Capitolo 2
Il suo unico obiettivo, quella stessa mattina è che come un chiodo fisso lo aveva tormentato per tutta la restante della scorsa notte e lasciando un Usagi , adesso stressato per via di un sesso mancato, era stato quello di tentare di convincere il fidanzato a fornirgli il numero del telefono del loro vecchio amico da anni non più sentito. Ma ciò non era valso a qualcosa di positivo, poiché Usagi con una tazza del terzo caffè che aveva appena bevuto e che continuava a versare, lo aveva semplicemente ignorato come una mosca che ronzava ininterrottamente.
Ma ciò, sicuramente non servì in alcun modo dal fermare o anche solo di fare un passo indietro del testardo Misaki. Ormai si era intestardito con quel misterioso dover sapere ad ogni costo, manco fosse una questione molto sensata secondo Usagi sulla privata vita del ex amico, il famoso e affascinante professore di letteratura chiamato : Yo Miyagi.
Con un forza da fare sussultare il giovane Misaki che, dallo spavento si era totalmente azzittito una volta per tutte e congelato sul posto, sbattè la tazza mezza piena sul tavolo della cucina, facendo schizzare gocce di caffè ormai freddo sulla superficie, mentre con i piccoli e glaciali occhi lavanda , solitamente anche se inespressivi, ma che riuscivano comunque regalare calore al ragazzo, adesso invece cupi dalla cieca gelosia e dalla rabbia altro non lasciavano che temere un poco, fissi sul muro davanti a sé 《 Perché tutto questo improvviso interesse per uno sconosciuto, oltretutto di qualcuno che da anni non si fa sentire nemmeno più. Spiegamelo Misaki, perché non posso non rispondere da me altrimenti. Solo di me dovrebbe importati. E allora perché ti sei intestardito così tanto con lui ? Che. All’improvviso non ti basto più 》 anche se, in realtà non avrebbe voluto essere così duro e sparando a vuoto parole che era certo che fra non molto si sarebbe pentito, l’uragano che in lui si era svegliato era uscito devastando ogni cosa con la sua sola forza.
Forse, uno sfogo da parte di Misaki sarebbe stato mille volte meglio che di quel assordante silenzio che nel cuore uccideva. Ma nonostante ciò, nonostante quelle parole che aveva usato per sfogarsi sul fidanzato, non con l’intenzione di volerlo nuocere in alcun modo, avevano comunque dato il loro devastante effetto.
Non solo nel cuore, ma anche in quegli occhi velati da lacrime che ormai erano prossime ad uscire, rivelando così tutto il loro dolore non più trattenuto, la ferita era stata anche emotiva e di grande impatto. Anche se forse aveva sbagliato in primis lui a cercare di spiegarsi e facendo capire per sbaglio all’altro un qualcosa che assurdatamene e impensabilmente di così improbabile potesse apparire come il “ probabile “ Usagi in ogni caso di ogni situazione, rivolgendogli quella scarsa fiducia mal riposta, mai neanche per un secondo avrebbe dovuto dubitare dei sentimenti che per lui covava e che per giorni e anni aveva annaffiato con la pazienza di potergli vedere sbocciare come una fresca rosa appena nata e pronta per essere colta, grazie alla pazienza e il tempo della pioggia, che quella pioggia altro non era che il suo Usagi Sempai. Ma ciò faceva dannatamente male. Faceva male, scoprire che quella fiducia che col passare del tempo gli aveva messo tra i palmi, non fosse mai stata presa in considerazione. Che diritto aveva lui di dirgli quelle cose ? Come aveva anche solo potuto per un secondo credere che fosse un ragazzo facile ?
Il suo sempai avrebbe dovuto conoscerlo bene da sapere che una volta che si s’innamorava, quei sentimenti rimanevano fedeli in tutto e il per tutto a chi aveva deciso di donargli.
E senza dire niente con gli occhi verdi nascosti dalla lunga e appuntita frangetta castana che sugli occhi gli ricadeva, dandogli anche un certo fastidio e piccolo fastidio mescolato a quelle lacrime impertinenti che oramai avevano deciso di non aspettare più e di uscire, si strofinò con la manica lunga della magliettina beige che quel giorno portava addosso. Sapeva che dire qualcosa non sarebbe servito a niente e avrebbe significato solo perdita di tempo e fiato, per questo aveva preferito tacere in quel silenzio che in quel momento ronzava intorno a loro e sotto lo sguardo carico di scuse e perdono voluto misto a preoccupazione che sulla pelle sentiva bruciare come fuoco vivo e scappare sulle scale prossime alla stanza degli ospiti, dove sapeva che una vita chiusa a chiave, Usagi non sarebbe potuto entrare per importunarlo.
***
Era bello poter avere uno spazio tutto proprio dove poter fare baldoria ogni volta che lo si voleva. Fare tutto quello che più si desiderava senza essere sgridati per via di un qualcosa che si aveva fatto, era bello sì. Ma a volte un po’di compagnia, accompagnata ad un po’ di attenzioni e buone dose di coccole non sarebbe guastata. Bastava solo ritrovarsi improvvisamente soli per poterlo capire, per farti cambiare idea e voltarti su una via opposta a quella in cui con i piedi di piombo ti ostinavi a voler marciare comunque e Shinobu lo sapeva. Con quel silenzio non più gradito accompagnato dalla pioggia primaverili un paio di occhi intrisi di malinconia osservavano attraverso la finestra del soggiorno le famiglie che attraversano la stradina adiacente.
Lui lo aveva dimenticato, anche per via del tempo trascorso troppo solo e dall’abbandono prima di suo padre e poi quella di sua madre e la sorella maggiore che solo a sé stesso all’età dei sette anni lo avevano lasciato, non curandosi minimamente dei suoi sentimenti, un giorno al risveglio lo avevano lasciato solo con un nonno paterno che dopo amore donatogli se ne era volato in cielo per una grave malattia che da anni lo aveva colpito, com’era il solo calore famigliare. Le carezze di una madre, gli insegnamenti di un padre che standogli affianco ogni giorno con pazienza e dedizione gli insegnasse andare in bici anche dopo mille cadute o i bisticci per qualcosa di ficcanasato o preso dalla stanza di una sorella. I rimproveri di mamma e papà e le cure di quando ti prendevi un malanno di un nonno o nanna amorevole. Lo aveva dimenticato Shinobu, ma la mancanza continuava a stargli nel cuore ferito e lacerato.
Aprì la finestra, lasciando che il vento lo colpisse con solo l’intenzione di avere un mondo immaginario distaccato dal suo attuale, dove in quella casa a farne luce fosse una famiglia perfetta e felice, lo inondava con tutto il suo amore, facendogli anche solo per un brevissimo istante ricordare com’era vivere nuovamente. Lacrime amare, lacrime salate, gocce di rugiada come se effettivamente quella pioggia fattosi improvvisamente intensa con tutta la sua rabbia e frustrazione, fosse stata presa e trasferita direttamente sulle guance arrossate del giovane che non accorgendosi minimamente del fatto aveva preso a piangere silenziosamente in quella casa troppo grande per una persona sola.
Distorto nei suoi pensieri e ricordi, ormai lontani anni luce, il cellulare sul divano aveva appena avvisato con una notifica che qualcuno dall’altra parte della strada, a due isolati dalla sua, lo avesse cercato per un poco di calore e conforto che solo un amico avrebbe potuto dare. Perché quello era una delle poche cose che mai se ne sarebbe andata.
***
Se c’era una cosa che Miyagi Yo non capiva, effettivamente quella era il perché la moglie doveva sempre mandare lui a fargli fare la spesa. Non bastava avere una macchina, quando la sua ovviamente per malasorte era a farsi aggiustare alla officina del meccanico più fidato ? Non bastava averle un ombrello , quando il suo giustamente già debole di per sé , dopo una folata di vento si era voltato del tutto in giù. E ritornando a quella macchina della moglie, a lui era vietata usarla e Miyagi continuava a chiedersi per quale dannato motivo. Lui non aveva più niente se non solo le buste della spesa a camminare sotto la pioggia battente di quel giorno tra quelle stradine di Tokyo, oltretutto abbandonate. Sembrava un cazzo di film.
Solo per un attimo, a immaginarsi un'altra vita più pacchiana mille volte di quella attuale, per istinto il bel Miyagi tanto amato dalle donne e dalle studentesse universitarie con un sorriso si fermò sul marciapiede e alzò la testa verso il cielo cupo, facendosi accarezzare dalla pioggia. Ma quando lo fece, il vibrare del cellulare della tasca esteriore dei pantaloni, lo riportò coi piedi per terra, inconsapevole che qualcuno di vecchia data lo stesse cercando per un via di un qualcosa, lampeggiando il nome fresco sul display.
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