Capitolo 16

Michael
Sono molto preoccupato per Rose, la situazione con Erik sta andando sempre peggio e ho paura che possa farle del male. Non avrei dovuto lasciare che andasse in giro da sola, ma Mary ha detto che ha bisogno dei suoi spazi e così ho acconsentito. Adesso sono insieme a lei ma ho la testa altrove e non vorrei che si facesse qualche idea sbagliata.

«Michael?» richiama la mia attenzione.

«Sì?» rispondo con tono basso.

«Non mi stai ascoltando.»

«Sì... ti ascoltavo.»

«Ah, sì? E dimmi, cos'ho detto?»

«Ehm...» assumo un'aria pensante. «Va bene, non ti ascoltavo.» ammetto in imbarazzo.

«A cosa pensi? Vuoi lasciami?»

«Ma cosa ti salta in mente? Io ti amo.»

«Allora cosa ti prende? Sei così assente.»

«Pensavo a Rose. Ho paura per lei.»

«Sei convinto che Erik possa fare qualcosa?»

«Sì.»

«Ammetto che ci ho pensato, ma non lo so... non credo possa farlo sul serio.»

«Non lo so.»

«Io penso che la ami, anche se l'ha capito troppo tardi.»

«Mary, non è amore... L'amore non è ossessione.» Resta in silenzio e poi annuisce debolmente. «Ti va di venire a casa mia?» cambio discorso.

«Sì, dai, così stiamo un po' con Rose, la vedo tanto sola ultimamente.»

Dopo poco tempo, siamo a casa. Rose sembra non esserci e come mio solito mi allarmo, cominciando a cercarla per la casa, fino e correre di sopra e spalancare la porta della sua camera. La trovo in intimo e mi imbarazzo tantissimo.

«Bussare no, vero?» mi dice con tono spazientito.

«Scusami.» dico mortificato e richiudendo la porta.

Che figuraccia. Ora penserà di avere un fratello maniaco. Ritorno di sotto e mi siedo accanto alla mia ragazza, sul divano

«Allora?» chiede.

«È di sopra.»

«Sei troppo ansioso.» mi stringe la mano.

«Lo so.»

«Smettila di preoccuparti così tanto, Rose sa badare a sé stessa. Comportandoti così la farai solo arrabbiare.»

«Hai ragione.»

Ma come faccio a non preoccuparmi? Rose è mia sorella ed è minacciata da quel coglione del suo ex ragazzo. Mary mi abbraccia per consolarmi e un po' ci riesce. Da quando ho saputo che Erik è sempre in agguato, non voglio restare lontano da Rose nemmeno un secondo, se cerca di farle ancora del male, sarò ben felice di fermarlo a modo mio.

Rose
Michael è entrato in camera mia come un pazzo, di solito bussava, vorrei sapere cosa gli sta passando per la testa in questo periodo. Ora è di sotto con Mary e vorrei tanto scendere a salutarla, ma non voglio disturbarli. Mi chiedo quando passerà questa strana sensazione che ho dentro, mi sento sempre nel posto sbagliato, al momento sbagliato, come se non contassi nulla. Me ne resto sul letto, seduta a gambe incrociate e afferro il cellulare davanti a me. Apro la galleria e osservo l'ultima foto scattata, ovvero, quella del professore insieme alla preside. Non riesco a stare calma, mi infastidisce tantissimo che continui a trattarmi male, quando lui è il peggiore, ma questa volta gliela farò pagare, non merita clemenza. Chiudo la galleria e poggio il cellulare sul comodino accanto al letto. Mi alzo ed esco dalla stanza, percorrendo il corridoio e arrivando alle scale. Vorrei andare di sotto ma resto ferma lì. Proprio in quel preciso momento arrivano Mary e Michael.

«Ehi, cosa fai lì?» chiede la mia amica, correndomi incontro.

«Volevo andare in cucina per bere un bicchiere d'acqua.»

«Sorellina, scusa per prima, sono così imbarazzato...» interviene Michael, con sguardo basso.

«Non ti preoccupare.» gli sorrido. «Vorrei solo sapere cosa ti sta succedendo.»

«Ah... be', vedi...»

«Michael, va al dunque.» lo sprono.

«Ero convinto che Erik ti stesse facendo del male e volevo controllare che non fosse così.» Alzo un sopracciglio e lo guardo sconcertata. Non l'avevo mai visto così in ansia. «Non sono un maniaco, lo giuro.»

«Ma cosa stai dicendo?» faccio fatica a trattenere le risate.

«Ero convinto...»

«Sta tranquillo, sto bene. E se Erik dovesse ritornare all'attacco, sarai il primo ad esserne informato.»

«Perfetto!» stringe i pugni e sorride.

***

Sei del mattino, sono a letto e fisso il soffitto. La cosa strana è che non mi ero mai svegliata a quest'ora. La verità è che non ho dormito granché, ho pensato ad Erik e al modo in cui si è comportato, non riesco ad accettarlo e ciò mi fa imbestialire. Vorrei tanto ritornare a stare bene, come Mary e mio fratello. Da quando stanno insieme, mi sento sempre peggio, come se fossi di troppo, anche se credo si tratti di una mia impressione. È inutile continuare a restare a letto, i miei occhi non si chiudano da ore. Mi alzo e vado al bagno, preparandomi per la scuola.

Quando concludo, esco e incontro Michael in corridoio, sorpreso di vedermi già pronta alle sette e venti del mattino. Mi sorprendo anche da sola.

«Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mia sorella?» ironizza.

«Dai, scemo.»

«Non ci posso credere.»

«Già. Neanche io.» sghignazzo.

«Sei caduta dal letto?» ridacchia

«Quasi.»

«Aspettami, ti do un passaggio con la moto.»

«Da quando prendi la moto per andare a scuola?»

«Io non ci vengo a scuola oggi.»

«Cosa, perché?»

«Devo fare gli straordinari al lavoro, sono tre giorni che non ci vado e ora non ho potuto dire di no.»

«Michael, ma la scuola è più importante.»

«E da quando la pensi così?» mi guarda curioso.

«Da sempre...»

«Certo.» sghignazza.

Mi posa un bacio sulla fronte e si chiude in bagno. Certo che anche lui è davvero strano, ultimamente. Raggiungo la cucina, con una fame da lupi e apro il frigorifero, trovandolo vuoto. Cacchio! La spesa... mi è completamente passato di mente e, a quanto pare, nemmeno Michael se ne ricordato. Dovrò accontentarmi della spremuta d'arancia e una barretta di cereali al cioccolato. La mangio velocemente e bevo la spremuta, delusa di non poter mangiare altro.

«Potevi preparare qualcosa, intanto.» dice mio fratello, spuntato dal nulla.

«Sai, ci avevo pensato. Ma il frigo è vuoto.»

«Cazzo!» sbotta «Ho dimenticato la spesa... Stasera passerò al supermercato.»

«Va bene.»

«Andiamo? Facciamo colazione al bar.»

«Sto a posto così.»

«Sicura?»

«Sì.»

Mi ha accompagnata a scuola, salutato Mary e scappato immediatamente via. La mia amica è sempre felice di primo mattino, mentre io sembro l'esorcista. Non capisco proprio come faccia.

«Come va?» mi chiede.

«Bene.»

«Sei arrivata presto.»

«Già...»

«Devo preoccuparmi?» assume un'aria pensante.

«Ma no.» ridacchio.

Il mio sguardo viene attirato da Erik, che cerca di fare lo stronzo con una del quinto anno, e la scena mi fa storcere il naso. La cosa peggiore è che usa la stessa tattica con tutte. Vorrei tanto raggiungerlo e prenderlo a pugni.

«Ehi.» Mary agita la mano davanti al mio viso. «Smettila di guardarlo, non ti fa bene.»

«Non lo stavo guardando.»

«Entriamo, okay?»

«Sì.»

Le ore passano in fretta, e la mia mente ha viaggiato per tutto il tempo, sperimentando metodi nuovi per torturare qualcuno. Ma che problemi ho? A volte non lo capisco. Appena arriva la ricreazione, decido di uscire, perché sono quasi certa che incontrerò Erik. Strano, ma ho bisogno di parlare con lui. Sto per raggiungere il bagno delle ragazze ma la mia attenzione si fissa su quello dei ragazzi. Avverto dei respiri affannosi e mi rendo conto che qualcuno è chiuso a fare cose... Poi non sento più nulla e la porta sta per aprirsi. Mi nascondo dietro l'angolo e resto a spiare indisturbata. Davanti ai miei occhi, una scena orribile; Erik, seguito dalla ragazza di questa mattina, lui si mette in ordine la camicia e lei si lega i capelli. Che lurido bastardo! Non merita affatto che sprechi parole per lui, mi ero messa in testa di essere sua amica, ma che stupida sono stata. Asciugo i miei occhi lucidi e mi volto di scatto, per raggiungere la mia classe, ma puntualmente vado a scontrarmi con l'ultima persona che avrei voluto incrociare in questo momento.

«Sta un po' attenta, Taylor!» dice bruscamente, il professor Nicolas.

«Mi scusi.»

«Stai piangendo?» mi scruta.

Tiro su col naso e mi asciugo gli occhi.

«Niente affatto!»

«Allora va in palestra, forza!» mi ordina.

Ma cos'ha? È più stronzo delle altre volte. Cerco di ignorare il suo modo di trattarmi e mi dirigo in palestra, incontrando i miei amici. Arrivati, mi siedo in un angolo, con lo zaino tra le gambe e le occhiatacce del professore. Non mi importa niente della lezione, voglio solo isolarmi da tutti, che sono impegnati in una partita di pallavolo. Ma non capisco cosa ci faccio ancora qui, voglio ritornare a casa. Mi guardo intorno e quando noto che nessuno mi sta fissando, mi alzo e vado verso le scale, intenzionata a tornare in aula. Salgo qualche gradino e qualcuno mi ferma per un braccio. Mi volto ed è Erik.

«Cosa vuoi?» chiedo a voce bassa e mi assicuro che nessuno ci veda.

«Solo parlarti.»

«Tu, parlare? Non ne sei capace.»

«Lo vedi come sei? Mi insulti sempre.»

«Te lo meriti.»

Mi guarda malizioso.

«Sai che mi fai eccitare?»

«Ricominci?» Mi trascina con la forza su per le scale, cerco di liberarmi, ma non me lo permette e sembra che nessuno si sia accorto di noi. Raggiungiamo il ripostiglio nel cortile della scuola, quello dove mi portò qualche mese fa. «Cosa vuoi da me?» chiedo spazientita.

Mi sbatte contro il muro e mi sbottona velocemente la camicia. Cavolo, devo fermarlo.

«Quanto mi piaci, piccola.»

«Lasciami.» urlo e cerco di tirargli un pugno, invano.

«Shh, sta zitta.» mi copre la bocca con la mano. «Se mi prometti di non urlare, tolgo la mano e ti lascio respirare.»

Annuisco, col battito a mille e la paura che cerca di prendere il sopravvento. Mi lascia libera e si china verso il mio seno, stringendolo. Afferro il suo viso tra le mani e lo tiro su.

«Voglio farlo!» dico seria e sperando che ci creda.

«Sapevo che non potevi resistermi a lungo.» sorride soddisfatto.

Continua a strusciarsi contro di me e non provo altro che ribrezzo. Ma com'è possibile? Era tutto per me, ora mi fa soltanto schifo.

«Aspetta! Sdraiati sul tavolo, ti vengo sopra.» dico.

«Mi piace.»

Fa come gli dico e ritorno a respirare regolarmente.

«Bene, ora chiudi gli occhi.»

«Okay.» ridacchia.

«Non sbirciare, mi raccomando.»

«Non sbircio. Ma fa presto, non vedo l'ora di sentirmi di nuovo dentro di te.»

Deglutisco nel sentire quella frase e pian piano, senza fare il minimo rumore, apro la porta e corro via, lasciandolo lì. Credeva davvero che sarei stata di nuovo con lui? Che illuso! Corro, ma il mio entusiasmo si spegne immediatamente, quando vedo il professor Nicolas.

«Taylor, sparisci sempre?» mi volta bruscamente e abbassa lo sguardo sul mio seno. La camicia... Cerco di abbottonarla ma tremo tutta appena vedo comparire Erik. Mi guarda in cagnesco e penso che questa se la legherà al dito. «Un espulsione non te la leva nessuno.» sbotta Nicolas, appena si rende conto che Erik mi fissa, ma poi ritorna a fissarmi il seno.

Perché gli uomini sono tutti pervertiti?

«Caro professore, la mia faccia è più su.» dico irritata, mentre gli alzo il viso.

«Cosa stai insinuando?»

«Non insinuo niente, soltanto l'evidenza.»

«Sei una maleducata. Non è la prima volta che ti becco appartata con quel ragazzo, meriti una punizione.»

«Senti da che pulpito.» dico nervosa. «Lei è l'ultima persona al mondo che può permettersi di parlare.» gli punto il dito contro.

«Ma come osi?»

«Oso eccome!» Ora gli faccio passare la voglia. «Ieri l'ho vista.»

«Che stai dicendo?»

«Non faccia l'ingenuo. Ho visto mentre era con la preside.» faccio una smorfia di disgusto. Sgrana gli occhi e un silenzio spettrale incombe tra di noi. Non sa cosa dire, a quanto pare. «Questa è una scuola.» imito la sua voce.

«E allora?» chiede beffardo.

«Potrei dirlo a qualcuno. Tic toc, il tempo stringe.»

«Non crederanno mai alle tue parole. Ti farò espellere.»

«Non sono mica scema. Ho delle prove.»

«Di cosa stai parlando?»

«Fotografie.»

«C-cosa?» balbetta.

«Eh, già, è stato colto con le mani nel sacco, o meglio, con le mani nelle mutande della preside.» ridacchio e lui sbianca in viso. «A proposito, questa cosa voglio proprio dirla; ha davvero un bel sedere.» ridacchio e sto per andare via, ma mi ferma.

«Sciocca ragazzina! Non mi lascio minacciare da te! Voglio vedere le prove.»

«Non crede che abbia le foto?»

Tiro fuori il cellulare dalla borsa, apro la galleria e gliele mostro. Diventa ancora più bianco e suda freddo.

«Dammi quel cazzo di telefono.» cerca di afferrarlo e faccio un passio indietro per impedirglielo. «Non lo dirai, vero?»

Sta morendo.

«E chi lo sa.»

«Cosa vuoi da me?»

«Niente. Solo che la smetti di trattarmi da troia visto che non lo sono!» gli urlo contro con aggressività.

Lui abbasso lo sguardo, dispiaciuto.

«Io... ti chiedo scusa.»

«Troppo tardi, ormai il danno è fatto.»

Mi volto e riesco ad andare finalmente via. Sono un genio. Nicolas, sei fuori gioco, hai avuto ciò che meritavi! Così impara a trattare le persone per quel che non sono. Idiota di un professore.

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