Capitolo 35
Nicolas
La preside mi ha fatto venire presto stamattina e mi sto chiedendo da un bel po' come mai. Spero che non sia quello che penso, ne ho abbastanza delle sue avance. Sono in sala professori che l'aspetto e mi guardo intorno, notando che è tutto così ordinato e pulito. Mi alzo dalla sedia e cammino su e giù per la stanza, sono molto nervoso e mi auguro che questo richiamo non abbia pure a che fare con quello che ho fatto stamattina; per poco non mettevo le mani addosso a quel ragazzino. Non so perché l'ho fatto, ma appena l'ho visto che cercava di costringerla a baciarlo, ho sentito come una specie di istinto protettivo e ho dovuto separarlo da lei. Mi rendo conto che devo controllarmi, non posso permettermi di perdere il posto.
«Salve, professore.» mi saluta la preside entrando dalla porta e mettendosi comoda dietro la sua scrivania.
Era ora, sono qui da circa mezz'ora.
«Salve.» saluto mentre mi siedo. «È successo qualcosa?» chiedo preoccupato.
«Sì. L'ho fatta chiamare per due motivi; il primo è che lei è stato premiato come miglior professore dell'istituto»
«Davvero?» la interrompo, incredulo.
«Sì, Nicolas e sono totalmente d'accordo.»
«E il secondo motivo?» chiedo ansioso. Fa il giro della scrivania e viene verso di me, sedendosi sulle mie gambe. Resto a fissarla sconcertato, dopodiché mi avvolge le braccia intorno al collo e cerca di baciarmi. Mi sposto col viso, prima che possa farlo. «Ma cosa fa?»
«Andiamo, Nicolas, l'abbiamo già fatto in passato.»
«Sì, ma...»
«Ma, cosa?» mi interrompe.
«Ora ho lezione, signora.» cerco di inventare una scusa, anche se ho davvero lezione.
«Giusto! Vada, ci vediamo dopo.» si alza dalle mie gambe e mi fa un occhiolino.
Non vuole capirlo che non ho alcuna intenzione di stare con lei? Esco dal suo ufficio e tiro un lungo sospiro di sollievo. Quella donna non ha tutte le rotelle a posto. Mentre cammino per il corridoio, vedo Rose poggiata al muro. Cosa ci fa fuori dall'aula? Sto per andarle incontro, quando vedo spuntare di nuovo Erik. Mi blocco e resto a spiare dietro l'angolo. Ci stia provando di nuovo e ciò mi fa diventare isterico. Non si arrende mai. Cosa non gli è chiaro dei rifiuti di Rose? Esco dal mio nascondiglio e vado incontro a quei due. Senza dire una parola, afferro Erik da dietro per il collo e lo sbatto all'altro lato del muro.
«Non vuoi proprio capirlo che devi smetterla di tormentarla?» gli dico minaccioso.
Mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite.
«Ma cosa vuole? Non sono affari suoi!»
«Cosa?» chiedo, mentre mi avvicino a lui con i pugni stretti.
Sto per colpirlo in pieno viso.
«Professore, no!» Rose mi impedisce di compiere quel gesto.
Erik approfitta della mia distrazione e fugge via. Mi volto verso di lei e la guardo male.
«Vai immediatamente in classe!» le ordino.
«Sì...»
Mi poggio al muro e passo una mano tra i capelli. Cosa mi sta succedendo? Non mi ero mai comportato in questo modo con i miei alunni. Mi sento così strano e il peggio è che non riesco a controllarmi. Entro in classe a mia volta e mi siedo dietro la cattedra. Ovviamente tutti fanno chiasso e non riesco a sopportarli. Oggi è una giornataccia.
«Fate silenzio!» urlo e tutti si zittiscono, mettendosi a sedere. «Andate in palestra, senza fare casino.»
Si alzano e vanno fuori. Resto a fissare l'ultima alunna; Rose Taylor. Perché è sempre l'ultima ad uscire?
Rose
Siamo in palestra per la lezione di Nicolas, ma lui ancora non arriva. Era molto agitato, poi il modo in cui ha cacciato via Erik... stava quasi per prenderlo a pugni. Vorrei capire cosa gli passa per la testa, ormai lavora qui da mesi e non l'avevo mai visto così.
«Hai visto com'era nervoso Nicolas?» chiede Mary.
«Sì.»
«Oh, ecco che arriva la snob.» indica Jenna. «Me ne vado!»
«Ciao, Rose.» mi saluta con un sorriso.
«Ciao, Jenna.» ricambio in modo freddo.
«È tutto a posto?»
«Sì.»
«Non sembrerebbe. Hai litigato con la tua amica?»
«No.»
«Va bene, non ti va di parlarne.» Perché si infila in questioni che non le riguardano? «Credo che farò un salto in classe, anche perché Nicolas è ancora lì.» dice con sguardo sognante.
«Cosa?» chiedo incredula.
Mi fa un sorriso malizioso e si dirige verso le scale che conducono all'entrata della scuola. Cosa si è messa in testa? Non vorrà mica... Scuoto la testa a quel pensiero assurdo e la seguo. Sta realmente raggiungendo la nostra classe. Apre la porta e varca la soglia. Mi avvicino di più, per sentire e vedere meglio.
«Salve, prof.» saluta Nicolas.
«Cosa ci fai qui, Jenna?»
Va verso la cattedra e si siede su di essa, incrociando le gambe e scoprendo appena la coscia. Non ci posso credere, ci sta provando.
«Ma cosa fai? Scendi immediatamente!» ordina lui.
Lei scende e finge di farsi male alla caviglia, cadendo goffamente sul pavimento. Nicolas si alza di scatto. «Ahi.» urla.
«Ti sei fatta male?» chiede Nicolas, accovacciandosi al suo fianco.
Lei avvolge le sue braccia intorno al suo collo e piagnucola.
«Mi fa tanto male.»
Nicolas la prende in braccio e la fa sedere sulla sedia, poi le controlla la caviglia.
«Dov'è che senti più male?»
«Mi fa male tutto.» risponde Jenna con occhi lucidi.
Nicolas si rialza e lei, con fare veloce, lo tira a sé, baciandolo. Non può essere successo davvero. Non riesco a credere ai miei occhi. Deglutisco e mi sento male al solo pensiero di quello che sto vedendo. Corro via, prima che potessero vedermi.
Nicolas
Mi sposto immediatamente dalla ragazza, incredulo per ciò che ha appena fatto.
«Ma cosa fai?» le chiedo confuso.
«Dai, non fare il santarellino, ho notato il modo in cui mi guardi, non sono mica scema.»
«Cosa?» chiedo con tono divertito. «Stai delirando!»
«Io pensavo che tra noi...»
«Ti sbagli!» la interrompo, prima che possa peggiorare la situazione. «Non ho alcuna intenzione di provarci con te.» Ma cos'hanno tutti in questa scuola? Non fanno altro che saltarmi addosso. «Ritorna immediatamente in palestra!» ordino irritato.
«Con me no, però con altre sì!» sbotta.
La guardo stranito e anche un po' in ansia. Non avrà visto qualcosa tra me e la preside, vero?
«Cosa stai dicendo?»
«Ti ho visto quasi prendere a schiaffi Erik Hamilton perché stava per baciare Rose Taylor.»
Porca miseria! Peggio di così non può andare.
«Hai visto male.»
«Ho visto benissimo.» mi sfida con lo sguardo. «E così ti piace Rose.» sghignazza.
«Senti, ragazzina, non ti ho dato l'autorizzazione di parlarmi in questo modo e soprattutto di fare come ti pare. Va in palestra, ora!» ordino spazientito.
«Sì, me ne vado.» mi saluta con la mano ed esce dall'aula.
Quante assurdità, non mi sognerei mai di stare insieme ad una mia alunna, va contro ogni mio principio, per di più se diciassettenne.
Rose
Non voglio saperne più niente di quel pervertito. Non posso credere che si sia lasciato baciare da Jenna, proprio lui che fa tanto il perfettino. Prenderei quella sua faccia da stronzo e la riempirei di schiaffi. Sono senza parole, provo solo disgusto, tanto disgusto. Ritorno in palestra, afferro le mie cose e mi dirigo a passo svelto verso l'uscita.
«Rose, dove vai?» chiede Mary, rincorrendomi.
«A casa!» rispondo irritata.
«Cosa dici, la lezione non è ancora finita.»
«Non me ne frega un cazzo!» quasi urlo.
Mi guarda confusa, ma non dice nessun'altra parola. Vado via dalla porta sul retro, stando attenta che nessuno mi veda. Non ho alcuna intenzione di restare a guardare Jenna che divora Nicolas con gli occhi e lui che ci sta. Brutto stronzo.
Mi dirigo al parco, ho bisogno di un po' d'aria. Raggiungo la panchina di fronte alla fontana e mi siedo, respirando a fondo. Perché sono scappata via in quel modo? Dopotutto Nicolas non sta insieme a me e non ha mai detto di volerlo. Mi sono comportata come una bambina. Adesso sarà sicuramente arrabbiato perché sono andata via senza avvisare. Non me ne frega niente! Mi alzo, stanca di stare qui da sola e mi incammino verso casa. Il mio cellulare squilla, lo sfilo dalla tasca e guardo lo schermo. Non conosco questo numero.
«Pronto, chi parla?» rispondo.
«Rose.»
Quella voce...
«Chi sei?» chiedo, facendo finta di non averlo riconosciuto.
«Sono Nicolas.»
Riattacco immediatamente, senza dargli il tempo per parlare. Dove ha preso il mio numero? Perché mi ha telefonato? Non ho alcuna voglia di sorbirmi le sue ramanzine. Pochi instanti dopo, il cellulare squilla di nuovo. Indugio prima un po' e poi rispondo.
«Che vuoi?» chiedo con tono freddo.
«Perché hai riattaccato?»
«È... caduta la linea.» mento.
«Ah, sì?»
«Che c'è?» chiedo spazientita.
«Volevo dirti che non penso di poter venire alla tua festa.»
Perché mi dice una cosa del genere, soprattutto per telefono?
«Perché?» chiedo con un filo di voce.
«Non mi sembra il caso, poi ho tante cose da sbrigare.»
«Capisco... Volevi dirmi questo?»
«Sì, solo questo.»
«Okay.» riattacco e ripongo il cellulare in tasca.
Che delusione, l'unico motivo per cui avevo organizzato quella stupida festa era Nicolas e ora che lui non ci sarà, che senso avrà festeggiare? Mi sento così vuota, così sciocca, perché ha rifiutato il mio invito? Mi odia così tanto?
Sono arrivata fuori casa, prendo le chiavi dalla borsa e le infilo nella serratura, aprendo la porta. Senza dar conto a nulla, corro in camera, mi butto sul letto e ficco la testa sotto al cuscino. Non piangerò, perché non merita le mie lacrime, ma non smetto di pensare alle sue parole. Pensavo davvero che ci sarebbe venuto. Sento che la porta della mia camera si apre, mi volto leggermente e vedo che è mia madre. Si avvicina, sedendosi al boro del letto e poi mi accarezza la schiena.
«Tesoro, cos'hai?» chiede preoccupata. E proprio in quel preciso istante, le lacrime cominciano a scendere. «Hai problemi di cuore?» Mi volto, col viso bagnato di lacrime. La guardo per qualche istante e poi la abbraccio. «Sfogati pure, piccola.»
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