Olivia Harper», dice infine, con un tono che non riesco a decifrare. È un complimento? Un'osservazione neutrale? Una presa in giro?
«Non male anche tu», ribatto, con un sorriso che spero sembri distaccato.
Non ci riesco. Non posso farne a meno: è... affascinante. Nonostante quel braccio ingessato che dovrebbe togliergli punti, ma in qualche modo lo rende ancora più bello. Un eroe ferito, o qualcosa del genere. Ma che sto pensando?
«Andiamo?», apre per me la portiera e mi schiarisco la gola mentre mi avvicino alla macchina.
Mi accomodo sul sedile e mi sistemo la gonna con gesti rapidi, cercando di ignorare il fatto che siamo a pochi centimetri di distanza. Lui entra dall'altro lato, il braccio fasciato poggiato con noncuranza sul supporto del finestrino. L'autista fa partire l'auto e il tragitto scorre in un silenzio strano, fino a quando non è Nate a spezzarlo.
«Ti sei impegnata», commenta con un sorrisetto divertito. «Quanti minuti hai passato a scegliere quell'abito? Dieci? Quindici?».
Gli lancio un'occhiata laterale. «Meno di uno. E tu? Quanti tutorial su YouTube hai guardato per imparare a indossare uno smoking con un braccio solo?».
Sorride, ma non si lascia cogliere impreparato. «Tre, ma erano tutorial di classe. Tenuti da persone di alto spessore culturale».
Rido mio malgrado. «Certo, e io ho chiesto consiglio a Coco Chanel dall'aldilà»
«Lo sospettavo», replica, inclinando la testa per guardarmi meglio. «Hai quel genere di aura sofisticata».
Cerco di mascherare il rossore sulle guance e mi ritrovo senza risposte pungenti da dare.
Lui continua: «Comunque, sono sorpreso. Pensavo avresti scelto qualcosa di... più neutro. Sai, per non rischiare di sembrare troppo interessata».
Mi giro verso di lui, stringendo le labbra. «Non sono interessata. L'ho già detto. Questo non è un appuntamento. È lavoro. E Miley Richard».
«Ovviamente. Miley Richard», ripete lui, come se fosse una battuta interna.
«E poi tu non sei il mio tipo», aggiungo con aria di sfida.
«No?».
«No», confermo, incrociando le braccia.
«Bene», dice lui, mantenendo il tono leggero. «Perché tu sei troppo complicata per essere il mio tipo».
Lo fisso incredula. «Io sarei complicata? Tu sei l'incarnazione dell'uomo che fa perdere la pazienza a tutti gli esseri umani nel raggio di cinque chilometri».
«Ma almeno non ho un piano quinquennale per ogni dettaglio della mia vita», ribatte, guardandomi di sfuggita con un sorrisetto.
«Si chiama organizzazione», lo correggo, stringendo i denti.
«E io lo chiamo controllo maniacale, Liv», replica lui senza perdere il sorriso. «Sei un perfetto caso di studio per un documentario su chi tiene il planner anche per le vacanze».
Mi sforzo di non reagire, ma è impossibile. «E tu invece? Tu sei il tipo che prenota un volo dieci minuti prima di decollare, vero? E poi magari ti lamenti se non ti danno il posto migliore».
«Ovviamente», risponde con disinvoltura, passandosi una mano tra i capelli. «Perché di solito lo ottengo».
Lo guardo di sbieco, mentre l'auto si ferma davanti al locale. Una fila di luci scintillanti illumina l'ingresso, dove una folla elegante si aggira con calici di champagne in mano. Nate scende per primo, poi si avvicina al mio lato dell'auto e mi apre la portiera. Gli lancio un'occhiata sospettosa.
«Che galante», commento, scendendo con attenzione sui tacchi. «Pensavo non fosse nel tuo stile»
«Non raccontarlo in giro, Olivia Harper. Ho una reputazione da mantenere».
Nate mi appoggia una mano sulla schiena – un gesto apparentemente innocente, ma che manda una scarica di calore lungo la mia spina dorsale.
Quando entriamo nella sala, resto senza fiato. Miley Richard non mi delude mai. Il tema della serata è "Costellazioni per la cura" – un elegante tributo all'astronomia per raccogliere fondi a favore della ricerca contro la sclerosi multipla. La sala è decorata con migliaia di luci sospese, che sembrano stelle fluttuanti. Tavoli rotondi, avvolti in tessuti argentei, ospitano centrotavola a tema planetario con sfere di vetro che sembrano galassie in miniatura. È tutto così perfetto, mozzafiato, intimidatorio.
«Non male», commenta Nate accanto a me, scrutando l'ambiente con la sua aria rilassata.
«Non male?», sussurro, incantata. «Questo è... magia».
Mi perdo a scrutare ogni angolo della sala. È tutto così ipnotico. Quasi quanto il modo in cui Nate continua a guardarmi quando pensa che non me ne accorga.
Un cameriere ci offre due bicchieri di champagne, e io ne prendo uno con un sorriso cortese. Camminiamo attraverso la sala, fermandoci a chiacchierare con alcuni ospiti. Lui è sorprendentemente a suo agio, mentre io... Mi sento come se fossi finita in una puntata di Vite perfette, con tutto il mondo che mi osserva e giudica ogni mio movimento.
Mentre ci avviciniamo a un tavolo vicino al palco, noto con la coda dell'occhio Miley Richard, impeccabile come sempre in un completo di seta verde. Non posso fare a meno di raddrizzarmi, cercando di sembrare il più professionale possibile. La donna si volta verso di noi e illumina la stanza con il suo sorriso.
«Olivia Harper!», esclama, avanzando per stringermi la mano. «Finalmente ci incontriamo. Ho sentito parlare così tanto di te!» Io? Miley Richard ha sentito parlare di me? Sento un leggero vuoto allo stomaco mentre cerco di formulare una risposta adeguata. «Il piacere è mio, davvero. La tua reputazione ti precede», balbetto, cercando di non sembrare troppo una fan in delirio. Miley ride, amichevole. «Sono sicura che collaboreremo splendidamente. Nate mi ha detto che sei la persona perfetta per prendere il comando».
Mi congelo. «Come, scusi?».
Nate interviene, con quel suo tono disinvolto che riesce a innervosirmi anche quando non ci prova. «Miley ha bisogno di aiuto con un evento il mese prossimo. E visto che lei non può occuparsene...», alza le spalle come se stesse parlando di qualcosa di assolutamente banale. Miley annuisce, confermando con entusiasmo: «Esatto. Nate non ti ha anticipato niente? Avrei dovuto organizzare un gala per la ricerca contro il Parkinson, ma una campagna a New York mi tiene impegnata. E quando Nate mi ha parlato di te, mi è sembrata una soluzione perfetta». Mi manca l'aria. Mi giro lentamente verso Nate, che mi osserva con quel suo sorriso da farabutto.
Il bicchiere che sto tenendo traballa pericolosamente. «Cosa?».
Miley continua, apparentemente ignara del mio shock. «Ovviamente ci saranno tutti i dettagli da definire, ma con il tuo talento, Olivia, sarà un gioco da ragazzi. Adesso godetevi la serata. Ne parleremo meglio domani». Mi strizza l'occhio e si allontana per salutare altri ospiti, lasciandomi lì, paralizzata.
«Tu...», inizio, ma le parole mi muoiono in gola.
Prendo fiato, poi ricomincio: «Hai coinvolto me in tutto questo senza nemmeno chiedermelo?». Lui si infila le mani in tasca, il sorriso appena accennato. «Sapevo che avresti detto di sì»
«Non hai idea di cosa avrei detto», ribatto, cercando di mantenere la voce bassa per non attirare attenzioni.
«Io mi occupo di matrimoni, non di grandi gala»
«Sei in grado di gestire qualsiasi tipo di evento, Liv».
Lo fisso, incapace di capire se voglio colpirlo o... no, colpirlo è l'unica opzione possibile.
Il suo sguardo si addolcisce: «Pensaci: sarebbe un'opportunità straordinaria per te. Un evento del genere potrebbe proiettarti su un altro livello nel settore». Non so cosa rispondere. Il mio cervello è troppo occupato a processare l'idea che Nate abbia deciso, di sua spontanea volontà, di inserirmi in qualcosa di così grande senza nemmeno consultarmi. Sono furiosa. Ed emozionata.
Ma questo ovviamente Nate non lo saprà mai.
«Non ti sei fatto i conti, Nate», dico, cercando di mantenere la voce ferma mentre il cuore mi martella nel petto. «Io non lavoro così. Io programmo. Analizzo. E non mi lascio manipolare»
«Manipolare?», ribatte lui. «Pensavo di farti un favore, Olivia».
Lo fisso come se avesse appena dichiarato che la pizza all'ananas è una scelta gastronomica valida. «Un favore? Mettermi sotto i riflettori senza preavviso sarebbe un favore?».
Lui alza un sopracciglio, sporgendosi leggermente verso di me, tanto che posso quasi sentire il calore della sua presenza. «Ti ho dato l'occasione di brillare, e lo sai. Miley Richard ti ha praticamente offerto il trampolino di lancio dei tuoi sogni. Puoi anche arrabbiarti, ma non negarlo».
Il problema? Ha ragione. Odio ammetterlo, ma c'è una vocina nella mia testa che continua a ripetermi che questa potrebbe essere la mia occasione. Ma questa vocina è facilmente sopraffatta da un'altra, molto più rumorosa, che vuole lanciargli contro il mio bicchiere di champagne.
«E comunque», aggiunge, interrompendo il mio tumulto mentale, «Ho visto come ti si sono illuminati gli occhi quando Miley ha detto che aveva sentito parlare di te. Quindi risparmiami questa recita».
Sento il calore salire fino alle orecchie. Mi sforzo di mantenere la calma, ma il suo atteggiamento mi esaspera. «Sai qual è il tuo problema? Pensi di poter controllare tutto. Come se le persone intorno a te fossero pedine in una delle tue partite a scacchi».
Nate si avvicina, abbassando la voce in un sussurro che mi fa rabbrividire. «E sai qual è il tuo, di problema, Olivia? Hai paura di uscire dalla tua comfort zone. Hai paura di provare qualcosa di nuovo. Di lasciarti sorprendere».
Lo guardo, e per un attimo mi manca l'aria. È troppo vicino. Il profumo fresco del suo dopobarba mi invade, e il suo sguardo è talmente intenso che mi sento quasi intrappolata.
«Non è vero», riesco a dire, anche se suona più come una difesa debole che una dichiarazione di guerra.
«No?», ribatte lui, inclinando appena la testa. «Allora dimostralo. Accetta la sfida. Organizza il gala. E, già che ci sei, prova a divertirti stasera».
Sto per rispondere, ma una voce annuncia l'inizio della serata. Gli ospiti iniziano a dirigersi verso i tavoli, e Nate mi lancia un'occhiata di sfida prima di allungarmi il braccio.
Rimango ferma per un istante, combattuta tra l'irritazione e quella strana sensazione che mi provoca ogni volta che mi guarda in quel modo. Poi, senza pensarci troppo, accetto il suo braccio.
«Sai una cosa, Nate?», dico, sfidandolo con lo sguardo. «Questa discussione non finisce qui. Non so cosa pensi di ottenere con questo tuo atteggiamento da cavaliere oscuro, ma te lo assicuro: io non cadrò nella tua trappola».
«Trappola?», ripete, con un sorrisetto storto. «Liv, se fosse stata una trappola, ti avrei già presa».
BUON POMERIGGIOOO!
Finalmente.
Finalmenteeee.
Raga dovevo finire questo capitolo da 100 anni, ma non ho letteralmente avuto un minuto libero.
L'ho scritto a rate 😂 un minuto al giorno.
Ma eccolo.
Più lungo del solito per farmi perdonare.
Mi perdonate, vero? 🥹
Non vedo l'ora di leggere i vostri commenti 😍😍
Vi aspettavate questa trappola da parte di Nate?
Lo amiamo o lo odiamo?
Fatemi sapere ogni vostro pensiero 🥹 Ci tengo.
Vi auguro un buon fine settimana e vi prometto di tornare prestissimo.
Un bacione ❤️
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