Capitolo 15
Rose
Siamo in pizzeria già da tempo, abbiamo mangiato, bevuto e parlato a lungo, ma Michael sembra non voler tornare a casa, non accenna ad alzarsi e questo complica un po' le cose. Stiamo trascurando il problema e non è la soluzione giusta, anche se la parte irrazionale di me è pienamente d'accordo.
«Michael.» lo chiamo, per attirare la sua attenzione, dato che aveva lo sguardo assente.
«Dimmi.» dice, voltandosi nella mia direzione.
«Non credi che sia il momento di tornare a casa?»
«Sì.» sospira. «Andiamo.»
Resto stupita, mentre lo osservo posare i soldi sul tavolo. Pensavo che si sarebbe opposto, invece ha risposto senza esitazione. Gli sorrido appena, dopodiché ci alziamo e usciamo fuori dalla pizzeria.
Arrivati fuori casa, apro la porta ed entro, ma mio fratello resta fermo sulla soglia, assolto nei pensieri.
«Michael, coraggio.» dico, riscuotendolo.
Mi guarda per qualche istante e infine si decide ad entrare. In casa c'è un tale silenzio che sembra non ci sia nessuno, ma probabilmente è solo un'impressione, lei dev'essere di sopra. Ci dirigiamo a passo lento in cucina e sul frigo notiamo immediatamente un post-it attaccato. Michael mi guarda esitante, dopodiché lo stacca.
«Ho sbagliato ad andare via così, sono stata una sciocca... mi rendo conto di essere di troppo. Abbiate cura di voi, spero che un giorno possiate perdonarmi. Mamma.» Michael legge il biglietto e poi lo accartoccia in una mano, lanciandolo chissà dove.
«È andata via di nuovo...» dico con voce tremante.
«Meglio così.» So bene che anche lui è deluso, non può fingere. «Non le è mai importato nulla di noi.» Non dico più una parola e chiudi gli occhi per scacciare via le lacrime che minacciano di uscire. «No, Rose... non devi piangere.» mi abbraccia.
«Mi dispiace.» singhiozzo. «Non avrei dovuto scappare via in quel modo, dovevo parlarle...»
«Smettila di sentirti in colpa. Tu non hai sbagliato niente, è stata lei!»
Continuo a piangere sulla sua spalla, beandomi delle sue forti braccia tatuate e ringrazio il cielo per avermi dato un fratello così. So che, in fondo, l'avrei perdonata, è pur sempre mia madre, anche se ha fatto schifo.
Avevo proprio bisogno di fare un bagno caldo, i miei nervi erano più tesi di una corda di un violino, ma ora sto meglio. Infilo l'accappatoio e tampono la mia pelle bagnata, dopodiché afferro il cellulare e leggo l'ora. Sono quasi le due, è tardissimo e il peggio è che domani c'è scuola. Esco dal bagno, dirigendomi alla mia camera. Apro la porta e resto spiazzata.
«Cosa ci fai qui?» chiedo confusa e un po' irritata, nel vedere Erik steso sul mio letto.
«Shh! Puoi chiudere un minuto la porta?»
Scuoto la testa in senso negativo e lui si alza di scatto, chiudendola lui stesso.
«Che diavolo fai? E poi da dove sei entrato?»
Porca miseria, sono pure in accappatoio, sarà ancor più difficile liberarmene.
«Dalla finestra.» sghignazza come un cretino.
Avverto l'odore dell'alcol e mi viene la nausea. Ora capisco perché è venuto qui.
«Ma sei ubriaco?»
«Un po'.»
«Va via!»
Mi squadra dalla testa ai piedi e poi mi afferra per i fianchi, stringendo la mia pelle e procurandomi un leggero fastidio.
«Sei nuda? Mi piace.» si lecca il labbro superiore, come un vero maniaco.
«Levami le mani di dosso!» Ridacchia e improvvisamente infila le mani sotto l'accappatoio, strizzandomi il sedere e spingendomi verso di lui. «No!» urlo, sperando che mio fratello abbia sentito.
Mi tappa la bocca con una mano e poi mi spinge verso il letto, costringendomi a sdraiarmi. Si posiziona su di me e mi sposta l'accappatoio, scoprendo i miei seni. Emetto dei gemiti lamentosi, ma non abbastanza forte da farmi sentire. Si china e comincia a leccare il mio seno, tenendo la sua mano premuta sulla mia bocca e con l'altra fruga verso le parti basse. Mi dimeno, cercando di togliermelo di dosso, ma non ci riesco, il suo corpo schiaccia il mio e ogni tentativo di fuga è del tutto inutile.
«Mi fai impazzire.» sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
Ho una paura folle e non riesco a bloccare le lacrime. Si sposta leggermente, per tirare fuori il suo pene e in quel preciso momento, riesco a tirargli una ginocchiata proprio lì. Tira un urlo e si contorce dal dolore. Mi alzo velocemente dal letto, correndo fuori dalla stanza e scontrandomi con mio fratello.
«Che sta succedendo, perché hai urlato?» chiede preoccupato.
«È qui...»
Si precipita in camera mia, ma Erik non c'è più
«Dove cazzo è?» urla, fuori di sé.
«Era qui...» singhiozzo. «Stava per...»
«Zitta!» mi interrompe. «Non dirlo nemmeno per scherzo. Giuro che lo uccido!»
Questa notte non ho chiuso occhio, avevo il terrore che Erik potesse tornare da un momento all'altro, anche se mio fratello è rimasto in camera per tutto il tempo. Non riesco a capire perché voglia farmi del male, non era mai accaduto prima d'ora, ha completamente perso la testa. Arriviamo fuori scuola e mi guardo immediatamente intorno, sperando che lui non ci sia.
«Ehi, bell'addormentata.» Mary mi risveglia dalla trance in cui ero entrata.
«Ciao, Mary.» saluto.
Si avvicina a Michael, baciandolo sulle labbra e dicendogli che si vedranno alla fine delle lezioni. Mi prede a braccetto e mi trascina verso l'entrata, con un'aria strana.
«Devo raccontarti una cosa.» dice seria.
«Cosa?»
Si guarda intorno e poi comincia a parlare: «Ieri notte non riuscivo a dormire, così mi sono seduta sul davanzale per guardare le stelle, come faccio spesso e la mia attenzione è stata catturata da Erik che barcollava ed era diretto proprio verso casa tua. Stavo per telefonarti, ma poi non l'ho più fatto, pensando che dormissi.»
«Infatti era a casa mia.»
«Nooo, ancora?»
Annuisco e le racconto in breve cosa è accaduto ieri notte, della quasi violenza che ho subito. Resta spiazzata e con gli occhi sgranati.
«Oddio... Ti prego, sta attenta, non andare in giro da sola.»
«Dai, Mary.» sghignazzo nervosa.
«Sta diventando pericoloso.»
«Ma no, è solo stupido, perché non riesce ad accettare che l'abbia lasciato, dato che era il più ambito dalle ragazze.»
«Può darsi, ma sta attenta.»
«Starò attenta, promesso.»
La lezione di matematica è davvero di una noia mortale e il sonno si sta facendo strada in me. Più di una volta stavo per assopirmi, ma Mary mi ha sgomitato tutto il tempo. Magari potrei solo poggiare la testa sul banco, solo un po', non se ne accorgerà nemmeno...
«Taylor, sveglia!» qualcuno urla, interrompendo il mio dolce sonno.
«Cosa?» rispondo confusa, mentre apro gli occhi.
Alzo lo sguardo e incontro due occhi verdi che mi fissano furenti. È quell'idiota di professore. Ma quante ore ho dormito? Siamo già alla lezione di questo tizio?
«Sei in un'aula, non in un dormitorio!» sbraita, facendo ridere tutta la classe. Ma quanto può essere odioso e stronzo? Sbuffo e mi siedo in maniera composta. «Se trovi tanto noiosa la scuola, allora ti suggerisco di ritirarti.»
Lo guardo male, dopodiché mi alzo dalla sedia e vado verso l'uscita, lasciandolo spiazzato e zittendo tutti. Esco fuori dall'aula e comincio a pensare che questo mi porterà altri guai. Mi guardo intorno e realizzo di essere sola. Potrebbe apparire il Malvagio Erik e farmi del male. Penso e comincio a ridere da sola.
«Cos'hai da sghignazzare?» dice una voce alle mie spalle.
Smetto di ridere all'istante, perché ho riconosciuto il tono e mi volto.
«Ancora tu?»
«Sì, io, tesoro.» mi guarda ammiccante.
«Che vuoi, Erik?»
«Solo te, lo giuro.»
«Addio!»
Cerco di andare via, ma mi blocca al muro, intrappolandomi tra le sue braccia.
«Sei davvero bellissima.» mi squadra.
«Levati!»
«No!»
«Sei pazzo.»
«La colpa è tua, mi hai fatto perdere la ragione.»
«La ragione? E quando mai ne hai avuta una?» lo prendo in giro.
«Ho sbagliato a fare quello che ho fatto, okay?»
«Sì, okay. Ora lasciami!»
Mi tiene ferma, impedendomi di muovermi. Oddio che nervi e il peggio è che sta facendo tutto questo nel corridoio della scuola, potrebbe vederci la preside ed espellerci. Improvvisamente, afferra il mio viso tra le mani e mi bacia, cogliendomi alla sprovvista. Lo spingo e gli do uno schiaffo in pieno viso.
«Brutta stronza!» afferra i miei polsi e li incatena dietro la mia schiena, facendomi male. «Tu sei mia, hai capito? Io sono stato il primo!»
«Tu sei malato.»
Stringe ancor di più i miei polsi. «E nessuno può scoparti, a parte me!»
«Lasciami!»
«No!»
«Erik, ti ho detto...»
«Ehi, voi due, è la seconda volta che vi trovo in comportamenti equivoci.» mi interrompe una voce che ho già sentito.
«Scusi, professore...» dice Erik.
Oh, no, non ci voleva, ancora lui. Possibile che non me ne va mai bene una? Erik mi lascia finalmente in pace e va via, mentre il professore continua a fissarmi male.
«È l'ultima volta che chiudo un occhio, la prossima volta ti mangerò dritta dalla preside.» Non rispondo, ma vorrei tanto prenderlo a schiaffi. «Hai capito?»
«Sì, ho capito!» sbotto.
Rientro in classe e osservo tutti che si preparano per andare in palestra. Non ho alcuna intenzione di sorbirmi altre lamentele da quel tizio, quindi vado a sedermi al mio posto e dico a Mary che non sto bene e di coprirmi.
Dopo circa un'ora a fare nulla e sperare che Erik non tornasse all'attacco, suona la campanella. Finalmente questa giornata è finita. Il mio cellulare squilla, lo afferro e leggo il nome di Mary.
«Ehi.» rispondo subito.
«Ma cos'è successo, perché hai finto un malore?»
Speravo che non se ne accorgesse, ma a lei non sfugge nulla.
«Ti racconto dopo.»
«Va bene. A proposito, io e Michael ti stiamo aspettando nei parcheggi.»
«No, andate pure, ho bisogno di fare quattro passi.»
«Sei sicura?»
«Sì.»
«Sta attenta, okay?»
«Tranquilla. A più tardi.»
Voglio aspettare quello stupido professore e capire che problemi ha con me. È da quando è arrivato a scuola che mi tratta male, soprattutto come una poco di buono che se la fa con tutti. Certo, anche la situazione non è delle migliori, Erik è sempre in agguato, nei momenti meno opportuni. Esco dall'aula e mi incammino in corridoio, alla sua ricerca. Ma di lui nemmeno l'ombra. Resto delusa, perché mi ero preparata un bel discorsetto, ma pazienza, ci saranno altre occasioni. Continuo a camminare e improvvisamente avverto degli strani rumori, provenire dal bagno dei professori. Forse qualcuno si sente male? Raggiungo il bagno e apro lentamente la porta, giusto una fessura. Oh, cazzarola! Quella è la preside. Sta facendo sesso con qualcuno e ciò mi disgusta tantissimo. Sgrano gli occhi quando mi rendo conto chi è il ragazzo tra le sue gambe. E pensare che con me faceva tanto il moralista e poi lo trovo a farsi una cinquantenne. Ma questa volta gli faccio passare la voglia di fare lo stronzo. Tiro fuori il cellulare dalla tasca, inserendo il silenzioso e scatto delle fotografie. Hai finito di trattarmi male, mio bel professore del cacchio.
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