Capitolo 10

Nicolas
Non so che scusa inventare domani per Rose, vorrà sicuramente un passaggio al lavoro, ma non potrò essere presente. Ho appuntamento con Marika alle quattro e non posso negarle la mia presenza. Prima di conoscere Rose ci vedevamo senza problemi, ora è tutto più difficile e il peggio è che mi telefona nei momenti meno opportuni. Sto per raggiungere la palestra, quando vedo Mary correre vero di me, viso pallido e fiatone

«Nicolas! Ti prego, corri.» dice preoccupata.

«Cosa succede?»

«Rose...»

«Rosa, cosa?» le chiedo, afferrandola per le spalle.

«È svenuta.»

Il cuore mi balza in gola e comincio a correre. Tutti sono accerchiati intorno a lei e ho paura che sia più grave del solito.

«Allontanatevi!» ordino a tutti, con tono duro. Mi accovaccio verso Rose e la prendo in braccio. «Giocate a pallavolo!» dico a Mary, mentre raggiungo le scale che portano alla scuola.

L'ho portata in infermeria ed è passata già mezz'ora. È la seconda volta che accade una cosa del genere e credo che la causa sia quel lavoro inutile che si ostina a voler fare. Devo provare a farla ragionare, non può continuare così.

«N-Nicolas...» la sua voce mi riscuote dai pensieri.

Le afferro prontamente la mano e gliela bacio più volte.

«Piccola, mi hai fatto preoccupare a morte.»

«Stamattina non ho fatto colazione, ieri notte ho dormito poco e ora i miei nervi hanno ceduto.» si giustifica.

«Scusami, è colpa mia.» le poso un altro bacio sulla mano. «Ieri ti ho lasciata sola, avrei dovuto trovare il modo per venire a prenderti...»

«Nicolas, guardami.» mi interrompe, prendendo il mio viso tra le mani. «Non è colpa tua. Sono stata una sprovveduta.»

Sono uno stronzo! Invece di preoccuparmi per lei, ero insieme ad un'altra e per di più le ho raccontato un'infinità di bugie. Non so più cos'altro inventarmi, non merito la sua dolcezza. Mi avvicino al suo viso, baciandola delicatamente sulle labbra. Non riesco a spiegare le sensazioni che provo quando mi è vicino. La amo, cazzo se la amo! La porta dell'infermeria cigola e mi allontano immediatamente da lei. Mary varca la soglia e mi rilasso visibilmente.

«Scusate se non ho bussato, pensavo che Rose fosse da sola e che dormisse.» si giustifica, mentre si avvicina a noi. «Come stai?» chiede alla sua amica.

«Bene. Si è trattato di un semplice calo di pressione.»

«Devi mangiare!» le dice con tono duro.

«Lo farò.»

«Meglio se vado.» aggiungo.

Faccio un occhiolino alla mia ragazza e saluto Mary. Esco dall'infermeria, chiudendo la porta alle mie spalle e tirando un lungo sospiro di sollievo. Devo stare più attento quando sono a scuola, non voglio nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se non fosse entrata Mary. Raggiugo la mia classe, ma quando apro la porta, resto spiazzato. La preside è seduta sulla cattedra, con gambe accavallate e un vestito cortissimo.

«Salve, Nicolas.» mi saluta con tono malizioso.

«Cosa ci fa seduta sulla cattedra?» chiedo, fingendo stupore.

«Ti stavo aspettando.»

«Aspettava me?»

«Proprio te.» mi indica, scendendo dalla cattedra. Mi raggiunge a passo lento e provocante, riuscendo a mettermi le braccia al collo. «Sai, Nicolas, mi manchi molto» mi sussurra. «che ne dici se ci vediamo tra poco nel mio ufficio?»

Mi libero dalla sua presa e mi allontano.

«Mi dispiace... ma...»

«Perché mi respingi?»

«Non la sto respingendo, solo che ora devo proprio andare.» prendo velocemente le mie cose dalla cattedra e raggiungo l'uscita dell'aula. «Buona serata.»

Riesco a scappare dalle sue grinfie. Spero solo che non decida di licenziarmi, perché non saprei proprio come andare avanti, i soldi mi servono.

Rose
Sono in macchina con Michael da cinque minuti e già non ne posso più. Quando si arrabbia è davvero insopportabile. Appena sono entrata, mi ha rimproverata per il fatto del lavoro, come se fosse mio padre. Ammetto che un po' ha ragione, perché sono stata una stupida a non mangiare nulla questa mattina, ma c'è da dire che la faccenda di Erik mi ha dato il colpo di grazia. Sicuramente non permetterò a nessuno di dirmi cosa devo fare, voglio cavarmela da sola e non so in che altro modo farglielo capire. Mi servono soldi, anche perché ho intenzione di organizzare la festa di Mary. Stavo pensando che il ristorante dove lavoro sia perfetto.

«Ripeto che non sono d'accordo col fatto che lavori.» dice Michael, dopo un lungo silenzio.

Quando ci si mette è davvero pesante. Ero talmente immersa nei pensieri che non mi sono resa conto del fatto che siamo fuori casa nostra.

«Sta tranquillo, è stato solo un calo di pressione. Stamattina non ho fatto colazione.» gli ripeto.

«Non cambia il fatto che io non sia d'accordo.» Perché è così insistente? «Quel Nicolas ti permette di lavorare, nonostante le tue condizioni.»

«Non sono una malata! E poi non può impedirmelo.» sbotto irritata.

«Se Mary avesse iniziato a lavorare, l'avrei fatto!»

«Hai mai pensato che Mary ti abbia lasciato per questi motivi?» azzardo.

«Cosa intendi?»

«Perché la opprimevi. Non rispettavi le sue scelte. Sei sempre stato pesante!» quasi urlo.

«Che cazzo dici?» urla a sua volta. «Quindi avrei dovuto rispettare il fatto che si sentisse con un altro?»

Non avevamo mai litigato in questo modo. Come al solito è cocciuto e non capisce che sta sbagliando.

«Sei un coglione! Non si sentiva con nessuno, ma hai fatto di tutto per perderla, complimenti.»

«Stai scherzando? L'ho vista con i miei occhi!»

«Non è stata lei a baciarlo!»

«Cosa cambia? Si sono comunque baciati.»

Come si fa ad essere così idioti? Non capisce nulla di donne, è esattamente come tutti gli uomini.

«Ma che cazzo! Perché voi maschi siete così ottusi?» gli urlo in faccia. «Forse è meglio se stai zitto!»

«Non me ne frega più un cazzo di lei, tanto ho già appuntamento con un'altra.» dice con fierezza.

«Così la perderai per sempre.»

Fa spallucce e volta lo sguardo altrove. Alcune volte mi viene voglia di strozzarlo. Dov'è finito il ragazzo dolce e sensibile di un tempo? Non lo riconosco più. Esco dalla macchina e vado dritta in casa. Mi dispiace aver litigato con lui in quel modo e per avergli dato del coglione, però volevo cercare di fargli capire come stavano le cose.

Ho appena finito di prepararmi per il lavoro. Mancano ancora tre ore, quindi ne approfitterò per studiare, altrimenti mia madre ricomincerà e non ho proprio voglia. Mi siedo alla scrivania e tiro fuori i libri dallo zaino, cominciando a leggere. Ma proprio in quel preciso momento, il mio cellulare squilla. Credo proprio che una forza anomala non vuole che studi. Guardo lo schermo e leggo il nome di Nicolas.

«Ehi.» rispondo.

«Ciao, piccola. Come ti senti?»

«Molto meglio, grazie.»

«Che ne dici se passo a prenderti e passiamo un po' di tempo insieme?»

«Purtroppo non posso.» dico a mal in cuore.

«Perché no?»

«Sto studiando.»

«Va bene, sarà per la prossima volta.»

Sbaglio o ci è rimasto male?

«Te la sei presa?»

«No, tranquilla. E poi non voglio che la mia alunna preferita non superi l'ultimo anno.»

Ridacchio. «Scusami.»

«Non scusarti. Passo a prenderti alle quattro e mezzo per accompagnarti al lavoro, va bene?»

«Sì, è perfetto.»

«A dopo.»

«Nicolas?» lo chiamo.

«Dimmi.»

«Ti amo.»

«Ti amo anche io, tantissimo.»

Sorrido felice e poi riattacco. Avrei tanto voluto passare del tempo con lui, ma purtroppo ho dovuto rinunciarci.

È passata un'ora e mezza da quando ho aperto i libri. Non ne posso più, sono stanca e comincio ad avere sonno. Qualcuno bussa alla mia porta, riscuotendomi.

«Avanti.» dico, mentre continuo a ripete a mente la lezione.

Michael entra in camera, con un vassoio pieno di cibo tra le mani. «Devi mangiare!»

Appoggia il vassoio sulla scrivania e va via, senza dire nemmeno una parola. Sorrido e ripenso al modo in cui l'ho trattato prima in macchina. Mi dispiace tanto. Sono quasi le quattro e credo che per oggi possa bastare. Chiudo i libri e mi dedico alle pietanze sul vassoio.

Dopo essermi riempita come un uovo, riporto tutto in cucina, ponendo ogni cosa nel lavandino. Dopodiché raggiungo mio fratello in soggiorno, intento a guardare la tv e mi siedo accanto a lui, un po' a disagio.

«Grazie per il pranzo.» gli dico flebilmente.

«Di niente.» risponde in modo serio e senza neanche guardarmi.

«Michael?»

«Mhh?»

Tiene sempre gli occhi puntati sulla tv.

«Scusa per il modo in cui ti ho trattato prima.»

«Lascia stare, l'ho già dimenticato.»

«Non sembra...»

«Ti ho detto di sì.» sbotta e si alza dal divano, andando di sopra.

A quanto pare ci è rimasto più male del solito. Sono stata davvero un'insensibile. A volte ho la delicatezza di un elefante. La mia autocommiserazione viene interrotta dal suono del campanello. Questa casa è un continuo vai e vieni. Mi alzo dal divano e vado ad aprire.

«Amore mio.» mi abbraccia e mi da un bacio sulle labbra.

«Nicolas... sei pazzo? Se qualcuno ci vedesse?»

«Non mi importa, avevo voglia di farlo.»

Sorrido e afferro la sua mano.

«Andiamo.» dico felice.

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