la Rinascita della Fenice


IV

La Rinascita della Fenice

«Daniel, il mio nome è Daniel». Continuo a ripetere a me stesso mentre la pioggia scrosciante mi bagna. Mi pare di annegare, sento la gola serrarsi, sono in procinto di soffocare. Mi passo una mano sul viso.

Ti ho vista, Eva. Sei reale, sei così reale e tutto tace, tutto tace e il silenzio fa un tremendo rumore. Ci sei, sei qui con me e ti amo più che mai. Ti amo e ti danno, mia dolce Eva. Mi stai distruggendo, mi stai annientando. Maledizione.

Oh ragazza, noi siamo angeli. Le nostre ali si sfiorano, i nostri corpi si scrutano in questa buia foresta.

Al diavolo, mi metto a correre, sfreccio tra gli alberi. Corro, Eva e ti vedo. Ti volti verso di me, sorridi e il tuo sorriso è cibo per i miei occhi lacrimanti, per la mia anima sanguinante. Le ferite sono profonde e fanno male, fanno tremendamente male.

Sento di averti tenuta tra le mie braccia e perdo me stesso, ho perso me stesso. Ho perso.

Siamo giovani e forti, Eva. Non c'è nessuna cura per questo dolore infame, nessun riparo per i nostri cuori perduti. Nella gioia e nel dolore, Eva, in salute e in malattia. Per sempre.

Siamo sale e lacrime, mia dolce ragazza e le ferite ustionano l'universo che ci sta attorno.

E in questa gioia e in questo dolore per sempre, Eva, saremo per sempre colombe di pace in un mondo devastato dalle guerre. Per sempre, Eva senza nessuna certezza ma per sempre. Nessuna speranza, amore, nessuna speranza.

Sono solo, solo davvero in questa stanza gelida.

Prendo la penna, osservo il foglio bianco e con un moto di rabbia lo strappo fino a ridurlo in frantumi.

Mi siedo e comincio a fissare il paesaggio al di là della finestra. La pioggia si è fermata ma non il freddo. Nonostante il camino acceso sento le ossa doloranti.

Mi alzo, cammino per lo studio. Non scrivo più. Niente più ispirazione, niente più vita, nessun sogno.

Percepisco le lacrime scivolare lungo il mio viso sciupato, fanno male, un male tremendo.

Comincio a singhiozzare, non riesco a placare questo dolore, non so più sopravvivere.

Chiudo gli occhi e mi addormento sul pavimento, accoccolato su me stesso proprio come un cane. Sono un cane: un povero cane solo e abbandonato.

Mi abbandono a me stesso ed è proprio in questo istante che accade qualcosa che non credevo più potesse accadere.

Apro gli occhi a fatica. Una mano sta accarezzando il mio volto. E finalmente ti vedo, bella come il sole, splendente come un angelo.

Mi sorridi. Il tuo sorriso è una scintilla che illumina la mia anima. Non parli, non so chi tu sia e, forse, nemmeno lo voglio sapere. Che sia sogno o realtà, che io sia sveglio o meno, non importa, tu sei la Madonna. Sei bella e se fossi un pittore cercherei invano di ritrarti. Non riuscirei a riprodurre così tanto splendore, così tanta bellezza.

«Daniel...» Mi sussurri ad un orecchio.

La tua voce, il tuo respiro sul mio viso. E' pura magia e che sia realtà o fantasia, finalmente ti ho qui, mia donna, mia ragazza.

«Il tuo nome ... Come ti chiami?»

Non smetti di sorridere, la tua voce è calma e dolce.

«Puoi chiamarmi Eva, Daniel»

«Eva ... Sto peccando?»

Scuoti leggermente la testa e finalmente mi rendo conto dei tuoi lunghi capelli biondi. Mossi al punto giusto, percepisco il loro profumo. Odorano di pesca e sono morbidi quanto la tua pelle che comincio a carezzare.

Indossi un vestito damascato e le spalle sono coperte da un lungo e setoso mantello rosso.

«Nessun peccato, Daniel. Nessun peccato».

Le tue mani incrociano le mie e le stringi forte.

«Allora chi sei, Eva? Dimmi chi sei, dimmi se sono morto o se sto vivendo una favola».

«Non la morte, ma la vita, Daniel. Approfitta di questo momento, ritrai la vita».

Mi alzo leggermente in modo tale da poter osservare i tuoi occhi. Sono verdi e risplendono come degli smeraldi. Mi posso ci specchiare. Io, sciupato e triste. Tu, regina, metto il mio cuore nelle tue mani.

«Non posso, Eva. Non più».

«Io sono qui, Daniel. Sono qui per questo, per donarti la mia vita. Sono nelle tue mani, caro Daniel».

I nostri nasi si sfiorano, le labbra sono così vicine ma nessun bacio violerà questa purezza.

Tieni ancora le mie mani nelle tue, Eva. Sono calde, le mie fredde.

«Puoi, Daniel. Riprendi in mano una penna. Sii dio almeno per te stesso, non per altri».

«Di cosa potrei parlare se non di te, Eva?»

«Non di me, Daniel ma di tutto quello che ti circonda. Non di me, mai di me, solo di te».

Socchiudo gli occhi per rendermi conto di ciò che mi sta attorno, sento una pesantezza nel mio cuore che non mi permette più di guardarti, Eva.

I tuoi occhi, la tua pelle diafana e i tuoi bellissimi e lunghi capelli color della paglia.

E così mi risveglio, sdraiato ancora su questo pavimento congelato. Il camino spento ma accanto a me trovo un foglio e una penna.

Un foglio e una penna per descrivere il mondo, la natura e la sua bellezza.

No. non scriverò di tutto ciò, non più. Parlerò di te Eva, solo di te.

Chiuso nella mia mente io parlo di te che di dolori ne hai vissuti e di tormenti ne hai subiti. Mia bella Eva dalle verdi iridi.

Le mie mani tremano mentre impugno questa penna che non voleva più saperne di guidarmi.

La pioggia ha smesso di battere sui vetri, il cielo, però, è rimasto plumbeo, portatore di nuove tempeste.

Percepisco un fremito lungo tutto il corpo. E' vita questa? Riempie le mie vene di sangue nuovo, depurato, fresco di nuova linfa. Sì, questa è vita, è eternità.

Eva, corri tra gli alberi della foresta dei cuori perduti, ma il tuo di cuore è nelle mie mani, lo sento battere assieme al mio, ormai spento e deperito.

I tuoi lunghi capelli ondeggiano, morbidi, lievi e il tuo viso sorride a me, io che sto imparando ad amarti, assaporando sogni e bramando l'eternità.

Noi persi in questo mondo che tortura l'anima e si beffa delle nostre sofferenze, lo facciamo nostro perché nostro è lo spiraglio di luce che filtra attraverso gli occhi spenti dal dolore. Eva, che vinceremo o perderemo, non importa, salviamo la Terra, cambiamo l'universo.

Ti perdi e io ti trovo, danziamo per i campi di girasoli e osserviamo il sole eclissarsi al di là delle montagne. I nostri resti doniamoli alla Natura perché siamo forti, possiamo distruggere le barriere, essere rifugio per noi stessi.

Finalmente ti raggiungo e ci lasciamo andare. Io carezzo il tuo viso dal candido pallore, tu mi sfiori le guance ferite dalle lacrime. Osserviamo le stelle luccicare su nel cielo. Mostrami chi sei Eva. Lascia che io ti mostri chi sono in questa notte dove il tempo è sovrano. Lasciami soffrire ed io lascerò te disperarti, ma sempre insieme ci ritroveremo. Sempre, Eva.

E il tuo mantello si muove al ritmo della tua corsa. Corro, corro ancora. Corriamo senza mai fermarci, ci perdiamo nuovamente.

Di te io parlo, Eva perché sfiorandoti ho imparato a nutrirmi del tuo candore. E tu del mio dolore atroce.

Non ho più nulla da dire, da raccontare, ho solo te, musa di speranza. Piccola, dolce Eva, amami con tutta la disperazione che hai nel cuore e io ti amerò con tutta la sofferenza che nutre la mia mente.

Amami, Eva perché nessun altro potrà salvarmi come tu stai salvando me dall'abisso, dalle tenebre, dal dolore e dal tormento. Posso trovarti, io ti troverò sempre e vincerò. Vincerò con tutta la rabbia che il mio corpo ha dentro sé.

Non c'è più speranza, solo l'inchiostro può salvarmi e tu scorri attraverso esso.

Mostrati, Eva, mostrati sempre a me, per l'eternità dell'universo.

Strizzo gli occhi, non riesco a vedere bene, la vista è offuscata da una fitta nebbia eppure mi trovo sempre qui, chiuso in questo studio che sta diventando lentamente e malignamente la mia prigione, la mia tomba, il mio tormento.

Mi sveglio chino sulla scrivania, l'inchiostro ha macchiato il foglio che mi hai donato tu, Eva. Un moto d'ansia mi investe.

Mi guardo attorno, non è cambiato niente.

Mi alzo di scatto, piove ancora, nuovamente. Piove sempre e una strana nausea mi investe.

Eva, dolce Eva, dove sei?

Ti ho persa, Eva, lo so, sento di averti persa per sempre.

Senza indossare il cappotto esco di casa, la pioggia ci mette poco a bagnarmi, così in pochi minuti mi ritrovo completamente fradicio.

Mi metto a correre attraverso le radure e mi dirigo verso la foresta.

«Eva!» Urlo.

Mi fermo. Non ci sei. Non ci sei più.

Mi guardo attorno, sento un fruscio.

Mi volto e ti vedo, ti vedo, dannazione.

«Daniel». La tua voce è roca. Sussurri il mio nome, nel tuo sguardo una nota di amarezza e sento di averti persa per sempre.

«Ti avevo chiesto di non farlo».

Mi osservi, non sei più la stessa.

«Ho dovuto, Eva, ho dovuto. Non posso farcela, non più, senza di te».

«Non hai bisogno di me, Daniel. E invece ti sei rivelato quello che temevo.»

«Sono uno scrittore, Eva. Ho dovuto farlo».

«Mi hai sfruttata».

Scrollo la testa e le gocce di pioggia feriscono il mio viso, duramente, selvaggiamente.

«Ti ho amata, invece». Sussurro e ho la netta sensazione che lo faccia tra me e me.

Abbassi lo sguardo, le tue verdi iridi si oscurano e i tuoi occhi diventano neri come la pece. Il tuo mantello, dapprima lucente, si oscura. Indossi il cappuccio che copre i capelli ormai fradici.

E così te ne vai, Eva . Mi volti le spalle e te ne vai.

Ho perso tutto quello che avrei dovuto custodire. Ho perso tutto per egoismo.

Mentre fuori la tempesta si è placata, nel mio cuore e nel mio spirito ferisce imperterrita.

Non ho più nulla di te, Eva, nulla. Non sono bravo con le immagini, nonostante ciò cerco di ritrarti ma ogni bozza pare un lontano, scostante ricordo. Non ricordo più nulla di te, mia amata e ho la sensazione che questa sia la mia punizione. Sono uno scrittore e come tale ti ho usata, sfruttata solamente per la mia futile gloria. Sì, Eva ho sempre desiderato la gloria dinnanzi a Dio. Ho bramato potere e ho sempre creduto di riuscire a mettere in scacco la vita, ma questa volta è la vita che mi ha legato le mani, le ha mozzate e ora non posso far altro che nutrirmi di quel poco che mi resta.

Ho perso tutto. Ho perso te, la mia dignità di uomo. Ho perso la capacità di amare di un amore semplice e genuino.

Che cosa rimane di me se non una manciata di inutili resti?

E comincia così la mia discesa lungo l'inferno dei perdenti.

Un suono lontano, lo percepisco lieve e candido. Una melodia indefinibile suonata da un pianoforte che non ricordo di avere.

Mi sveglio dopo un lungo e tormentato sonno, ancora chino sui libri e sui miei abbozzi di ritratti.

La sento ancora quella nenia che mi martella la testa, che succhia le mie energie e spento, lento, tremante mi dirigo verso una sala che non fa parte di casa mia.

Non so dove io sia, eppure, in questa estraneità noto qualcosa di familiare.

Li vedo i tuoi lunghi capelli biondi sfiorarti le spalle, la tua schiena coperta dal lungo mantello broccato.

«La conosci questa melodia?» Mi domandi mentre con lentezza ti volti verso di me.

Il mio silenzio è oro.

«Certo che no, non la puoi conoscere». Continui con voce pacata e questa tua pacatezza un po' mi fa paura, è agghiacciante.

«Perdonami, Eva. Ho peccato». Dico, cadendo in ginocchio. La disperazione mi fa da padrona.

«Non c'è nulla che io debba perdonarti». Mi sorridi e il tuo sorriso è dolce, candido. Vieni verso di me mentre io rimango in silenzio, calde lacrime rigano il mio volto.

Ti inginocchi e mi sfiori il viso.

«Eva... Ti prego...»

Tu scuoti il capo senza mai smettere di carezzare la mia pelle non più giovane e bella come un tempo.

«C'è solo un modo, solo uno, Daniel».

«Qualsiasi cosa, Eva» Mi rendo conto della banalità del mio comportamento. Non desideri suppliche, ma sono tutto ciò che io so darti in questo istante».

«Sta attento, Daniel che questo compromesso ti costerà caro».

«Darei la vita per te».

«Ed è proprio della tua vita che ho bisogno. Ho bisogno di te, Daniel e tu di me. Farò di te un grande scrittore, ma solo se donerai a me tutto ciò che possiedi e tu, Daniel, sei molto povero. Ma non è di beni materiali di cui ho bisogno; ho bisogno che la tua povera esistenza diventi oro per me e, ti assicuro, lo sarà anche per te».

«Oro per me, oro per noi, Eva. Tutto ciò che voglio sei tu».

«Sbagli Daniel, sbagli ancora. Ma non mi importa, io desidero il tuo sacrificio, lo desidero perché so che dentro te c'è qualcosa di speciale, un cristallo nel cuore che ancora è prezioso».

«Vuoi dire che mi salverai, Eva?»

«Solo se tu mi darai questa possibilità».

Annuisco disperato e tu mi porgi la mano, noto che è liscia, candida e accogliente. E poi mi abbracci, e tutto ciò che provo è una strana, inaspettata felicità, una tranquillità che desideravo da tempo.

Percepisco il tuo profumo che non so definire. Non è umano, ma incenso misto a libertà.

Il mio cuore vibra con il tuo, i nostri corpi si fondono e tutto scompare. La luce è accecante, è divinità, salvezza, rinascita.

La luce non è più vita ma eternità. La luce, e non vedo più niente.

Addio, addio, addio.

Apro gli occhi con difficoltà, me li sento pesanti, affaticati, ma l'anima è leggera, non ho più quel peso che tormenta il cuore. E capisco che attorno ho tutto quello che ho sempre desiderato. Il mondo, ho salvato il mondo, l'ho reso un posto migliore e io, sì, io mi sono salvato e questa volta non per egoismo o egocentrismo, l'ho salvato per amore, per disperazione.

Eva, fammi mostrare per quello che sono. Eva mostrati per quello che sei, mia dolce, splendida Eva.

E soffro per questo universo che è piccolo nella sua eternità. Soffro ma gioisco perché adesso so che l'amore è più di un'ossessione. I miei resti sono qui con te, Eva e tu ne farai oro prezioso.

Volteggio, e cado ma poi mi rialzo, patisco ma poi so che povero non sono più perché sono io, so di essere il salvatore di questo mondo e mi chiameranno il Magnifico. Sono io, straordinariamente io e non mi vanto, non è vanità la mia.

Ora so che la mia povertà non è più un difetto, mia amata, mi hai donato l'eternità, ma non si tratta di anni o secoli o millenni, si tratta di giorni eterni.

Lasciami soffrire solo per te. Dove sei, Eva, dove sei?

«Eva...» Sussurro.

Sono qui per te e cavalcherò le strade di questa vita e so che posso davvero salvare il mondo, posso arricchirlo, senza di te, Eva, ma con te nello spirito.

Che cosa ne hai fatto di me, Eva? Sì, lo so che mi hai fatto un'anima migliore, ma ho ancora bisogno di del tuo amore, ho ancora bisogno di amore.

Sento un fruscio, mi volto di scatto e ti trovo alle mie spalle.

Percepisco le lacrime scendere copiosamente lungo il mio viso, ancora, ancora e per sempre.

«Daniel ... Sono qui».

Ti vengo incontro e ti stringo tra le mie braccia.

«Oh Eva ...»

«Mi amerai, Daniel?»

Afferro il tuo volto tra le mani e capisco che non sei più la Eva di prima, cinica, calcolatrice, non sei più un angelo.

«Più di ogni altra cosa al mondo, Eva».

«Allora lasciami andare e fai quello che devi fare. Racconta il mondo, ora puoi, ora sei libero».

«E di noi chi racconterà?»

«Non devi per forza, Daniel. Non ci deve essere nessuna ossessione tra di noi, tra te e lo spazio».

«Vuoi dire che ti perderò?»

«Non per forza». Sorridi seppur amaramente.

«Vieni con me, Eva. Vinceremo a tutti i costi, ti farò vincere per sempre».

«Non è della vittoria che noi abbiamo bisogno, Daniel, ma di amore e speranza».

Così ti abbraccio, ti stringo forte a me e per la prima volta ti sento umana.

E poi sento un fruscio che mi destabilizza. Ti guardo negli occhi e capisco di averti persa ma non per sempre, solo per questo attimo.

Mi addormento, Eva, tu mi hai addormentato.

E tutto tace nella più profonda ed estenuante tranquillità.

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