Capitolo 6

Rose
È la prima volta che mi dice che mi ama. Perché proprio in quest'occasione? Perché non me l'ha detto fin da subito? Le sue spinte aumentano e sento che sta per arrivare al limite, fino ad afflosciarsi su di me. Mi aspettavo di raggiungere l'orgasmo, invece non è stato così. Forse la prima volta non accade? Cavolo, non so nulla sull'argomento, mi sento una vera sfigata. Mi accarezza il viso e mi da un bacio sulla fronte, dopodiché si sdraia al mio fianco.

«Com'è stato?» chiede.

Questa è una domanda a cui non so rispondere, perché se gli dicessi la verità potrei ferirlo, quindi non mi resta altro da fare che fingere.

«È stato... molto intenso.»

«Quindi ti è piaciuto?» Annuisco lentamente. «Ti sei pentita?»

«No, sono felice.» E lo sono davvero, per quanto riguarda noi due, è tutto il resto che mi rende triste. Dicono che dopo la prima volta ci si sente diverse, ma io mi sento esattamente uguale a prima, solo indolenzita. Mi sorride e mi sposta una ciocca di capelli dal viso. «Meglio se vai, non vorrei che Michael ci vedesse a letto insieme.»

«Pensi che lui non lo immagini già?» ridacchia.

Non credo proprio che lo immagini, per lui è già stato difficile accettare la situazione, figuriamoci questo.

«Probabilmente no.»

«Buonanotte, amore mio.»

Arrossisco subito dopo aver sentito quella frase.

«Buonanotte.» rispondo flebilmente.

Ci baciamo dolcemente, poi si alza dal letto, recupera la sua maglietta e va via dalla stanza. Mi sposto e noto del sangue sulle lenzuola. Cazzarola, quello è il mio? Tiro un lungo sospiro e le cambio.

Michael
Non mi ero mai reso conto di quanto fosse piacevole la compagnia di Mary, mi ha sorpreso. Abbiamo passato una bella serata, anche se per un breve tratto. Credo di essermi offerto di accompagnarla per conoscerla più a fondo. Mi ha raccontato del suo ex, di quello che le ha fatto e giuro che ci sono rimasto malissimo e ho provato un forte senso di fastidio. Il fatto che lei lo pensi ancora, non riesco a comprenderlo, in questo modo si farà solo del male. Stranamente sono riuscito ad aprirmi anche io, di solito parlo soltanto con Rose. Le ho raccontato di mia madre e cosa penso di lei. Ho sempre pensato che un giorno sarebbe accaduta una cosa del genere, non è mai stata una persona affidabile e quindi non mi sorprende tanto il suo gesto. Non la perdonerò mai per ciò che ha fatto. Se un giorno dovesse ritornare, la caccerò via a calci in culo, non è più mia madre! Ora devo solo pensare a trovare un lavoro, devo farlo per Rose e per un futuro, non posso rimuginare sulle cose accadute, la vita va avanti, con o senza di lei.

Rose
Un'altra settimana è cominciata e si ritorna a scuola, a sgobbare sui libri. Inutile ribadire che non ne ho alcuna voglia, l'unica cosa che mi incinta ad andarci è che vedrò il mio ragazzo, anche se dovremmo fingere che non stiamo insieme. Abbiamo deciso di comportarci come se nulla fosse a scuola, per evitare di attirare l'attenzione su di noi. La cosa più bella di tutta questa relazione è che siamo sempre d'accordo su tutto, c'è molta affinità. Ieri ha trovato un piccolo appartamento e si è trasferito lì, dicendo che suo padre gli avrebbe mantenuto ogni cosa. Mi rendo conto di sapere così poso sulla sua vita privata, ma credo che sia troppo presto per fare domande. Mi alzo dal letto e mi rendo conto di non essere in ritardo come al solito, sarà l'effetto di Erik? Probabilmente sì. Mi dirigo al bagno ed è libero. Ecco un'altra cosa strana.

Appena ritorno in camera ci trovo Erik, è seduto sul letto e non posso fare a meno di accigliarmi. Cosa ci fa qui a quest'ora del mattino?

«Buongiorno, piccola.» mi saluta.

«Buongiorno. Cosa ci fai qui?»

«Sono venuto a prenderti.» mi fa un occhiolino.

Viene verso di me e mi bacia con foga, come se non mi vedesse da anni. Non vorrà mica farlo con Michael al piano di sotto, vero? Gli faccio pressione sul petto e lui si sposta. Non sono una ragazza fredda, credo solo che non sia proprio il momento.

Siamo appena arrivati a scuola, Mary è al solito posto ad aspettarmi e proprio mentre sto per raggiungerla, Erik mi afferra per un polso e mi bacia, cogliendomi alla sprovvista. Ma cosa fa, avevamo deciso di non dire nulla, per il momento. Smette di baciarmi e tutti i ragazzi in cortile ci fissano con gli occhi sgranati e a bocca aperta. Che imbarazzo assurdo. Perché si è comportato così, senza prima parlarne? Mi da una pacca sul sedere, gesto che trovo assolutamente volgare e fuori luogo, poi raggiunge il suo gruppo di amici, portandosi dietro mio fratello, che non fa altro che fissarlo male. Raggiugo la mia amica e sembra che anche lei non capisca il comportamento di Erik.

«Cosa gli è preso?» mi chiede.

«Non ne ho idea.»

«Avete deciso di uscire allo scoperto?»

«L'ha deciso da solo, a quanto pare.»

La lezione di matematica è stata davvero noiosa, anche perché odio quella materia. Ora facciamo ricreazione e ne approfitto per andare al bagno, per riflettere su ciò che è accaduto questa mattina. Tiro fuori il cellulare dalla tasca e senza pensarci compongo il numero di mia madre, pur avendo promesso a Michael che non l'avrei fatto. Metto in chiamata ma ha sempre la segreteria, credo che abbia cambiato numero. Esco dal bagno e trovo Erik in corridoio. Mi stava aspettando?

«Ciao.» lo saluto. Mi sorride e poi mi prende per mano, cominciando a trascinarmi nel lato opposto del corridoio. «Erik, tra poco devo ritornare in classe.»

«Shh, seguimi.»

Non mi oppongo più di tanto, perché so già che mi convincerà a seguirlo comunque. Mi accompagna sul retro della scuola, in cortile, dove scendiamo per fare educazione fisica. Più avanti, dietro le scale, c'è una porta. Ci fermiamo davanti ad essa ed Erik infila una mano in tasca, tirando fuori un mazzo di chiavi.

«Ma queste sono le chiavi della scuola, come le hai avute?» chiedo sorpresa.

«Ho i miei metodi.» sghignazza.

Apre la porta e ci ritroviamo in una specie di ripostiglio buio e spettrale.

«Wow, che bel posto.» ironizzo.

«E chi se ne frega del posto, siamo insieme.»

A volte sa essere davvero dolce, è la parte di lui che amo di più. Chiude la porta e si avvicina al mio viso, baciandomi sulle labbra. Mi sbottona i jeans e mi blocco all'istante.

«Se dovesse entrare qualcuno?» chiedo spaventata.

«Non entrerà nessuno, sono tutti impegnati a fare ricreazione. Vieni qui.» mi afferra per i fianchi e ritorna all'attacco. Mi prende in braccio, accompagnandomi su una specie di tavolo o cattedra, non riesco a vederlo, dato la scarsa illuminazione. Mi adagia e si posiziona tra le mie gambe. Si sbottona i pantaloni e tira fuori la sua erezione, ghignando. «Fammi sentire le tue splendide manine.» sussurra. Io non credo di volerlo, cioè, sì, ma non qui. Con l'imbarazzo a mille, porto la mia mano intorno alle sue parti intime e comincio a muoverla piano. «Più veloce.» Mi sento davvero inesperta e stupida. Aspetta, ma io sono inesperta. Lui intanto mi bacia il collo, dopodiché mi alza la maglietta e stringe un seno, senza oltrepassare il reggiseno. Tira fuori dalla tasca la solita bustina argentata e infila il preservativo, dopo essersi liberato della mia mano. Mi sfila i jeans di fretta e mi sposta gli slip. «Fallo tu, stavolta.»

«Cosa?» chiedo confusa.

«Mettilo dentro.» Sgrano gli occhi e l'imbarazzo aumenta. Fortunatamente siamo al buio e non si rende conto della mi goffaggine. Con riluttanza afferro il suo pene e lo avvicino alla mia apertura, cercando di fere come mi ha detto, ma mi precede, entrando con forza dentro di me. Lancio un urlo ed inizia a muoversi velocemente, quasi in maniera violenta. Mi sta facendo un po' male, forse perché è appena la seconda volta? Emetto un gemito di fastidio, ma poi mi tappo la bocca con la mano, non voglio che se ne renda conto e soprattutto non voglio che ci sentano. Si muove sempre più velocemente, fino a raggiungere l'orgasmo e uscire da me. Mi rimetto i jeans e mi sistemo un po' i capelli, anche se non vedo nulla. «Ti amo.» mi sussurra.

«Ti amo anche io.» ripeto un po' a disagio.

E nemmeno questa volta è riuscito a farmi venire. Ma forse è un mio problema, non avevo mai fatto sesso.

Ritorno in classe e penso a cosa ho appena fatto. Mi vengono i brividi quando penso che qualcuno avrebbe potuto vederci. Abbasso lo sguardo e incontro le iridi scure di Mary che mi scrutano dubbiose.

«Cosa c'è?» le chiedo, mentre mi siedo.

«Niente, sei arrivata appena in tempo.»

«Per cosa?»

«Il professore non è ancora entrato.»

«Ah, menomale.»

«Già.»

Poi il suo sguardo diventa malizioso ed io non posso fare a meno di arrossire. È davvero una strega, mi legge nel pensiero.

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