Capitolo 1
Rose
Stamattina la mia sveglia si chiama Nicolas; è davanti a me, con indosso solo dei boxer neri, un vassoio tra le mani e un sorriso stampato sul viso. Mi ha portato la colazione a letto e non posso fare a meno di emozionarmi.
«Per te.» dice, mentre me lo poggia sulle gambe e mi siede accanto.
«Grazie.» gli dico sorridente e gli do un bacio veloce sulle labbra.
A volte è talmente carino che stento a riconoscerlo. Siamo nella sua casa al mare da quattro settimane, decisi a passare le vacanze insieme. A mia madre non ho raccontato tutta la verità, bensì che avrei trascorso le vacanze con Michael e Mary, dato che anche loro hanno preso un piccolo appartamento in spiaggia. Questo mese è passato molto velocemente, il tempo con lui sembra volare e ciò mi rende un po' triste. Chissà perché quando sei con la persona che ami, le ore sembrano scorrere come secondi, non è affatto giusto. Tra meno di due settimane dovremmo ritornare alla realtà e non mi va proprio di ricominciare la scuola. I giorni di Nicolas sono stati dimezzati e un po' mi dispiace, ma da una parte penso che sia meglio così, non saremo costretti a fingere per troppo tempo, anche perché è molto difficile.
Appena finita la colazione, Nicolas mi fissa con uno sguardo malizioso e capisco immediatamente cos'ha in testa. Ma non potrò accontentarlo, stavolta, ho un impegno importante.
«Che c'è?» chiedo, con un mezzo sorriso.
Mi toglie il vassoio dalle gambe e lo poggia sul comodino di fianco al letto.
«Ma no, la colazione...» metto il broncio.
«Sei bellissima.»
«Dai... smettila.» arrossisco.
«Guarda che scherzavo.» sghignazza.
«Ma che stronzo.» gli do una spinta, facendolo sdraiare e mi metto a cavalcioni su di lui per picchiarlo, come accade tutte le volte.
Ride come un cretino ed evita tutti i miei colpi. Ho sempre creduto che in segreto fosse una specie di ninja. Mi afferra entrambi i polsi e ritorna serio in un attimo, guardandomi dritto negli occhi.
«Non sei bella.» dice con sguardo serio.
«Insisti?» cerco di liberarmi per picchiarlo ancora, ma non mi riesce.
«Sei stupenda.»
Il mio cuore perde un battito a quel complimento così banale, ma detto da lui diventa magico. Sorrido imbarazzata e lo abbraccio. Non riesco mai a contenere le emozioni, sono diventata molto timida. Improvvisamente mi da una spinta; ora è lui su di me e comincia a farmi il solletico.
«No, no, no, Nicolas, fermati.» mi dimeno, anche se non serve a niente. Continua la sua dolce tortura. Rido talmente tanto che mi vengono le lacrime agli occhi. «Ti prego, smettila.»
«Ti farò soffrire!» sghignazza.
«Stronzo!»
Improvvisamente si ferma e afferra i miei polsi, guardandomi serio. Infine mi bacia con foga, poi scende al collo, mordendomi delicatamente un lembo di pelle.
«Ti amo, Rose.» mi sussurra all'orecchio.
Ho un sussulto e il respiro mi si blocca in gola. È la prima volta, da quando stiamo insieme, che mi dice quelle due parole. I suoi occhi sono così sinceri, così chiari, mi ci perdo ogni volta che li guardo. Ora si aspetta qualcosa da me e credo che sia arrivato il momento di confessare.
«Ti amo anche io.» Mi sorride e mi squadra da testa a piedi, poi continua a baciarmi e una sua mano si insinua sotto il mio pigiama. «Devo fare la doccia.» lo fermo.
«Adesso?»
Continua a baciarmi il viso e il collo, ma lo blocco nuovamente.
«Ti ricordi che alle undici ho un colloquio di lavoro?»
«Sì, anche se non sono affatto d'accordo.»
«Sai che ho bisogno di lavorare, voglio comprarmi una macchina.»
«Posso comprartela io.»
«E poi come farei a restituirti i soldi senza un lavoro?»
«Sarai la mia schiava del sesso.» mi sorride malizioso e mi fa un occhiolino.
«Divertente.» ridacchio.
Gli do una leggera spinta e mi alzo dal letto, prima che possa afferrarmi nuovamente. Corro in bagno, chiudendomi al suo interno.
«Facciamo la doccia insieme?» urla al di là della porta.
«Smettila.» lo riprendo e entrambi ridiamo.
Con lui è sempre così, una risata dopo l'altra, questa è la parte più bella della nostra relazione. Apro l'acqua nella doccia e mi immergo sotto il flusso tiepido. Tre giorni fa, sfogliando un giornale, ho letto che un ristorante vicino cercava personale, mi è sembrata una buona idea e quindi chiamai subito. Voglio essere indipendente, farcela da sola, non credo sia così terribile avere delle aspettative nella vita, no?
Dopo aver finito, avvolgo l'asciugamano intorno al mio corpo ed esco dal bagno. Nicolas è ancora sul letto e appena si rende conto della mia presenza si siede di scatto e mi fissa.
«Vieni qui.» dice sorridendo.
«Devo sbrigarmi.»
«Abbiamo ancora un'ora.»
Scuoto la testa e mi avvicino al comodino per prendere degli slip e un reggiseno, ma lui mi afferra per un polso e mi tira a letto, mettendosi sopra di me.
«Farò tardi.» mi lamento.
«Faremo presto.» si morde il labbro.
«Non credo proprio.» ridacchio e mi libero nuovamente di lui.
«La colpa è tua, ti presenti conciata in questo modo, ti piace proprio provocarmi.»
«Non ti sto provocando.»
Afferro gli slip e li indosso, insieme al reggiseno, con i suoi occhi puntati addosso. È imbarazzante.
«Vediamo se ce la fai a resistere?» chiede malizioso.
«Resistere a cosa?»
«Al mio fascino.»
«Ma smettila.» rido, mentre lui resta serio e con gli occhi pieni di desiderio.
«Vuoi provare?»
«No.»
«Perché sai di non farcela.»
«No, perché farò tardi.» Si avvicina a me, afferrandomi per i fianchi e baciandomi. Cavolo, l'effetto che ha su di me è devastante e ne è consapevole, per questo mi tiene in pugno. Fa scivolare le mani sul mio sedere, stringendolo e spingendomi contro di lui e scatenando in me la familiare sensazione che mi provoca ogni volta che mi è vicino. Emetto un gemito, appena avverto qualcosa premermi contro le parti intime. «Fermo!» dico convinta e lui mi guarda incredulo. Mi dirigo verso l'armadio e afferro i miei vestiti, anche se avrei preferito continuare. Mette il broncio, provocandomi una risata. «Smettila di fare quella faccia da bambino triste.»
«Se ritorni qui, questo bambino sarà felice.»
«Lo so, ma la mamma adesso deve sbrigarsi.» ironizzo.
«Guarda che stasera non te la cavi con un "sono stanca".» mi dice con sguardo malizioso.
«Ma è capitato solo una volta, non mi sono mai rifiutata di farlo con te.»
«Due volte. Ora l'hai rifatto.»
«Ma che fai, conti le volte in cui non lo facciamo?»
«Solo quando mi tengono lontano da te.» Arrossisco di nuovo e non posso fare a meno di sorridere ancora. «Almeno un bacio?» mette di nuovo il broncio.
«Vieni qui.» lo tiro per la maglietta, avvolgendo le braccia intorno al suo collo e baciandolo dolcemente.
Dopo ritorno al bagno e metto un filo di trucco; non mi è mai piaciuto apparire e quindi preferisco truccarmi poco e in maniera sobria. Faccio tutto il necessario e sono pronta per uscire. Esco dal bagno e vado in cucina, dove incontro lo sguardo indagatore di Nicolas.
«Non è un po' troppo scollata quella maglietta?» mi chiede.
«No, è giusta.»
«Vuoi farmi ingelosire?»
«Dai, ora vado, augurami buona fortuna.» cambio argomento e mi incammino verso la porta.
«Ferma!» ordina.
Mi blocco e mi volto verso di lui. «Che c'è?»
«Non stai dimenticando qualcosa?» incrocia le braccia al petto e mi fissa torvo.
«Ah. Ovvio che no.» mi avvicino e gli do un bacio, poi corro verso la porta. «Ciao.» lo saluto con la mano e gli sorrido.
«Lascia almeno che ti accompagni.»
«Voglio fare due passi.»
«Va bene.» sbuffa. «Buona fortuna.»
«Grazie.»
Riesco finalmente ad uscire di casa e a dirigermi verso il ristorante. L'ansia comincia a farsi strada in me e mi chiedo se sia normale. Non ho voluto che Nicolas mi accompagnasse perché sarei stata ancora più nervosa e mi avrebbe fatto cambiare idea sul lavoro.
***
Sono arrivata con dieci minuti di ritardo e mi sto già disperando. Spero che mi facciano effettuare ugualmente il colloquio, oppure dovrò picchiare Nicolas, dato che è colpa sua. Ora sono alla reception del The village e devo ammettere che è davvero carino, tutto in stile moderno.
«Posso aiutarti?» chiede la ragazza biondo platino, dietro di essa.
«Sono qui per il colloquio di lavoro.»
«Sei un pochino in ritardo, tesoro.»
«Lo so, ma la prego, mi aiuti...»
Sembro davvero disperata.
Sospira. «Vai in fondo al corridoio, poi svolta a destra, troverai una porta sulla sinistra, entra lì e aspetta il signor Hamilton.»
«Sarebbe il proprietario?» chiedo, alzando un sopracciglio.
«Non sarebbe, lo è!» precisa.
«Grazie.» sorrido.
«Buona fortuna.»
Seguo le indicazioni che mi ha dato la receptionist, raggiungendo una porta bianca con ricami floreali in argento e un vetro tondo in alto. La apro e mi ritrovo in una sala. Ci sono tavoli tondi e sedie da pranzo, il soffitto è bianco con piccole luci che sembrano renderlo stellato, molto affascinante. Mi siedo su una delle sedie presenti e attendo. Improvvisamente la porta si apre e un uomo vestito in modo elegante, biondo e occhi chiari, fa il suo ingresso. Sarà lui il signor Hamilton? Mi alzo di scatto dalla sedia e inizia a fissarmi con aria interrogativa.
«Lei è?» chiede accigliato.
«Mi chiamo Rose Taylor.» gli porgo la mano, lui la afferra e la stringe.
«Gary Hamilton.»
«Sono qui per il colloquio.»
«Mi duole annunciarle che è in ritardo, signorina Taylor.»
«Lo so, ma la prego, me lo lasci effettuare lo stesso.»
«Negativo! Non posso.»
«Per favore, ho bisogno di questo lavoro.» gli dico con occhi imploranti e pieni di speranza.
Tira un sospiro. «Mi segua!»
«La ringrazio!» sorrido felice.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top